Il sacco di Roma (408-410) - Ep. 25 (2)
409 dopo cristo: solito tram-tram
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Quadro pre-raffaellita che rappresenta l'imperatore Onorio da bambino, nelle vesti imperiali
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Negoziare o no con il Goto? Per rispondere a questa domanda a Ravenna si scatenò una vera e propria lotta di potere tra le due fazioni a corte. La fazione anti-gotica era correntemente al potere: questa era la fazione xenofoba che aveva abbattuto Stilicone, massacrato i Goti e causato l'invasione d'Italia da parte di Alaric: questa corrente era ovviamente guidata dal nostro Olimpio. A corte c'erano però ancora tanti che favorivano un accordo con i Goti, molti ex seguaci di Stilicone. In queste ore terribili Olimpio era ancora ossessionato dal trovare e punire chiunque avesse supportato Stilicone, ossessione come vedremo giustificata, cosa che lo rese cieco a quanto avveniva intorno a lui.
Per negoziare da un punto di maggiore forza Ravenna aveva dato ordine alla guarnigione della Dalmazia di dirigersi verso Roma per rafforzarne le difese e ridurre la minaccia gotica. Si trattava di una forza di sei mila soldati che però marciarono in Italia come se non ci fosse un nemico in agguato, il loro comandanti si rifiutò di evitare i Goti: era l'Italia oppure no il cuore dell'Impero? A causa della sua hybris i reggimenti furono attaccati da Alaric e massacrati, solo cento uomini e il loro comandante riuscirono a raggiungere Roma. Mi immagino Alaric ridere dei patetici tentativi dei Romani.
A questo punto una seconda ambasciata senatoriale, forte anche della presenza di papa Innocenzo I, fu inviata con guardie gotiche a Onorio per supplicarlo di accettare le richieste del Re dei Visigoti. In contemporanea il governo imperiale ricevette anche la notizia che Ataulf, cognato di Alarico, aveva attraversato le Alpi Giulie con l'intento di unirsi ad Alaric. Onorio convocò tutte le forze romane disponibili nel nord Italia. Invece di affidare il comando ad un soldato stagionato Onorio lo diede a Olimpio. Gli scrittori Romani sostengono che vinse lo scontro con Ataulf ma la storia finisce con Ataulf che si ricongiunge con Alaric, rafforzandolo ancora. Anche se ci fu una vittoria tattica romana alla fine si trattò di un disastro strategico. La carriera di Olimpio era al termine, in pochi mesi era riuscito a infliggere un disastro dopo l'altro allo stato romano: fu deposto dalle sue cariche da una congiura di corte e vista la mala parata Olimpio pensò di fuggire in Dalmazia. Il prefetto del pretorio Giovio, facente parte del partito filo gotico, si impadronì del potere e Onorio lo nominò prontamente al grado di patrizio. Il patriziato nel quinto secolo non era quello dell'antica Roma: solo un numero ristrettissimo di uomini veniva nominato dall'Imperatore al grado di Patrizio e come vedremo, con il tempo questo grado iniziò ad essere il sinonimo di un imperatore senza corona, come era stato Stilicone.
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Giovio a questo punto passò ad eliminare i suoi nemici politici: orchestrò un ammutinamento delle truppe a Ravenna e richiese l'esilio dei due più importanti comandanti militari dell'esercito d'Italia, due creature di Olimpio. I due, sulla via dell'esilio, furono assassinati, Giovio non voleva lasciare nulla al caso. Avete notato come la politica Romana pare non cambiare mai? Mi sembra quasi di narrare una lotta tra correnti nella DC, per non fare esempi più vicini a noi. Perfino il rapporto tra l'imperatore Onorio e i vari uomini forti della sua corte mi ricorda quello tra un presidente della Repubblica e un Presidente del consiglio.
La trattativa
Ma torniamo all'antichità: Giovio era un amico personale di Alaric ed era stato un tempo parte del partito di Stilicone. Il nuovo governo a Ravenna decise dunque di aprire una trattativa con Alaric: il colpo di stato era stato organizzato probabilmente proprio a tal fine. Alaric si recò a Rimini per negoziare ma, sentendosi in una posizione di forza, le sue richieste furono molto pesanti: voleva un tributo annuale in oro e grano e per il suo popolo l'insediamento nelle province della Dalmazia, del Norico e della Venezia: praticamente il nord-est italiano, l'Austria, la Slovenia e la Croazia, un territorio enorme. Per sé, ça va sans dire, il grado di Magister Militum Utriusque Militiae, ovvero il grado occupato un tempo da Stilicone. Se questa proposta fosse stata accettata, Alaric sarebbe diventato il vero padrone della corte di Ravenna e i suoi Goti ne sarebbero stati la principale forza militare, insediati peraltro a due passi da Ravenna: Alaric voleva in sostanza quello che un giorno riuscirà ad ottenere Teodorico.
Ma la corte di Ravenna non poteva accettare questa servitù: l'impero era in condizioni difficili ma solo quattro anni prima un immenso esercito gotico era stato sconfitto a Fiesole: i Romani sapevano che la loro attuale debolezza era temporanea e cercarono di comprare del tempo. Le trattative finirono in stallo, a quanto pare Onorio inviò perfino una lettera a Rimini informando Alaric e Giovio che non aveva nessuna intenzione di nominare Alaric ad alcun grado militare romano.
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Alaric, irritato, si ritirò dalle negoziazioni e tornò dalla maggior parte dei suoi, in Toscana. A questo punto la corte di Ravenna, dopo tanto tentennare, prese la decisione di resistere. Tutti i generali e gli uomini importanti della corte fecero un terribile giuramento, a quanto pare toccando assieme la testa del sovrano, una scena che deve essere stata bizzarra. Giurarono che non avrebbero mai accettato la pace con Alaric. Iniziarono preparativi per far arrivare in Italia rinforzi, soprattutto mercenari Unni. Era la guerra.
Alaric abbassa le sue pretese
In teoria a questo punto Alaric avrebbe dovuto procedere a mettere in atto le sue minacce e marciare su Roma, saccheggiandola. Ma Alaric non lo fece, anzi raccolse invece una ambasceria dei principali vescovi d'Italia, assieme ad altri notabili, e la inviò a Ravenna con una scorta armata di Goti. Una volta al cospetto dell'Imperatore i vescovi supplicarono Onorio di accettare la pace, portando i nuovi termini negoziali di Alaric. Nelle parole di Olimpiodoro “Alaric non voleva più cariche né onori, né chiedeva che i Goti fossero stabiliti nelle province che aveva chiesto in precedenza: ora voleva per i suoi le due province del Norico, sulle più remote anse del Danubio, che sono esposte a continue incursioni barbariche e che pagano all'erario pochissime tasse. Oltre a ciò si sarebbe accontentato di un tributo in grano e rinunciava del tutto all'oro. Quando Alaric avanzò queste giuste e prudenti proposte tutti si meravigliarono della sua moderazione”
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Celebre storia delle galline di Onorio, raccontata da Procopio e ovviamente una leggenda. Al sacco di Roma un messaggero avrebbe informato Onorio, dicendogli che “Roma è morta” e Onorio avrebbe risposto “ma no, ha appena beccato dalle mie mani!”, riferendosi alla sua gallina, di nome Roma.
A queste domande si aggiungeva una sorta di supplica personale di Alaric: questi implorava Onorio di non costringerlo a devastare Roma, una città per la quale anche lui aveva venerazione e rispetto. Olimpiodoro, la nostra fonte principale, trova che questi termini fossero molto generosi e accettabili. Eppure la proposta fu così moderata che fu percepita come un atto disperato da parte di un sovrano indebolito. Inoltre dopo tante divisioni e incertezze la corte di Ravenna si era appena unita intorno alla decisione della guerra, i generali avevano giurato di combattere Alaric al cospetto di Onorio, Onorio stesso probabilmente non voleva più sentir parlare di Alaric e quindi l'offerta fu sdegnosamente rifiutata. Olimpiodoro scrive “Furono così incauti coloro che erano incaricati del governo dello stato, poiché erano indegni delle cure e della protezione del cielo.”
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Ora, a me interessano i fatti ma mi interessa ancora di più il perché dei fatti: perché Alaric, che solo mesi prima si voleva fare padrone del mondo romano decise di abbassare in modo così rilevante le sue pretese? Cosa era cambiato? Io credo che Alaric percepì la forza latente dell'Impero Romano, ora in stato disperato a causa di una serie incredibile di rovesci ma sempre pronta a riprendersi nelle mani di uomini più accorti rispetto a Onorio e Olimpio. Nelle parole di Peter Heather: “In quel momento Alaric aveva la forza militare per prendersi tutto ciò che voleva: eppure era disposto a fare un passo indietro pur di raggiungere un accomodamento di lungo periodo con lo stato Romano: per questo mise al primo posto la sicurezza”. Wolfram, l'autore della storia dei Goti, aggiunge altri interessanti considerazioni: “Alaric soddisfava il desiderio di lusso e oro dei Goti grazie ai suoi saccheggi e al taglieggiamento della città di Roma ma non poteva garantire ai suoi la certezza di un pasto. I Goti stavano devastando proprie le regioni dalle quali avrebbero dovuto trarre sostentamento. Il valore dei loro saccheggi veniva divorato dall'inflazione che causavano loro stessi devastando i mercati nei quali avrebbero potuto spendere l'oro sottratto ai Romani. Se l'esercitus gothorum avesse continuato su questa strada si sarebbero dovuti appendere il loro oro al collo senza poterci fare nulla: c'era insomma il rischio per i Goti di tornare alla loro più primitiva economia del baratto invece di guadagnarsi quello che più desideravano, una vita di agi, una vita alla Romana. Fintantoché i Goti non avessero avuto del suolo saldo sotto i loro piedi, una terra da chiamare patria, ogni loro mossa poteva essere l'ultima, visto che vivevano sul filo del rasoio. Alaric poteva assediare Roma nel 408 e nel 409, prendere la città, catturare la sorella dell'imperatore, minacciare l'Africa e il granaio dell'Italia, perfino devastare l'Italia ma senza un accordo con l'Impero prima o poi sarebbero stati sconfitti e distrutti, l'unico modo per evitarlo era stringere una alleanza con Roma e stabilire una permanente Gothia su territorio Romano.”
Se l'imperatore dice sempre di no, ci vuole un nuovo imperatore
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Quadro (fantasioso) che rappresenta l'ingresso dei Visigoti di Alaric a Roma, durante le trattative con il senato romano
Nel tardo 409 Alaric si ripresentò sotto le mura di Roma: i cittadini della grande città si prepararono ad altri mesi di carestia, pestilenze e devastazione. Ma l'ultima cosa che Alaric voleva era di saccheggiare Roma, e questo con tutte le sue forze. Sapeva che la conquista di Roma gli avrebbe dato ricchezze immense e una fama altrettanto immensa, ma sarebbe stata la fama del distruttore della città che aveva unito il mondo. Con una tale fama non avrebbe mai potuto realizzare il sogno della sua vita: una sistemazione per sé e per il suo popolo all'interno del sistema politico romano.
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Ma Alaric aveva anche compreso che con Onorio e la sua corte non si poteva più trattare: la minaccia di saccheggiare Roma non li aveva piegati una volta, non li avrebbe piegati una seconda. No, quello che serviva era un nuovo imperatore: Alaric incontrò il senato di Roma e spiegò che non aveva nessuna intenzione di fare del male alla città, se avessero scelto tra loro un nuovo imperatore. Il Senato si riunì in conclave ed elesse l'anziano prefetto della città, Prisco Attalo, alla carica imperiale. Attalo era però un pagano e Alaric chiese che fosse battezzato prima di assumere la nuova carica: in cambio dei suoi servigi Alaric fu nominato Magister Militum Utriusque MIlitiae e suo cognato Ataulf fu fatto Comes Domesticorum, il comandante della guardia imperiale. L'impero ora aveva tre imperatori: Costantino III in Gallia, Onorio a Ravenna e Attalo a Roma: quando pensavate che la situazione non potesse ingarbugliarsi ancora ecco che ho dimostrato il contrario!
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Ravenna nel quinto secolo dopo cristo: difesa dalle paludi che la circondano, Ravenna è irragiungibile per gli eserciti dei Germani, privi di una flotta
Il grosso dell'Italia peninsulare, l'Italia suburbicana, si dichiarò per Attalo ma, dettaglio cruciale, il Nordafrica rimase fedele ad Onorio e alla corte di Ravenna e sappiamo come il Nordafrica fosse il granaio dell'Italia: senza le province africane Attalo non poteva sfamare il suo popolo. Alaric propose di inviare una parte dei suoi Goti a Cartagine ma Attalo si rifiutò: inviare truppe barbariche a conquistare un territorio romano era cattiva pubblicità e, nonostante che fosse arrivato alla dignità imperiale grazie alle armi gotiche, Attalo era anche un patriota romano. Era fuori questione di avere i Goti in Nordafrica, l'unica regione dell'impero risparmiata dalla guerra e la regione chiave per il sostentamento economico e materiale dell'impero. Al loro posto fu inviata una spedizione di soldati romani fedeli ad Attalo.