"L'Euro? Solo un altro modo di chiamare il Marco tedesco"
Immaginiamo che arrivi un alieno e voi spiegate le banconote che vi portate in
tasca, io spiego i bitcoin e alla fine quando facciamo il confronto carta e
inchiostro contro matematica e criptografia, una gestione di questa
quantità di carta discrezionale fatta da qualcuno a francoforte contro una
scelta invece algoritmica, una politica di gestione di questi foglietti di carta
fatto sui tassi di interesse, in questo momento abbiamo tassi di interesse
negativi che sanciscono proprio la morte, la fine di un periodo di politica
monetaria in cui i tassi di interesse potevano essere usati per controllare la
base monetaria contro una politica monetaria algoritmica e deterministica.
È evidente che questo alieno non prenderebbe certamente per pazzo me che
difendo bitcoin ma troverebbe a quanto implausibile il contratto sociale che
sta dietro le banconote che usiamo.
Da bambino Ferdinando Ambetrano cosa sognava di diventare da grande? Cosa ti
sarebbe piaciuto fare? Di fare il medico e di trovare la cura alle malattie
considerate inguaribili. Da grande mi accontento di fare qualcosa che mi
piaccia sperando che possa essere utile per tanti se non per tutti.
Sicuramente anche nel tuo percorso sia formativo sia scolastico possiamo
provare a fotografare tre momenti in particolare che hanno inciso poi su
quello che sei diventato. 10 luglio 1992 era il mio compleanno, 22 anni, il governo
Amato fa il prelievo del 6 per 1000 sui conti correnti degli italiani. Avevo
all'epoca sul conto corrente l'incasso della mensa universitaria perché
lavorava in mensa e la mensa voleva gli incassi alla fine del mese e ricordo che
quel prelievo fu particolarmente gravoso per me perché prese soldi che non erano
miei che avrei dovuto ridare ad altri e quella cosa mi trasmise, quell'evento mi
trasmise l'idea che attenzione che leviatano delle grinfie che graffiano.
Ho lavorato subito in finanza nel mondo dei derivati con grande entusiasmo da
fisico, equazioni, mi ricordo che a un certo punto uno dei primi prodotti
interessanti che facevamo all'epoca era un BTP della Repubblica Italiana
indicizzato a uno swap, un constant maturity swap, era un prodotto di innovazione
finanziaria notevole e farlo per la Repubblica Italiana fu un successo.
L'anno dopo mi resi conto che quel prodotto emesso a 100 quotava 80 e che
in qualche modo avevo contribuito a vendere prodotti rischiosi a chi quei
rischi non li sapeva gestire e non li conosceva e questo mi ha aperto molto
gli occhi sul mio lavoro. Febbraio 2014 a Berlino a una conferenza mi parlano di
bitcoin e rimango affascinato dall'idea ma convinto che non possa funzionare.
Mi dicevo all'epoca...
Al tempo stavi in banca, lavoravi già in banca?
Lavoravo in banca certamente, mi occupavo di fintech e di innovazione finanziaria
per la banca, ero lì per quello. Torno a casa scettico dicendo se funzionasse
tutti ne parlerebbero, ho studiato furiosamente per tre mesi dopo tre mesi
mi sono arreso ho detto bitcoin funziona ed è qualcosa che cambierà la storia
della moneta della finanza e quindi dell'umanità.
Facciamo finta dello stessimo spiegando, a una mamma o una zia anziana che ha già
difficoltà di dover attivare la carta digitale con il pin per prendere la
pensione come lo spieghi bitcoin?
Lo spiegherei come l'ho spiegato a mia mamma
innanzitutto le ho detto mamma anni fa non volevi lo smartphone oggi lo usi per
fare le videochiamate con i nipoti.
Domani userai bitcoin perché vorrai dare la mancetta ai tuoi nipoti a distanza
e questo sarà il modo più efficace di farlo.
Bitcoin nei primissimi anni lo si regalava, andava online, c'erano i faucet, i rubinetti
e si scaricava 50 bitcoin.
La prima transazione nel maggio del 2010 è stata una pizza, due pizze da 32 dollari
per 10.000 bitcoin.
Quando ho iniziato a scambiare ha raggiunto la parità col dollaro nell'aprile 2011.
Bitcoin rappresenta un token, un gettone digitale che può essere trasferito ma non
duplicato quindi può essere speso una volta, lo posso spendere a vantaggio di tizio ma
non lo posso spendere due volte a vantaggio anche di Caio.
Questo è possibile soltanto con un'autorità centrale, cioè il saldo del mio conto corrente
posso mandarlo a tizio ma poi non posso mandarlo anche a Caio perché la banca mi dice non
puoi non ce l'hai più.
In assenza di un'autorità centrale sembra impossibile garantire la scarsità digitale
e fra l'altro studiando si vede che anche in informatica è dimostrato che un network
asincrono con dei nodi maliziosi o malfunzionanti è impossibile raggiungere il consenso, per
esempio in questo caso il consenso su chi possiede questo gettone digitale.
I commentatori più superficiali parlano di una bolla, non è affatto una bolla bitcoin,
al massimo bitcoin è una incontrollabile, confusa, magari a tratti pericolosa ma inarrestabile
corsa all'oro.
E' chiaramente un New Wild West pieno di ladri, ballerine, prestigiatori, non ci sono
mappe, lo sceriffo non è ancora arrivato in città, ma l'oro è lì e per chi intraprende
questo viaggio, se sceglie opportunamente i compagni di viaggio c'è l'oro e c'è
una possibilità di ricchezza che non è speculazione ma è la comprensione di che cosa sta succedendo.
Se lo capiamo allora è abbastanza facile, in 5-10 anni bitcoin deve arrivare a valutazioni
dell'ordine del milione di dollari, cioè se bitcoin è oro digitale, continuo a dire
se perché ancora deve dimostrarlo ma lo sta dimostrando, se è oro digitale oggi è ampiamente
sottovalutato e attenzione ai rischi, io suggerisco sempre di investire in bitcoin quella percentuale
dei propri risparmi di cui si può tollerare la perdita.
Bitcoin diciamocelo chiaramente si colloca all'incrocio di aree di competenza straordinariamente
diverse, per essere compreso sono necessari elementi di criptografia ma anche elementi
di sistemi distribuiti e perché no elementi di teoria monetaria ed economica e soprattutto
anche elementi di teoria dei giochi, ecco che quindi capirlo davvero richiede un lavoro
impegnativo ed è per questo che è grandemente incompreso.
Peraltro ci portiamo in tasca dei foglietti di carta colorata, essendo confidenti, le
banconote, essendo confidenti che vengano accettate, che funzionino con un grado di
consapevolezza di quale sia la complessità del contratto sociale che ci sta dietro che
è veramente sconvolgente da questo punto di vista.
Ogni tanto sfido i miei studenti e dico immaginiamo che arrivi un alieno e voi spiegate le banconote
che vi portate in tasca, io spiego i bitcoin e alla fine quando facciamo il confronto
carta e inchiostro contro matematica e criptografia, una gestione di questa quantità di carta
discrezionale fatta da qualcuno a Francoforte contro una scelta invece algoritmica, una
politica di gestione di questi foglietti di carta fatto sui tassi di interesse, in questo
momento abbiamo tassi di interesse negativi che sanciscono proprio la morte, la fine di
un periodo di politica monetaria in cui i tassi di interesse potevano essere usati per
controllare la base monetaria contro una politica monetaria algoritmica e deterministica.
È evidente che questo alieno non prenderebbe certamente per pazzo me che difendo bitcoin,
ma troverebbe a quanto implausibile il contratto sociale che sta dietro le banconote che usiamo.
Cosa pensi dell'euro in particolare?
Ho amato l'euro, speravo fosse l'inizio di un cammino, sono profondamente deluso perché
è stato un primo passo, non ne sono seguiti altri, non è seguito un'equiparazione fiscale,
non è seguito una politica estera comune e di conseguenza l'euro sconta non tanto i suoi
difetti quanto la mancanza di quello che non è stato fatto dopo e oggi probabilmente sono
pessimista, credo che l'euro sia semplicemente un nome diverso che usiamo per il marco tedesco,
il marco tedesco continuerà ad esistere anche tra 20 30 40 anni, non credo che si chiamerà euro.
Guardiamo un attimo anche un po' uno scenario, vogliamo immaginare l'Italia 2030,
forse anche 2040, come la vedi?
Come italiani abbiamo sempre una grande creatività, abbiamo mostrato nella storia
il gusto del bello e un'intelligenza applicata al bello e al buono,
io credo che queste siano le chiavi, le dorsali di sviluppo per il nostro paese.
Temi innovativi non credo che in Italia sia il posto dove portarli avanti,
abbiamo un fisco opprimente, un'amministrazione pubblica lenta,
un sistema politico instabile, abbiamo un numero di governi dal 1948 ad oggi ridicolo,
la vita media di un governo credo che sia 14 mesi qualcosa del genere,
quindi ripeto è la creatività e la voglia di alcuni, l'imprenditorialità di alcuni
che magari ci tiene al passo su certi temi, ma il sistema non è un sistema sicuramente che funziona,
un sistema mi verrebbe da dire grasso obeso che vive dei privilegi del passato,
se si va in posti come la Germania, come la Francia, per non parlare di Hong Kong o di San Francisco,
si respira tutto un altro clima evidentemente.
Vedo i rischi di una marginalizzazione, di una frammentazione, di un provincialismo sempre maggiore,
queste sono le fonti di preoccupazione, se sapremo invece globalizzarsi nel senso vero della parola,
a mio avviso il genio italiano può ancora dire qualcosa.
È in questo scenario dove da un lato abbiamo produttori di hardware in Asia,
produttori di software, di tecnologie, soprattutto intelligenza artificiale,
sulla sponda americana, sul nuovo continente, l'Europa che fa?
Se l'Unione Europea si pensava di farla solo con l'euro, questa è una scelta mia,
poi non si è andati avanti, poteva essere un buon punto di partenza.
Quindi sinceramente estenderei all'Europa, allargando il discorso, un po' la visione e le preoccupazioni per l'Italia.
Se sapremo ritrovare la caratterizzazione forte che culturalmente, storicamente,
ci ha messo un po' all'avanguardia dello sviluppo, abbiamo delle grandi chance,
altrimenti numericamente, geograficamente siamo inevitabilmente condannati ad essere schiacciati
dalla pressione islamica e degli emigranti che vengono dal sud,
dall'Asia che ci stringe da una parte e dagli Stati Uniti che nel bene o nel male
rappresentano una potenza economico-militare significativa e radicate in un continente reale.
Per un attimo diventi il regolatore, c'ho finta che diventi presidente del Consiglio.
Le prime 3-4 cose che fai quali sono?
Il leviatano fiscale deve mollare le sue grinfie.
Ricordo qualche anno fa sentivo mio figlio parlare, ripeteva a mia moglie,
una lezione di storia sul feudalesimo e lamentava il fatto che il vassallo pagasse il 50% al feudatario.
E lo diceva con grande sconcerto. Mi son fermato, ho detto Simone,
guarda che il papà, tra imposte dirette, indirette e accantonamenti previdenziali forzosi,
lo Stato prende anche il 70%, quindi magari averci uno Stato che prende il 50%.
Io credo che una società che non investe sull'educazione è una società destinata alla morte.
Abbiamo di fronte delle sfide epocali, possiamo sperare di vincerle soltanto con un sistema educativo
che generi uomini capaci di affrontare queste sfide.
E come lo si fa? A mio avviso lo si fa facendo passare l'idea che l'educazione può essere pubblica
senza essere statale. In Italia abbiamo visto, in Lombardia in particolare,
sdoganare l'idea che la sanità può essere pubblica senza per questo essere statale.
C'è una sanità privata, convenzionata, che eroga servizi di eccellenza
e ha messo la Lombardia all'avanguardia nel sistema sanitario.
Quindi nel caso scolastico sarebbero le cosiddette paritarie?
Le scuole paritarie. Io credo a un mercato dell'educazione in cui finalmente l'andare a insegnare
non sia più considerato, come lo è oggi, un lavoro di serie B, ma sia considerato un lavoro di serie A.
Come quella, chi sa fa, chi non sa insegna.
A questo lo dicono anche a me riguardo il bitcoin, ma...
Io insegno fondamentalmente per una grande passione educativa,
perché mi piace quando vedo ai giovani luccicare gli occhi.
Ed è indubbio, per esempio per me l'insegnamento non è economicamente interessante né remunerativo.
Lo faccio perché ho il privilegio di poterlo fare, ma è un lusso che mi concedo.
Ecco, io sono preoccupato di una società in cui ad insegnare non vanno i migliori.
E una scuola che è sempre più degradata, sempre più problematica.
Il che non vuol dire che io stia auspicando una scuola elitaria.
Sto auspicando, proprio come l'abbiamo visto sulla sanità, una scuola che sia più liberale,
che abbia un mercato, che abbia una competizione,
una competizione in cui ovviamente i bisognosi e i meritevoli siano aiutati,
ma una competizione che permetta l'emergere di eccellenze educative.
Ci sono due o tre consigli che ti sentiresti di dare a un giovane
che oggi comunque inizierà a intraprendere prima un percorso di studi universitario
e poi a entrare nel mondo del lavoro?
Il consiglio è quello di comprendere, di imparare a comprendere, non di imparare e basta.
Ad esempio a lezione in università io spiego cose che dieci anni fa non esistevano.
Ma nello spiegarle dico ai miei studenti,
guardate che probabilmente queste cose tra dieci anni saranno inutili.
Io lì spiego interest rate derivatives,
ma anche quando insegno su Bitcoin e blockchain technologies è lo stesso.
Quando io ho incontrato nel febbraio 2014 Bitcoin ero scettico,
ma mi sono posto nell'ottica di tentare di comprendere,
non di classificare nelle categorie che avevo già.
Questo secondo me è la prima indicazione.
Poi la seconda, quella che dai miei figli, è di studiare quello che gli appassiona,
quello che gli piace.
Cioè di non pensare in una logica strettamente di applicabilità sul mondo del lavoro
perché il mondo cambia velocemente
ed è difficile immaginare che mondo avremo davanti tra 5 e 10 anni.
Se già abbiamo la consapevolezza di sapere cosa ci piace,
cosa ci interessa oggi, studiare quello che piace e interessa.
Il terzo e direi ultimo consiglio è quello che
qualsiasi cosa si decida di studiare, di studiarla bene.
Studiarla bene perché oggi ci sono moltissime opportunità.
Se si ha un professore non troppo capace si possono trovare dei bellissimi libri.
Se si ha un libro che non è particolarmente interessante esiste la rete.
Se la rete la si considera troppo impersonale
in realtà è possibile incontrare e conoscere persone sulla rete.
Molte delle mie relazioni intellettualmente più gratificanti
sono nate in rete, negli ufficiali.
I social soprattutto.
Quindi di conseguenza oggi viviamo in un mondo per la prima volta veramente globale
dove qualsiasi cosa si fa la si può fare al massimo livello
e purtroppo qualsiasi cosa si fa la si fa competendo a livello globale.
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