XXV puntata
Da Mosca La Voce della Russia.
Vi invitiamo all'ascolto della XXV puntata del ciclo ”1812.
La bufera napoleonica” a cura di Dmitri Mincenok. L'eterna ritirata, dal Neman e Vilnus fino a Smolensk e oltre, irritava la truppa sempre di più.
L'esercito russo aveva abbandonato Smolensk in uno stato di forte depressione. Nel diario di un testimone oculare leggiamo: “Nel lasciare Smolensk Barklai aveva fatto due miracoli: aveva portato via l'icona della Madonna di Smolensk e sputato in faccia a Napoleone.”
Il cosiddetto secondo miracolo deve essere ovviamentre inteso in senso metaforico.
Si racconta che Barklai dall'alto di un colle che dominava Smolensk, appena lasciata al nemico, avesse a lungo osservato la città al binocolo. Poi aveva ordinato al suo aiutante di stato maggiore di sparare una salve di cannone sul centro cittadino, dove gli era sembrato di scorgere Napoleone e il suo seguito.
Il tiro era stato effettuato, ma troppo corto aveva portato la palla ad impattarsi sulle mura.
Al di là della nota comica, questo episodio, secondo l'autore del diario, dimostrerebbe che Barklai non fosse sempre così freddo e impassibile, ma che sapesse reagire agli errori commesi con una rabbia mal contenuta.
Comunque bisogna dire che fra gli ufficiali nessuno pensava che l'esercito fosse stato sconfitto o battuto.
Al contrario non pochi scontri si erano conclusi favorevolmente. Però la strategia non cambiava e le truppe zarista arretravano qualunque fosse l'esito di quelle scaramucce. Prima di arrivare a Smolensk, a pretesto della ritirata si accampava la necessità di far congiungere gli eserciti di Barklai e Bagration.
Ma quando a Smolensk questo congiungimento era avvenuto, dopo uno scontro sanguinoso con i francesi, la ritirata era ricominciata. Allora fra gli ufficiali si diffuse la convinzione che Barklai non sapesse guidare l'esercito. In quel periodo, in preda alla disperazione, egli scrisse un messaggio segreto ad Alessandro per chiedergli di essere esonerato dal comando.
Ma gli fu detto che le dimissioni sarebbero state respinte. E la ritirata continuò. L'esercito russo si ritirava lungo strade terribili a stento percorribili dai carretti contadini.
Era necessario attraversare un terreno frastagliato di burroni, attraversato da ruscelli e fiumiciattoli, i cui ponti cedevano sotto il peso dei carriaggi e dei cannoni. Tutto ciò non poteva non irritare la truppa. Ma ora, al di là di tutti questi disagi, si ritirava su Mosca.
E il nemico trionfante era lì a soffiare sul collo, senza che nessuno pensasse di impegnarlo in qualche modo.
Leggiamo nel diario di Pavel Puscin: “Le truppe marciavano in silenzio, con l'animo esacerbato e dolorante”. Anche a Mosca e a Pietroburgo il malcontento era grande.
Soltanto pochi riuscivano a comprendere il senso di quella strategia… Tutti gli altri, nel vedere le conseguenze di quella politica: le città in fiamme, i saccheggi e le uccisioni, bramavano lo scontro decisivo che avrebbe dovuto porre fine a quella sfrontata aggressione…” E poi così continua: “ Tutta la Russia, oltraggiata da una aggressione mai vista negli ultimi cento anni, non poteva credere che tutto ciò fosse possibile senza il tradimento o quantomeno senza errori imperdonabili da parte del capo supremo.”
Sempre più evidente si faceva la necessità di nominare un nuovo comandante in capo.
Nell'esercito e nella società veniva fatto un solo nome, quello di Kutuzov, il generale di Caterina II, che in quel momento aveva appena concluso una guerra vittoriosa con i turchi.
A Pietroburgo – scrive lo storico Mikhailovskii-Danilevskii – il popolo seguiva ogni suo passo.
Ogni sua parola passava di bocca in bocca per divenire di dominio pubblico…. Al teatro quando venivano pronunciati i nomi così cari di Dmitri Donskoi e di Pozharski, tutti gli sguardi andavano a Kutuzov. Nonostante l'età avanzata Kutuzov non si defilava, era presente nei salotti e frequentava i personaggi più influenti, si diceva che addirittura cercasse i favori della principessa Maria Narisckina, considerata l'amante di Alessandro.
C'era stato un periodo in cui la principessa Maria era stata quasi considerata la regina di Pietroburgo. Se qualcuno voleva far carriera doveva necessariamente essere invitato ai suoi balli, farsi notare e poi chiedere a lei quanto non era possibile fare direttamente all'imperatore. I documenti di archivio, recentemente venuti alla luce, indicano che la principessa Maria, abbia aiutato parecchie persone, fra cui Kutuzov.
È significativo che avesse cercato la sua intercessione anche Barklai, ma invano. Alla Battaglia di Borodinò mancavano meno di tre settimane.
Avete ascoltato la XXV puntata del ciclo “1812.
La bufera napoleonica“ a cura di Dmitri Mincenok.