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La coscienza di Zeno - Italo Svevo (Zeno's Conscience), 3.6 La Storia del Mio Matrimonio

3.6 La Storia del Mio Matrimonio

Non era presunzione questa, ma il mio solito ottimismo da cui mai seppi liberarmi. Ogni minaccia di sventura m'atterrisce dapprima, ma subito dopo è dimenticata nella sfiducia più sicura di saper evitarla. Lì, poi, non occorreva che rendere più benevolo il mio giudizio sulle mie capacità di violinista. Nelle arti in genere si sa che il giudizio sicuro risulta dal confronto, che qui mancava. Eppoi il proprio violino echeggia tanto vicino all'orecchio che ha breve la via al cuore. Quando, stanco, smisi di suonare, mi dissi:

— Bravo Zeno, hai guadagnato il tuo pane.

Senz'alcuna esitazione mi recai dai Malfenti. Avevo accettato l'invito ed oramai non potevo mancare. Mi parve di buon augurio che la cameriera m'accogliesse con un sorriso gentile e la domanda se fossi stato male per non esser venuto per tanto tempo. Le diedi una mancia. Per bocca sua tutta la famiglia di cui essa era la rappresentante, mi faceva quella domanda.

Essa mi condusse al salotto ch'era immerso nell'oscurità più profonda. Arrivatovi dalla piena luce dell'anticamera, per un momento non vidi nulla e non osai movermi. Poi scorsi varie figure disposte intorno ad un tavolino, in fondo al salotto, abbastanza lontano da me.

Fui salutato dalla voce di Ada che nell'oscurità mi parve sensuale. Sorridente, una carezza:

— S'accomodi, da quella parte e non turbi gli spiriti! - Se continuava così io non li avrei certamente turbati.

Da un altro punto della periferia del tavolino echeggiò un'altra voce, di Alberta o forse di Augusta:

— Se vuole prendere parte all'evocazione, c'è qui ancora un posticino libero.

Io ero ben risoluto di non lasciarmi mettere in disparte e avanzai risoluto verso il punto donde m'era provenuto il saluto di Ada. Urtai col ginocchio contro lo spigolo di quel tavolino veneziano ch'era tutto spigoli. Ne ebbi un dolore intenso, ma non mi lasciai arrestare e andai a cadere su un sedile offertomi non sapevo da chi, fra due fanciulle di cui una, quella alla mia destra, pensai fosse Ada e l'altra Augusta. Subito, per evitare ogni contatto con questa, mi spinsi verso l'altra. Ebbi però il dubbio che mi sbagliassi e alla vicina di destra domandai per sentirne la voce:

— Aveste già qualche comunicazione dagli spiriti?

Guido, che mi parve sedesse a me di faccia, m'interruppe. Imperiosamente gridò:

— Silenzio!

Poi, più mitemente:

— Raccoglietevi e pensate intensamente al morto che desiderate di evocare.

Io non ho alcun'avversione per i tentativi di qualunque genere di spiare il mondo di là. Ero anzi seccato di non aver introdotto io in casa di Giovanni quel tavolino, giacché vi otteneva tale successo. Ma non mi sentivo di obbedire agli ordini di Guido e perciò non mi raccolsi affatto. Poi m'ero fatti tanti di quei rimproveri per aver permesso che le cose arrivassero a quel punto senz'aver detta una parola chiara con Ada, che giacché avevo la fanciulla accanto, in quell'oscurità tanto favorevole, avrei chiarito tutto. Fui trattenuto solo dalla dolcezza di averla tanto vicina a me dopo di aver temuto di averla perduta per sempre. Intuivo la dolcezza delle stoffe tiepide che sfioravano i miei vestiti e pensavo anche che così stretti l'uno all'altra, il mio toccasse il suo piedino che di sera sapevo vestito di uno stivaletto laccato. Era addirittura troppo dopo un martirio troppo lungo.

Parlò di nuovo Guido:

— Ve ne prego, raccoglietevi. Supplicate ora lo spirito che invocaste di manifestarsi movendo il tavolino.

Mi piaceva ch'egli continuasse ad occuparsi del tavolino. Oramai era evidente che Ada si rassegnava di portare quasi tutto il mio peso! Se non m'avesse amato non m'avrebbe sopportato. Era venuta l'ora della chiarezza. Tolsi la mia destra dal tavolino e pian pianino le posi il braccio alla taglia:

— Io vi amo, Ada! - dissi a bassa voce e avvicinando la mia faccia alla sua per farmi sentire meglio.

La fanciulla non rispose subito. Poi, con un soffio di voce, però quella di Augusta, mi disse:

— Perché non veniste per tanto tempo?

La sorpresa e il dispiacere quasi mi facevano crollare dal mio sedile. Subito sentii che se io dovevo finalmente eliminare quella seccante fanciulla dal mio destino, pure dovevo usarle il riguardo che un buon cavaliere quale son io, deve tributare alla donna che lo ama e sia dessa la più brutta che mai sia stata creata. Come m'amava! Nel mio dolore sentii il suo amore. Non poteva essere altro che l'amore che le aveva suggerito di non dirmi ch'essa non era Ada, ma di farmi la domanda che da Ada avevo attesa invano e che lei invece certo s'era preparata di farmi subito quando m'avesse rivisto.

Seguii un mio istinto e non risposi alla sua domanda, ma, dopo una breve esitazione, le dissi:

— Ho tuttavia piacere di essermi confidato a voi, Augusta, che io credo tanto buona!

Mi rimisi subito in equilibrio sul mio treppiede. Non potevo avere la chiarezza con Ada, ma intanto l'avevo completa con Augusta. Qui non potevano esserci altri malintesi.

Guido ammonì di nuovo:

— Se non volete star zitti, non c'è alcuno scopo di passare qui il nostro tempo all'oscuro!

Egli non lo sapeva, ma io avevo tuttavia bisogno di un po' di oscurità che m'isolasse e mi permettesse di raccogliermi. Avevo scoperto il mio errore e il solo equilibrio che avessi riconquistato era quello sul mio sedile.

Avrei parlato con Ada, ma alla chiara luce. Ebbi il sospetto che alla mia sinistra non ci fosse lei, ma Alberta. Come accertarmene? Il dubbio mi fece quasi cadere a sinistra e, per riconquistare l'equilibrio, mi poggiai sul tavolino. Tutti si misero ad urlare: - Si muove, si muove! - Il mio atto involontario avrebbe potuto condurmi alla chiarezza. Donde veniva la voce di Ada? Ma Guido coprendo con la sua la voce di tutti, impose quel silenzio che io, tanto volentieri, avrei imposto a lui. Poi con voce mutata, supplice (imbecille!) parlò con lo spirito ch'egli credeva presente:

— Te ne prego, di' il tuo nome designandone le lettere in base all'alfabeto nostro!

Egli prevedeva tutto: aveva paura che lo spirito ricordasse l'alfabeto greco.

Io continuai la commedia sempre spiando l'oscurità alla ricerca di Ada. Dopo una lieve esitazione feci alzare il tavolino per sette volte così che la lettera G era acquisita. L'idea mi parve buona e per quanto la U che seguiva costasse innumerevoli movimenti, dettai netto netto il nome di Guido. Non dubito che dettando il suo nome, io non fossi diretto dal desiderio di relegarlo fra gli spiriti.

Quando il nome di Guido fu perfetto, Ada finalmente parlò:

— Qualche vostro antenato? - suggerì. Sedeva proprio accanto a lui. Avrei voluto muovere il tavolino in modo da cacciarlo fra loro due e dividerli.

— Può essere! - disse Guido. Egli credeva di avere degli antenati, ma non mi faceva paura. La sua voce era alterata da una reale emozione che mi diede la gioia che prova uno schermidore quando s'accorge che l'avversario è meno temibile di quanto egli credesse. Non era mica a sangue freddo ch'egli faceva quegli esperimenti. Era un vero imbecille! Tutte le debolezze trovavano facilmente il mio compatimento, ma non la sua.

Poi egli si rivolse allo spirito:

— Se ti chiami Speier fa un movimento solo. Altrimenti movi il tavolino per due volte. - Giacché egli voleva avere degli antenati, lo compiacqui movendo il tavolino per due volte.

— Mio nonno! - mormorò Guido.

Poi la conversazione con lo spirito camminò più rapida. Allo spirito fu domandato se volesse dare delle notizie. Rispose di sì. D'affari od altre? D'affari! Questa risposta fu preferita solo perché per darla bastava movere il tavolo per una volta sola. Guido domandò poi se si trattava di buone o di cattive notizie. Le cattive dovevano essere designate con due movimenti ed io, - questa volta senz'alcun'esitazione, - volli movere il tavolo per due volte. Ma il secondo movimento mi fu contrastato e doveva esserci qualcuno nella compagnia che avrebbe desiderato che le nuove fossero buone. Ada, forse? Per produrre quel secondo movimento mi gettai addirittura sul tavolino e vinsi facilmente! Le notizie erano cattive!

Causa la lotta, il secondo movimento risultò eccessivo e spostò addirittura tutta la compagnia.

— Strano! - mormorò Guido.

Poi, deciso, urlò:

— Basta! Basta! Qui qualcuno si diverte alle nostre spalle!

Fu un comando cui molti nello stesso tempo ubbidirono e il salotto fu subito inondato dalla luce accesa in più punti. Guido mi parve pallido! Ada s'ingannava sul conto di quell'individuo ed io le avrei aperti gli occhi.

Nel salotto, oltre alle tre fanciulle, v'erano la signora Malfenti ed un'altra signora la cui vista m'ispirò imbarazzo e malessere perché credetti fosse la zia Rosina. Per ragioni differenti le due signore ebbero da me un saluto compassato.

Il bello si è ch'ero rimasto al tavolino, solo accanto ad Augusta. Era una nuova compromissione, ma non sapevo rassegnarmi d'accompagnarmi a tutti gli altri che attorniavano Guido, il quale con qualche veemenza spiegava come avesse capito che il tavolo veniva mosso non da uno spirito ma da un malizioso in carne ed ossa. Non Ada, lui stesso aveva tentato di frenare il tavolino fattosi troppo chiacchierino. Diceva:

— Io trattenni il tavolino con tutte le mie forze per impedire che si movesse la seconda volta. Qualcuno dovette addirittura gettarsi su di esso per vincere la mia resistenza.

Bello quel suo spiritismo: uno sforzo potente non poteva provenire da uno spirito!

Guardai la povera Augusta per vedere quale aspetto avesse dopo di aver avuta la mia dichiarazione d'amore per sua sorella. Era molto rossa, ma mi guardava con un sorriso benevolo. Solo allora si decise di confermare d'aver sentita quella dichiarazione:

— Non lo dirò a nessuno! - mi disse a bassa voce.

Ciò mi piacque molto.

— Grazie, - mormorai stringendole la mano non piccola, ma modellata perfettamente. Io ero disposto di diventare un buon amico di Augusta mentre prima di allora ciò non sarebbe stato possibile perché io non so essere l'amico delle persone brutte. Ma sentivo una certa simpatia per la sua taglia che avevo stretta e che avevo trovata più sottile di quanto l'avessi creduta. Anche la sua faccia era discreta, e pareva deforme solo causa quell'occhio che batteva una strada non sua. Avevo certamente esagerata quella deformità ritenendola estesa fino alla coscia.

Avevano fatto portare della limonata per Guido. Mi avvicinai al gruppo che tuttavia l'attorniava e m'imbattei nella signora Malfenti che se ne staccava. Ridendo di gusto le domandai.

— Abbisogna di un cordiale? - Ella ebbe un lieve movimento di disprezzo con le labbra:

— Non sembrerebbe un uomo! - disse chiaramente.

Io mi lusingai che la mia vittoria potesse avere un'importanza decisiva. Ada non poteva pensare altrimenti della madre. La vittoria ebbe subito l'effetto che non poteva mancare in un uomo fatto come son io. Mi sparì ogni rancore e non volli che Guido soffrisse ulteriormente. Certo il mondo sarebbe meno aspro se molti mi somigliassero.

Sedetti a lui da canto e, senza guardare gli altri, gli dissi:

— Dovete scusarmi, signor Guido. Mi sono permesso uno scherzo di cattivo genere. Sono stato io che ho fatto dichiarare al tavolino di essere mosso da uno spirito portante il vostro stesso nome. Non l'avrei fatto se avessi saputo che anche vostro nonno aveva quel nome.

Guido tradì nella sua cera, che si schiarì, come la mia comunicazione fosse importante per lui. Non volle però ammetterlo e mi disse:

— Queste signore sono troppo buone! Io non ho mica bisogno di conforto. La cosa non ha alcun'importanza. Vi ringrazio per la vostra sincerità, ma io avevo già indovinato che qualcuno aveva indossata la parrucca di mio nonno.

Rise, soddisfatto, dicendomi:

— Siete molto robusto, voi! Avrei dovuto indovinare che il tavolo veniva mosso dal solo altro uomo della compagnia.

M'ero dimostrato più forte di lui, infatti, ma presto dovetti sentirmi di lui più debole. Ada mi guardava con occhio poco amico e m'aggredì, le belle guancie infiammate:

— Mi dispiace per voi che abbiate potuto credervi autorizzato ad uno scherzo simile.

Mi mancò il fiato e, balbettando, dissi:

— Volevo ridere! Credevo che nessuno di noi avrebbe presa sul serio quella storia del tavolino.

Era un po' tardi per attaccare Guido ed anzi, se avessi avuto un orecchio sensibile, avrei sentito che, mai più, in una lotta con lui, la vittoria avrebbe potuto essere mia. L'ira che Ada mi dimostrava era ben significativa. Come non intesi ch'essa era già tutta sua? Ma io m'ostinavo nel pensiero ch'egli non la meritava perché non era l'uomo ch'essa cercava col suo occhio serio. Non l'aveva sentito persino la signora Malfenti?

Tutti mi protessero e aggravarono la mia situazione. La zia Rosina aveva tuttavia il grosso corpo vibrante dal ridere e diceva ammirando:

— Magnifica!

Mi spiacque che Guido fosse tanto amichevole. Già, a lui non importava altro che di essere sicuro che le cattive notizie che il tavolino gli aveva date, non fossero state portate da uno spirito. Mi disse:

— Scommetto che dapprima non avete mosso il tavolo di proposito. L'avrete mosso la prima volta senza volerlo, eppoi appena avrete deciso di moverlo con malizia. Così la cosa conserverebbe una certa importanza, cioè soltanto fino al momento in cui non decideste di sabotare la vostra ispirazione.

Ada si volse e mi guardò con curiosità. Essa stava per manifestare a Guido una devozione eccessiva perdonandomi perché Guido m'aveva concesso il suo perdono. Glielo impedii:

— Ma no! - dissi deciso. - Io ero stanco d'aspettare quegli spiriti che non volevano venire e li sostituii per divertirmi.

Ada mi volse le spalle arcuandole in modo ch'ebbi tutto il sentimento d'essere stato schiaffeggiato. Persino i riccioli alla sua nuca mi parve significassero disdegno.

Come sempre, invece che guardare e ascoltare, ero tutt'occupato dal mio proprio pensiero. M'opprimeva il fatto che Ada si comprometteva orribilmente. Ne provavo un forte dolore come dinanzi alla rivelazione che la donna mia mi tradisse. Ad onta di quelle sue manifestazioni d'affetto per Guido, essa tuttavia poteva ancora essere mia, ma sentivo che non le avrei mai perdonato il suo contegno. È il mio pensiero troppo lento per saper seguire gli avvenimenti che si svolgono senz'attendere che nel mio cervello si sieno cancellate le impressioni lasciatevi dagli avvenimenti precedenti? Io dovevo tuttavia movermi sulla via segnatami dal mio proposito. Una vera, una cieca ostinazione. Volli anzi rendere il mio proposito più forte registrandolo un'altra volta. Andai ad Augusta che mi guardava ansiosamente con un sincero sorriso incoraggiante sulla faccia e le dissi serio e accorato:

— È forse l'ultima volta ch'io vengo in casa vostra perché io, questa sera stessa, dichiarerò il mio amore ad Ada.

— Non dovete farlo, - mi disse essa supplice. - Non v'accorgete di quello che qui succede? Mi dispiacerebbe se aveste a soffrirne.

Essa continuava a frapporsi fra me e Ada. Le dissi proprio per farle dispetto:

— Parlerò con Ada perché lo debbo. M'è poi del tutto indifferente quello ch'essa risponderà.

Zoppicai di nuovo verso Guido. Giunto accanto a lui, guardandomi in uno specchio, accesi una sigaretta. Nello specchio mi vidi molto pallido ciò che per me è una ragione per impallidire di più. Lottai per sentirmi meglio ed apparire disinvolto. Nel duplice sforzo la mia mano distratta afferrò il bicchiere di Guido. Una volta afferratolo non seppi far di meglio che vuotarlo.

Guido si mise a ridere:

— Così saprete tutti i miei pensieri perché poco fa ho bevuto anch'io da quel bicchiere.

Il sapore del limone m'è sempre sgradito. Quello dovette apparirmi velenoso addirittura perché, prima di tutto, per aver bevuto dal suo bicchiere a me parve d'aver subito un contatto odioso con Guido eppoi perché fui colpito nello stesso tempo dall'espressione d'impazienza iraconda che si stampò sulla faccia di Ada. Chiamò subito la cameriera per ordinarle un altro bicchiere di limonata e insistette nel suo ordine ad onta che Guido dichiarasse di non aver più sete.

Allora fui veramente compassionevole. Essa si comprometteva sempre più.

— Scusatemi, Ada, - le dissi sommessamente e guardandola come se mi fossi aspettata qualche spiegazione. - Io non volevo spiacervi.

Poi fui invaso dal timore che i miei occhi si bagnassero di lagrime. Volli salvarmi dal ridicolo. Gridai:

— Mi sono spruzzato del limone nell'occhio.

Mi coprii gli occhi col fazzoletto e perciò non ebbi più bisogno di sorvegliare le mie lagrime e bastò che badassi a non singhiozzare.


3.6 La Storia del Mio Matrimonio 3.6 Die Geschichte meiner Ehe 3.6 The Story of My Marriage 3.6 L'histoire de mon mariage 3.6 A história do meu casamento

Non era presunzione questa, ma il mio solito ottimismo da cui mai seppi liberarmi. Ogni minaccia di sventura m'atterrisce dapprima, ma subito dopo è dimenticata nella sfiducia più sicura di saper evitarla. Lì, poi, non occorreva che rendere più benevolo il mio giudizio sulle mie capacità di violinista. Nelle arti in genere si sa che il giudizio sicuro risulta dal confronto, che qui mancava. Eppoi il proprio violino echeggia tanto vicino all'orecchio che ha breve la via al cuore. Quando, stanco, smisi di suonare, mi dissi:

— Bravo Zeno, hai guadagnato il tuo pane.

Senz'alcuna esitazione mi recai dai Malfenti. Avevo accettato l'invito ed oramai non potevo mancare. Mi parve di buon augurio che la cameriera m'accogliesse con un sorriso gentile e la domanda se fossi stato male per non esser venuto per tanto tempo. Le diedi una mancia. Per bocca sua tutta la famiglia di cui essa era la rappresentante, mi faceva quella domanda.

Essa mi condusse al salotto ch'era immerso nell'oscurità più profonda. Arrivatovi dalla piena luce dell'anticamera, per un momento non vidi nulla e non osai movermi. Poi scorsi varie figure disposte intorno ad un tavolino, in fondo al salotto, abbastanza lontano da me.

Fui salutato dalla voce di Ada che nell'oscurità mi parve sensuale. Sorridente, una carezza:

— S'accomodi, da quella parte e non turbi gli spiriti! - Se continuava così io non li avrei certamente turbati.

Da un altro punto della periferia del tavolino echeggiò un'altra voce, di Alberta o forse di Augusta:

— Se vuole prendere parte all'evocazione, c'è qui ancora un posticino libero.

Io ero ben risoluto di non lasciarmi mettere in disparte e avanzai risoluto verso il punto donde m'era provenuto il saluto di Ada. Urtai col ginocchio contro lo spigolo di quel tavolino veneziano ch'era tutto spigoli. Ne ebbi un dolore intenso, ma non mi lasciai arrestare e andai a cadere su un sedile offertomi non sapevo da chi, fra due fanciulle di cui una, quella alla mia destra, pensai fosse Ada e l'altra Augusta. Subito, per evitare ogni contatto con questa, mi spinsi verso l'altra. Ebbi però il dubbio che mi sbagliassi e alla vicina di destra domandai per sentirne la voce:

— Aveste già qualche comunicazione dagli spiriti?

Guido, che mi parve sedesse a me di faccia, m'interruppe. Imperiosamente gridò:

— Silenzio!

Poi, più mitemente:

— Raccoglietevi e pensate intensamente al morto che desiderate di evocare.

Io non ho alcun'avversione per i tentativi di qualunque genere di spiare il mondo di là. Ero anzi seccato di non aver introdotto io in casa di Giovanni quel tavolino, giacché vi otteneva tale successo. Ma non mi sentivo di obbedire agli ordini di Guido e perciò non mi raccolsi affatto. Poi m'ero fatti tanti di quei rimproveri per aver permesso che le cose arrivassero a quel punto senz'aver detta una parola chiara con Ada, che giacché avevo la fanciulla accanto, in quell'oscurità tanto favorevole, avrei chiarito tutto. Fui trattenuto solo dalla dolcezza di averla tanto vicina a me dopo di aver temuto di averla perduta per sempre. Intuivo la dolcezza delle stoffe tiepide che sfioravano i miei vestiti e pensavo anche che così stretti l'uno all'altra, il mio toccasse il suo piedino che di sera sapevo vestito di uno stivaletto laccato. Era addirittura troppo dopo un martirio troppo lungo.

Parlò di nuovo Guido:

— Ve ne prego, raccoglietevi. - Please, gather yourself. Supplicate ora lo spirito che invocaste di manifestarsi movendo il tavolino.

Mi piaceva ch'egli continuasse ad occuparsi del tavolino. I liked that he continued to take care of the table. Oramai era evidente che Ada si rassegnava di portare quasi tutto il mio peso! Se non m'avesse amato non m'avrebbe sopportato. Era venuta l'ora della chiarezza. Tolsi la mia destra dal tavolino e pian pianino le posi il braccio alla taglia:

— Io vi amo, Ada! - dissi a bassa voce e avvicinando la mia faccia alla sua per farmi sentire meglio.

La fanciulla non rispose subito. Poi, con un soffio di voce, però quella di Augusta, mi disse:

— Perché non veniste per tanto tempo?

La sorpresa e il dispiacere quasi mi facevano crollare dal mio sedile. Subito sentii che se io dovevo finalmente eliminare quella seccante fanciulla dal mio destino, pure dovevo usarle il riguardo che un buon cavaliere quale son io, deve tributare alla donna che lo ama e sia dessa la più brutta che mai sia stata creata. Come m'amava! Nel mio dolore sentii il suo amore. Non poteva essere altro che l'amore che le aveva suggerito di non dirmi ch'essa non era Ada, ma di farmi la domanda che da Ada avevo attesa invano e che lei invece certo s'era preparata di farmi subito quando m'avesse rivisto.

Seguii un mio istinto e non risposi alla sua domanda, ma, dopo una breve esitazione, le dissi:

— Ho tuttavia piacere di essermi confidato a voi, Augusta, che io credo tanto buona!

Mi rimisi subito in equilibrio sul mio treppiede. Non potevo avere la chiarezza con Ada, ma intanto l'avevo completa con Augusta. Qui non potevano esserci altri malintesi. There could be no other misunderstandings here.

Guido ammonì di nuovo:

— Se non volete star zitti, non c'è alcuno scopo di passare qui il nostro tempo all'oscuro!

Egli non lo sapeva, ma io avevo tuttavia bisogno di un po' di oscurità che m'isolasse e mi permettesse di raccogliermi. Avevo scoperto il mio errore e il solo equilibrio che avessi riconquistato era quello sul mio sedile.

Avrei parlato con Ada, ma alla chiara luce. Ebbi il sospetto che alla mia sinistra non ci fosse lei, ma Alberta. Come accertarmene? Il dubbio mi fece quasi cadere a sinistra e, per riconquistare l'equilibrio, mi poggiai sul tavolino. Tutti si misero ad urlare: - Si muove, si muove! - Il mio atto involontario avrebbe potuto condurmi alla chiarezza. Donde veniva la voce di Ada? Ma Guido coprendo con la sua la voce di tutti, impose quel silenzio che io, tanto volentieri, avrei imposto a lui. Poi con voce mutata, supplice (imbecille!) parlò con lo spirito ch'egli credeva presente:

— Te ne prego, di' il tuo nome designandone le lettere in base all'alfabeto nostro!

Egli prevedeva tutto: aveva paura che lo spirito ricordasse l'alfabeto greco.

Io continuai la commedia sempre spiando l'oscurità alla ricerca di Ada. Dopo una lieve esitazione feci alzare il tavolino per sette volte così che la lettera G era acquisita. L'idea mi parve buona e per quanto la U che seguiva costasse innumerevoli movimenti, dettai netto netto il nome di Guido. Non dubito che dettando il suo nome, io non fossi diretto dal desiderio di relegarlo fra gli spiriti.

Quando il nome di Guido fu perfetto, Ada finalmente parlò:

— Qualche vostro antenato? - suggerì. Sedeva proprio accanto a lui. Avrei voluto muovere il tavolino in modo da cacciarlo fra loro due e dividerli.

— Può essere! - disse Guido. Egli credeva di avere degli antenati, ma non mi faceva paura. La sua voce era alterata da una reale emozione che mi diede la gioia che prova uno schermidore quando s'accorge che l'avversario è meno temibile di quanto egli credesse. Non era mica a sangue freddo ch'egli faceva quegli esperimenti. Era un vero imbecille! Tutte le debolezze trovavano facilmente il mio compatimento, ma non la sua.

Poi egli si rivolse allo spirito:

— Se ti chiami Speier fa un movimento solo. Altrimenti movi il tavolino per due volte. - Giacché egli voleva avere degli antenati, lo compiacqui movendo il tavolino per due volte.

— Mio nonno! - mormorò Guido.

Poi la conversazione con lo spirito camminò più rapida. Allo spirito fu domandato se volesse dare delle notizie. Rispose di sì. D'affari od altre? D'affari! Questa risposta fu preferita solo perché per darla bastava movere il tavolo per una volta sola. Guido domandò poi se si trattava di buone o di cattive notizie. Le cattive dovevano essere designate con due movimenti ed io, - questa volta senz'alcun'esitazione, - volli movere il tavolo per due volte. Ma il secondo movimento mi fu contrastato e doveva esserci qualcuno nella compagnia che avrebbe desiderato che le nuove fossero buone. Ada, forse? Per produrre quel secondo movimento mi gettai addirittura sul tavolino e vinsi facilmente! Le notizie erano cattive!

Causa la lotta, il secondo movimento risultò eccessivo e spostò addirittura tutta la compagnia. Due to the struggle, the second movement was excessive and even moved the whole company.

— Strano! - mormorò Guido.

Poi, deciso, urlò:

— Basta! Basta! Qui qualcuno si diverte alle nostre spalle! Here someone is having fun behind us!

Fu un comando cui molti nello stesso tempo ubbidirono e il salotto fu subito inondato dalla luce accesa in più punti. Guido mi parve pallido! Ada s'ingannava sul conto di quell'individuo ed io le avrei aperti gli occhi.

Nel salotto, oltre alle tre fanciulle, v'erano la signora Malfenti ed un'altra signora la cui vista m'ispirò imbarazzo e malessere perché credetti fosse la zia Rosina. Per ragioni differenti le due signore ebbero da me un saluto compassato.

Il bello si è ch'ero rimasto al tavolino, solo accanto ad Augusta. Era una nuova compromissione, ma non sapevo rassegnarmi d'accompagnarmi a tutti gli altri che attorniavano Guido, il quale con qualche veemenza spiegava come avesse capito che il tavolo veniva mosso non da uno spirito ma da un malizioso in carne ed ossa. Non Ada, lui stesso aveva tentato di frenare il tavolino fattosi troppo chiacchierino. Diceva:

— Io trattenni il tavolino con tutte le mie forze per impedire che si movesse la seconda volta. Qualcuno dovette addirittura gettarsi su di esso per vincere la mia resistenza.

Bello quel suo spiritismo: uno sforzo potente non poteva provenire da uno spirito!

Guardai la povera Augusta per vedere quale aspetto avesse dopo di aver avuta la mia dichiarazione d'amore per sua sorella. Era molto rossa, ma mi guardava con un sorriso benevolo. Solo allora si decise di confermare d'aver sentita quella dichiarazione:

— Non lo dirò a nessuno! - mi disse a bassa voce.

Ciò mi piacque molto.

— Grazie, - mormorai stringendole la mano non piccola, ma modellata perfettamente. Io ero disposto di diventare un buon amico di Augusta mentre prima di allora ciò non sarebbe stato possibile perché io non so essere l'amico delle persone brutte. Ma sentivo una certa simpatia per la sua taglia che avevo stretta e che avevo trovata più sottile di quanto l'avessi creduta. Anche la sua faccia era discreta, e pareva deforme solo causa quell'occhio che batteva una strada non sua. Avevo certamente esagerata quella deformità ritenendola estesa fino alla coscia. I had certainly exaggerated that deformity by considering it extended to the thigh.

Avevano fatto portare della limonata per Guido. Mi avvicinai al gruppo che tuttavia l'attorniava e m'imbattei nella signora Malfenti che se ne staccava. Ridendo di gusto le domandai.

— Abbisogna di un cordiale? - Ella ebbe un lieve movimento di disprezzo con le labbra:

— Non sembrerebbe un uomo! - disse chiaramente.

Io mi lusingai che la mia vittoria potesse avere un'importanza decisiva. Ada non poteva pensare altrimenti della madre. La vittoria ebbe subito l'effetto che non poteva mancare in un uomo fatto come son io. Mi sparì ogni rancore e non volli che Guido soffrisse ulteriormente. Certo il mondo sarebbe meno aspro se molti mi somigliassero.

Sedetti a lui da canto e, senza guardare gli altri, gli dissi:

— Dovete scusarmi, signor Guido. Mi sono permesso uno scherzo di cattivo genere. Sono stato io che ho fatto dichiarare al tavolino di essere mosso da uno spirito portante il vostro stesso nome. Non l'avrei fatto se avessi saputo che anche vostro nonno aveva quel nome.

Guido tradì nella sua cera, che si schiarì, come la mia comunicazione fosse importante per lui. Guido betrayed in his wax, which cleared, how my communication was important to him. Non volle però ammetterlo e mi disse:

— Queste signore sono troppo buone! Io non ho mica bisogno di conforto. I don't need comfort. La cosa non ha alcun'importanza. Vi ringrazio per la vostra sincerità, ma io avevo già indovinato che qualcuno aveva indossata la parrucca di mio nonno.

Rise, soddisfatto, dicendomi:

— Siete molto robusto, voi! Avrei dovuto indovinare che il tavolo veniva mosso dal solo altro uomo della compagnia.

M'ero dimostrato più forte di lui, infatti, ma presto dovetti sentirmi di lui più debole. Ada mi guardava con occhio poco amico e m'aggredì, le belle guancie infiammate: Ada looked at me with an unfriendly eye and attacked me, her beautiful cheeks inflamed:

— Mi dispiace per voi che abbiate potuto credervi autorizzato ad uno scherzo simile.

Mi mancò il fiato e, balbettando, dissi: I ran out of breath and, stammering, I said:

— Volevo ridere! Credevo che nessuno di noi avrebbe presa sul serio quella storia del tavolino.

Era un po' tardi per attaccare Guido ed anzi, se avessi avuto un orecchio sensibile, avrei sentito che, mai più, in una lotta con lui, la vittoria avrebbe potuto essere mia. L'ira che Ada mi dimostrava era ben significativa. Come non intesi ch'essa era già tutta sua? Ma io m'ostinavo nel pensiero ch'egli non la meritava perché non era l'uomo ch'essa cercava col suo occhio serio. Non l'aveva sentito persino la signora Malfenti?

Tutti mi protessero e aggravarono la mia situazione. La zia Rosina aveva tuttavia il grosso corpo vibrante dal ridere e diceva ammirando:

— Magnifica!

Mi spiacque che Guido fosse tanto amichevole. Già, a lui non importava altro che di essere sicuro che le cattive notizie che il tavolino gli aveva date, non fossero state portate da uno spirito. Mi disse:

— Scommetto che dapprima non avete mosso il tavolo di proposito. L'avrete mosso la prima volta senza volerlo, eppoi appena avrete deciso di moverlo con malizia. Così la cosa conserverebbe una certa importanza, cioè soltanto fino al momento in cui non decideste di sabotare la vostra ispirazione.

Ada si volse e mi guardò con curiosità. Ada turned and looked at me curiously. Essa stava per manifestare a Guido una devozione eccessiva perdonandomi perché Guido m'aveva concesso il suo perdono. Glielo impedii: I prevented him:

— Ma no! - dissi deciso. - Io ero stanco d'aspettare quegli spiriti che non volevano venire e li sostituii per divertirmi.

Ada mi volse le spalle arcuandole in modo ch'ebbi tutto il sentimento d'essere stato schiaffeggiato. Persino i riccioli alla sua nuca mi parve significassero disdegno. Even the curls at the back of her neck seemed to me to mean disdain.

Come sempre, invece che guardare e ascoltare, ero tutt'occupato dal mio proprio pensiero. M'opprimeva il fatto che Ada si comprometteva orribilmente. Ne provavo un forte dolore come dinanzi alla rivelazione che la donna mia mi tradisse. Ad onta di quelle sue manifestazioni d'affetto per Guido, essa tuttavia poteva ancora essere mia, ma sentivo che non le avrei mai perdonato il suo contegno. È il mio pensiero troppo lento per saper seguire gli avvenimenti che si svolgono senz'attendere che nel mio cervello si sieno cancellate le impressioni lasciatevi dagli avvenimenti precedenti? Io dovevo tuttavia movermi sulla via segnatami dal mio proposito. Una vera, una cieca ostinazione. Volli anzi rendere il mio proposito più forte registrandolo un'altra volta. Andai ad Augusta che mi guardava ansiosamente con un sincero sorriso incoraggiante sulla faccia e le dissi serio e accorato:

— È forse l'ultima volta ch'io vengo in casa vostra perché io, questa sera stessa, dichiarerò il mio amore ad Ada.

— Non dovete farlo, - mi disse essa supplice. - Non v'accorgete di quello che qui succede? Mi dispiacerebbe se aveste a soffrirne.

Essa continuava a frapporsi fra me e Ada. Le dissi proprio per farle dispetto:

— Parlerò con Ada perché lo debbo. M'è poi del tutto indifferente quello ch'essa risponderà.

Zoppicai di nuovo verso Guido. I limped back to Guido. Giunto accanto a lui, guardandomi in uno specchio, accesi una sigaretta. Nello specchio mi vidi molto pallido ciò che per me è una ragione per impallidire di più. Lottai per sentirmi meglio ed apparire disinvolto. Nel duplice sforzo la mia mano distratta afferrò il bicchiere di Guido. Una volta afferratolo non seppi far di meglio che vuotarlo.

Guido si mise a ridere:

— Così saprete tutti i miei pensieri perché poco fa ho bevuto anch'io da quel bicchiere.

Il sapore del limone m'è sempre sgradito. Quello dovette apparirmi velenoso addirittura perché, prima di tutto, per aver bevuto dal suo bicchiere a me parve d'aver subito un contatto odioso con Guido eppoi perché fui colpito nello stesso tempo dall'espressione d'impazienza iraconda che si stampò sulla faccia di Ada. Chiamò subito la cameriera per ordinarle un altro bicchiere di limonata e insistette nel suo ordine ad onta che Guido dichiarasse di non aver più sete. She immediately called the waitress to order her another glass of lemonade and insisted on her order, even though Guido declared that he was no longer thirsty.

Allora fui veramente compassionevole. Essa si comprometteva sempre più.

— Scusatemi, Ada, - le dissi sommessamente e guardandola come se mi fossi aspettata qualche spiegazione. - Io non volevo spiacervi. - I didn't mean to displease you.

Poi fui invaso dal timore che i miei occhi si bagnassero di lagrime. Volli salvarmi dal ridicolo. Gridai:

— Mi sono spruzzato del limone nell'occhio.

Mi coprii gli occhi col fazzoletto e perciò non ebbi più bisogno di sorvegliare le mie lagrime e bastò che badassi a non singhiozzare. I covered my eyes with a handkerchief and therefore I no longer needed to keep an eye on my tears and it was enough for me to be careful not to sob.