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Conversazioni d'autore, 'Vaccini in Africa: il ruolo dell'Europa'

'Vaccini in Africa: il ruolo dell'Europa'

e benvenuti a Casa La Terza. Io sono Lia Di Trapani e sono un editor della Casa Editrice.

Normalmente in questo spazio di incontro noi presentiamo delle nostre novità editoriali,

discutiamo con i nostri autori dei temi legati a libri in uscita o appena usciti. Questa sera

abbiamo organizzato un incontro di segno in parte diverso, dico in parte perché abbiamo

la fortuna di avere tra i nostri ospiti, che ora vi presenterò, dei nostri autori e quindi come dire

siamo di nuovo in famiglia, in casa con persone appunto che hanno contribuito ad arricchire il

catalogo della Casa Editrice, ma stasera non presenteremo un libro, presenteremo invece un

appello. Il titolo di questo incontro, come sapete, è Vaccini in Africa, il ruolo dell'Europa e questa

discussione nasce da una proposta che è stata lanciata una settimana fa sulle pagine del Corriere

della Sera con il supporto anche della Casa Editrice e attraverso la possibilità appunto

di aderire all'appello sulle pagine del sito change.org da parte del professor Massimo Florio

e del professor Giuseppe Remuzzi che ringrazio in primo luogo, grazie di essere qui. Questo

appello ha avuto già una qualche circolazione, è stato accolto con grande favore, abbiamo raggiunto

quasi 3.000 firme e hanno aderito insieme a moltissimi altri cittadini e cittadine evidentemente

interessati ai temi, anche persone competenti a vario titolo sugli argomenti di cui tratta

l'appello e di cui tratteremo stasera. Voglio nominare tra gli economisti Andrea Boitani,

Enocenzo Cipolletta, voglio nominare Silvio Grattini, Presidente dell'Istituto Mario Negri,

ma hanno firmato anche il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi, Saviano appunto tra i

protagonisti della discussione pubblica. Questa sera presenteremo i punti salienti di questo

appello che è la proposta di un fondo di solidarietà fra Unione Europea ed Africa

per un programma urgente sui vaccini Covid-19, non solo grazie appunto ai professori Florio

Eremuzzi che si sono fatti parte attiva in questa mobilitazione, ma anche grazie al contributo

degli altri nostri due ospiti che sono Don Dante Carraro e il dottor Giovanni Putoto,

che pure ringrazio e che sono come dire grandissimi conoscitori del continente africano

e dei problemi che il continente africano affronta quotidianamente sul versante sanitario. Don Dante

Carraro e il dottor Putoto sono rispettivamente il direttore responsabile di programmazione

dell'ONG QAM che probabilmente molti di voi conoscono, QAM medici con l'Africa,

che è una realtà che da oltre 70 anni opera in moltissimi paesi africani per promuovere

lo sviluppo del diritto alla salute e la possibilità di accesso alle cure sanitarie.

Presento velocissimamente gli altri due ospiti che in realtà non avrebbero bisogno di presentazione,

il professor Eremuzzi è un medico, nefrologo, direttore del Mario Negri, editorialista del

Corriere della Sera, autore di molte pubblicazioni. L'ultima uscita non con noi,

ahimè, ma con l'editore Solferino, è un libro che ha un bellissimo titolo, si intitola

L'impronte del signor Neandertal, come la scienza ricostruisce il passato e disegna il futuro,

ed è un libro che sta riscuotendo grande successo. Il professor Massimo Florio è invece un economista,

insegna scienza delle finanze all'Università Statale di Milano e le sue ricerche vertono,

fra gli altri temi, sul rapporto che c'è tra la scienza intesa come bene pubblico e la

privatizzazione che spesso finisce per trovarsi a valle dei processi di ricerca. Il professor

Florio ha scritto molto su questo argomento, da ultimo nello scorso autunno è uscito con

I tipi la terza, questo volume che non a caso si intitola La privatizzazione della

conoscenza. Ne ringrazio di nuovo tutti voi per essere qui, io darei la parola in prima

battuta proprio al professor Florio chiedendogli a grandi linee di spiegarci come è nato questo

appello e quali sono i punti salienti su cui appunto volevate sollevare l'attenzione pubblica,

grazie. Grazie, grazie non solo per aver organizzato questo incontro ma anche

il preditore la terza per essere stati in questo caso un soggetto culturale che ci aiuta a

discutere, che ci aiuta a confrontarci. Io qui sono l'unico economista con tre medici quindi

devo parlare con rispetto, poi due di questi hanno una conoscenza di Africa in cui se io

avessi in questo momento un cappello me lo leverei per dire che un po' già sapevo QAM,

mi sono documentato ulteriormente e quindi ascolterò con grandissimo rispetto i commenti

che avranno da fare sul nostro appello. Dico subito che io non ne faccio mai, anzi forse

questa è la prima volta che io faccio un appello e avrei preferito non doverlo fare perché se i

dati che avessi letto sull'Africa, così avessero detto che le cose stanno procedendo, non ci

sarebbe bisogno di entrare nella pubblica arena con questa discussione. Invece i dati sono quelli

che abbiamo messo in premessa dell'appello, cioè una situazione in cui in molti dei paesi africani

il percentuale di persone che hanno ricevuto anche soltanto una dose non arriva nemmeno alle

cinque dita di una mano, cioè è una situazione in cui semplicemente la campagna vaccinale in

alcuni paesi non copre nemmeno gli operatori sanitari quando delle strutture sanitarie ci

siano. Quindi la situazione è veramente critica, a me sembra, ma ce lo diranno meglio gli interlocutori

di QAN, ma soprattutto mi sembra, con questo ci siamo trovati, con Beppe Remuzzi, che se ne parli

veramente troppo poco. Stiamo discutendo come se nulla fosse del problema della quarta dose in

autunno e di molti altri dettagli, la riapertura delle discoteche eccetera, e c'è un continente

intero, un miliardo e 300 milioni di persone a pochi chilometri da casa nostra che invece è in

una situazione in cui la campagna vaccinale in alcuni paesi o non è partita o arranca. Ora,

il senso della proposta è quello di sostanzialmente proporre uno stanziamento straordinario da parte

dell'Unione Europea su tre assi, cioè la creazione di un fondo che dovrebbe finanziare direttamente

i piani vaccinali dei paesi dell'Africa su tre assi. Vorrei sottolineare questo punto, finanziare

direttamente i piani vaccinali dei paesi dell'Africa su tre assi, che non è la stessa cosa

che donare delle dosi, perché donare delle dosi comprate da qualcun altro, in questo caso dai

paesi europei, non è la stessa cosa di sostenere un piano vaccinale, perché uno le dosi le può

comprare e poi le spedisce, e poi se non arrivano a destinazione cosa abbiamo fatto? Niente. Inoltre,

diciamo, c'è veramente una discresia enorme tra gli effetti annuncio, cioè vengono annunciate la

sottoscrizione di miliardi all'interno del fondo COVAX e ciò che veramente sta arrivando. Allora,

i tre assi che noi proponiamo sono, in primo luogo, aumentare molto la disponibilità di vaccini,

ma privilegiando la strada se percorribile di vaccini prodotti in Africa. Questo è assolutamente

un punto per noi importante, avremo forse modo di parlarne meglio, ma c'è una dimostrazione

recente con questo studio di Peter Hotez e di Maria Elena Bottazzi che non è necessario avere

la proprietà intellettuale, i brevetti per fare innovazioni di enorme importanza. Il vaccino

COVAX approvato in India non è solo un progetto, è qualcosa di cui è già cominciata la produzione.

Ora, ce ne possono essere altri dieci, ma certamente l'idea che l'Europa, siccome si è

vincolata a dei contratti con Pfizer e Moderna, l'unica cosa su cui riesce a ragionare è Pfizer

e Moderna, anche quando sono i meno adatti possibili a un contesto come quello africano,

ci sembra molto limitativo. Quindi il problema sono i piani vaccinali e privilegiando vaccini

adatti a essere prodotti in sicurezza nei paesi emergenti, in particolare in Africa,

su una gamma tipologica di vaccini ampi. Il secondo punto è l'infrastruttura. Come dicevo

prima, far arrivare un contenitore a bassa temperatura su una pista di atterraggio di un

aeroporto in un paese africano e poi non realizzare tutto ciò che c'è fra quell'aeroporto

e l'insediamento dove le persone vivono, che in molti casi va raggiunto su strade di

sestate, in certi casi a piedi o per vie fluviali, significa non realizzare che c'è tutta una

questione di supporto alla logistica, alla distribuzione capillare, in cui forse servono

anche risorse umane per aiutare le risorse locali, che sono fondamentali per fare questo

tipo di lavoro. Terzo, c'è appunto il tema della campagna di informazioni. L'abbiamo visto

persino da noi, vaccinare le persone è anche un'operazione culturale, di cultura della salute.

Queste operazioni vanno gestite insieme alle comunità locali creando una linea di finanziamento

che vada anche in questa direzione di coinvolgimento delle comunità locali. Questo è il senso,

questa è l'idea. Grazie professore per avere con questa sintesi e questa chiarezza appunto

illustrato i tre punti principali dell'appello. Io credo che tutti noi, questa sera, come dire

con noi appunto molti degli amici e molte delle amiche che ci stanno ascoltando sono

assolutamente d'accordo nel condividere la preoccupazione da cui questo appello ha avuto

avvio. Il professor Florio ha ricordato poco fa qualche dato, qualche percentuale. Nel testo di

questa proposta si aggiunge che i dati sulla diffusione della pandemia in Africa sono incerti

e quelli disponibili ad oggi potrebbero essere sottostimati per mancanza di sistematicità in

molti paesi, di diagnosi, tracciamento dei contagi, sequenziamento delle varianti. Quindi

come dire c'è anche l'ipotesi che i numeri che prima ha ricordato il professore non siano del

tutto rispondenti al vero che la situazione sia ancora più grave. Aggiungete in questo testo non

si può escludere che una bomba ad orologeria pandemica possa esplodere dalle coste del

Mediterraneo fino all'Africa australe per quanto l'età media giovane possa essere un fattore

protettivo dalla malattia grave. Allora siamo senz'altro tutti d'accordo nella preoccupazione,

siamo senz'altro tutti d'accordo su un altro punto che sottolineava il professor Florio, cioè il fatto

che troppo poco si parli e troppo poco ci si preoccupi di quello che succede fuori dai nostri

confini o fuori dal nostro continente. Chiederei però a Don Dante Carraro se a fronte di questa

comune preoccupazione ci sia, come dire, sintonia da parte sua sulle tre linee appunto a cui ha

fatto ceno il professor Florio o se sulla base della vostra esperienza che è molto radicata

in paesi peraltro diversissimi dell'Africa altre come dire ipotesi operative vi sembrano più

facilmente praticabili. Sì sentite sì, grazie e credo che l'esposizione fatta da professor Florio

sia stata più chiara. La prima osservazione è che si va a toccare un elemento fondamentale,

cioè che adesso visto che del 75% dei quasi 10 miliardi di dosi che sono state inoculate,

75% è concentrato in 10 paesi, quelli più diciamo così benestanti, e l'altro 25% a tutto

il resto del pianeta, dica come noi dobbiamo mettere assolutamente attenzione e spinta proprio

verso l'Africa perché è il continente che come ci siamo ripetuti, cito solo ad esempio uno dei

paesi dove stiamo lavorando che è il Sud Sudan, che a settembre-ottobre del 2021 aveva l'1% della

popolazione che aveva ricevuto almeno una dose e che a gennaio del 2022 è arrivato al 2.6,

quindi siamo a numeri estremamente bassi, per fortuna non tutti i paesi sono così,

ecco ma non c'è dubbio che porre l'attenzione della comunità, in questo caso della comunità

europea attorno alla necessità di fare di più a supporto dei paesi africani in particolare,

questo voglio dire è un merito, ecco è un dovere che dobbiamo fare e da questo punto di vista

questi sono per esempio due aspetti del comunicato che sono fortemente positivi,

richiamare l'attenzione dell'Unione Europea su questo impegno da una parte e dall'altra il

tema dell'Africa specificamente dell'Africa perché l'Africa è molto diversa da altri paesi emergenti,

penso all'India che anche l'India ha i problemi, ma per esempio l'India è in grado di produrre dei

vaccini, l'Africa purtroppo no, per dire quindi porre l'attenzione ecco da una parte all'Unione

Europea con la responsabilità che può avere e dall'altra sul continente africano credo che

siano due grandi meriti che questo comunicato pone. Le due osservazioni magari dialogiche

voglio mettere sul tavolo è l'idea di costituire un fondo perché noi sul terreno vediamo la

difficoltà di come dire, che tante volte questi fondi che sono stati creati diventano facilmente

per necessità mi viene da dire, necessità legate all'organizzazione perché un fondo mette i soldi

ma dopo ci vuole qualcuno che questi fondi li gestisca, ci vuole trasparenza, ci vuole criteri

con cui vengono attribuiti e controllati, quindi è una macchina che per quanto snella l'esperienza

che noi stiamo avendo ho in mente insomma tanti fondi che sono stati costituiti con tanta anche

buona determinazione, buona volontà proprio ad aiutare. Pensiamo al fondo per l'HIV, per la

malaria, per la tubercolosi, sono fondi che insomma laboriosi che dopo vanno gestiti compresi

in loco con processi che proprio perché sono fondi pubblici devono essere fatti in una certa maniera.

Allora una prima domanda ecco ai nostri interlocutori, ai professor Massimo Florio,

ecco su questa idea del fondo perché porto allora l'altro aspetto, noi quello che abbiamo visto

sul campo è che da novembre quando è stato fatto a Roma il G20 con una pressione forte su la campagna

vaccinale in Africa e l'impegno dei paesi sviluppati a sostenere poderosamente questo

aspetto, devo dire che mentre prima parlo di novembre e dicembre, le singole dosi nei paesi

di fatto non arrivavano, non c'erano, pochissime arrivavano in maniera assolutamente scordinata,

non pianificata, arrivavano dosi sull'orlo della scadenza e quindi non venevano utilizzate,

devo dire che è un segnale da quando c'è stato il G20, tempo un mese dopo, voglio dire da dicembre

e anche a gennaio, insomma a gennaio, abbiamo visto che queste dosi hanno cominciato ad arrivare,

ad arrivare in maniera più diciamo strutturata e in termini numerici anche adeguata. Abbiamo

risolto il problema? No, problemi ce ne sono e continuano a rimanere, però il fatto che le

dosi almeno in capitale ci siano fa sì che noi che siamo sul terreno, parlando con i ministeri

locali, le possiamo recuperare insieme al sistema sanitario locale, insieme alle autorità locali,

possiamo usufruirne e con una spinta relativamente leggera ad aiutare a far sì che queste dosi

diventino poi vaccinazione. Questo lo dico perché secondo me allora forse se dobbiamo fare un

appello facciamolo perché i meccanismi in essere, parlo anche del meccanismo del COVAX, che ripeto

sta dando qualche segnale di riattivazione rispetto alla stagnazione precedente al G20,

probabilmente se lo aiutiamo, se si accelera sulla macchina che c'è qualche segnale, forse

riusciamo ad accelerare quel processo di arrivo delle dosi vaccinali nel paese e poi anche della

distribuzione. Questo è un primo punto. Il secondo punto è benissimo, fa il comunicato a

sottolineare il tema della logistica perché i temi adesso sono che le dosi arrivano e la logistica è

carente. Ecco dove il comunicato pone un punto secondo me molto importante che è quello della

logistica in loco. Sistemi di distribuzione, soldi per comprare pick up, soldi per comprare motorini,

soldi per comprare barche in Sud Sudan. Il Nilo è sonda e hai bisogno di barche ma devono essere

disponibili. La catena del freddo, i generatori, quando nelle zone rurali hai bisogno di arrivare

i vaccini però devi attivare un frigorifero. Il frigorifero funziona se c'è il generatore,

se c'è il personale che mette dentro il gasolio. Quindi benissimo il documento fa e allora dire su

questo che questi soldi dovrebbero aiutare questi aspetti. Faccio un'ultima cosa e chiedo l'aiuto

anche a Giovanni eventualmente dopo e cioè che l'idea per esempio di un vaccino open source,

questo va a toccare il tema dei brevetti, non c'è dubbio che noi dobbiamo aumentare la capacità

anche produttiva dei vaccini. Quindi noi siamo ben disponibili, ben felici se ci fossero altri

vaccini disponibili, altre dosi, anche open source in modo che siano svincolati dalla necessità dei

brevetti. Un'osservazione l'abbiamo fatta sul fatto che per esempio la dose di vaccini,

l'Unione Europea mette come vincolo la necessità di spendere i soldi che ha su vaccini che siano

stati approvati dall'Operazione Mondiale della Sanità. Da quel che mi risulta, ma io mi abbasso

qui, quello che ho chiesto a livello europeo, voi la conoscete meglio di me, il Corbevax non ha

questo accreditamento e da quello che sappiamo noi, ma ripeto posso essere smentito e sarei ben

felice anche di questo. L'ultima osservazione, molto bene fa il documento a insistere sulla

campagna vaccinale, sulla campagna di informazione rispetto ai vaccini delle comunità che è esattamente

quello che stiamo facendo sul territorio assieme alla formazione del personale locale. Non

dimentichiamo che anche il personale locale va formato e va sostenuto perché sono già

sovraccaricati, sono sistemi sanitari debolissimi e allora la campagna di informazione delle

comunità, del coinvolgimento delle comunità, e sono tornato da Luganda, per esempio devo dire

che all'uscita della messa nei mercati sotto gli alberi quando ci sono le comunità che si

raccolgono con i megafoni in motorette e si gira a sensibilizzare le comunità, questa roba viene

fatta, va potenziata perché non c'è dubbio che molto deve essere fatto, ma qui ritorniamo su come

questi fondi possono arrivare nei paesi. Spero di essere stato sufficientemente chiaro. Grazie

don Dante, è stato chiarissimo e grazie davvero per gli spunti di discussione e di approfondimento

molto molto molto fecondi. Io mettrei al momento tra parentesi la questione legata ai processi di

informazione e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica nei paesi africani, su cui poi chiederò

un coinvolgimento più specifico del dottor Putoto. Vorrei adesso dare la parola al professor Remozzi,

a cui voglio fare in prima battuta una domanda che forse vi sembrerà un po' ingenua, vi chiedo

scusa ma credo sia importante. Quanto è pericoloso per noi tutti sottovalutare la situazione della

pandemia in Africa? Partirei da questo elemento che è legato al fatto che troppo poco se ne parla

e è il motivo per cui ne stiamo parlando questa sera. Poi chiederei al professor Remozzi di

rispondere a una delle sollecitazioni che ha lanciato don Dante, quella legata al quale

mi sembra come dire argomento centrale. Grazie professore.

Allora, se voi vedete tutti parlano adesso, io ho partecipato stamattina a una, non partecipio più

a dibattiti televisivi perché sono dibattiti di cose che non ci sono, il Green Pass, lo stadio,

la mascherina dentro, fuori, davanti, dietro. Ha visto che non abbiamo nominato nessuno di

questi punti qui stasera. Invece nessuno parla del vero problema, tutti vogliono sapere quando

finisce la pandemia e l'idea è quando finisce la pandemia da noi, ma non è così, la pandemia o

finisce dappertutto o non finisce mai. E allora c'è un bellissimo titolo di questi giorni del

Lancet che dice il virus rimarrà con noi per tanto tempo ma la pandemia sta per finire, però sta per

finire se noi lavoriamo molto intensamente, molto rapidamente, al di là delle carte, al di là dei

proclami, al di là delle buone intenzioni, al di là delle grandi organizzazioni per vaccinare chi non

è stato vaccinato. Tra l'altro Don Carraro faceva riferimento a una dose, vorrei ricordarvi che una

dose non è esattamente come non farla, ma è molto poco e rispetto a Omicron due dosi non bastano

mentre tre sono estremamente efficaci. Quindi dobbiamo entrare anche in quest'ordine di idee,

quindi adesso che le cose da noi stanno andando meglio, anche in termini di ricovere dei morti,

le persone non sono più così stressate, gli ospedali possono respirare, credo che abbiamo

il tempo di occuparci degli altri, ma non in senso caritatevole, ma in senso che è un assoluto dovere

della medicina dei paesi avanzati quello di occuparsi degli altri. Non c'è più il sovranismo,

se avete notato, questa pandemia secondo me ha lasciato un insegnamento importante. Non c'è più

il mio paese, non c'è più il tuo paese, c'è solo che la mia salute dipende dalla tua. Allora,

se entriamo in quest'ordine di idee inquadriamo questo appello nella sua giusta dimensione.

Forse c'è anche un'ingenuità in questo appello, perché come diceva giustamente Don Carraro,

perché ha un fondo in più quando ce ne sono già tanti altri. Però qui ci sono alcuni spunti che

ha illustrato molto bene Massimo Florio che potrebbero essere originali. Prima cosa,

noi pensiamo a Corbevax o a qualcosa di simile, cioè a un vaccino open source, come diceva

giustamente Don Dante. Secondo, che non abbia bisogno della catena del freddo,

quindi escludiamo i vaccini su cui ha impostato tutta la campagna l'Europa,

che sia disponibile indipendentemente dal brevetto e la questione dell'OMS sta per essere

affrontata. A me risulta che l'OMS sta cominciando a occuparsi di questo problema,

quindi noi prepariamoci perché poi non vorrei che l'OMS fosse pronta e non siano pronti noi.

E poi ci sono ancora due cose. Una, no, lei non mi ha chiesto altro, quindi ho già risposto,

forse mi fermo qua. Naturalmente Corbevax non è l'unica soluzione, ce ne sono tante altre,

ce ne saranno molte. Sappiamo che ci sono 150 vaccini in sviluppo e ci sono anche vaccini che

probabilmente non avranno più bisogno di essere targati rispetto alla variante. L'importante è

che noi siamo pronti, che abbiamo un vaccino open source, che non abbia bisogno di brevetto,

che non sia coperto di brevetto, che sia fatto da qualcuno che è disponibile a rinunciare al

brevetto, perché in teoria ci dicono che il brevetto in realtà non c'è perché nessuno

vuole brevettare, però questo è un limite per esempio per Covax, cioè non c'è trasparenza

né da parte delle industrie che daranno vaccini a Covax né da parte dei governi,

perché per esempio non c'è trasparenza sul prezzo, l'industria comunque privilegia,

ha una priorità e la priorità è quella dei paesi che possono pagare di più.

L'altra cosa di questo appello che io trovo originale è che va verso i tre punti che in

un articolo di Washington Post di tre giorni fa sono considerati i più importanti perché

l'Africa possa essere vaccinata, perdonatemi i termini un po' barali. Il primo è leadership

and coordination, quello che manca, ma ha già accennato molto bene Don Carraro,

quando arrivano queste dosi è che ci sia una leadership, qualcuno che governa questo sistema.

Il secondo è la mancanza, in un altro campo si direbbe mano d'opera, ma insomma di persone che

lavorino intorno a questo vaccino, di medici, di infermieri, di assistenti sociali e la terza è

quello che in inglese si chiama esitazione rispetto al vaccino che è ancora più forte che da noi e

secondo me l'originalità di questo appello, anche se è brutto che lo dica io, ma in realtà

il merito del professor Florio è di dire investiamo in comunicazione, non credo che

nessuno abbia mai detto mettiamo il fondo per formare in Africa delle persone che comunicano

con le persone dell'Africa e tra l'altro che comunicino nei diversi paesi dell'Africa come

si comunica in quel paese lì, perché in Uganda non si comunica come in Tanzania e allora lo sforzo

è proprio quello di entrare in un clima culturale completamente diverso dal quale noi siamo

lontanissimi, quindi io credo che non ci sia niente più lontano da questo appello che,

proprio come diceva giustamente Don Carraro, pensare che il problema si dissolve dando le

dosi, forse questo è il più piccolo dei problemi. Grazie professore è stato chiarissimo come sempre,

io poi interpellerò di nuovo il professor Florio che essendo l'unico economista come lui stesso ha

ricordato in questo nostro panel, avrà l'onere di rispondere alla questione perché un nuovo fondo

invece che utilizzare i fondi precedenti, ma prima di tornare da lei professore volevo invece

coinvolgere in questa nostra discussione il dottor Putotto su questi ultimi aspetti che sono stati

menzionati e che già erano stati evocati da Don Dante pochi minuti fa, cioè aspetti legati

all'informazione, alla comunicazione e vorrei allargare il discorso con il suo aiuto anche a

come dire la cornice culturale in cui le campagne di vaccinazione necessariamente si inseriscono.

Ora resistenze verso la vaccinazione non sono solo legate ad altri continenti, lo sappiamo bene,

volevo però chiederle di farci un quadro appunto di quella che è la percezione diffusa nei paesi

africani con cui avete più dimestichezza e esperienza sulla gravità della situazione

pandemia in primo luogo sulla necessità di ricorrere a delle misure di vaccinazione e

su come dire ritardi, difficoltà e invece al contrario come dire opportunità e possibili

invece vie come dire di felice attuazione di pratiche positive in questo senso, grazie.

Grazie, grazie dell'opportunità che ci date di partecipare. Per quanto riguarda la gravità

della pandemia in Africa è già stato detto, non siamo certi dei pochi dati che abbiamo,

se riflettono veramente la realtà. Il numero dei casi e delle morti attribuibili a Covid

dalle fonti ufficiali dell'OMS, Africa CDC eccetera, varia tra il 3 e il 4 per cento circa

di tutti i casi notificati di tutte le morti rilevate. Uno può dire che è pochissimo rispetto

ai paesi occidentali, in Africa sarà guardata, sì, però le diagnosi sono pochissime, è stato già

detto, i sequenziamenti anche, solo 6-7 paesi su 54 hanno un sistema di notifica delle morti

paragonabile al nostro ISPA, quindi Covid come per tante altre patologie non riesce,

i sistemi locali non riescono a intercettare e a registrare questo. Quindi anche in Africa,

questo lo dico come elemento di riflessione, uno dei pochi paesi che misura la mortalità in

eccesso è il Sudafrica. Ad oggi, da quando è stato registrato l'andamento dell'epidemia e

parallelamente ai picchi epidemici di Covid, il Sudafrica, il Ministero della Salute, ha registrato

un eccesso di 300.000 morti, parlo solo di un paese su 54. Quindi vanno evitati da un lato,

come c'erano agli inizi, le immagini e le raffigurazioni di tipo catastrofico,

catastrofistico, da un lato, ma bisogna evitare anche il minimalismo che sembra emergere anche

sui mezzi di stampa negli ultimi periodi. Quindi il problema è serio, la questione

della vaccinazione in Africa. Qua una reiterazione, cioè nelle nostre missioni che facciamo regolarmente,

che abbiamo continuato a fare anche in questo periodo, l'accesso ai vaccini è stato per molti

mesi il problema principale, semplicemente i vaccini non c'erano. Ora ci stiamo accorgendo

che i vaccini stanno arrivando. In Africa ad oggi sono arrivate circa 600 milioni di dosi e,

però, quello che stiamo rilevando è l'utilizzo e il sottutilizzo di queste dose, perché vediamo

dei delta tra le dosi che sono date e le dosi che sono effettivamente somministrate. Quindi non c'è

quel passaggio fondamentale tra vaccino e vaccinazione. E questo richiama uno dei temi

fondamentali, che è quello dei sistemi sanitari. Le nostre riserve non sono sulle ragioni fondamentali,

cioè la diagnosi è assolutamente condivisibile. E' che questa diagnosi poi propone delle soluzioni,

degli approcci, sia per gli interventi a brevissimo termine, sia per gli interventi fondamentali,

capito? Cioè tutti i problemi strutturali che sono stati ben evidenziati dal professor Florio

Muzica sono quelli della produzione indigena autotona africana dei vaccini e della loro

tra virgolette libertà anche da parte dei condizionamenti commerciali, col tema delle

licenze obbligatorie e così via. Però torniamo a questo punto qui. Oggi e così pure anche nel

passato, avere un fondo che è finalizzato lodevolmente, diciamo, a questi fatti qua,

dimentica che è sul campo che si gioca la partita oggi fondamentale, che è quella anche proprio

effettivamente logistica, è quella dei sistemi sanitari, della capacità di trasportare questo

vaccino in condizioni di sicurezza e di efficacia nei luoghi più remoti. Ma anche di farlo,

e questa è un'altra solita legnatura che vorrei aggiungere, guardate che gli impatti indiretti in

Africa sono stati più importanti e più nocivi probabilmente dall'impatto diretto del Covid.

Cosa intendo dire? Che a causa del Covid sono diminuiti i tassi di copertura delle vaccinazioni

ordinarie, sono diminuiti i parti assistiti. Quindi se si può e secondo noi si dovrebbe

intervenire in questa fase di emergenza, bisognerebbe intervenire sulla vaccinazione,

ma anche sostenendo il sistema sanitario locale e i servizi essenziali. Siamo tornati dalla

Repubblica Centrale Africana al tasso di copertura in alcune aree dove lavoriamo,

copertura vaccinale per i bambini sotto i 5 anni, è intorno al 20%. Allora combinare la

campagna vaccinale Covid con la riattivazione o il potenziamento delle campagne vaccinali per i

bambini sotto i 5 anni aiuterebbe il sistema. Questo nel breve, quindi c'è un'emergenza che

va sfruttata adesso e istituire un fondo con quelle caratteristiche che abbiamo potuto vedere

nel passato di altri fondi con questo intervento ci lascia un po' perplessi, perché forse è meglio

utilizzare le vie che ci sono, rendere più spedite, è il COVAX, è l'utilizzo delle linee,

delle agenzie. Noi vediamo in Africa per esempio ECO che si è fatto carico di sostenere le campagne

vaccinali come pure l'unice FECETA per non ritardare ulteriormente l'impegno di vaccinare

il 70%, questo è il target che ci si è dato entro la fine dell'anno. Quindi è un problema del come

piuttosto del perché e del che cosa. A medio termine è assolutamente sottoscrivibile perché

l'Africa che ha il 99% di importazione dei vaccini deve diventare autonoma. I capi di

Stato la primavera scorsa si sono dati come target in 20 anni di produrre il 60%. Di qualche giorno

fa la notizia che Sudafrica ha cominciato a produrre, seppur in quantità molto contenute,

un vaccino che si richiama quello dell'mRNA di Minerva e potrebbe farlo. Quindi gli investimenti

per sostenere le capacità indigene e autonome e ci sono già dei paesi che avrebbero un minimo

di piattaforma, il Sudafrica, il Ghana, il Rwanda, il Kenya, l'Egitto eccetera, questi sono investimenti

dovuti, fondamentali per il benessere degli africani e di riflesso anche delle altre popolazioni del

mondo. Rimane un altro elemento che è stato sottolineato, che stiamo affrontando, che è

presente in Africa, che è quello dell'esitazione, che è particolarmente evidente per tutta una serie

di motivi. Primo perché si è corso moltissimo per produrre questi vaccini, perché nel correre

moltissimo l'Africa non è stata coinvolta per mancanza di organismi di governance e di tempi

o di voglia, di volontà di fare anche il trial in Africa coinvolgendo di più e meglio i governi,

i ministeri, gli istituti di ricerca e gli operatori sanitari africani. C'è anche un

atteggiamento molto forte da parte degli africani che hanno visto le reazioni degli

occidentali nei confronti di AstraZeneca, per cui con tutte le riserve che ci sono state,

noi anche italiani, in parte forse l'abbiamo anche contribuito in questo, hanno di fatto

insomma capito che l'atteggiamento è cambiato, ci si è rivolti verso i vaccini più avanzati,

quelli a tecnologia mRNA piuttosto che ad altre tipologie. Quindi c'è il sospetto più o meno

fondato, se volete, che all'Africa si dia un vaccino di seconda classe standard con degli

effetti collaterali non noti eccetera. Questa è una esitazione che è molto presente anche negli

operatori sanitari, i nostri padri, i nostri amici anche ce lo dicono espressamente. Poi ci

sono altre valenze che stanno alla base dell'esitazione, cioè oggi c'è un uso massiccio

dei media, cioè l'infedemia insomma in Africa, dove le teorie conflottistiche trovano diffusione,

purtroppo abbiamo avuto anche alcuni paesi africani, la Tanzania, all'inizio anche il

Madagascar, che hanno sposato delle posizioni negazionistiche e quindi poi hanno utilizzato

anche i media locali per influenzare l'opinione pubblica e far accettare queste posizioni. Questo

spiega perché un paese che non è sicuramente un paese, uno stato fragile, la Tanzania,

abbia un tasso di copertura del 2% al pari del sud sudana, perché c'è da recuperare un tema

fondamentale che abbiamo visto nella nostra esperienza in Sierra Leone nel 2000, fatto

durante l'epidemia di Ewa, che abbiamo attraversato interamente, che è la fiducia, la fiducia tra la

popolazione e gli operatori sanitari, l'ingrediente fondamentale dappertutto, dappertutto e sempre mi

dovrebbe dar giunto. Dunque, ecco, ci sono tutti questi aspetti, le campagne sono fondamentali,

devono andare proprio a toccare questi aspetti e devono utilizzare al meglio le politiche vaccinali,

ma anche i testimonial, gli operatori sanitari, coloro che possono veicolare, per esempio,

e per capacità, e devono essere africani, non bianchi, devono veicolare un messaggio basato

sulle evidenze e che coinvolga la popolazione ad accettare i benefici della campagna vaccinale.

Però tutto questo in un contesto che dobbiamo fare presto. Grazie, grazie dottor Putotto per

aver aperto su altre questioni e per avere parlato di fiducia, che è un tema fondamentale,

non solo in Africa, ma anche da noi, ed è un tema che ci richiama anche alle nostre responsabilità

di contribuire attivamente a una discussione pubblica, seria e che permetta a tutti, come dire,

di farsi un'opinione sulla base di elementi concreti e fondati. Tra l'altro, professor Remuzzi,

mi permette di anticipare alle persone che ci stanno ascoltando, che tra un mese uscirà il

suo nuovo libro con noi, che si intitola Anche i medici sbagliano ed è giusto discuterne in pubblico,

che tratta tra gli altri temi anche proprio appunto di questa necessità di un maturo confronto appunto

tra scienziati, operatori della sanità e operatori dell'informazione e pubblico. Quindi,

tema della fiducia sicuramente centrale anche per il successo di tutte le iniziative di cui

stiamo parlando. Vorrei dare un'ultima battuta, siamo veramente in chiusura e ci tenevo a leggere

poi un contributo che era arrivato da una delle persone che ci sta seguendo, al professor Florio

sulla questione del fondo. Fondo nuovo o fondi già esistenti? Io, mentre con grandissimo merito

QAM esplorava i problemi dell'Africa, io per 30 anni mi sono occupato di fondi strutturali

dell'Unione Europea. Mi sono fatto largo non a colpi di macete, ma a volte avrei avuto voglia

di avere colpi di macete nella burocrazia di Bruxelles. Quindi capisco molto bene quello

che viene detto. Allora, non mi voglio attaccare alle parole, però il punto è questo. La proposta

dice un fondo straordinario, in sostanza addizionale per l'Africa. La parola chiave è

addizionale. Significa, l'abbiamo anche quantificato perché questo aiuta per esempio i parlamentari

europei o la Commissione Europea, aiuta con un numero. Cioè diciamo 10 miliardi in più con uno

stanziamento ad hoc. Questo non vuol dire necessariamente creare un'agenzia ad hoc che

gestisca quel fondo, perché se è addizionale è addizionale. Quindi questo non vorrei che fosse

un tema di equivoco. Non stiamo pensando di aggiungere un'altra burocrazia, però il dire

fondo specifico per l'Africa ha un significato molto puntuale, perché COVAX è un meccanismo

fondamentalmente Nazioni Unite e le istituzioni hanno una loro logica. Quindi l'altra parola

chiave che noi diciamo è gestito direttamente dalla Commissione Europea, che significa in

sostanza un'assunzione di responsabilità dell'Unione Europea nei confronti dell'Africa.

E siccome fra alcuni giorni c'è il summit Unione Europea-Unione Africana, dire un fondo speciale

straordinario per l'Africa di 10 miliardi è qualcosa che la commissaria finlandese ai

partenariati internazionali nel gergo di Bruxelles capisce molto bene che cosa vuol dire. Se avessimo

messo nell'appello aumentiamo le risorse per COVAX, cioè per un meccanismo Nazioni Unite,

direi che la cosa non avrebbe avuto lo stesso impatto, lo stesso significato. Detto questo,

ripeto, non si tratta di aggiungere burocrazia. E le cose che diceva il dottor Putotto un momento

fa, mi sembra, insomma, si capisce la persona che ha esperienza e ce la porta. Su Nature è uscito,

hanno ripreso un articolo di PLOS ONE che dice che nell'Africa centrale la diffidenza vaccinale

è al 67%. Cioè hanno fatto un sondaggio su 4 o 5 mila persone, la diffidenza vaccinale è così.

Questa è la ragione per cui noi, anche se parliamo di 2 miliardi di dosi in più,

però attenzione, 2 miliardi di dosi in più, se fossero con i vaccini costosi dei contratti

della commissione non ci si arriva mai, perché stiamo parlando di 20 dollari. AstraZeneca 4

dollari, però voi sapete in questo momento come sono i rapporti tra Commissione Europea e AstraZeneca,

cioè sono praticamente ai tribunali per le cause eccetera. Quindi in questo momento la Commissione

Europea, quello che ha in conto, sono i rapporti fondamentalmente con Pfizer e con Moderna. Però

c'è tutto un altro mondo. Adesso se non sarà Corbevax ce n'è un altro. La lista Organizzazione

Mondiale della Sanità è in fase di evoluzione. Questa roba non dura purtroppo qualche settimana

o qualche mese, ma minimo avremo un paio d'anni per arrivare. Si dice che il 70% dell'Africa entro

è, ma dottor Putoto, dottor Carraro, ci crediamo al 70% dell'Africa entro pochi mesi? No, lo sappiamo

che dura di più questa cosa. Quindi bisogna creare le risorse finanziarie e il range non solo di

vaccini, ma soprattutto dire che il problema non è avere delle dosi ma fare le vaccinazioni. Per fare

le vaccinazioni servono gli altri due ingredienti, sostenendo i sistemi sanitari locali. La cosa che

ha appena detto dottor Putoto. Tutto questo poi in un contesto come quello africano ha impatto

sulle vaccinazioni ordinarie, insomma quelle della poliomedita e di tutte le malattie trasmissibili

e anche sulla sanità normale. Succede da noi, figuriamoci lì. Il problema è avere risorse per

una strategia complessiva. Grazie professor Florio. Volevo leggere una sintesi di un contributo

piuttosto articolato che ci è arrivato a firma di Jacopo Rovarini che lavora per Amrev che è un'altra

ONG che opera nel settore sanitario in Africa ed è interessante che ci sia questo confronto tra

attori diversi che operano per le stesse finalità. Ci scrive Rovarini che Amrev è assolutamente

d'accordo con l'appello e aggiunge che gli interventi sostenuti da questo fondo dovrebbero

essere integrati all'interno dei sistemi sanitari locali potenziando quanto già esistente,

cosa che è stata anche sottolineata fin qui. Bisognerebbe ricorrere a risorse umane qualificate

in loco, adeguatamente formate e remunerate ed evitare di dispiegare operatori esterni rispetto

ai contesti di intervento, evitare strategie e approcci predefiniti per tutto il continente,

anche questo della diversificazione interna al continente è un aspetto che abbiamo sottolineato

e bisognerebbe fare affidamento sui ministeri della sanità e sulla società civile africani,

assicurare che questi soggetti siano liberi di disegnare gli interventi sulla base delle

proprie conoscenze e del proprio radicamento territoriale. Mi pare che ci sia una certa

sintonia rispetto alla complessità che abbiamo cercato di illustrare fin qui questa sera. Mi

pare che alla base dell'appello e delle cose che ci siamo detti fin qui ci sia comunque la

consapevolezza e lascerei su questo una battuta finale al professor Remuzzi ringraziando ovviamente

tutti gli altri ospiti sul fatto che questa pandemia di cui avremmo fatto volentieri a meno

ci ha lasciato però una grande lezione che è quella dell'interdipendenza. Lei, professor Remuzzi,

spesso ha scritto nei suoi interventi, nei suoi editoriali sul Corriere che non solo la nostra

salute di noi italiani europei e occidentali è legata a quella delle persone che abitano in altri

continenti ma ha sottolineato quanto ci sia un'interdipendenza ancora più estesa tra animali,

piante, insomma quanto il pianeta intero ci sta ricordando che come dire ci si deve prendere cura

di molti aspetti contemporaneamente. Sì, io penso che si potrebbe sintetizzare quello che lei sta

dicendo con quello che ha detto recentemente un professore cinese non poi neanche tanto

recentemente, i pipistrelli sono indispensabili per la nostra sopravvivenza perché uno potrebbe

dire covid viene dai pipistrelli, eliminiamo i pipistrelli abbiamo risolto il problema,

in realtà i pipistrelli sono indispensabili se no saremmo immersi nelle zanzare e non

riusciremo più a difenderci però lui conclude lasciate stare i pipistrelli e uno potrebbe dire

lasciate stare le piante, lasciate stare le foreste, lasciate stare i mammiferi di grande

dimensione. Tenete conto che l'uomo dovunque è arrivato l'uomo ha fatto peggio delle glaciazioni

perché ha fatto restringere i mammiferi di grande dimensione, sono spariti ed erano invece

indispensabili per l'equilibrio del pianeta. Certamente il covid ci ha insegnato questo,

le cose che abbiamo appreso stasera dai nostri interlocutori il dottor Putotto e il dottor

Carraro ci hanno aiutato tantissimo a focalizzare il nostro appello e orientarlo, mi pareva fosse

già abbastanza orientato verso qualcosa che non sia l'Europa che aiuta l'Africa ma è una

sinergia tra l'Europa e l'Africa per fare in modo che l'Africa abbia la possibilità di raggiungere

quelli che sono esitanti attraverso le persone dell'Africa che spiegano ai loro concittadini

che cosa sta succedendo, i dottori dell'Africa che aiutano con le vaccinazioni e noi però

dobbiamo metterli in condizioni di essere retribuiti, di poterlo fare, di poterlo fare

con entusiasmo, questo è il nostro compito, è un compito non di dare qualcosa ma è una

sinergia che viene fuori in un certo senso da questo appello che riguarda anche il problema

della leadership e della governance, dobbiamo fare in modo che i governi dell'Africa abbiano

la leadership di questa attività rispetto ai loro sistemi sanitari nazionali, il nostro

devo essere soltanto un lavoro di catalizzare questa cosa che esiste, che è forte. Io vorrei

lasciarvi solo con un ricordo che non so, non dimenticatevi che il primo trappianto di cuore

è stato fatto in Sudafrica, quindi l'Africa ha delle capacità tecniche meravigliose anche

in campo di genetica perché alla fine Omicron viene da lì, l'abbiamo imparato da lì e l'abbiamo

sequenziato noi dopo che l'hanno sequenziato loro. Non dimenticatevi che noi abbiamo fatto

con una grandissima risonanza il primo trappianto di cuore in Italia vent'anni dopo che era stato

fatto in Sudafrica e ci sembrava di aver toccato il cielo con un dito, in realtà vent'anni prima

Chris Barnard l'aveva già fatto e non è che l'ha fatto lui da solo, l'ha fatto lui, i suoi infermieri,

le sue persone di salo ospedatorio, i suoi tecnici. Se voi andate a vedere il museo che c'è nel suo

ospedale vedete che mobilizzazione straordinaria c'era in Sudafrica nel 68, quindi parliamo di un

paese che ha risorse meravigliose per poter risolvere il problema, salvo che noi funzioniamo

come catalesi di una cosa che effettivamente esiste e deve essere potenziata. Grazie professor

Remuzzi anche per averci rinfrescato la memoria su questo punto perché la memoria spesso è troppo

breve. Io ci tenevo a dire un grazie speciale a Don Dante Carraro e al dottor Putotto per avere

arricchito la discussione e per avere approfondito i temi che già erano presenti nell'appello e un

grazie anche per il lavoro che fanno quotidianamente in Africa da molti anni. Grazie

al professor Florio e al professor Remuzzi per essersi fatti parte attiva con questo appello

che vi ricordo può essere sottoscritto sia dalla pagina del sito della Casa Elitrice sia

direttamente su change.org e speriamo che anche questo appello e questa discussione di questa

sera siano un piccolo strumento, dei piccoli strumenti utili a gettare un fascio di luce

su una questione enorme che è appunto l'interdipendenza di tutti noi da tutti gli

altri e quindi come dire facciamo attenzione all'Africa anche perché ci riguarda. Grazie a

tutti e buona serata. Grazie a tutti, grazie. Grazie mille.


'Vaccini in Africa: il ruolo dell'Europa' 'Vaccines in Africa: the role of Europe' Vacunas en África: el papel de Europa

e benvenuti a Casa La Terza. Io sono Lia Di Trapani e sono un editor della Casa Editrice.

Normalmente in questo spazio di incontro noi presentiamo delle nostre novità editoriali,

discutiamo con i nostri autori dei temi legati a libri in uscita o appena usciti. Questa sera

abbiamo organizzato un incontro di segno in parte diverso, dico in parte perché abbiamo

la fortuna di avere tra i nostri ospiti, che ora vi presenterò, dei nostri autori e quindi come dire

siamo di nuovo in famiglia, in casa con persone appunto che hanno contribuito ad arricchire il

catalogo della Casa Editrice, ma stasera non presenteremo un libro, presenteremo invece un

appello. Il titolo di questo incontro, come sapete, è Vaccini in Africa, il ruolo dell'Europa e questa

discussione nasce da una proposta che è stata lanciata una settimana fa sulle pagine del Corriere

della Sera con il supporto anche della Casa Editrice e attraverso la possibilità appunto

di aderire all'appello sulle pagine del sito change.org da parte del professor Massimo Florio

e del professor Giuseppe Remuzzi che ringrazio in primo luogo, grazie di essere qui. Questo

appello ha avuto già una qualche circolazione, è stato accolto con grande favore, abbiamo raggiunto

quasi 3.000 firme e hanno aderito insieme a moltissimi altri cittadini e cittadine evidentemente

interessati ai temi, anche persone competenti a vario titolo sugli argomenti di cui tratta

l'appello e di cui tratteremo stasera. Voglio nominare tra gli economisti Andrea Boitani,

Enocenzo Cipolletta, voglio nominare Silvio Grattini, Presidente dell'Istituto Mario Negri,

ma hanno firmato anche il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi, Saviano appunto tra i

protagonisti della discussione pubblica. Questa sera presenteremo i punti salienti di questo

appello che è la proposta di un fondo di solidarietà fra Unione Europea ed Africa

per un programma urgente sui vaccini Covid-19, non solo grazie appunto ai professori Florio

Eremuzzi che si sono fatti parte attiva in questa mobilitazione, ma anche grazie al contributo

degli altri nostri due ospiti che sono Don Dante Carraro e il dottor Giovanni Putoto,

che pure ringrazio e che sono come dire grandissimi conoscitori del continente africano

e dei problemi che il continente africano affronta quotidianamente sul versante sanitario. Don Dante

Carraro e il dottor Putoto sono rispettivamente il direttore responsabile di programmazione

dell'ONG QAM che probabilmente molti di voi conoscono, QAM medici con l'Africa,

che è una realtà che da oltre 70 anni opera in moltissimi paesi africani per promuovere

lo sviluppo del diritto alla salute e la possibilità di accesso alle cure sanitarie.

Presento velocissimamente gli altri due ospiti che in realtà non avrebbero bisogno di presentazione,

il professor Eremuzzi è un medico, nefrologo, direttore del Mario Negri, editorialista del

Corriere della Sera, autore di molte pubblicazioni. L'ultima uscita non con noi,

ahimè, ma con l'editore Solferino, è un libro che ha un bellissimo titolo, si intitola

L'impronte del signor Neandertal, come la scienza ricostruisce il passato e disegna il futuro,

ed è un libro che sta riscuotendo grande successo. Il professor Massimo Florio è invece un economista,

insegna scienza delle finanze all'Università Statale di Milano e le sue ricerche vertono,

fra gli altri temi, sul rapporto che c'è tra la scienza intesa come bene pubblico e la

privatizzazione che spesso finisce per trovarsi a valle dei processi di ricerca. Il professor

Florio ha scritto molto su questo argomento, da ultimo nello scorso autunno è uscito con

I tipi la terza, questo volume che non a caso si intitola La privatizzazione della

conoscenza. Ne ringrazio di nuovo tutti voi per essere qui, io darei la parola in prima

battuta proprio al professor Florio chiedendogli a grandi linee di spiegarci come è nato questo

appello e quali sono i punti salienti su cui appunto volevate sollevare l'attenzione pubblica,

grazie. Grazie, grazie non solo per aver organizzato questo incontro ma anche

il preditore la terza per essere stati in questo caso un soggetto culturale che ci aiuta a

discutere, che ci aiuta a confrontarci. Io qui sono l'unico economista con tre medici quindi

devo parlare con rispetto, poi due di questi hanno una conoscenza di Africa in cui se io

avessi in questo momento un cappello me lo leverei per dire che un po' già sapevo QAM,

mi sono documentato ulteriormente e quindi ascolterò con grandissimo rispetto i commenti

che avranno da fare sul nostro appello. Dico subito che io non ne faccio mai, anzi forse

questa è la prima volta che io faccio un appello e avrei preferito non doverlo fare perché se i

dati che avessi letto sull'Africa, così avessero detto che le cose stanno procedendo, non ci

sarebbe bisogno di entrare nella pubblica arena con questa discussione. Invece i dati sono quelli

che abbiamo messo in premessa dell'appello, cioè una situazione in cui in molti dei paesi africani

il percentuale di persone che hanno ricevuto anche soltanto una dose non arriva nemmeno alle

cinque dita di una mano, cioè è una situazione in cui semplicemente la campagna vaccinale in

alcuni paesi non copre nemmeno gli operatori sanitari quando delle strutture sanitarie ci

siano. Quindi la situazione è veramente critica, a me sembra, ma ce lo diranno meglio gli interlocutori

di QAN, ma soprattutto mi sembra, con questo ci siamo trovati, con Beppe Remuzzi, che se ne parli

veramente troppo poco. Stiamo discutendo come se nulla fosse del problema della quarta dose in

autunno e di molti altri dettagli, la riapertura delle discoteche eccetera, e c'è un continente

intero, un miliardo e 300 milioni di persone a pochi chilometri da casa nostra che invece è in

una situazione in cui la campagna vaccinale in alcuni paesi o non è partita o arranca. Ora,

il senso della proposta è quello di sostanzialmente proporre uno stanziamento straordinario da parte

dell'Unione Europea su tre assi, cioè la creazione di un fondo che dovrebbe finanziare direttamente

i piani vaccinali dei paesi dell'Africa su tre assi. Vorrei sottolineare questo punto, finanziare

direttamente i piani vaccinali dei paesi dell'Africa su tre assi, che non è la stessa cosa

che donare delle dosi, perché donare delle dosi comprate da qualcun altro, in questo caso dai

paesi europei, non è la stessa cosa di sostenere un piano vaccinale, perché uno le dosi le può

comprare e poi le spedisce, e poi se non arrivano a destinazione cosa abbiamo fatto? Niente. Inoltre,

diciamo, c'è veramente una discresia enorme tra gli effetti annuncio, cioè vengono annunciate la

sottoscrizione di miliardi all'interno del fondo COVAX e ciò che veramente sta arrivando. Allora,

i tre assi che noi proponiamo sono, in primo luogo, aumentare molto la disponibilità di vaccini,

ma privilegiando la strada se percorribile di vaccini prodotti in Africa. Questo è assolutamente

un punto per noi importante, avremo forse modo di parlarne meglio, ma c'è una dimostrazione

recente con questo studio di Peter Hotez e di Maria Elena Bottazzi che non è necessario avere

la proprietà intellettuale, i brevetti per fare innovazioni di enorme importanza. Il vaccino

COVAX approvato in India non è solo un progetto, è qualcosa di cui è già cominciata la produzione.

Ora, ce ne possono essere altri dieci, ma certamente l'idea che l'Europa, siccome si è

vincolata a dei contratti con Pfizer e Moderna, l'unica cosa su cui riesce a ragionare è Pfizer

e Moderna, anche quando sono i meno adatti possibili a un contesto come quello africano,

ci sembra molto limitativo. Quindi il problema sono i piani vaccinali e privilegiando vaccini

adatti a essere prodotti in sicurezza nei paesi emergenti, in particolare in Africa,

su una gamma tipologica di vaccini ampi. Il secondo punto è l'infrastruttura. Come dicevo

prima, far arrivare un contenitore a bassa temperatura su una pista di atterraggio di un

aeroporto in un paese africano e poi non realizzare tutto ciò che c'è fra quell'aeroporto

e l'insediamento dove le persone vivono, che in molti casi va raggiunto su strade di

sestate, in certi casi a piedi o per vie fluviali, significa non realizzare che c'è tutta una

questione di supporto alla logistica, alla distribuzione capillare, in cui forse servono

anche risorse umane per aiutare le risorse locali, che sono fondamentali per fare questo

tipo di lavoro. Terzo, c'è appunto il tema della campagna di informazioni. L'abbiamo visto

persino da noi, vaccinare le persone è anche un'operazione culturale, di cultura della salute.

Queste operazioni vanno gestite insieme alle comunità locali creando una linea di finanziamento

che vada anche in questa direzione di coinvolgimento delle comunità locali. Questo è il senso,

questa è l'idea. Grazie professore per avere con questa sintesi e questa chiarezza appunto

illustrato i tre punti principali dell'appello. Io credo che tutti noi, questa sera, come dire

con noi appunto molti degli amici e molte delle amiche che ci stanno ascoltando sono

assolutamente d'accordo nel condividere la preoccupazione da cui questo appello ha avuto

avvio. Il professor Florio ha ricordato poco fa qualche dato, qualche percentuale. Nel testo di

questa proposta si aggiunge che i dati sulla diffusione della pandemia in Africa sono incerti

e quelli disponibili ad oggi potrebbero essere sottostimati per mancanza di sistematicità in

molti paesi, di diagnosi, tracciamento dei contagi, sequenziamento delle varianti. Quindi

come dire c'è anche l'ipotesi che i numeri che prima ha ricordato il professore non siano del

tutto rispondenti al vero che la situazione sia ancora più grave. Aggiungete in questo testo non

si può escludere che una bomba ad orologeria pandemica possa esplodere dalle coste del

Mediterraneo fino all'Africa australe per quanto l'età media giovane possa essere un fattore

protettivo dalla malattia grave. Allora siamo senz'altro tutti d'accordo nella preoccupazione,

siamo senz'altro tutti d'accordo su un altro punto che sottolineava il professor Florio, cioè il fatto

che troppo poco si parli e troppo poco ci si preoccupi di quello che succede fuori dai nostri

confini o fuori dal nostro continente. Chiederei però a Don Dante Carraro se a fronte di questa

comune preoccupazione ci sia, come dire, sintonia da parte sua sulle tre linee appunto a cui ha

fatto ceno il professor Florio o se sulla base della vostra esperienza che è molto radicata

in paesi peraltro diversissimi dell'Africa altre come dire ipotesi operative vi sembrano più

facilmente praticabili. Sì sentite sì, grazie e credo che l'esposizione fatta da professor Florio

sia stata più chiara. La prima osservazione è che si va a toccare un elemento fondamentale,

cioè che adesso visto che del 75% dei quasi 10 miliardi di dosi che sono state inoculate,

75% è concentrato in 10 paesi, quelli più diciamo così benestanti, e l'altro 25% a tutto

il resto del pianeta, dica come noi dobbiamo mettere assolutamente attenzione e spinta proprio

verso l'Africa perché è il continente che come ci siamo ripetuti, cito solo ad esempio uno dei

paesi dove stiamo lavorando che è il Sud Sudan, che a settembre-ottobre del 2021 aveva l'1% della

popolazione che aveva ricevuto almeno una dose e che a gennaio del 2022 è arrivato al 2.6,

quindi siamo a numeri estremamente bassi, per fortuna non tutti i paesi sono così,

ecco ma non c'è dubbio che porre l'attenzione della comunità, in questo caso della comunità

europea attorno alla necessità di fare di più a supporto dei paesi africani in particolare,

questo voglio dire è un merito, ecco è un dovere che dobbiamo fare e da questo punto di vista

questi sono per esempio due aspetti del comunicato che sono fortemente positivi,

richiamare l'attenzione dell'Unione Europea su questo impegno da una parte e dall'altra il

tema dell'Africa specificamente dell'Africa perché l'Africa è molto diversa da altri paesi emergenti,

penso all'India che anche l'India ha i problemi, ma per esempio l'India è in grado di produrre dei

vaccini, l'Africa purtroppo no, per dire quindi porre l'attenzione ecco da una parte all'Unione

Europea con la responsabilità che può avere e dall'altra sul continente africano credo che

siano due grandi meriti che questo comunicato pone. Le due osservazioni magari dialogiche

voglio mettere sul tavolo è l'idea di costituire un fondo perché noi sul terreno vediamo la

difficoltà di come dire, che tante volte questi fondi che sono stati creati diventano facilmente

per necessità mi viene da dire, necessità legate all'organizzazione perché un fondo mette i soldi

ma dopo ci vuole qualcuno che questi fondi li gestisca, ci vuole trasparenza, ci vuole criteri

con cui vengono attribuiti e controllati, quindi è una macchina che per quanto snella l'esperienza

che noi stiamo avendo ho in mente insomma tanti fondi che sono stati costituiti con tanta anche

buona determinazione, buona volontà proprio ad aiutare. Pensiamo al fondo per l'HIV, per la

malaria, per la tubercolosi, sono fondi che insomma laboriosi che dopo vanno gestiti compresi

in loco con processi che proprio perché sono fondi pubblici devono essere fatti in una certa maniera.

Allora una prima domanda ecco ai nostri interlocutori, ai professor Massimo Florio,

ecco su questa idea del fondo perché porto allora l'altro aspetto, noi quello che abbiamo visto

sul campo è che da novembre quando è stato fatto a Roma il G20 con una pressione forte su la campagna

vaccinale in Africa e l'impegno dei paesi sviluppati a sostenere poderosamente questo

aspetto, devo dire che mentre prima parlo di novembre e dicembre, le singole dosi nei paesi

di fatto non arrivavano, non c'erano, pochissime arrivavano in maniera assolutamente scordinata,

non pianificata, arrivavano dosi sull'orlo della scadenza e quindi non venevano utilizzate,

devo dire che è un segnale da quando c'è stato il G20, tempo un mese dopo, voglio dire da dicembre

e anche a gennaio, insomma a gennaio, abbiamo visto che queste dosi hanno cominciato ad arrivare,

ad arrivare in maniera più diciamo strutturata e in termini numerici anche adeguata. Abbiamo

risolto il problema? No, problemi ce ne sono e continuano a rimanere, però il fatto che le

dosi almeno in capitale ci siano fa sì che noi che siamo sul terreno, parlando con i ministeri

locali, le possiamo recuperare insieme al sistema sanitario locale, insieme alle autorità locali,

possiamo usufruirne e con una spinta relativamente leggera ad aiutare a far sì che queste dosi

diventino poi vaccinazione. Questo lo dico perché secondo me allora forse se dobbiamo fare un

appello facciamolo perché i meccanismi in essere, parlo anche del meccanismo del COVAX, che ripeto

sta dando qualche segnale di riattivazione rispetto alla stagnazione precedente al G20,

probabilmente se lo aiutiamo, se si accelera sulla macchina che c'è qualche segnale, forse

riusciamo ad accelerare quel processo di arrivo delle dosi vaccinali nel paese e poi anche della

distribuzione. Questo è un primo punto. Il secondo punto è benissimo, fa il comunicato a

sottolineare il tema della logistica perché i temi adesso sono che le dosi arrivano e la logistica è

carente. Ecco dove il comunicato pone un punto secondo me molto importante che è quello della

logistica in loco. Sistemi di distribuzione, soldi per comprare pick up, soldi per comprare motorini,

soldi per comprare barche in Sud Sudan. Il Nilo è sonda e hai bisogno di barche ma devono essere

disponibili. La catena del freddo, i generatori, quando nelle zone rurali hai bisogno di arrivare

i vaccini però devi attivare un frigorifero. Il frigorifero funziona se c'è il generatore,

se c'è il personale che mette dentro il gasolio. Quindi benissimo il documento fa e allora dire su

questo che questi soldi dovrebbero aiutare questi aspetti. Faccio un'ultima cosa e chiedo l'aiuto

anche a Giovanni eventualmente dopo e cioè che l'idea per esempio di un vaccino open source,

questo va a toccare il tema dei brevetti, non c'è dubbio che noi dobbiamo aumentare la capacità

anche produttiva dei vaccini. Quindi noi siamo ben disponibili, ben felici se ci fossero altri

vaccini disponibili, altre dosi, anche open source in modo che siano svincolati dalla necessità dei

brevetti. Un'osservazione l'abbiamo fatta sul fatto che per esempio la dose di vaccini,

l'Unione Europea mette come vincolo la necessità di spendere i soldi che ha su vaccini che siano

stati approvati dall'Operazione Mondiale della Sanità. Da quel che mi risulta, ma io mi abbasso

qui, quello che ho chiesto a livello europeo, voi la conoscete meglio di me, il Corbevax non ha

questo accreditamento e da quello che sappiamo noi, ma ripeto posso essere smentito e sarei ben

felice anche di questo. L'ultima osservazione, molto bene fa il documento a insistere sulla

campagna vaccinale, sulla campagna di informazione rispetto ai vaccini delle comunità che è esattamente

quello che stiamo facendo sul territorio assieme alla formazione del personale locale. Non

dimentichiamo che anche il personale locale va formato e va sostenuto perché sono già

sovraccaricati, sono sistemi sanitari debolissimi e allora la campagna di informazione delle

comunità, del coinvolgimento delle comunità, e sono tornato da Luganda, per esempio devo dire

che all'uscita della messa nei mercati sotto gli alberi quando ci sono le comunità che si

raccolgono con i megafoni in motorette e si gira a sensibilizzare le comunità, questa roba viene

fatta, va potenziata perché non c'è dubbio che molto deve essere fatto, ma qui ritorniamo su come

questi fondi possono arrivare nei paesi. Spero di essere stato sufficientemente chiaro. Grazie

don Dante, è stato chiarissimo e grazie davvero per gli spunti di discussione e di approfondimento

molto molto molto fecondi. Io mettrei al momento tra parentesi la questione legata ai processi di

informazione e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica nei paesi africani, su cui poi chiederò

un coinvolgimento più specifico del dottor Putoto. Vorrei adesso dare la parola al professor Remozzi,

a cui voglio fare in prima battuta una domanda che forse vi sembrerà un po' ingenua, vi chiedo

scusa ma credo sia importante. Quanto è pericoloso per noi tutti sottovalutare la situazione della

pandemia in Africa? Partirei da questo elemento che è legato al fatto che troppo poco se ne parla

e è il motivo per cui ne stiamo parlando questa sera. Poi chiederei al professor Remozzi di

rispondere a una delle sollecitazioni che ha lanciato don Dante, quella legata al quale

mi sembra come dire argomento centrale. Grazie professore.

Allora, se voi vedete tutti parlano adesso, io ho partecipato stamattina a una, non partecipio più

a dibattiti televisivi perché sono dibattiti di cose che non ci sono, il Green Pass, lo stadio,

la mascherina dentro, fuori, davanti, dietro. Ha visto che non abbiamo nominato nessuno di

questi punti qui stasera. Invece nessuno parla del vero problema, tutti vogliono sapere quando

finisce la pandemia e l'idea è quando finisce la pandemia da noi, ma non è così, la pandemia o

finisce dappertutto o non finisce mai. E allora c'è un bellissimo titolo di questi giorni del

Lancet che dice il virus rimarrà con noi per tanto tempo ma la pandemia sta per finire, però sta per

finire se noi lavoriamo molto intensamente, molto rapidamente, al di là delle carte, al di là dei

proclami, al di là delle buone intenzioni, al di là delle grandi organizzazioni per vaccinare chi non

è stato vaccinato. Tra l'altro Don Carraro faceva riferimento a una dose, vorrei ricordarvi che una

dose non è esattamente come non farla, ma è molto poco e rispetto a Omicron due dosi non bastano

mentre tre sono estremamente efficaci. Quindi dobbiamo entrare anche in quest'ordine di idee,

quindi adesso che le cose da noi stanno andando meglio, anche in termini di ricovere dei morti,

le persone non sono più così stressate, gli ospedali possono respirare, credo che abbiamo

il tempo di occuparci degli altri, ma non in senso caritatevole, ma in senso che è un assoluto dovere

della medicina dei paesi avanzati quello di occuparsi degli altri. Non c'è più il sovranismo,

se avete notato, questa pandemia secondo me ha lasciato un insegnamento importante. Non c'è più

il mio paese, non c'è più il tuo paese, c'è solo che la mia salute dipende dalla tua. Allora,

se entriamo in quest'ordine di idee inquadriamo questo appello nella sua giusta dimensione.

Forse c'è anche un'ingenuità in questo appello, perché come diceva giustamente Don Carraro,

perché ha un fondo in più quando ce ne sono già tanti altri. Però qui ci sono alcuni spunti che

ha illustrato molto bene Massimo Florio che potrebbero essere originali. Prima cosa,

noi pensiamo a Corbevax o a qualcosa di simile, cioè a un vaccino open source, come diceva

giustamente Don Dante. Secondo, che non abbia bisogno della catena del freddo,

quindi escludiamo i vaccini su cui ha impostato tutta la campagna l'Europa,

che sia disponibile indipendentemente dal brevetto e la questione dell'OMS sta per essere

affrontata. A me risulta che l'OMS sta cominciando a occuparsi di questo problema,

quindi noi prepariamoci perché poi non vorrei che l'OMS fosse pronta e non siano pronti noi.

E poi ci sono ancora due cose. Una, no, lei non mi ha chiesto altro, quindi ho già risposto,

forse mi fermo qua. Naturalmente Corbevax non è l'unica soluzione, ce ne sono tante altre,

ce ne saranno molte. Sappiamo che ci sono 150 vaccini in sviluppo e ci sono anche vaccini che

probabilmente non avranno più bisogno di essere targati rispetto alla variante. L'importante è

che noi siamo pronti, che abbiamo un vaccino open source, che non abbia bisogno di brevetto,

che non sia coperto di brevetto, che sia fatto da qualcuno che è disponibile a rinunciare al

brevetto, perché in teoria ci dicono che il brevetto in realtà non c'è perché nessuno

vuole brevettare, però questo è un limite per esempio per Covax, cioè non c'è trasparenza

né da parte delle industrie che daranno vaccini a Covax né da parte dei governi,

perché per esempio non c'è trasparenza sul prezzo, l'industria comunque privilegia,

ha una priorità e la priorità è quella dei paesi che possono pagare di più.

L'altra cosa di questo appello che io trovo originale è che va verso i tre punti che in

un articolo di Washington Post di tre giorni fa sono considerati i più importanti perché

l'Africa possa essere vaccinata, perdonatemi i termini un po' barali. Il primo è leadership

and coordination, quello che manca, ma ha già accennato molto bene Don Carraro,

quando arrivano queste dosi è che ci sia una leadership, qualcuno che governa questo sistema.

Il secondo è la mancanza, in un altro campo si direbbe mano d'opera, ma insomma di persone che

lavorino intorno a questo vaccino, di medici, di infermieri, di assistenti sociali e la terza è

quello che in inglese si chiama esitazione rispetto al vaccino che è ancora più forte che da noi e

secondo me l'originalità di questo appello, anche se è brutto che lo dica io, ma in realtà

il merito del professor Florio è di dire investiamo in comunicazione, non credo che

nessuno abbia mai detto mettiamo il fondo per formare in Africa delle persone che comunicano

con le persone dell'Africa e tra l'altro che comunicino nei diversi paesi dell'Africa come

si comunica in quel paese lì, perché in Uganda non si comunica come in Tanzania e allora lo sforzo

è proprio quello di entrare in un clima culturale completamente diverso dal quale noi siamo

lontanissimi, quindi io credo che non ci sia niente più lontano da questo appello che,

proprio come diceva giustamente Don Carraro, pensare che il problema si dissolve dando le

dosi, forse questo è il più piccolo dei problemi. Grazie professore è stato chiarissimo come sempre,

io poi interpellerò di nuovo il professor Florio che essendo l'unico economista come lui stesso ha

ricordato in questo nostro panel, avrà l'onere di rispondere alla questione perché un nuovo fondo

invece che utilizzare i fondi precedenti, ma prima di tornare da lei professore volevo invece

coinvolgere in questa nostra discussione il dottor Putotto su questi ultimi aspetti che sono stati

menzionati e che già erano stati evocati da Don Dante pochi minuti fa, cioè aspetti legati

all'informazione, alla comunicazione e vorrei allargare il discorso con il suo aiuto anche a

come dire la cornice culturale in cui le campagne di vaccinazione necessariamente si inseriscono.

Ora resistenze verso la vaccinazione non sono solo legate ad altri continenti, lo sappiamo bene,

volevo però chiederle di farci un quadro appunto di quella che è la percezione diffusa nei paesi

africani con cui avete più dimestichezza e esperienza sulla gravità della situazione

pandemia in primo luogo sulla necessità di ricorrere a delle misure di vaccinazione e

su come dire ritardi, difficoltà e invece al contrario come dire opportunità e possibili

invece vie come dire di felice attuazione di pratiche positive in questo senso, grazie.

Grazie, grazie dell'opportunità che ci date di partecipare. Per quanto riguarda la gravità

della pandemia in Africa è già stato detto, non siamo certi dei pochi dati che abbiamo,

se riflettono veramente la realtà. Il numero dei casi e delle morti attribuibili a Covid

dalle fonti ufficiali dell'OMS, Africa CDC eccetera, varia tra il 3 e il 4 per cento circa

di tutti i casi notificati di tutte le morti rilevate. Uno può dire che è pochissimo rispetto

ai paesi occidentali, in Africa sarà guardata, sì, però le diagnosi sono pochissime, è stato già

detto, i sequenziamenti anche, solo 6-7 paesi su 54 hanno un sistema di notifica delle morti

paragonabile al nostro ISPA, quindi Covid come per tante altre patologie non riesce,

i sistemi locali non riescono a intercettare e a registrare questo. Quindi anche in Africa,

questo lo dico come elemento di riflessione, uno dei pochi paesi che misura la mortalità in

eccesso è il Sudafrica. Ad oggi, da quando è stato registrato l'andamento dell'epidemia e

parallelamente ai picchi epidemici di Covid, il Sudafrica, il Ministero della Salute, ha registrato

un eccesso di 300.000 morti, parlo solo di un paese su 54. Quindi vanno evitati da un lato,

come c'erano agli inizi, le immagini e le raffigurazioni di tipo catastrofico,

catastrofistico, da un lato, ma bisogna evitare anche il minimalismo che sembra emergere anche

sui mezzi di stampa negli ultimi periodi. Quindi il problema è serio, la questione

della vaccinazione in Africa. Qua una reiterazione, cioè nelle nostre missioni che facciamo regolarmente,

che abbiamo continuato a fare anche in questo periodo, l'accesso ai vaccini è stato per molti

mesi il problema principale, semplicemente i vaccini non c'erano. Ora ci stiamo accorgendo

che i vaccini stanno arrivando. In Africa ad oggi sono arrivate circa 600 milioni di dosi e,

però, quello che stiamo rilevando è l'utilizzo e il sottutilizzo di queste dose, perché vediamo

dei delta tra le dosi che sono date e le dosi che sono effettivamente somministrate. Quindi non c'è

quel passaggio fondamentale tra vaccino e vaccinazione. E questo richiama uno dei temi

fondamentali, che è quello dei sistemi sanitari. Le nostre riserve non sono sulle ragioni fondamentali,

cioè la diagnosi è assolutamente condivisibile. E' che questa diagnosi poi propone delle soluzioni,

degli approcci, sia per gli interventi a brevissimo termine, sia per gli interventi fondamentali,

capito? Cioè tutti i problemi strutturali che sono stati ben evidenziati dal professor Florio

Muzica sono quelli della produzione indigena autotona africana dei vaccini e della loro

tra virgolette libertà anche da parte dei condizionamenti commerciali, col tema delle

licenze obbligatorie e così via. Però torniamo a questo punto qui. Oggi e così pure anche nel

passato, avere un fondo che è finalizzato lodevolmente, diciamo, a questi fatti qua,

dimentica che è sul campo che si gioca la partita oggi fondamentale, che è quella anche proprio

effettivamente logistica, è quella dei sistemi sanitari, della capacità di trasportare questo

vaccino in condizioni di sicurezza e di efficacia nei luoghi più remoti. Ma anche di farlo,

e questa è un'altra solita legnatura che vorrei aggiungere, guardate che gli impatti indiretti in

Africa sono stati più importanti e più nocivi probabilmente dall'impatto diretto del Covid.

Cosa intendo dire? Che a causa del Covid sono diminuiti i tassi di copertura delle vaccinazioni

ordinarie, sono diminuiti i parti assistiti. Quindi se si può e secondo noi si dovrebbe

intervenire in questa fase di emergenza, bisognerebbe intervenire sulla vaccinazione,

ma anche sostenendo il sistema sanitario locale e i servizi essenziali. Siamo tornati dalla

Repubblica Centrale Africana al tasso di copertura in alcune aree dove lavoriamo,

copertura vaccinale per i bambini sotto i 5 anni, è intorno al 20%. Allora combinare la

campagna vaccinale Covid con la riattivazione o il potenziamento delle campagne vaccinali per i

bambini sotto i 5 anni aiuterebbe il sistema. Questo nel breve, quindi c'è un'emergenza che

va sfruttata adesso e istituire un fondo con quelle caratteristiche che abbiamo potuto vedere

nel passato di altri fondi con questo intervento ci lascia un po' perplessi, perché forse è meglio

utilizzare le vie che ci sono, rendere più spedite, è il COVAX, è l'utilizzo delle linee,

delle agenzie. Noi vediamo in Africa per esempio ECO che si è fatto carico di sostenere le campagne

vaccinali come pure l'unice FECETA per non ritardare ulteriormente l'impegno di vaccinare

il 70%, questo è il target che ci si è dato entro la fine dell'anno. Quindi è un problema del come

piuttosto del perché e del che cosa. A medio termine è assolutamente sottoscrivibile perché

l'Africa che ha il 99% di importazione dei vaccini deve diventare autonoma. I capi di

Stato la primavera scorsa si sono dati come target in 20 anni di produrre il 60%. Di qualche giorno

fa la notizia che Sudafrica ha cominciato a produrre, seppur in quantità molto contenute,

un vaccino che si richiama quello dell'mRNA di Minerva e potrebbe farlo. Quindi gli investimenti

per sostenere le capacità indigene e autonome e ci sono già dei paesi che avrebbero un minimo

di piattaforma, il Sudafrica, il Ghana, il Rwanda, il Kenya, l'Egitto eccetera, questi sono investimenti

dovuti, fondamentali per il benessere degli africani e di riflesso anche delle altre popolazioni del

mondo. Rimane un altro elemento che è stato sottolineato, che stiamo affrontando, che è

presente in Africa, che è quello dell'esitazione, che è particolarmente evidente per tutta una serie

di motivi. Primo perché si è corso moltissimo per produrre questi vaccini, perché nel correre

moltissimo l'Africa non è stata coinvolta per mancanza di organismi di governance e di tempi

o di voglia, di volontà di fare anche il trial in Africa coinvolgendo di più e meglio i governi,

i ministeri, gli istituti di ricerca e gli operatori sanitari africani. C'è anche un

atteggiamento molto forte da parte degli africani che hanno visto le reazioni degli

occidentali nei confronti di AstraZeneca, per cui con tutte le riserve che ci sono state,

noi anche italiani, in parte forse l'abbiamo anche contribuito in questo, hanno di fatto

insomma capito che l'atteggiamento è cambiato, ci si è rivolti verso i vaccini più avanzati,

quelli a tecnologia mRNA piuttosto che ad altre tipologie. Quindi c'è il sospetto più o meno

fondato, se volete, che all'Africa si dia un vaccino di seconda classe standard con degli

effetti collaterali non noti eccetera. Questa è una esitazione che è molto presente anche negli

operatori sanitari, i nostri padri, i nostri amici anche ce lo dicono espressamente. Poi ci

sono altre valenze che stanno alla base dell'esitazione, cioè oggi c'è un uso massiccio

dei media, cioè l'infedemia insomma in Africa, dove le teorie conflottistiche trovano diffusione,

purtroppo abbiamo avuto anche alcuni paesi africani, la Tanzania, all'inizio anche il

Madagascar, che hanno sposato delle posizioni negazionistiche e quindi poi hanno utilizzato

anche i media locali per influenzare l'opinione pubblica e far accettare queste posizioni. Questo

spiega perché un paese che non è sicuramente un paese, uno stato fragile, la Tanzania,

abbia un tasso di copertura del 2% al pari del sud sudana, perché c'è da recuperare un tema

fondamentale che abbiamo visto nella nostra esperienza in Sierra Leone nel 2000, fatto

durante l'epidemia di Ewa, che abbiamo attraversato interamente, che è la fiducia, la fiducia tra la

popolazione e gli operatori sanitari, l'ingrediente fondamentale dappertutto, dappertutto e sempre mi

dovrebbe dar giunto. Dunque, ecco, ci sono tutti questi aspetti, le campagne sono fondamentali,

devono andare proprio a toccare questi aspetti e devono utilizzare al meglio le politiche vaccinali,

ma anche i testimonial, gli operatori sanitari, coloro che possono veicolare, per esempio,

e per capacità, e devono essere africani, non bianchi, devono veicolare un messaggio basato

sulle evidenze e che coinvolga la popolazione ad accettare i benefici della campagna vaccinale.

Però tutto questo in un contesto che dobbiamo fare presto. Grazie, grazie dottor Putotto per

aver aperto su altre questioni e per avere parlato di fiducia, che è un tema fondamentale,

non solo in Africa, ma anche da noi, ed è un tema che ci richiama anche alle nostre responsabilità

di contribuire attivamente a una discussione pubblica, seria e che permetta a tutti, come dire,

di farsi un'opinione sulla base di elementi concreti e fondati. Tra l'altro, professor Remuzzi,

mi permette di anticipare alle persone che ci stanno ascoltando, che tra un mese uscirà il

suo nuovo libro con noi, che si intitola Anche i medici sbagliano ed è giusto discuterne in pubblico,

che tratta tra gli altri temi anche proprio appunto di questa necessità di un maturo confronto appunto

tra scienziati, operatori della sanità e operatori dell'informazione e pubblico. Quindi,

tema della fiducia sicuramente centrale anche per il successo di tutte le iniziative di cui

stiamo parlando. Vorrei dare un'ultima battuta, siamo veramente in chiusura e ci tenevo a leggere

poi un contributo che era arrivato da una delle persone che ci sta seguendo, al professor Florio

sulla questione del fondo. Fondo nuovo o fondi già esistenti? Io, mentre con grandissimo merito

QAM esplorava i problemi dell'Africa, io per 30 anni mi sono occupato di fondi strutturali

dell'Unione Europea. Mi sono fatto largo non a colpi di macete, ma a volte avrei avuto voglia

di avere colpi di macete nella burocrazia di Bruxelles. Quindi capisco molto bene quello

che viene detto. Allora, non mi voglio attaccare alle parole, però il punto è questo. La proposta

dice un fondo straordinario, in sostanza addizionale per l'Africa. La parola chiave è

addizionale. Significa, l'abbiamo anche quantificato perché questo aiuta per esempio i parlamentari

europei o la Commissione Europea, aiuta con un numero. Cioè diciamo 10 miliardi in più con uno

stanziamento ad hoc. Questo non vuol dire necessariamente creare un'agenzia ad hoc che

gestisca quel fondo, perché se è addizionale è addizionale. Quindi questo non vorrei che fosse

un tema di equivoco. Non stiamo pensando di aggiungere un'altra burocrazia, però il dire

fondo specifico per l'Africa ha un significato molto puntuale, perché COVAX è un meccanismo

fondamentalmente Nazioni Unite e le istituzioni hanno una loro logica. Quindi l'altra parola

chiave che noi diciamo è gestito direttamente dalla Commissione Europea, che significa in

sostanza un'assunzione di responsabilità dell'Unione Europea nei confronti dell'Africa.

E siccome fra alcuni giorni c'è il summit Unione Europea-Unione Africana, dire un fondo speciale

straordinario per l'Africa di 10 miliardi è qualcosa che la commissaria finlandese ai

partenariati internazionali nel gergo di Bruxelles capisce molto bene che cosa vuol dire. Se avessimo

messo nell'appello aumentiamo le risorse per COVAX, cioè per un meccanismo Nazioni Unite,

direi che la cosa non avrebbe avuto lo stesso impatto, lo stesso significato. Detto questo,

ripeto, non si tratta di aggiungere burocrazia. E le cose che diceva il dottor Putotto un momento

fa, mi sembra, insomma, si capisce la persona che ha esperienza e ce la porta. Su Nature è uscito,

hanno ripreso un articolo di PLOS ONE che dice che nell'Africa centrale la diffidenza vaccinale

è al 67%. Cioè hanno fatto un sondaggio su 4 o 5 mila persone, la diffidenza vaccinale è così.

Questa è la ragione per cui noi, anche se parliamo di 2 miliardi di dosi in più,

però attenzione, 2 miliardi di dosi in più, se fossero con i vaccini costosi dei contratti

della commissione non ci si arriva mai, perché stiamo parlando di 20 dollari. AstraZeneca 4

dollari, però voi sapete in questo momento come sono i rapporti tra Commissione Europea e AstraZeneca,

cioè sono praticamente ai tribunali per le cause eccetera. Quindi in questo momento la Commissione

Europea, quello che ha in conto, sono i rapporti fondamentalmente con Pfizer e con Moderna. Però

c'è tutto un altro mondo. Adesso se non sarà Corbevax ce n'è un altro. La lista Organizzazione

Mondiale della Sanità è in fase di evoluzione. Questa roba non dura purtroppo qualche settimana

o qualche mese, ma minimo avremo un paio d'anni per arrivare. Si dice che il 70% dell'Africa entro

è, ma dottor Putoto, dottor Carraro, ci crediamo al 70% dell'Africa entro pochi mesi? No, lo sappiamo

che dura di più questa cosa. Quindi bisogna creare le risorse finanziarie e il range non solo di

vaccini, ma soprattutto dire che il problema non è avere delle dosi ma fare le vaccinazioni. Per fare

le vaccinazioni servono gli altri due ingredienti, sostenendo i sistemi sanitari locali. La cosa che

ha appena detto dottor Putoto. Tutto questo poi in un contesto come quello africano ha impatto

sulle vaccinazioni ordinarie, insomma quelle della poliomedita e di tutte le malattie trasmissibili

e anche sulla sanità normale. Succede da noi, figuriamoci lì. Il problema è avere risorse per

una strategia complessiva. Grazie professor Florio. Volevo leggere una sintesi di un contributo

piuttosto articolato che ci è arrivato a firma di Jacopo Rovarini che lavora per Amrev che è un'altra

ONG che opera nel settore sanitario in Africa ed è interessante che ci sia questo confronto tra

attori diversi che operano per le stesse finalità. Ci scrive Rovarini che Amrev è assolutamente

d'accordo con l'appello e aggiunge che gli interventi sostenuti da questo fondo dovrebbero

essere integrati all'interno dei sistemi sanitari locali potenziando quanto già esistente,

cosa che è stata anche sottolineata fin qui. Bisognerebbe ricorrere a risorse umane qualificate

in loco, adeguatamente formate e remunerate ed evitare di dispiegare operatori esterni rispetto

ai contesti di intervento, evitare strategie e approcci predefiniti per tutto il continente,

anche questo della diversificazione interna al continente è un aspetto che abbiamo sottolineato

e bisognerebbe fare affidamento sui ministeri della sanità e sulla società civile africani,

assicurare che questi soggetti siano liberi di disegnare gli interventi sulla base delle

proprie conoscenze e del proprio radicamento territoriale. Mi pare che ci sia una certa

sintonia rispetto alla complessità che abbiamo cercato di illustrare fin qui questa sera. Mi

pare che alla base dell'appello e delle cose che ci siamo detti fin qui ci sia comunque la

consapevolezza e lascerei su questo una battuta finale al professor Remuzzi ringraziando ovviamente

tutti gli altri ospiti sul fatto che questa pandemia di cui avremmo fatto volentieri a meno

ci ha lasciato però una grande lezione che è quella dell'interdipendenza. Lei, professor Remuzzi,

spesso ha scritto nei suoi interventi, nei suoi editoriali sul Corriere che non solo la nostra

salute di noi italiani europei e occidentali è legata a quella delle persone che abitano in altri

continenti ma ha sottolineato quanto ci sia un'interdipendenza ancora più estesa tra animali,

piante, insomma quanto il pianeta intero ci sta ricordando che come dire ci si deve prendere cura

di molti aspetti contemporaneamente. Sì, io penso che si potrebbe sintetizzare quello che lei sta

dicendo con quello che ha detto recentemente un professore cinese non poi neanche tanto

recentemente, i pipistrelli sono indispensabili per la nostra sopravvivenza perché uno potrebbe

dire covid viene dai pipistrelli, eliminiamo i pipistrelli abbiamo risolto il problema,

in realtà i pipistrelli sono indispensabili se no saremmo immersi nelle zanzare e non

riusciremo più a difenderci però lui conclude lasciate stare i pipistrelli e uno potrebbe dire

lasciate stare le piante, lasciate stare le foreste, lasciate stare i mammiferi di grande

dimensione. Tenete conto che l'uomo dovunque è arrivato l'uomo ha fatto peggio delle glaciazioni

perché ha fatto restringere i mammiferi di grande dimensione, sono spariti ed erano invece

indispensabili per l'equilibrio del pianeta. Certamente il covid ci ha insegnato questo,

le cose che abbiamo appreso stasera dai nostri interlocutori il dottor Putotto e il dottor

Carraro ci hanno aiutato tantissimo a focalizzare il nostro appello e orientarlo, mi pareva fosse

già abbastanza orientato verso qualcosa che non sia l'Europa che aiuta l'Africa ma è una

sinergia tra l'Europa e l'Africa per fare in modo che l'Africa abbia la possibilità di raggiungere

quelli che sono esitanti attraverso le persone dell'Africa che spiegano ai loro concittadini

che cosa sta succedendo, i dottori dell'Africa che aiutano con le vaccinazioni e noi però

dobbiamo metterli in condizioni di essere retribuiti, di poterlo fare, di poterlo fare

con entusiasmo, questo è il nostro compito, è un compito non di dare qualcosa ma è una

sinergia che viene fuori in un certo senso da questo appello che riguarda anche il problema

della leadership e della governance, dobbiamo fare in modo che i governi dell'Africa abbiano

la leadership di questa attività rispetto ai loro sistemi sanitari nazionali, il nostro

devo essere soltanto un lavoro di catalizzare questa cosa che esiste, che è forte. Io vorrei

lasciarvi solo con un ricordo che non so, non dimenticatevi che il primo trappianto di cuore

è stato fatto in Sudafrica, quindi l'Africa ha delle capacità tecniche meravigliose anche

in campo di genetica perché alla fine Omicron viene da lì, l'abbiamo imparato da lì e l'abbiamo

sequenziato noi dopo che l'hanno sequenziato loro. Non dimenticatevi che noi abbiamo fatto

con una grandissima risonanza il primo trappianto di cuore in Italia vent'anni dopo che era stato

fatto in Sudafrica e ci sembrava di aver toccato il cielo con un dito, in realtà vent'anni prima

Chris Barnard l'aveva già fatto e non è che l'ha fatto lui da solo, l'ha fatto lui, i suoi infermieri,

le sue persone di salo ospedatorio, i suoi tecnici. Se voi andate a vedere il museo che c'è nel suo

ospedale vedete che mobilizzazione straordinaria c'era in Sudafrica nel 68, quindi parliamo di un

paese che ha risorse meravigliose per poter risolvere il problema, salvo che noi funzioniamo

come catalesi di una cosa che effettivamente esiste e deve essere potenziata. Grazie professor

Remuzzi anche per averci rinfrescato la memoria su questo punto perché la memoria spesso è troppo

breve. Io ci tenevo a dire un grazie speciale a Don Dante Carraro e al dottor Putotto per avere

arricchito la discussione e per avere approfondito i temi che già erano presenti nell'appello e un

grazie anche per il lavoro che fanno quotidianamente in Africa da molti anni. Grazie

al professor Florio e al professor Remuzzi per essersi fatti parte attiva con questo appello

che vi ricordo può essere sottoscritto sia dalla pagina del sito della Casa Elitrice sia

direttamente su change.org e speriamo che anche questo appello e questa discussione di questa

sera siano un piccolo strumento, dei piccoli strumenti utili a gettare un fascio di luce

su una questione enorme che è appunto l'interdipendenza di tutti noi da tutti gli

altri e quindi come dire facciamo attenzione all'Africa anche perché ci riguarda. Grazie a

tutti e buona serata. Grazie a tutti, grazie. Grazie mille.