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Storia D'Italia, L'esercito del tardo Impero - Ep. 15, speciale (3)

L'esercito del tardo Impero - Ep. 15, speciale (3)

A lungo si pensò che l'impero si prendesse la briga di costruire queste strutture perché doveva, perché costretto alla difensiva da nemici più organizzati e potenti. E probabilmente questo è in parte vero, soprattutto contro i Sasanidi in oriente. Ma in realtà l'evoluzione sembra essere stata soprattutto tecnologica: i romani capirono con gli anni come meglio proteggere i propri accampamenti e iniziarono a sfruttare queste strutture fisse per la difesa, acquartierandoci limitanei in grado di respingere attacchi minori o asserragliarsi in attesa dell'arrivo del Comitatus regionale. Invece che un segno di debolezza, si tratta di un segno della vitalità e forza dell'impero tardo antico che come vedremo era e sarà assai meno “difensivo” di come lo vedesse Lutwack o il suo predecessore Momsen. E debbo anche solo menzionare il fatto che questi piccoli accampamenti, o piccoli castrum, o castellum nel latino tardoantico, siano gli antenati dei castelli medioevali?

L'armamento

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Elmo di cavalleria tardo antico

Abbiamo visto chi erano gli uomini a comando dell'esercito tardo imperiale, come era composto e suddiviso. Rimane da affrontare il capitolo di come fossero armati questi soldati.

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Spero conosciate abbastanza l'armamento del tipico soldato alto imperiale romano: se non lo ricordate una visione rapida della prima mezz'ora del Gladiatore vi rinfrescherà la memoria. In sostanza i legionari avevano come armamento difensivo la corazza a maglie o più spesso a scaglie: si tratta della celeberrima lorica segmentata composta da fasce di acciaio sovrapposte. Il legionario era equipaggiato anche di un pesante elmo con protezione per il collo e di un largo scudo tipicamente rettangolare. Come armamento offensivo l'arma principe era il Gladio – una corta spada di 60-70 cm da combattimento ravvicinato, un'arma micidiale per colpire con la punta e con il doppio taglio. Faceva da completamento al gladio il Pilum, ovvero un giavellotto con la caratteristica punta fatta per perforare gli scudi nemici, piegarsi e rendere lo scudo dell'avversario inservibile.

Tutto questo armamento era fatto per un brutale combattimento ravvicinato, visto che l'arma principale era una spada corta come il gladio: semplificando molto e riducendo per ora la descrizione alla fanteria, i romani della tarda Repubblica e dell'alto impero combattevano avvicinandosi al nemico sotto la protezione dei larghi scudi, tiravano i Pila cercando di infiacchire il nemico, poi procedevano a prendere contatto con il nemico in formazione: ogni manipolo composto da più file di soldati ben ordinati. La prima fila parava i colpi dei nemici con gli scudi e poi restituiva ripetutamente il favore con i corti gladi che saettavano da dietro la protezione degli scudi: dopo alcuni minuti la prima fila lasciava il posto alla successiva, in modo che i soldati potessero riposarsi. Se volete avere un'idea di un tipico combattimento di questo tipo vi consiglio i primi minuti dell'episodio 1 della stupenda serie HBO “Rome”, quella dei mitici Lucius Vorenus e Titus Pullo.

Avete compreso? Bene, ora gettate tutte queste nozioni alle ortiche. I Romani del quarto secolo avevano cambiato completamente stile di combattimento e questo a seguito di alcune terribili sconfitte patite durante la crisi del terzo secolo, in particolare a causa dei Goti e dei Persiani.

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I soldati del comitatus imperiale tardo antico: scudi rotondi, lance, spade come arma secondaria

I Romani avevano capito che i loro eserciti professionisti erano formati da uomini e ufficiali il cui costo di formazione ed equipaggiamento era immenso: gli eserciti erano diventati talmente professionali che la distruzione di una armata poteva richiedere decenni per essere rimpiazzata da unità di uguale valore ed equipaggiamento, con costi tra l'altro proibitivi. In più l'abbinata gladio-scudo che tanto aveva giovato agli eserciti romani per quattro secoli aveva mostrato decisamente dei limiti a contatto con la cavalleria pesante persiana, la fanteria gotica e la cavalleria dei nomadi armati di archi compositi.

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I Romani, pratici come sempre durante la loro storia, avevano quindi abbandonato le tecniche di combattimento e gli armamenti alto imperiali come un tempo avevano buttato nel cestino la falange e altre formazioni divenute obsolete.

Innanzitutto va detto che la produzione delle armi, che nell'alto impero era affidata al settore privato e il cui costo era sostenuto dai soldati stessi – era stata nazionalizzata. Le armi venivano prodotti nelle fabricae imperiali, sì il termine fabbrica viene proprio da qui. C'erano fabbriche di armi in ogni settore importante per l'esercito tardoimperiale, le armi erano e restavano di proprietà dello stato che le richiedeva indietro alla morte o al congedo del soldato.

Nel quarto secolo l'arma principale della fanteria Romana era tornata ad essere la lancia: una lunga lancia pesante di un metro e settanta centimetri, integrata come strumento difensivo da uno scudo spesso rotondo. Le armature, in quanto le lance permettevano di restare a maggiore distanza dal nemico, erano più leggere: la lorica segmentata – difficile e costosa da realizzare – abbandonata in favore spesso di una cotta di maglia, anche se le unità più importanti dell'esercito era ancora equipaggiate con una pesante armatura di acciaio. I soldati avevano anche abbandonato il Pilum e ora utilizzavano regolarmente due armi da getto: prima di tutto le cosiddette plumbatae che erano dei tipo di dardi con la punta di metallo appesantita col piombo: erano l'equivalente tardoimperiale delle granate. Oltre alle plumbatae i soldati di fanteria erano equipaggiati spesso con un arco composito, molto efficace contro la fanteria nemica. Ovviamente c'erano unità composte da soli arcieri. La fanteria pesante aveva infine un'ultima arma, utilizzata solo quando si arrivava davvero a contatto ravvicinato con il nemico e le lance diventavano inutili: era la Spatha, l'antenata della Spada medievale, un'arma lunga più del Gladio, circa tra i 70 e i 90 centimetri, più larga e pesante e destinata di nuovo ad un combattimento a maggiore distanza dal nemico.

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Grazie alla descrizione degli storici – in primo luogo ovviamente Ammiano Marcellino – e a queste armi possiamo ricostruire come avveniva una battaglia campale. Innanzitutto, l'esercito si schierava sul campo di battaglia: tipicamente con la fanteria leggera davanti, quella pesante dietro, gli arcieri ancora dietro la fanteria pesante e la cavalleria sulle ali. Prima del combattimento i soldati lanciavano un grido di guerra che avevano appreso dai barbati: il barritus. Iniziava come un mormorio che poi aumentava di volume in un crescendo continuo fino a diventare un rumore assordante. Gli scudi venivano usati come amplificatore.

Successivamente venivano dati gli ordini di movimento grazie alla musica e al movimento degli stendardi: i soldati dovevano muoversi con prudenza, al riparo degli scudi. È attestata anche in questo periodo la tecnica della testudo, ovvero la “capanna” di scudi tipica delle legioni romane e che in questo periodo era stata adottata anche dai Germani. Dopo che l'artiglieria e le armi da getto avevano fiaccato il nemico si arrivava al contatto: prima di tutto con la lancia, in modo da tenere lontani i soldati nemici e cercare di volgerli in fuga. Spesso la battaglia finiva qui: il nemico era stato tormentato dalle armi da lancio, poi subiva l'impatto dei reggimenti di lancieri oltre che della micidiale cavalleria catafratta. Il più delle volte tanto bastava e il nemico si volgeva in fuga, con il minimo dispendio di vite romane e per la felicità del contribuente. A questo punto iniziava il vero massacro del nemico: ecco spiegato come spesso i Romani riuscissero a vincere battaglie in cui uccidevano migliaia di nemici perdendo poche decine o centinaia di uomini.

L'esercito tardoimperiale: una macchina da guerra sempre efficiente e mortale

Insomma, l'esercito tardoimperiale ha dovuto rispondere alle sfide della crisi creando unità più piccole e agevoli, specializzandole maggiormente e differenziandole in gradi diversi di qualità e remunerazione. La cavalleria è in numero simile al passato ma molto più specializzata e di qualità, l'artiglieria è un'arma potenziata e utilizzata molto più spesso sia durante gli assedi che le battaglie campali. Una rete di castelli e fortificazioni imbriglia le invasioni di Persiani e Germani, impedendogli di raggiungere il cuore dell'impero in attesa dell'arrivo del Comitatus. In sostanza l'esercito del tardo impero è diverso da quello del principato, ma non è meno micidiale. Questo perché il vantaggio dell'esercito romano è sempre lo stesso: la sua professionalità e addestramento e la sua innata capacità di adattamento al nemico. Ogni volta che l'esercito romano entra in contatto con un nuovo nemico ne acquisisce le tecniche giudicate vantaggiose, in questo nulla è cambiato rispetto al passato.

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Eppure questo esercito, che ha invaso la Persia e per un secolo ha sconfitto Goti, Franchi, Alemanni, Quadi, Sarmati e Sassoni senza neanche sudare troppo sta per affrontare la sua sfida più terribile. I Goti Tervingi e Greutungi sono arrivati, in fuga dagli Unni, e hanno dalla loro la forza della disperazione. Niente sarà più come prima.

Grazie mille per aver letto questo articolo! Come sempre mi trovate anche su facebook alla pagina “storia d'Italia”, su twitter e su Instagram. Al prossimo episodio!

L'esercito del tardo Impero - Ep. 15, speciale (3) Die Armee des späten Kaiserreichs - Ep. 15, Spezial (3) The Army of the Late Empire - Ep. 15, special (3) L'armée du Bas-Empire - Ep. 15, spécial (3) O Exército do Império Tardio - Ep. 15, especial (3)

A lungo si pensò che l'impero si prendesse la briga di costruire queste strutture perché doveva, perché costretto alla difensiva da nemici più organizzati e potenti. E probabilmente questo è in parte vero, soprattutto contro i Sasanidi in oriente. Ma in realtà l'evoluzione sembra essere stata soprattutto tecnologica: i romani capirono con gli anni come meglio proteggere i propri accampamenti e iniziarono a sfruttare queste strutture fisse per la difesa, acquartierandoci limitanei in grado di respingere attacchi minori o asserragliarsi in attesa dell'arrivo del Comitatus regionale. Invece che un segno di debolezza, si tratta di un segno della vitalità e forza dell'impero tardo antico che come vedremo era e sarà assai meno “difensivo” di come lo vedesse Lutwack o il suo predecessore Momsen. E debbo anche solo menzionare il fatto che questi piccoli accampamenti, o piccoli castrum, o castellum nel latino tardoantico, siano gli antenati dei castelli medioevali?

L'armamento

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Abbiamo visto chi erano gli uomini a comando dell'esercito tardo imperiale, come era composto e suddiviso. Rimane da affrontare il capitolo di come fossero armati questi soldati.

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Spero conosciate abbastanza l'armamento del tipico soldato alto imperiale romano: se non lo ricordate una visione rapida della prima mezz'ora del Gladiatore vi rinfrescherà la memoria. In sostanza i legionari avevano come armamento difensivo la corazza a maglie o più spesso a scaglie: si tratta della celeberrima lorica segmentata composta da fasce di acciaio sovrapposte. Il legionario era equipaggiato anche di un pesante elmo con protezione per il collo e di un largo scudo tipicamente rettangolare. Come armamento offensivo l'arma principe era il Gladio – una corta spada di 60-70 cm da combattimento ravvicinato, un'arma micidiale per colpire con la punta e con il doppio taglio. Faceva da completamento al gladio il Pilum, ovvero un giavellotto con la caratteristica punta fatta per perforare gli scudi nemici, piegarsi e rendere lo scudo dell'avversario inservibile.

Tutto questo armamento era fatto per un brutale combattimento ravvicinato, visto che l'arma principale era una spada corta come il gladio: semplificando molto e riducendo per ora la descrizione alla fanteria, i romani della tarda Repubblica e dell'alto impero combattevano avvicinandosi al nemico sotto la protezione dei larghi scudi, tiravano i Pila cercando di infiacchire il nemico, poi procedevano a prendere contatto con il nemico in formazione: ogni manipolo composto da più file di soldati ben ordinati. La prima fila parava i colpi dei nemici con gli scudi e poi restituiva ripetutamente il favore con i corti gladi che saettavano da dietro la protezione degli scudi: dopo alcuni minuti la prima fila lasciava il posto alla successiva, in modo che i soldati potessero riposarsi. Se volete avere un'idea di un tipico combattimento di questo tipo vi consiglio i primi minuti dell'episodio 1 della stupenda serie HBO “Rome”, quella dei mitici Lucius Vorenus e Titus Pullo.

Avete compreso? Bene, ora gettate tutte queste nozioni alle ortiche. I Romani del quarto secolo avevano cambiato completamente stile di combattimento e questo a seguito di alcune terribili sconfitte patite durante la crisi del terzo secolo, in particolare a causa dei Goti e dei Persiani.

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I soldati del comitatus imperiale tardo antico: scudi rotondi, lance, spade come arma secondaria

I Romani avevano capito che i loro eserciti professionisti erano formati da uomini e ufficiali il cui costo di formazione ed equipaggiamento era immenso: gli eserciti erano diventati talmente professionali che la distruzione di una armata poteva richiedere decenni per essere rimpiazzata da unità di uguale valore ed equipaggiamento, con costi tra l'altro proibitivi. In più l'abbinata gladio-scudo che tanto aveva giovato agli eserciti romani per quattro secoli aveva mostrato decisamente dei limiti a contatto con la cavalleria pesante persiana, la fanteria gotica e la cavalleria dei nomadi armati di archi compositi.

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Innanzitutto va detto che la produzione delle armi, che nell'alto impero era affidata al settore privato e il cui costo era sostenuto dai soldati stessi – era stata nazionalizzata. Le armi venivano prodotti nelle fabricae imperiali, sì il termine fabbrica viene proprio da qui. C'erano fabbriche di armi in ogni settore importante per l'esercito tardoimperiale, le armi erano e restavano di proprietà dello stato che le richiedeva indietro alla morte o al congedo del soldato.

Nel quarto secolo l'arma principale della fanteria Romana era tornata ad essere la lancia: una lunga lancia pesante di un metro e settanta centimetri, integrata come strumento difensivo da uno scudo spesso rotondo. Le armature, in quanto le lance permettevano di restare a maggiore distanza dal nemico, erano più leggere: la lorica segmentata – difficile e costosa da realizzare – abbandonata in favore spesso di una cotta di maglia, anche se le unità più importanti dell'esercito era ancora equipaggiate con una pesante armatura di acciaio. I soldati avevano anche abbandonato il Pilum e ora utilizzavano regolarmente due armi da getto: prima di tutto le cosiddette plumbatae che erano dei tipo di dardi con la punta di metallo appesantita col piombo: erano l'equivalente tardoimperiale delle granate. Oltre alle plumbatae i soldati di fanteria erano equipaggiati spesso con un arco composito, molto efficace contro la fanteria nemica. Ovviamente c'erano unità composte da soli arcieri. La fanteria pesante aveva infine un'ultima arma, utilizzata solo quando si arrivava davvero a contatto ravvicinato con il nemico e le lance diventavano inutili: era la Spatha, l'antenata della Spada medievale, un'arma lunga più del Gladio, circa tra i 70 e i 90 centimetri, più larga e pesante e destinata di nuovo ad un combattimento a maggiore distanza dal nemico.

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Successivamente venivano dati gli ordini di movimento grazie alla musica e al movimento degli stendardi: i soldati dovevano muoversi con prudenza, al riparo degli scudi. È attestata anche in questo periodo la tecnica della testudo, ovvero la “capanna” di scudi tipica delle legioni romane e che in questo periodo era stata adottata anche dai Germani. Dopo che l'artiglieria e le armi da getto avevano fiaccato il nemico si arrivava al contatto: prima di tutto con la lancia, in modo da tenere lontani i soldati nemici e cercare di volgerli in fuga. Spesso la battaglia finiva qui: il nemico era stato tormentato dalle armi da lancio, poi subiva l'impatto dei reggimenti di lancieri oltre che della micidiale cavalleria catafratta. Il più delle volte tanto bastava e il nemico si volgeva in fuga, con il minimo dispendio di vite romane e per la felicità del contribuente. A questo punto iniziava il vero massacro del nemico: ecco spiegato come spesso i Romani riuscissero a vincere battaglie in cui uccidevano migliaia di nemici perdendo poche decine o centinaia di uomini.

L'esercito tardoimperiale: una macchina da guerra sempre efficiente e mortale

Insomma, l'esercito tardoimperiale ha dovuto rispondere alle sfide della crisi creando unità più piccole e agevoli, specializzandole maggiormente e differenziandole in gradi diversi di qualità e remunerazione. La cavalleria è in numero simile al passato ma molto più specializzata e di qualità, l'artiglieria è un'arma potenziata e utilizzata molto più spesso sia durante gli assedi che le battaglie campali. Una rete di castelli e fortificazioni imbriglia le invasioni di Persiani e Germani, impedendogli di raggiungere il cuore dell'impero in attesa dell'arrivo del Comitatus. In sostanza l'esercito del tardo impero è diverso da quello del principato, ma non è meno micidiale. Questo perché il vantaggio dell'esercito romano è sempre lo stesso: la sua professionalità e addestramento e la sua innata capacità di adattamento al nemico. Ogni volta che l'esercito romano entra in contatto con un nuovo nemico ne acquisisce le tecniche giudicate vantaggiose, in questo nulla è cambiato rispetto al passato.

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Eppure questo esercito, che ha invaso la Persia e per un secolo ha sconfitto Goti, Franchi, Alemanni, Quadi, Sarmati e Sassoni senza neanche sudare troppo sta per affrontare la sua sfida più terribile. I Goti Tervingi e Greutungi sono arrivati, in fuga dagli Unni, e hanno dalla loro la forza della disperazione. Niente sarà più come prima.

Grazie mille per aver letto questo articolo! Come sempre mi trovate anche su facebook alla pagina “storia d'Italia”, su twitter e su Instagram. Al prossimo episodio!