XXIII puntata
Da Mosca La Voce della Russia.
Vi invitiamo all'ascolto della XXIII puntata del ciclo ”1812.
La bufera napoleonica” a cura di Dmitri Mincenok. Sulle cause della disfatta di Napoleone nella campagna di Russia molti storici si trovano ancora prigionieri di una vecchia tradizione risalente a lui stesso.
Il famoso Generale Gelo. Ma nella metà del 1812 invece si pensava proprio il contrario e si appuntava il dito contro il caldo torrido e anomalo.
Era una estate mai vista.
Napoleone non aveva dovuto affrontare un caldo simile dalla spedizione in Egitto. Gli archivi meteo ci dicono che una estate così fu quella del 1941 quando Hitler aggredì l'Unione Sovietica.
C'è anche un'altra coincidenza.
L'eccezionale raccolto di frutta in Russia durante la prima e la seconda guerra patriottica. Montagne di mele nelle regioni centrali e di uva in quelle meridionali. Un segnale di sventura per chi fosse stato capace di recepirlo. Ma c'è un altro segno scaramantico, ricordato anche da Pusckin nel suo Evghenj Oneghin.
I fiumi di quello champagne che sarebbe stato chiamato il vino della cometa, lo champagne del 1811, l'anno della cometa. Si dice che sia apparsa nella primavera del 1811 per rimanere nei cieli, come presagio di sventura, fino alla battaglia di Vitebsk. Ultimo ad osservarla nei cieli di Novocerkask, dall’8 al 17 agosto del 1812, fu l'astronomo russo Vishnevskii che la descrisse come una nebulosa giallognola priva di contorni precisi.
Nei diari dei discendenti del Principe di Oldenburgo, l'uomo che avrebbe bonificato l'Abkhasia, leggiamo: “ Il nome di questa terra si può tradurre come ‘paese delle anime” e i suoi abitanti quando vedono una cometa pensano che siano i santi a spostarsi da un posto all'altro”.
Un presagio di sventura. Molto prima della battaglia c'erano stati quindi non pochi segnali angosciosi per l'armata francese.
Ma il geniale condottiero non aveva voluto tenerne conto. Lui era in attesa della battaglia.
Quando il 27 luglio il tenente Mersier intercettò un messaggio del principe Bagration in cui egli annunciava a Barklai de Tolli che avrebbe potuto unirsi a lui soltanto a Smolensk, Napoleone incominciò a sperare che l'esercito russo lo attaccasse in quell'occasione. Saputo in seguito che le truppe russe lasciavano i sobborghi di Smolensk puntando sulle posizioni francesi l'imperatore fu certo che la battaglia fosse imminente.
“ I russi così intendono difendere Mosca – egli diceva -. Dopo la battaglia Alessandro dovrà accettare il negoziato e scendere a patti. E questa sarà la fine della nostra campagna.” A Parigi le consorti dei marescialli già parlavano degli abiti che avrebbero indossato al Gran Ballo di Mosca.
Ma Napoleone invece si chiedeva perché Alessandro avesse lasciato l'esercito.
Una manovra, ma quale? Forse vorrà dare battaglia a Pietroburgo? Vi sono alcune versioni su questo episodio.
Lo stesso zar, in una lettera alla sorella, lo spiega con il panico insorto nella capitale Il famoso storico russo Juri Lotman pensa che tutto sia dipeso dalla sua paura, che avrebbe potuto demoralizzare i generali.
Gli storici russi che si sono occupati di questo aspetto ai primi del XX secolo, seguono un'altra linea ed affermano che la presenza dello zar fosse alquanto scomoda.
Ne era convinto l'ammiraglio Scickov che aveva sostituito Speranskii nella carica di segretario di stato.
A suo dire dinanzi ad Alessandro nessuno sapeva a quali ordini obbedire.
Egli affermava che Barklai fosse il capo supremo, ma quest'ultimo sosteneva di essere soltanto un esecutore della volontà reale. Quindi bisognava allontanare lo zar in qualche modo elegante. Scickov godeva di grande influenza.
Egli interpretava i pensieri dello zar ed era l'autore di tutti i suoi proclami. Oggi si direbbe di lui che fosse il redattore letterario dell'Impero.
A lui appartiene la celebre frase “ Il nemico sarà sconfitto e nostra sarà la vittoria “ divenuta una parola d'ordine nella Guerra patriottica del 1941-1945 contro la Germania nazista. Si racconta che un giorno dopo aver visto la bozza di un proclama all'esercito in cui l'imperatore diceva: “ Io sarò sempre con voi e non mi allontanerò mai” Scisckov in preda alla disperazione l'avesse così corretto : “ “Io sarò sempre con voi, pur trovandomi lontano”
Alessandro comprese la pesante allusione e prese la via della capitale lasciando a Barklai il comando effettivo delle operazioni.
Alla battaglia di Borodinò mancavano 38 giorni.
Avete ascoltato la XXIII puntata del ciclo “ 1812.
La bufera napoleonica “ a cura di Dmitri Mincenok.