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La coscienza di Zeno (Graded Reader), Capitolo 5. Mia moglie

Capitolo 5. Mia moglie

Nella mia vita ci sono stati alcuni periodi in cui credevo di essere vicino alla felicità e alla salute. Per esempio durante il mio viaggio di nozze e nei primi tempi del matrimonio. Avevo infatti scoperto, con sorpresa, che io amavo Augusta e Augusta amava me. Dentro di me speravo di diventare simile a lei, che era la salute in persona. Avevo questa speranza per la prima volta nella vita perché finora ero stato impegnato a studiare la mia malattia. Lei era una donna sicura e fedele a me e alla religione. La domenica andava a Messa e io la accompagnavo. Mi serviva per capire come faceva mia moglie a credere nella salvezza dopo la morte.

Augusta infatti credeva nella vita eterna, anche se sapeva che tutti dobbiamo morire. Per lei due sposi devono vivere la loro vita, anche se breve, con tranquillità e amore. Che ingenua, pensavo! Ma la sua sicurezza e la sua ingenuità mi stavano facendo bene. E non mi sentivo più disperato come un tempo.

Nel nostro viaggio di nozze lungo l'Italia, da Firenze a Roma e Venezia, abbiamo visitato musei e comprato mobili per la casa. Durante il viaggio ho cominciato ad aver paura di morire e di diventare vecchio. Immaginavo che Augusta, alla mia morte, mi tradiva con un altro uomo. La sua bella salute non poteva morire con me, pensavo.

– Io ti ho amato dal primo momento, Zeno Cosini!

– Non ha importanza. Quando morirò tu troverai subito un altro marito.

– Cosa dici? Non vedi come sono brutta?

In questo modo mi calmavo. Ero così importante nel suo piccolo mondo! Tutte le mie scelte erano importanti, cosa mangiare, cosa vestire, cosa leggere. Augusta sapeva bene come calmarmi e darmi conforto. Mi diceva: – Povero Cosini! e mi dava tanto affetto.

Quando siamo tornati a casa dal viaggio di nozze, ha trasformato la casa in un nido d'amore, bello e comodo. Potevo fumare nella mia stanza personale e suonare il violino. Tutto in casa era perfetto.

Mia moglie era come una rondine che pensa al nido, al nostro nido d'amore. Io portavo a casa fiori tutte le sere e cercavo di stare tanto tempo insieme a lei. Rispettavo gli orari e lei era felice.

Quando tornavo tardi la sera lei mi aspettava con tranquillità, senza cenare prima di me. Non si arrabbiava mai. E sognava solamente una cosa nuova: una piccola lavanderia in giardino.

Secondo Augusta dovevo riprendere a lavorare e così ho fatto. Il figlio di Olivi, molto esperto di scienze economiche, mi ha insegnato molte cose. Ma io non amavo quel lavoro. Per me era meglio giocare anche se non avevo molta fortuna. Nessuno si fidava di me come commerciante, né mio suocero né Olivi né il figlio di Olivi. Persino mia moglie, dopo un po', si era convinta che ero un incapace al lavoro e mi ha chiesto di restare a casa con lei. Allora ho cominciato a studiare religione, e mi annoiavo. Uscivo spesso e passavo molte ore in Borsa e al caffè.

Un giorno la mia vita è cambiata. Non so ancora dire se è cambiata in male o in bene. Ho incontrato un amico dell'università che si trovava a Trieste per curare una malattia grave, una nefrite. Si chiamava Enrico Copler ed era malato ma sempre sorridente. Abbiamo passato un pomeriggio insieme, ognuno parlava delle sue malattie. Per tutti e due era un piacere parlare dei nostri mali. Anche Giovanni, mio suocero, in quel periodo stava male e ogni tanto dormiva qualche ora nel giardino di casa mia, quando c'era il sole, per trovare conforto. Augusta diceva che io ero un malato immaginario. Copler diceva che i malati immaginari sono più malati dei malati reali, perché il loro problema sta anche nei nervi. Io e lui ci fermavamo in giardino di sera, al tramonto, e guardavamo il porto e il mare. Spesso mio suocero dormiva in giardino con una coperta per coprirsi dall'aria fresca della sera. Respirava male. Copler diceva che bisognava curarlo meglio.

Un giorno Copler mi ha chiesto del denaro per comprare un pianoforte a un povera ragazza, Carla Greco. Lui dava ogni mese, a lei e alla madre, un po' di denaro per vivere. Mi ha raccontato la triste storia delle due donne, rimaste sole, e mi ha convinto. Gli ho dato il denaro. Il giorno seguente la ragazza e la madre volevano ringraziarmi di persona.

– Ma è bella, questa ragazza?

– Bellissima! Ma non è fatta per noi. La sua famiglia è molto onesta ma disperata.

Siamo usciti. C'era un vento gelido, mentre camminavamo nel Giardino Pubblico. Il quartiere era modesto. Le tre camere dove abitavano le due donne erano separate. Ogni porta guardava sullo stesso pianerottolo. C'erano una cucina, una camera da letto dove dormivano insieme e una piccola stanza studio dove siamo entrati.

La signora era timida e vestita di nero. La signorina Carla mi ha dato la mano e mi ha detto: – Grazie! Era davvero graziosa, con lunghe trecce scure ben pettinate. Aveva una voce molto musicale e un bellissimo sorriso. Copler ha chiesto alla ragazza di cantare qualcosa per me, anche se era raffreddata. Lei ha avuto qualche dubbio, non voleva fare brutte figure, poi ha cantato La mia bandiera. Era una canzone popolare, non speciale, ma lei era brava. Ho detto che quella voce meritava una vera scuola di canto, non solo qualche lezione da un maestro. Da quel momento in poi ho iniziato a pensare sempre a lei.

Il mio desiderio di rivederla era fortissimo. Non potevo correre da Carla perché Copler non doveva sapere. E se Copler era l'amante di Carla? Non dovevo ascoltare il mio desiderio. Non dovevo mettere in pericolo la mia famiglia! Ma il desiderio diventava sempre più grande, ricordavo le sue trecce nere che coprivano il collo. Volevo baciare quel collo. Tutto questo non cambiava nulla nel rapporto con mia moglie. Anzi, le dicevo sempre parole d'amore, quelle per lei e quelle per Carla. Non ero mai stato così dolce e affettuoso in vita mia! Calmavo il mio rimorso per il tradimento che stava per arrivare.

Non sono arrivato da Carla di colpo ma un po' alla volta. Le prime volte mi fermavo al Giardino Pubblico, poi sotto la sua finestra. Una volta proprio lì ho incontrato mia suocera e mi sono sentito male: cosa stavo facendo? Proprio mentre mio suocero era malato! Ogni mattina andavo al Giardino Pubblico e leggevo il giornale o cercavo partiture di musica per il mio violino. È stata la musica che mi ha riportato a Carla: tra le partiture da comprare ne ho trovata una per l'arte del canto. Ma certo! Era un segnale. Dovevo comprarla e portarla alla ragazza. Era perfetta per lei. Il giorno dopo dovevo fare a Carla questo regalo.

Arrivato al pianerottolo mi sono fermato ad ascoltare. Carla cantava La mia bandiera e io ero felice. Ho aperto piano la porta, senza bussare. Volevo vederla subito! Lei cantava con grande entusiasmo ma la stanza piccola e buia mi ha messo una certa agitazione. Lei non mi ha visto e ha continuato a cantare. Così sono uscito, un po' inquieto, e ho bussato. Lei è corsa ad aprire la porta. Non dimenticherò mai la sua figura gentile e graziosa e i suoi occhi scuri. Ora ero più calmo. Carla è diventata rossa di vergogna per il suo abito modesto. Con quel viso rosso era ancora più graziosa.

– Le ho portato questo libro. Credo le piacerà.

– Grazie! Lei ha desiderato rivedermi? Rivedere la poverina che le deve tanto?

Potevo prenderla tra le braccia ma non era il momento. Pensavo ad Augusta.

– Questo libro le insegnerà il canto.

– Ma a lei non piace come canto io?

– Come può immaginare una cosa simile? Non sarei qui! Sono rimasto sul pianerottolo ad ascoltarla. Ma penso che il suo canto possa migliorare e diventare perfetto.

– Ho dei dubbi sul mio canto. Mi sembra di non migliorare mai. Studio, studio, ma rimango allo stesso punto. La mia voce non cambia.

Potevo dire a Carla di abbandonare il canto e di diventare la mia amante. Ma non era ancora il momento. Ora pensavo a Copler.

– Troverà in questo libro tutto quello che cerca.

Dopo mezzora di chiacchierata eravamo più intimi. Lei mi ha parlato della sua vita triste e modesta, della paura per il futuro. Copler aiutava lei e la madre, ma per quanto tempo ancora? Lui le controllava tutte le spese ed era per loro come un padrone.

– Lo so che il signor Copler è tanto buono! Ma si arrabbia spesso senza motivo. Ma ora che c'è lei, signor Cosini, non dobbiamo più aver paura, vero? Lei è tanto buono!

– Mi dica, Carla. Copler le ha mai chiesto un bacio?

– Mai! Ma sono disposta ad accettare un bacio da un uomo tanto vecchio a cui devo la vita!

Io ho riso. I malati sembrano sempre più vecchi di quello che sono.

– Ora me ne vado, Carla.

Lei sembrava assai triste. Forse sognava il mio amore? Mi faceva pena, così triste. Quindi le ho spostato la treccia e l'ho baciata sul collo. Lei ha riso.

– Quando ritornerà?

– Domani, o forse più tardi. Anzi, domani.

Camminando lungo il Giardino Pubblico non vedevo l'ora di essere a casa. Carla aveva accettato quel bacio come un promessa di affetto e di protezione. Di sicuro non pensava a me come a un amante. Però, arrivato a casa, mi sentivo il peso del rimorso. E se Augusta capiva? Mi sentivo colpevole e malato. Sentivo dolore alla gamba. Non dovevo più rivedere Carla! Augusta invece credeva che fossi preoccupato per gli affari e mi ha dato conforto. Per farla felice ho parlato della lavanderia che tanto desiderava. Mi sono sentito meglio. Il rimorso diminuiva. A letto guardavo mia moglie che dormiva. Come avrei potuto ferirla? Mai! Il giorno dopo dovevo chiarire la situazione con Carla.

Durante la notte ero molto inquieto. Ho spiegato ad Augusta che riflettevo sulla vecchiaia e sulla morte. Lei ha riso e mi ha consolato. Perché avevo tanta paura di Carla, che non era ancora la mia amante? Quali desideri poteva avere Carla? Augusta, povera donna, desiderava solo una lavanderia!

Il mattino dopo mi sono alzato convinto di andare da Carla e chiarire la situazione. Augusta però mi ha chiesto di accompagnarla a casa dei genitori. Era arrivato da Buenos Aires il padre di Guido Speier, per il matrimonio del figlio. Giovanni stava meglio e parlava in salotto con Francesco Speier, un uomo basso, con poche idee e per niente vivace. Parlavano di affari. Guido aveva appena regalato un bellissimo anello alla futura moglie. Non mi interessava nulla. Ma cosa facevo lì? Avevo ben altri affari da risolvere!

Uscito di casa mi sentivo sicuro e libero dai dubbi. Correvo via dalla casa di mio suocero per allontanarmi da tutta la famiglia Malfenti. Basta con i loro affari e commerci! Basta con denaro e proprietà di Guido e di Ada! Non stavo correndo a tradire Augusta. Stavo per fare con tranquillità quello che desideravo. Una visita a Carla, in fondo, non era nulla di male.

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