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Furore del drago by Jacques Béziers, Un maestro eccezionale

Un maestro eccezionale

Come maestro di kung fu Bruce era veramente bravo, anzi proprio di una categoria superiore. Si impegnava con estrema dedizione e cercava di tirar fuori da ognuno dei suoi allievi il meglio, sia in termini fisici che spirituali.

Inizialmente i suoi allievi erano amici o compagni di corso all'università, spesso già competenti in altre arti marziali come il judo o il karate, ma non del tutto convinti o soddisfatti dalle loro pratiche pregresse. Le dimostrazioni di questo giovane artista marziale lasciavano tutti di stucco, sinceramente convinti che la disciplina mostrata da Lee fosse di gran lunga superiore a qualunque arte marziale e desiderosi di apprenderla in fretta.

L'atteggiamento di Bruce conquistava un pubblico sempre più ampio e la sua scuola riusciva ad attirare sempre più allievi, che in breve si trasformavano in adepti. La filosofia senza fronzoli del maestro seduceva e convinceva. La sua era essenzialmente una tecnica di difesa efficace, utile e spietata. Non ci doveva essere posto né per gli estetismi né per le dimostrazioni di forza fini a se stesse.

Le sue dimostrazioni di calci alle ginocchia, o di schiaffi tremendi, o ancora di tirate di capelli all'avversario (che veniva considerato un aggressore) suscitavano spontaneamente gli applausi ovunque, perché facevano comprendere che tutti potevano imparare a fare quelle cose, e lasciavano a tutti la certezza che un giorno si sarebbero sentiti più sicuri grazie al loro corpo.

Il suo carisma era palpabile, la sua posa quella di un vero guerriero, ma era capace anche di non atteggiarsi troppo e diventare così molto simpatico. In questa forma di equilibrio empatico fu davvero un gigante, mischiando sicurezza di sé e modestia in maniera quasi irripetibile. Chiunque avesse davanti – che fossero esperti karateki o studentesse a digiuno di arti marziali – in men che non si dica le sue parole lo trasformavano in una guida non solo fisica ma anche spirituale. Non si contano le testimonianze di atleti letteralmente ipnotizzati da Bruce. E, lo ribadisco, non era certo il virtuosismo a conquistarli. Egli anzi cercava di instillare nei suoi allievi un senso di “normalità”. Con questa espressione Bruce intendeva suggerire che bisognava rifuggire sempre ogni eccesso, per permettere a tutto quanto vi fosse di spirituale, spontaneo e subconscio di crescere e fiorire. Era quindi questa radicale ricerca della normalità, dell'essenza più intima, a conquistare tutti.

Uno dei suoi suggerimenti più efficaci dice semplicemente questo: “Cammina, non correre”. Ho impiegato anni per comprendere il significato di questo messaggio. Esso vuole dirci che nella vita, così come nel combattimento, non bisogna mai avere fretta, e bisogna sapere sempre agire al momento giusto. Il momento giusto, in effetti, è del tutto fuori dal tempo.

Tra gli allievi più importanti di Bruce di queste prime fasi spicca il grande Taky Kimura, il quale divenne il suo primo assistente e uno dei continuatori della sua scuola, anche dopo la sua morte. Tra i due si instaurò un rapporto davvero speciale, e gli scambi epistolari tra di loro costituiscono per noi una fonte preziosa sull'autentico pensiero di Bruce.

Taky Kimura era a Seattle quando Bruce fondò il primo Lee Jun Fan Gung Fu Institute, ma tra di loro – due atleti di altissimo livello – non era necessario parlare di mosse o posizioni nel combattimento: quel che importava davvero erano gli aspetti filosofici, e quello che Bruce chiamava il “processo di apprendimento del kung fu”, un percorso fatto più di interiorità che di duri allenamenti.

Kimura era un uomo di profonda spiritualità, che aveva subìto molte amare esperienze nella vita, tra cui la reclusione in un campo di concentramento americano nel corso della Seconda guerra mondiale. Egli aveva trovato nel judo un'efficace via di uscita e di ricostruzione della propria identità. Quando aveva incontrato Bruce si trovava in una posizione ideale, maturo e pronto a ricevere il suo insegnamento.

Ascoltando le testimonianze di Taky Kimura a proposito di Bruce è impossibile non emozionarsi: lo descrive come un uomo dotato “di personalità magnetica”, un vero dominatore. “Era il tipo che, appena entrava da qualche parte, faceva sentire alla gente l'impulso di voltarsi nella sua direzione”.

C'è un bellissimo episodio raccontato dallo stesso Kimura che bene illustra quanto Bruce fosse esigente nei confronti di ciascuno, ovviamente anzitutto di se stesso, ma anche quanta profonda umanità albergasse in lui e, in definitiva, che maestro eccezionale fosse. Un giorno Taky, che era il più anziano dei suoi allievi, si stava allenando molto duramente. Anzi più duramente di chiunque altro. Questo perché era consapevole dei suoi limiti fisici, dovuti all'età (aveva quasi quarant'anni), e sentiva che doveva faticare molto di più per ottenere risultati più accessibili ai suoi compagni. Lavorava, lavorava duramente, fino allo stremo delle forze. A un certo punto volle controllare con la coda dell'occhio se Bruce si stava accorgendo di lui e di tutto l'impegno che ci stava mettendo. Purtroppo sentì Bruce dire a uno degli altri allievi: “Non ce la farà mai”.

Taky si sentì sconfortato, in preda alla frustrazione più nera. Ma era un vero atleta, un vero guerriero, un uomo che aveva sopportato cinque anni di campo di concentramento, e anziché desistere mise ancora più impegno, al limite del collasso. Allora Bruce, che nelle persone ammirava il sacrificio e l'abnegazione più di ogni altra cosa, gli si accostò con molto rispetto. Si mise al suo fianco e gli mostrò delle tecniche ulteriori, dedicando molto tempo al lavoro con lui, fianco a fianco. Da quel momento Taky divenne il suo assistente e il suo più fedele amico.

Per questo, molti anni più tardi, Taky Kimura avrebbe semplicemente detto che Bruce era capace di ispirare il meglio negli altri, e che per quanto lo riguardava era stato capace di fargli recuperare gli anni passati da prigioniero e di fargli ottenere una nuova vita.

La loro scuola andava piuttosto bene. Aveva sede in uno scantinato, e Bruce non faceva nulla per farsi pubblicità. Solo chi conosceva il posto poteva arrivarci. Anche questo era Bruce. Il suo modo di pubblicizzare la scuola era fare esibizioni dimostrative, in cui sfidava – e batteva – chiunque accettasse di combattere.

Già da quei momenti in lui era chiarissima l'idea che bisognasse liberarsi dalle vecchie regole, dai metodi, dalle scuole classiche: tutti modi per imprigionare l'energia fluida che è dentro ciascuno di noi.

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