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"Il fu Mattia Pascal" di Luigi Pirandello, IV - Fu così (Seconda parte)

IV - Fu così (Seconda parte)

IV: Fu così (Seconda parte)

Le pareti della stanza eran quasi tutte tappezzate di vecchie e non brutte stampe, di cui il Malagna volle farmi ammirare qualcuna, dicendomi ch'erano opera di Francesco Antonio Pescatore, suo cugino, valentissimo incisore (morto pazzo, a Torino, - aggiunse piano), del quale volle anche mostrarmi il ritratto.

- Eseguito con le proprie mani, da sé, davanti allo specchio.

Ora io, guardando Romilda e poi la madre, avevo poc'anzi pensato: « Somiglierà al padre! ». Adesso, di fronte al ritratto di questo, non sapevo più che pensare.

Non voglio arrischiare supposizioni oltraggiose. Stimo, è vero, Marianna Dondi, vedova Pescatore, capace di tutto; ma come immaginare un uomo, e per giunta bello, capace d'essersi innamorato di lei? Tranne che non fosse stato un pazzo più pazzo del marito.

Riferii a Mino le impressioni di quella prima visita. Gli parlai di Romilda con tal calore d'ammirazione, ch'egli subito se ne accese, felicissimo che anche a me fosse tanto piaciuta e d'aver la mia approvazione.

Io allora gli domandai che intenzioni avesse: la madre, sì, aveva tutta l'aria d'essere una strega; ma la figliuola, ci avrei giurato, era onesta. Nessun dubbio su le mire infami del Malagna; bisognava dunque, a ogni costo, al più presto, salvare la ragazza.

- E come? - mi domandò Pomino, che pendeva affascinato dalle mie labbra.

- Come? Vedremo. Bisognerà prima di tutto accertarsi di tante cose; andare in fondo; studiar bene. Capirai, non si può mica prendere una risoluzione così su due piedi. Lascia fare a me: t'ajuterò. Codesta avventura mi piace.

- Eh... ma... - obbiettò allora Pomino, timidamente, cominciando a sentirsi sulle spine nel vedermi così infatuato. - Tu diresti forse... sposarla?

- Non dico nulla, io, per adesso. Hai paura, forse?

- No, perché?

- Perché ti vedo correre troppo. Piano piano, e rifletti. Se veniamo a conoscere ch'ella è davvero come dovrebbe essere: buona, saggia, virtuosa (bella è, non c'è dubbio, e ti piace, non è vero?) - oh! poniamo ora che veramente ella sia esposta, per la nequizia della madre e di quell'altra canaglia, a un pericolo gravissimo, a uno scempio, a un mercato infame: proveresti ritegno innanzi a un atto meritorio, a un'opera santa, di salvazione?

- Io no... no! - fece Pomino. - Ma... mio padre?

- S'opporrebbe? Per qual ragione? Per la dote, è vero? Non per altro! Perché ella, sai? è figlia d'un artista, d'un valentissimo incisore, morto... sì, morto bene, insomma, a Torino... Ma tuo padre è ricco, e non ha che te solo: ti può dunque contentare, senza badare alla dote! Che se poi, con le buone, non riesci a vincerlo, niente paura: un bel volo dal nido, e s'aggiusta ogni cosa. Pomino, hai il cuore di stoppa?

Pomino rise, e io allora gli dimostrai quattro e quattr'otto che egli era nato marito, come si nasce poeta. Gli descrissi a vivi colori, seducentissimi, la felicità della vita coniugale con la sua Romilda; l'affetto, le cure, la gratitudine ch'ella avrebbe avuto per lui, suo salvatore. E, per concludere:

- Tu ora, - gli dissi, - devi trovare il modo e la maniera di farti notare da lei e di parlarle o di scriverle. Vedi, in questo momento, forse, una tua lettera potrebbe essere per lei, assediata da quel ragno, un'àncora di salvezza. Io intanto frequenterò la casa; starò a vedere; cercherò di cogliere l'occasione di presentarti. Siamo intesi?

- Intesi.

Perché mostravo tanta smania di maritar Romilda? - Per niente. Ripeto: per il gusto di stordire Pomino. Parlavo e parlavo, e tutte le difficoltà sparivano. Ero impetuoso, e prendevo tutto alla leggera. Forse per questo, allora, le donne mi amavano, non ostante quel mio occhio un po' sbalestrato e il mio corpo da pezzo da catasta. Questa volta, però, - debbo dirlo - la mia foga proveniva anche dal desiderio di sfondare la trista ragna ordita da quel laido vecchio, e farlo restare con un palmo di naso; dal pensiero della povera Oliva; e anche - perché no? - dalla speranza di fare un bene a quella ragazza che veramente mi aveva fatto una grande impressione.

Che colpa ho io se Pomino eseguì con troppa timidezza le mie prescrizioni? che colpa ho io se Romilda, invece d'innamorarsi di Pomino, s'innamorò di me, che pur le parlavo sempre di lui? che colpa, infine, se la perfidia di Marianna Dondi, vedova Pescatore, giunse fino a farmi credere ch'io con la mia arte, in poco tempo, fossi riuscito a vincere la diffidenza di lei e a fare anche un miracolo: quello di farla ridere più d'una volta, con le mie uscite balzane? Le vidi a poco a poco ceder le armi; mi vidi accolto bene; pensai che, con un giovanotto lì per casa, ricco (io mi credevo ancora ricco) e che dava non dubbii segni di essere innamorato della figlia, ella avesse finalmente smesso la sua iniqua idea, se pure le fosse mai passata per il capo. Ecco: ero giunto finalmente a dubitarne!

Avrei dovuto, è vero, badare al fatto che non m'era più avvenuto d'incontrarmi col Malagna in casa di lei, e che poteva non esser senza ragione ch'ella mi ricevesse soltanto di mattina. Ma chi ci badava? Era, del resto, naturale, poiché io ogni volta, per aver maggior libertà, proponevo gite in campagna, che si fanno più volentieri di mattina. Mi ero poi innamorato anch'io di Romilda, pur seguitando sempre a parlarle dell'amore di Pomino; innamorato come un matto di quegli occhi belli, di quel nasino, di quella bocca, di tutto, finanche d'un piccolo porro ch'ella aveva sulla nuca, ma finanche d'una cicatrice quasi invisibile in una mano, che le baciavo e le baciavo e le baciavo... per conto di Pomino, perdutamente.

Eppure, forse, non sarebbe accaduto nulla di grave, se una mattina Romilda (eravamo alla Stìa e avevamo lasciato la madre ad ammirare il molino), tutt'a un tratto, smettendo lo scherzo troppo ormai prolungato sul suo timido amante lontano, non avesse avuto un'improvvisa convulsione di pianto e non m'avesse buttato le braccia al collo, scongiurandomi tutta tremante che avessi pietà di lei; me la togliessi comunque, purché via lontano, lontano dalla sua casa, lontano da quella sua madraccia, da tutti subito, subito, subito...

Lontano? Come potevo così subito condurla via lontano?

Dopo, sì, per parecchi giorni, ancora ebbro di lei, cercai il modo, risoluto a tutto, onestamente. E già cominciavo a predisporre mia madre alla notizia del mio prossimo matrimonio, ormai inevitabile, per debito di coscienza, quando, senza saper perché, mi vidi arrivare una lettera secca secca di Romilda, che mi diceva di non occuparmi più di lei in alcun modo e di non recarmi mai più in casa sua, considerando come finita per sempre la nostra relazione.

Ah sì? E come? Che era avvenuto?

Lo stesso giorno Oliva corse piangendo in casa nostra ad annunziare alla mamma ch'ella era la donna più infelice di questo mondo, che la pace della sua casa era per sempre distrutta. Il suo uomo era riuscito a far la prova che non mancava per lui aver figliuoli; era venuto ad annunziarglielo, trionfante.

Ero presente a questa scena. Come abbia fatto a frenarmi lì per lì, non so. Mi trattenne il rispetto per la mamma. Soffocato dall'ira, dalla nausea, scappai a chiudermi in camera, e solo, con le mani tra i capelli, cominciai a domandarmi come mai Romilda, dopo quanto era avvenuto fra noi, si fosse potuta prestare a tanta ignominia! Ah, degna figlia della madre! Non il vecchio soltanto avevano entrambe vilissimamente ingannato, ma anche me, anche me! E, come la madre, anche lei dunque si era servita di me, vituperosamente, per il suo fine infame, per la sua ladra voglia! E quella povera Oliva, intanto! Rovinata, rovinata...

Prima di sera uscii, ancor tutto fremente, diretto alla casa d'Oliva. Avevo con me, in tasca, la lettera di Romilda.

Oliva, in lagrime, raccoglieva le sue robe: voleva tornare dal suo babbo, a cui finora, per prudenza, non aveva fatto neppure un cenno di quanto le era toccato a soffrire.

- Ma, ormai, che sto più a farci? - mi disse. - È finita! Se si fosse almeno messo con qualche altra, forse...

- Ah tu sai dunque, - le domandai, - con chi s'è messo ?

Chinò più volte il capo, tra i singhiozzi, e si nascose la faccia tra le mani.

- Una ragazza! - esclamò poi, levando le braccia. E la madre! la madre! la madre! D'accordo, capisci? La propria madre!

- Lo dici a me? - feci io. - Tieni: leggi.

E le porsi la lettera.

Oliva la guardò, come stordita; la prese e mi do mandò:

- Che vuol dire?

Sapeva leggere appena. Con lo sguardo mi chiese se fosse proprio necessario ch'ella facesse quello sforzo, in quel momento.

- Leggi, - insistetti io.

E allora ella si asciugò gli occhi, spiegò il foglio e si mise a interpretar la scrittura, pian piano, sillabando. Dopo le prime parole, corse con gli occhi alla firma, e mi guardò, sgranando gli occhi:

- Tu?

- Da' qua, - le dissi, - te la leggo io, per intero. Ma ella si strinse la carta contro il seno:

- No! - gridò. - Non te la do più! Questa ora mi serve!

- E a che potrebbe servirti? - le domandai, sorridendo amaramente. - Vorresti mostrargliela? Ma in tutta codesta lettera non c'è una parola per cui tuo marito potrebbe non credere più a ciò che egli invece è felicissimo di credere. Te l'hanno accalappiato bene, va' là! - Ah, è vero! è vero! - gemette Oliva. - Mi è venuto con le mani in faccia, gridandomi che mi fossi guardata bene dal metter in dubbio l'onorabilità di sua nipote!

- E dunque? - dissi io, ridendo acre. - Vedi? Tu non puoi più ottener nulla negando. Te ne devi guardar bene! Devi anzi dirgli di sì, che è vero, verissimo ch'egli può aver figliuoli... comprendi?

Ora perché mai, circa un mese dopo, Malagna picchiò, furibondo, la moglie, e, con la schiuma ancora alla bocca, si precipitò in casa mia, gridando che esigeva subito una riparazione perché io gli avevo disonorata, rovinata una nipote, una povera orfana? Soggiunse che, per non fare uno scandalo, egli avrebbe voluto tacere. Per pietà di quella poveretta, non avendo egli figliuoli, aveva anzi risoluto di tenersi quella creatura, quando sarebbe nata, come sua. Ma ora che Dio finalmente gli aveva voluto dare la consolazione d'aver un figliuolo legittimo, lui, dalla propria moglie , non poteva, non poteva più, in coscienza, fare anche da padre a quell'altro che sarebbe nato da sua nipote.

- Mattia provveda! Mattia ripari! - concluse, congestionato dal furore. - E subito! Mi si obbedisca subito! E non mi si costringa a dire di più, o a fare qualche sproposito!

Ragioniamo un po', arrivati a questo punto. Io n'ho viste di tutti i colori. Passare anche per imbecille o per... peggio, non sarebbe, in fondo, per me, un gran guajo. Già - ripeto - son come fuori della vita, e non m'importa più di nulla. Se dunque, arrivato a questo punto, voglio ragionare, è soltanto per la logica.

Mi sembra evidente che Romilda non ha dovuto far nulla di male, almeno per indurre in inganno lo zio. Altrimenti, perché Malagna avrebbe subito a suon di busse rinfacciato alla moglie il tradimento e incolpato me presso mia madre d'aver recato oltraggio alla nipote?

Romilda infatti sostiene che, poco dopo quella nostra gita alla Stìa , sua madre, avendo ricevuto da lei la confessione dell'amore che ormai la legava a me indissolubilmente, montata su tutte le furie, le aveva gridato in faccia che mai e poi mai avrebbe acconsentito a farle sposare uno scioperato, già quasi all'orlo del precipizio. Ora, poiché da sé, ella, aveva recato a se stessa il peggior male che a una fanciulla possa capitare, non restava più a lei, madre previdente, che di trarre da questo male il miglior partito. Quale fosse, era facile intendere. Venuto, al- l'ora solita, il Malagna, ella andò via, con una scusa, e la lasciò sola con lo zio. E allora, lei, Romilda, piangendo - dice - a calde lagrime, si gittò ai piedi di lui, gli fece intendere la sua sciagura e ciò che la madre avrebbe preteso da lei; lo pregò d'interporsi, d'indurre la madre a più onesti consigli, poiché ella era già d'un altro, a cui voleva serbarsi fedele.

Malagna s'intenerì - ma fino a un certo segno. Le disse che ella era ancor minorenne, e perciò sotto la potestà della madre, la quale, volendo, avrebbe potuto anche agire contro di me, giudiziariamente; che anche lui, in coscienza, non avrebbe saputo approvare un matrimonio con un discolo della mia forza, sciupone e senza cervello, e che non avrebbe potuto perciò consigliarlo alla madre; le disse che al giusto e naturale sdegno materno bisognava che lei sacrificasse pure qualche cosa, che sarebbe poi stata, del resto, la sua fortuna; e concluse che egli non avrebbe potuto infine far altro che provvedere - a patto però che si fosse serbato con tutti il massimo segreto - provvedere al nascituro, fargli da padre, ecco, giacché egli non aveva figliuoli e ne desiderava tanto e da tanto tempo uno.

Si può essere - domando io - più onesti di così?

Ecco qua: tutto quello che aveva rubato al padre egli lo avrebbe rimesso al figliuolo nascituro.

Che colpa ha lui, se io, - poi, - ingrato e sconoscente, andai a guastargli le uova nel paniere?

Due, no! eh, due, no, perbacco!

Gli parvero troppi, forse perché avendo già Roberto, com'ho detto, contratto un matrimonio vantaggioso, stimò che non lo avesse danneggiato tanto, da dover rendere anche per lui.

In conclusione, si vede che - capitato in mezzo a così brava gente - tutto il male lo avevo fatto io. E dovevo dunque scontarlo.

Mi ricusai dapprima, sdegnosamente. Poi, per le preghiere di mia madre, che già vedeva la rovina della nostra casa e sperava ch'io potessi in qualche modo salvarmi, sposando la nipote di quel suo nemico, cedetti e sposai.

Mi pendeva, tremenda, sul capo l'ira di Marianna Dondi, vedova Pescatore.


IV - Fu così (Seconda parte)

IV: Fu così (Seconda parte)

Le pareti della stanza eran quasi tutte tappezzate di vecchie e non brutte stampe, di cui il Malagna volle farmi ammirare qualcuna, dicendomi ch’erano opera di Francesco Antonio Pescatore, suo cugino, valentissimo incisore (morto pazzo, a Torino, - aggiunse piano), del quale volle anche mostrarmi il ritratto.

- Eseguito con le proprie mani, da sé, davanti allo specchio.

Ora io, guardando Romilda e poi la madre, avevo poc’anzi pensato: « Somiglierà al padre! ». Adesso, di fronte al ritratto di questo, non sapevo più che pensare.

Non voglio arrischiare supposizioni oltraggiose. Stimo, è vero, Marianna Dondi, vedova Pescatore, capace di tutto; ma come immaginare un uomo, e per giunta bello, capace d’essersi innamorato di lei? Tranne che non fosse stato un pazzo più pazzo del marito. Except that he wasn't a crazier fool than her husband.

Riferii a Mino le impressioni di quella prima visita. Gli parlai di Romilda con tal calore d’ammirazione, ch’egli subito se ne accese, felicissimo che anche a me fosse tanto piaciuta e d’aver la mia approvazione.

Io allora gli domandai che intenzioni avesse: la madre, sì, aveva tutta l’aria d’essere una strega; ma la figliuola, ci avrei giurato, era onesta. Nessun dubbio su le mire infami del Malagna; bisognava dunque, a ogni costo, al più presto, salvare la ragazza.

- E come? - mi domandò Pomino, che pendeva affascinato dalle mie labbra.

- Come? Vedremo. Bisognerà prima di tutto accertarsi di tante cose; andare in fondo; studiar bene. Capirai, non si può mica prendere una risoluzione così su due piedi. Lascia fare a me: t’ajuterò. Codesta avventura mi piace.

- Eh... ma... - obbiettò allora Pomino, timidamente, cominciando a sentirsi sulle spine nel vedermi così infatuato. - Tu diresti forse... sposarla?

- Non dico nulla, io, per adesso. Hai paura, forse?

- No, perché?

- Perché ti vedo correre troppo. Piano piano, e rifletti. Se veniamo a conoscere ch’ella è davvero come dovrebbe essere: buona, saggia, virtuosa (bella è, non c’è dubbio, e ti piace, non è vero?) - oh! poniamo ora che veramente ella sia esposta, per la nequizia della madre e di quell’altra canaglia, a un pericolo gravissimo, a uno scempio, a un mercato infame: proveresti ritegno innanzi a un atto meritorio, a un’opera santa, di salvazione?

- Io no... no! - fece Pomino. - Ma... mio padre?

- S’opporrebbe? Per qual ragione? Per la dote, è vero? Non per altro! Perché ella, sai? è figlia d’un artista, d’un valentissimo incisore, morto... sì, morto bene, insomma, a Torino... Ma tuo padre è ricco, e non ha che te solo: ti può dunque contentare, senza badare alla dote! Che se poi, con le buone, non riesci a vincerlo, niente paura: un bel volo dal nido, e s’aggiusta ogni cosa. What if, with good food, you can't overcome it, don't worry: a nice flight from the nest, and everything is adjusted. Pomino, hai il cuore di stoppa?

Pomino rise, e io allora gli dimostrai quattro e quattr’otto che egli era nato marito, come si nasce poeta. Gli descrissi a vivi colori, seducentissimi, la felicità della vita coniugale con la sua Romilda; l’affetto, le cure, la gratitudine ch’ella avrebbe avuto per lui, suo salvatore. E, per concludere:

- Tu ora, - gli dissi, - devi trovare il modo e la maniera di farti notare da lei e di parlarle o di scriverle. Vedi, in questo momento, forse, una tua lettera potrebbe essere per lei, assediata da quel ragno, un’àncora di salvezza. Io intanto frequenterò la casa; starò a vedere; cercherò di cogliere l’occasione di presentarti. Siamo intesi? We are intended?

- Intesi. - Understanding.

Perché mostravo tanta smania di maritar Romilda? Why did I show so much lust for maritar Romilda? - Per niente. Ripeto: per il gusto di stordire Pomino. Parlavo e parlavo, e tutte le difficoltà sparivano. Ero impetuoso, e prendevo tutto alla leggera. Forse per questo, allora, le donne mi amavano, non ostante quel mio occhio un po' sbalestrato e il mio corpo da pezzo da catasta. Questa volta, però, - debbo dirlo - la mia foga proveniva anche dal desiderio di sfondare la trista ragna ordita da quel laido vecchio, e farlo restare con un palmo di naso; dal pensiero della povera Oliva; e anche - perché no? - dalla speranza di fare un bene a quella ragazza che veramente mi aveva fatto una grande impressione.

Che colpa ho io se Pomino eseguì con troppa timidezza le mie prescrizioni? che colpa ho io se Romilda, invece d’innamorarsi di Pomino, s’innamorò di me, che pur le parlavo sempre di lui? che colpa, infine, se la perfidia di Marianna Dondi, vedova Pescatore, giunse fino a farmi credere ch’io con la mia arte, in poco tempo, fossi riuscito a vincere la diffidenza di lei e a fare anche un miracolo: quello di farla ridere più d’una volta, con le mie uscite balzane? that blame, finally, if the perfidy of Marianna Dondi, widow Pescatore, went so far as to make me believe that with my art, in a short time, I had managed to overcome her distrust and even do a miracle: to make her laugh more than once, with my crazy trips? Le vidi a poco a poco ceder le armi; mi vidi accolto bene; pensai che, con un giovanotto lì per casa, ricco (io mi credevo ancora ricco) e che dava non dubbii segni di essere innamorato della figlia, ella avesse finalmente smesso la sua iniqua idea, se pure le fosse mai passata per il capo. I saw them gradually give up their weapons; I saw myself well received; I thought that, with a young man here in the house, rich (I still thought he was rich) and that he gave no doubt that he was in love with his daughter, she had finally stopped her iniquitous idea, even if it had ever occurred to her. Ecco: ero giunto finalmente a dubitarne! Here: I had finally come to doubt it!

Avrei dovuto, è vero, badare al fatto che non m’era più avvenuto d’incontrarmi col Malagna in casa di lei, e che poteva non esser senza ragione ch’ella mi ricevesse soltanto di mattina. Ma chi ci badava? Era, del resto, naturale, poiché io ogni volta, per aver maggior libertà, proponevo gite in campagna, che si fanno più volentieri di mattina. Mi ero poi innamorato anch’io di Romilda, pur seguitando sempre a parlarle dell’amore di Pomino; innamorato come un matto di quegli occhi belli, di quel nasino, di quella bocca, di tutto, finanche d’un piccolo porro ch’ella aveva sulla nuca, ma finanche d’una cicatrice quasi invisibile in una mano, che le baciavo e le baciavo e le baciavo... per conto di Pomino, perdutamente. I had also fallen in love with Romilda, even though I always kept talking to her about Pomino's love; in love like a madman with those beautiful eyes, that little nose, that mouth, everything, even a little leek that she had on the back of her neck, but even an almost invisible scar in one hand, kissing them and I kissed and kissed them ... on behalf of Pomino, hopelessly.

Eppure, forse, non sarebbe accaduto nulla di grave, se una mattina Romilda (eravamo alla Stìa e avevamo lasciato la madre ad ammirare il molino), tutt’a un tratto, smettendo lo scherzo troppo ormai prolungato sul suo timido amante lontano, non avesse avuto un’improvvisa convulsione di pianto e non m’avesse buttato le braccia al collo, scongiurandomi tutta tremante che avessi pietà di lei; me la togliessi comunque, purché via lontano, lontano dalla sua casa, lontano da quella sua madraccia, da tutti subito, subito, subito...

Lontano? Come potevo così subito condurla via lontano?

Dopo, sì, per parecchi giorni, ancora ebbro di lei, cercai il modo, risoluto a tutto, onestamente. E già cominciavo a predisporre mia madre alla notizia del mio prossimo matrimonio, ormai inevitabile, per debito di coscienza, quando, senza saper perché, mi vidi arrivare una lettera secca secca di Romilda, che mi diceva di non occuparmi più di lei in alcun modo e di non recarmi mai più in casa sua, considerando come finita per sempre la nostra relazione. And I was already beginning to prepare my mother for the news of my next marriage, by now inevitable, due to conscience, when, without knowing why, I saw a dry letter from Romilda arrive, telling me not to take care of her in any way and never to go to his house again, considering our relationship as ended forever.

Ah sì? E come? Che era avvenuto?

Lo stesso giorno Oliva corse piangendo in casa nostra ad annunziare alla mamma ch’ella era la donna più infelice di questo mondo, che la pace della sua casa era per sempre distrutta. Il suo uomo era riuscito a far la prova che non mancava per lui aver figliuoli; era venuto ad annunziarglielo, trionfante.

Ero presente a questa scena. Come abbia fatto a frenarmi lì per lì, non so. Mi trattenne il rispetto per la mamma. Soffocato dall’ira, dalla nausea, scappai a chiudermi in camera, e solo, con le mani tra i capelli, cominciai a domandarmi come mai Romilda, dopo quanto era avvenuto fra noi, si fosse potuta prestare a tanta ignominia! Ah, degna figlia della madre! Non il vecchio soltanto avevano entrambe vilissimamente ingannato, ma anche me, anche me! E, come la madre, anche lei dunque si era servita di me, vituperosamente, per il suo fine infame, per la sua ladra voglia! And, like her mother, so she too had made use of me, viciously, for her infamous purpose, for her thief! E quella povera Oliva, intanto! Rovinata, rovinata... Ruined, ruined ...

Prima di sera uscii, ancor tutto fremente, diretto alla casa d’Oliva. Avevo con me, in tasca, la lettera di Romilda.

Oliva, in lagrime, raccoglieva le sue robe: voleva tornare dal suo babbo, a cui finora, per prudenza, non aveva fatto neppure un cenno di quanto le era toccato a soffrire.

- Ma, ormai, che sto più a farci? - mi disse. - È finita! Se si fosse almeno messo con qualche altra, forse...

- Ah tu sai dunque, - le domandai, - con chi s’è messo ?

Chinò più volte il capo, tra i singhiozzi, e si nascose la faccia tra le mani.

- Una ragazza! - esclamò poi, levando le braccia. E la madre! la madre! la madre! D’accordo, capisci? La propria madre!

- Lo dici a me? - feci io. - Tieni: leggi.

E le porsi la lettera.

Oliva la guardò, come stordita; la prese e mi do mandò:

- Che vuol dire?

Sapeva leggere appena. Con lo sguardo mi chiese se fosse proprio necessario ch’ella facesse quello sforzo, in quel momento.

- Leggi, - insistetti io.

E allora ella si asciugò gli occhi, spiegò il foglio e si mise a interpretar la scrittura, pian piano, sillabando. Dopo le prime parole, corse con gli occhi alla firma, e mi guardò, sgranando gli occhi:

- Tu?

- Da' qua, - le dissi, - te la leggo io, per intero. Ma ella si strinse la carta contro il seno:

- No! - gridò. - Non te la do più! Questa ora mi serve!

- E a che potrebbe servirti? - le domandai, sorridendo amaramente. - Vorresti mostrargliela? Ma in tutta codesta lettera non c’è una parola per cui tuo marito potrebbe non credere più a ciò che egli invece è felicissimo di credere. But in this whole letter there is not a word that your husband may no longer believe what he is rather happy to believe. Te l’hanno accalappiato bene, va' là! - Ah, è vero! è vero! - gemette Oliva. - Mi è venuto con le mani in faccia, gridandomi che mi fossi guardata bene dal metter in dubbio l’onorabilità di sua nipote!

- E dunque? - dissi io, ridendo acre. - Vedi? Tu non puoi più ottener nulla negando. Te ne devi guardar bene! Devi anzi dirgli di sì, che è vero, verissimo ch’egli può aver figliuoli... comprendi? You must indeed say yes, that it is true, very true that he can have children ... do you understand?

Ora perché mai, circa un mese dopo, Malagna picchiò, furibondo, la moglie, e, con la schiuma ancora alla bocca, si precipitò in casa mia, gridando che esigeva subito una riparazione perché io gli avevo disonorata, rovinata una nipote, una povera orfana? Now why, a month or so later, Malagna beat his wife furiously, and, with the foam still in her mouth, rushed into my house, crying out that she immediately demanded reparation because I had disgraced him, ruined a niece, a poor girl orphan? Soggiunse che, per non fare uno scandalo, egli avrebbe voluto tacere. Per pietà di quella poveretta, non avendo egli figliuoli, aveva anzi risoluto di tenersi quella creatura, quando sarebbe nata, come sua. Out of pity for that poor woman, having no children, he had indeed resolved to keep that creature when she was born, as his own. Ma ora che Dio finalmente gli aveva voluto dare la consolazione d’aver un figliuolo legittimo, lui, dalla propria moglie , non poteva, non poteva più, in coscienza, fare anche da padre a quell’altro che sarebbe nato da sua nipote. But now that God had finally wanted to give him the consolation of having a legitimate son, he, from his wife, could not, he could no longer, in conscience, also be a father to that other who would be born of his niece.

- Mattia provveda! - Mattia provide! Mattia ripari! - concluse, congestionato dal furore. - E subito! Mi si obbedisca subito! E non mi si costringa a dire di più, o a fare qualche sproposito!

Ragioniamo un po', arrivati a questo punto. Io n’ho viste di tutti i colori. Passare anche per imbecille o per... peggio, non sarebbe, in fondo, per me, un gran guajo. Già - ripeto - son come fuori della vita, e non m’importa più di nulla. Se dunque, arrivato a questo punto, voglio ragionare, è soltanto per la logica.

Mi sembra evidente che Romilda non ha dovuto far nulla di male, almeno per indurre in inganno lo zio. Altrimenti, perché Malagna avrebbe subito a suon di busse rinfacciato alla moglie il tradimento e incolpato me presso mia madre d’aver recato oltraggio alla nipote?

Romilda infatti sostiene che, poco dopo quella nostra gita alla Stìa , sua madre, avendo ricevuto da lei la confessione dell’amore che ormai la legava a me indissolubilmente, montata su tutte le furie, le aveva gridato in faccia che mai e poi mai avrebbe acconsentito a farle sposare uno scioperato, già quasi all’orlo del precipizio. Ora, poiché da sé, ella, aveva recato a se stessa il peggior male che a una fanciulla possa capitare, non restava più a lei, madre previdente, che di trarre da questo male il miglior partito. Quale fosse, era facile intendere. Venuto, al- l’ora solita, il Malagna, ella andò via, con una scusa, e la lasciò sola con lo zio. E allora, lei, Romilda, piangendo - dice - a calde lagrime, si gittò ai piedi di lui, gli fece intendere la sua sciagura e ciò che la madre avrebbe preteso da lei; lo pregò d’interporsi, d’indurre la madre a più onesti consigli, poiché ella era già d’un altro, a cui voleva serbarsi fedele.

Malagna s’intenerì - ma fino a un certo segno. Le disse che ella era ancor minorenne, e perciò sotto la potestà della madre, la quale, volendo, avrebbe potuto anche agire contro di me, giudiziariamente; che anche lui, in coscienza, non avrebbe saputo approvare un matrimonio con un discolo della mia forza, sciupone e senza cervello, e che non avrebbe potuto perciò consigliarlo alla madre; le disse che al giusto e naturale sdegno materno bisognava che lei sacrificasse pure qualche cosa, che sarebbe poi stata, del resto, la sua fortuna; e concluse che egli non avrebbe potuto infine far altro che provvedere - a patto però che si fosse serbato con tutti il massimo segreto - provvedere al nascituro, fargli da padre, ecco, giacché egli non aveva figliuoli e ne desiderava tanto e da tanto tempo uno.

Si può essere - domando io - più onesti di così? Can it be - I ask - more honest than that?

Ecco qua: tutto quello che aveva rubato al padre egli lo avrebbe rimesso al figliuolo nascituro. Here it is: everything he had stolen from his father he would have remitted to his unborn child.

Che colpa ha lui, se io, - poi, - ingrato e sconoscente, andai a guastargli le uova nel paniere?

Due, no! eh, due, no, perbacco!

Gli parvero troppi, forse perché avendo già Roberto, com’ho detto, contratto un matrimonio vantaggioso, stimò che non lo avesse danneggiato tanto, da dover rendere anche per lui.

In conclusione, si vede che - capitato in mezzo a così brava gente - tutto il male lo avevo fatto io. E dovevo dunque scontarlo.

Mi ricusai dapprima, sdegnosamente. Poi, per le preghiere di mia madre, che già vedeva la rovina della nostra casa e sperava ch’io potessi in qualche modo salvarmi, sposando la nipote di quel suo nemico, cedetti e sposai.

Mi pendeva, tremenda, sul capo l’ira di Marianna Dondi, vedova Pescatore. The wrath of Marianna Dondi, widow Pescatore, hung on my head, terrible.