L'arte di argomentare | Stefania Giannini | TEDxYouth@Bologna (1)
Trascrizione: Michele Gianella Revisore: Madalina F.
Buongiorno a tutti, buongiorno a tutte.
Sono estremamente felice, presidente Golinelli, di ritornare qui,
nella cittadella della conoscenza e della cultura, dopo pochissimi giorni.
Questo segnale sancisce una sintonia
e una comunanza di obiettivi che avete già descritto;
ma sopratutto, oggi, ci consegna una sfida ancora più ambiziosa
di quella che abbiamo discusso qualche giorno fa, parlando di Opus 2065
- quindi immaginate, ragazzi, come sarà la società tra 50 anni,
e cosa noi possiamo fare per costruirla al meglio.
Siamo più ambiziosi, oggi. Perché?
Be', intanto la mia è una sfida personale veramente affascinante
perché non ho fatto, Dott. Pauri, il TED-EdClub formativo.
Quindi apprezzerete l'ingenuità della mia performance:
mi si chiede di fare un TED sul TED!
Ho insegnato e studiato soprattutto retorica,
quindi cercherò di attingere dalle mie vecchie memorie
e da quella che in fondo
è la matrice più antica, quella più efficace,
del public speaking: cioè della capacità, della possibilità,
di argomentare di fronte a un pubblico vasto, eterogeneo,
in modo efficace, convincendo, persuadendo sulle proprie idee,
su quelle che noi riteniamo essere le idee vincenti,
le idee che ci rappresentano,
le idee che sono la sostanza, il senso della scuola, ma anche di noi stessi.
Io credo che il valore del TED sia sostanzialmente questo:
mi sono chiesta, quando me ne ha parlato
con dolce fermezza e ineludibile insistenza,
l'amica e consigliera, oltre che già Sottosegretario all'Istruzione,
Elena Ugolini,
mi sono chiesta quali sono gli elementi che possiamo dare ai nostri ragazzi,
facendo un accordo nazionale
- il primo nel mondo, ne sono molto orgogliosa -
un valore in più, un valore aggiunto rispetto a quanto si impara a scuola,
rispetto a quanto si impara anche in una scuola,
nelle molte occasioni che avete di presentarvi
in un contesto sociale, in uno spazio pubblico,
e convincere gli altri che le vostre idee hanno un valore, hanno un senso.
E poi magari, su quello, costruire un rapporto, una relazione,
di qualunque tipo essa sia.
Ma mi sono apparsi, diciamo, tre elementi fondamentali,
che forse hanno a che fare col TED
ma vi dico subito che non sono quelli che mi hanno convinto
- insieme, ripeto, alla dolce e ineludibile insistenza di Elena -
a fare questo protocollo.
Il primo: ma il TED ha a che fare col marketing?
Forse un po' sì, diciamolo.
Perché ci si presenta,
si presenta un idea, si presenta un progetto
- di valore, sicuramente, che noi riteniamo magari il più importante
in quel momento della nostra vita,
soprattutto se si è molto giovani come voi -
e si deve convincere qualcuno che quello è il progetto, quella è l'idea.
Quindi ha anche a che fare col marketing.
Non è una parolaccia, non è un elemento che dobbiamo assolutamente escludere
dall'orizzonte formativo dei nostri ragazzi.
Ma forse è qualcosa in più, diciamolo: il TED è anche una forma di insegnamento.
Vi dicevo, io sono una classicista, ho studiato - tanto - retorica classica.
Ho insegnato anche, retorica.
È una disciplina fantastica: se vi piace il TED, vi prego,
anche se non siete classicisti andate un pochino a rivisitare
quello che gli antichi, dalla Grecia al mondo romano
e poi a seguire nell'ambito dell'Alto Medioevo e Rinascimento
hanno insegnato a questa parte del mondo, la civiltà occidentale,
in termini di capacità di argomentazione, in termini di possibilità
- con le parole, col potere del discorso -
di convincere chi mi sta davanti.
E entrare in una relazione dialogica, con chi mi sta davanti.
Quindi è una forma di insegnamento: tant'è che si dice
- ed è giusto Dottor Pauri, sono d'accordo con voi,
TED Organization a livello mondiale -
che è anche un modo per rivoluzionare l'insegnamento.
Perché io in questo modo metto i ragazzi in cattedra,
cioè ribalto il paradigma che normalmente si usa a scuola,
quello della lezione frontale.
O, se metto gli insegnanti in questa posizione,
è il caso mio di questa mattina,
li costringo, in qualche modo, a una modalità sicuramente meno ortodossa,
meno diciamo rispondente al canone tradizionale.
Quindi ha a che fare anche con l'insegnamento.
E sarà deformazione della mia attuale posizione di vita e di carriera,
forse a che fare anche con la politica.
La politica nel senso lato eh, sia ben chiaro.
Non la politica di appartenenza, diciamo, a qualche forza di partito.
E beh, sì. Perché la politica è discorso, signori miei.
La politica, nel senso più nobile, più alto, più antico del termine
è partecipazione alla vita attiva, allo spazio sociale, alla polis.
Quindi che cosa vuol dire fare politica?
Vuol dire esporre le proprie idee, la propria forza, il proprio modello,
la propria visione del mondo attraverso il discorso.
Ha a che fare anche con la politica.
Sarebbe già sufficiente, sarebbero già tre argomenti
che possono convincere un Ministro della Repubblica
a siglare un accordo nazionale, a destinare risorse.
Abbiamo fatto questo primo bando,
ma dico subito che ce ne sarà subito un altro con più risorse
per far sì che sempre più ragazzi
- più dei 350 che quest'anno hanno partecipato - più dei 22 finalisti,
11 più 5, coloro che, e vi faccio un forte in bocca al lupo,
si succederanno dopo di me e più brillantemente di me in questa sede.
E quindi basterebbero questi elementi.
Ma io vi voglio dire un'altra cosa invece.
E per dire che cosa io ho trovato nel TED,
- e che cosa spero che voi possiate trovare nel TED,
e comunque in generale nell'insegnamento, nell'apprendimento di come ci si esprime,
di come si entra in contatto, attraverso la parola, con gli altri -
io vi suggerisco di ricavarlo da 2 TED atipici,
cioè 2 discorsi che trovate online
- uno sicuramente lo conoscete, l'altro forse no -
e che non sono TED.
Uno è molto lungo,
poi c'è una versione anche accorciata di 10 minuti
ed è l'ultima lezione di Randy Pausch, un informatico della Carnegie Mellon
che 8 anni fa è morto per un tumore devastante al pancreas
e che ha tenuto quella che si chiama l'ultima lezione,
che normalmente i professori fanno
quando si arriva alla fine della carriera,
per consegnare, come dire,
l'eredità di principi e di metodi ai propri studenti.
Lui l'ha fatta reinterpretandola, in quel momento drammatico della sua vita.
Ma vi garantisco che la lezione non è drammatica,
è anche molto brillante, ma soprattutto ha un valore che vi dico subito.
L'altra è una prima lezione, la prima lezione,
quella famosissima di Steve Jobs
- quella dura più o meno 15 minuti, e quindi rientra nel format TED.
Quella l'ho citata anche l'altro giorno
perché insomma è una lezione da cui si può ricavare molto
e se non l'avete vista, ascoltata, guardatela.
Ed è quella che ha fatto alla open ceremony dell'anno accademico '90
- 2005, scusate, il 12 giugno per l'esattezza - ai ragazzi di Stanford.
Prima lezione perché Steve Jobs, lo sapete, non era nemmeno laureato.
È stato anzi lui che si è ritirato dai corsi
perché non gli sembravano interessanti,
perché non voleva far spendere ai suoi genitori adottivi
troppi soldi per le tasse universitarie, di un'università cara;
e ha cominciato poi a seguire i corsi di calligrafia
che quando ha progettato Macintosh, guarda caso,
sono diventati l'archivio prezioso delle sue conoscenze innovative.
Allora cosa trovate?
Una serie di affinità - almeno io le ho trovate, ve le propongo,
voi ne troverete altre - tra questi due speech:
last lecture e first lecture .
First lecture lo dico io,
perché poi Jobs non ha fatto il professore nel proseguo della sua carriera.
Trovate un messaggio chiarissimo, che va proprio mirato a voi,
perché entrambi parlavano agli studenti
- Randy Pausch parlava anche ai suoi 3 figli,
visto che era poi quel documento che sarebbe rimasto a sua memoria,
dopo la sua scomparsa, come di fatto è avvenuto.
I messaggi sono:
seguite sempre la vostra curiosità, il vostro istinto, la vostra intuizione,
e non fatevi mai fermare da ciò che in quel momento sembra ostacolarla,
dice Steve Jobs.
E Randy Pausch dice: non fermatevi, non smettete mai di stupirvi,
anche quando non siete più bambini, no?
Di solito lo stupore è una cosa che hanno i bambini
quando vedono, che ne so,
uno spazio meraviglioso come questo, Presidente Golinelli.
E credo che i piccoli che vengono qui,
ce lo ricordava, dalla scuola dell'infanzia fino agli oltre 30 anni,
siano sicuramente sorpresi da questa bellezza, da questa originalità.
Ecco, non perdete mai questo stupore.
Io credo che qualcuno di voi questo principio l'abbia fatto proprio.
Quando Alberto ci invita a vedere le cose non sempre come sembrano, scontate,
ma interpretare la realtà come una combinazione chimica di elementi,
be', quella è una forma, tutto sommato, io l'ho letta così,
di scatenare una reazione di stupore.
Entrambi parlano di un'altra cosa che è una cosa, invece,
che nella vita qualche volta ci ferma,
ci ferma soprattutto se non siamo abituati a gestirla: l'ostacolo.
Che, dice Randy Pausch, è sempre qualcosa che è messo lì
perché noi ci misuriamo nella nostra voglia,
nella nostra capacità di superarlo.
Quindi non è un dato negativo, è un dato positivo.
Steve Jobs, più o meno, in altre parole, dice quella stessa cosa: il fallimento.
Il fallimento può diventare il momento da cui si riparte con maggiore energia,
con maggiore capacità di misurare le proprie forze,
e la voglia di fare quello che non si è fatto fino a quel momento.
Quando Steve Jobs fu cacciato da Apple, ve lo ricordate
- proprio lui che aveva inventato il prodotto
che poi diventa, insomma, la cifra stilistica di una generazione -
ecco, in quel momento lì: trova sua moglie,
cioè quella che sarebbe diventata la compagna della sua vita;
ripensa il modo di lavorare in informatica;
e nasce la vera stagione produttiva della sua carriera.
Parlare di fallimento significa parlare di perseveranza, di resilienza,
di capacità anche di gestire le esperienze negative, per andare oltre.
Gabriela, nel blogging, insieme alla passione della fotografia,
quando dice che le mani servono forse di più dei volti
e di altri elementi della nostra persona per raccontarci la loro storia,
fa qualcosa di simile
- almeno io l'ho letto così, mi piace molto quest'idea, sono molto d'accordo.
E poi la terza, ineludibile, richiamo,
è alla passione, è all'amore che si fa quando si fa una cosa.
Che poi diventa anche una passione che può generare l'ossessione, no?
L'attaccamento al progetto, l'attaccamento alle cose che si fanno.
E quella è perseveranza, quella è resilienza:
Alessandra che diventa campionessa di canottaggio
parla di questi valori,
e io son convinta che attraverso questi valori
-oltre a un talento chiaramente atletico che a non tutti, ahimè, la Natura concede-
sia arrivata a ottenere gli stessi risultati.
Ma anche Andrei,
quando nel garage di casa costruisce... una mano bionica, giusto?
Un robottino.
Ecco, sì: lì non mi avventuro, perché è un terreno scabroso per me.
Allora ragazzi queste cose ve le dico
per dire che forse il valore che può dare TED
è la capacità, l'esercizio del parlare in pubblico,
convincendo gli altri che quello che stiamo dicendo
non è solo quello in cui crediamo molto in quel momento
e che ci sembra il progetto, che ci sembra l'idea di valore.
Ma è una parte fondamentale di noi, è il valore dell autenticità.
Io non so se siete d'accordo con me, ma in questo momento della Storia
- faccio un po' di outing, anche della mia vita personale -
sento un drammatico bisogno di autenticità,
cioè di esprimersi per quello che siamo.
Quello che purtroppo, nella vita, talvolta si rischia di perdere.
Non solo crescendo, ma entrando in mondi che ti danno degli schemi
e ti impongono e ti costringono a dire delle cose sì, ma delle altre no.
A dire delle cose sì, in certi contesti, ma in altri no.
E questo poi produce,
a deriva diciamo estrema, il politically correct ,
che ha dominato molto della cultura, prima anglosassone, poi globale,
e su cui ci sarebbe molto da dire
- io sono linguista, forse lo sapete, quindi sono ossessioni professionali -
ma alla fine ci sarebbe molto da dire
su quanto si deve, si può recuperare, attraverso il discorso, l'autenticità.
Ecco: per tutto questo io ho deciso di fare il primo protocollo,