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Anna Karenina, Parte Terza: Capitolo XXI (1)

Parte Terza: Capitolo XXI (1)

— E io ti vengo dietro. Il bucato è durato un pezzo, oggi — disse Petrickij. — Bè, è finito?

— È finito — rispose Vronskij, sorridendo soltanto con gli occhi e arricciando la punta dei baffi così cautamente come se, dopo l'ordine in cui erano stati messi i suoi affari, ogni movimento troppo ardito e lesto potesse distruggerlo. — Fatto questo sembra proprio che tu esca da un bagno — disse Petrickij. — Io vengo da Griška — così chiamavano il comandante del reggimento — ti aspettano.

Vronskij, senza rispondere, guardò il compagno, pensando ad altro.

— Sì, c'è musica da lui? — disse, prestando orecchio alle note emesse dalla cornetta a tempo di polca e di valzer che giungevano fino a lui. — Cos'è, c'è festa? — È arrivato Serpuchovskoj.

— Ah — disse Vronskij — nemmeno lo sapevo.

Il sorriso dei suoi occhi brillò ancor più chiaramente

Una volta che aveva stabilito con se stesso d'esser felice del suo amore e di aver sacrificato ad esso la propria ambizione, assunta, almeno, questa parte, Vronskij non poteva sentire né invidia per Serpuchovskoj, né irritazione verso di lui perché, arrivato al reggimento, non era venuto da lui per primo. Serpuchovskoj era un buon amico, ed egli era felice di rivederlo.

— Ah, ne sono lieto.

Il comandante del reggimento, Demin, occupava una grande casa di possidenti. Tutta la compagnia era sul vasto terrazzo di sotto. Nel cortile, la prima cosa che saltò agli occhi furono i cantanti in uniforme estiva, in piedi, accanto a una piccola botte di vodka, e la sana, allegra figura del comandante circondato dagli ufficiali. Venendo fuori sul primo gradino del terrazzo, costui, gridando più forte della musica che sonava una quadriglia di Offenbach, ordinò qualcosa e fece alcuni cenni ai soldati che stavano da un lato. Il gruppo di soldati, di marescialli e di sottufficiali si accostò al terrazzo insieme a Vronskij. Tornato presso al tavolo, il comandante del reggimento venne fuori sulla scala con una coppa in mano e pronunciò il brindisi: “Alla salute del nostro antico compagno e valoroso generale, principe Serpuchovskoj. Urrà!”

Dietro il comandante uscì anche Serpuchovskoj con una coppa in mano.

— Tu diventi sempre più giovane, Bondarenko — disse rivolto a un ben fatto, rubicondo maresciallo che era stato richiamato in servizio per la seconda volta, e che stava diritto davanti a lui.

Vronskij non vedeva Serpuchovskoj da tre anni. Questi aveva preso un aspetto più maschio con le fedine più folte, ma era rimasto snello quale era e sorprendeva, non tanto per la bellezza, quanto per la delicatezza e nobiltà del viso e della figura. Il solo mutamento che Vronskij notò in lui, fu quel calmo continuo splendore che si fissa sul volto delle persone che hanno successo e che sono sicure del riconoscimento di questo successo da parte di tutti. Vronskij conosceva questo splendore e subito lo notò in Serpuchovskoj.

Scendendo la scala, Serpuchovskoj scorse Vronskij. Un sorriso di gioia gli illuminò il volto. Fece un cenno con la testa, sollevò la coppa, salutando Vronskij e mostrando con questo gesto che voleva avvicinarsi prima al maresciallo che, inchinatosi, piegava già le labbra al bacio.

— Su, ecco anche lui! — gridò il comandante del reggimento — E Jašvin mi ha detto che eri di umore nero!

Serpuchovskoj dette un bacio sulle umide e fresche labbra del bel giovane maresciallo e, asciugandosi la bocca col fazzoletto, si accostò a Vronskij.

— Eh, come son contento! — disse stringendogli la mano e appartandosi con lui.

— Occupatevi di lui! — gridò a Jašvin il comandante del reggimento, indicando Vronskij, e scese giù dai soldati.

— Perché ieri non eri alle corse? Pensavo di vederti là — disse Vronskij esaminando Serpuchovskoj.

— Sono venuto, ma tardi. Perdona — soggiunse, e si rivolse all'aiutante di campo. — Per favore ordinate di distribuire da parte mia a ognuno il suo.

Ed in fretta, tirò fuori dal portafogli tre biglietti da cento rubli e arrossì.

— Vronskij! Qualcosa da mangiare, o da bere? — chiese Jašvin. — Ehi, da' da mangiare qui al conte Ed ecco, bevi. La baldoria dal comandante si protrasse a lungo.

Si bevve molto. Dondolarono e gettarono in aria Serpuchovskoj. Dopo si fece dondolare il comandante del reggimento. Poi, davanti ai cantanti, ballò lo stesso comandante con Petrickij. Dopo, il comandante del reggimento, già infiacchito, sedette su di una panca nel cortile e cominciò a dimostrare a Jašvin la superiorità della Russia sulla Prussia, specie nell'attacco di cavalleria, e per un momento la baldoria si chetò. Serpuchovskoj entrò in casa, nella stanza da toletta, per lavarsi le mani, e ci trovò Vronskij che si versava addosso dell'acqua. Toltasi la divisa estiva e messo il collo rosso, coperto di peli, sotto il getto d'acqua del lavabo, frizionava il corpo con le mani. Finita l'abluzione, Vronskij sedette accanto a Serpuchovskoj Tutti e due s'erano seduti su di un divanetto e tra loro cominciò una conversazione che interessava molto entrambi. — Io di te ho saputo tutto attraverso mia moglie — disse Serpuchovskoj. — Sono contento che tu la veda spesso.

— È amica di Varja, e queste sono le uniche donne di Pietroburgo con le quali mi vedo volentieri — rispose, sorridendo Vronskij. Sorrideva perché prevedeva il tema su cui si sarebbe svolta la conversazione e gli faceva piacere.

— Le uniche? — chiese di rimando, sorridendo, Serpuchovskoj.

— Sì, e anch'io sapevo di te, ma non solo attraverso tua moglie — disse Vronskij, respingendo quella vaga allusione con un'espressione severa del volto. — Sono stato molto contento del tuo successo, ma per nulla affatto sorpreso. Mi aspettavo ancora di più.

Serpuchovskoj sorrise Gli faceva piacere, era evidente, l'opinione che si aveva di lui e non cercava di nasconderlo. — Io, al contrario, lo confesso sinceramente, m'aspettavo di meno. Ma sono contento, molto contento. Sono ambizioso, è questa la mia debolezza, lo confesso.

— Forse non lo confesseresti, se non avessi successo — disse Vronskij.

— Non credo — disse Serpuchovskoj, sorridendo di nuovo. — Non dico che non potrei vivere senza di questo, ma mi annoierei. S'intende, forse sbaglio, ma mi sembra di avere delle possibilità in quella sfera di azione che ho scelto, e mi pare che nelle mie mani il potere, quale che sia, se ci sarà, starà meglio che nelle mani di molti a me noti — disse Serpuchovskoj con la raggiante consapevolezza del successo. — E perciò quanto più sono vicino alla mèta, tanto più sono contento.

— Forse questo va così per te, ma non per tutti Io pensavo lo stesso, ma ecco che vivo e trovo che non vale la pena vivere solo per questo — disse Vronskij.

— Eccolo, eccolo! — disse ridendo Serpuchovskoj. — Io avevo già cominciato a dire che avevo sentito parlare di te, del rifiuto... S'intende, io ti ho approvato. Ma in ogni cosa ci vuole la misura. E io penso che il gesto in sé è stato buono, ma tu non hai agito così come si sarebbe dovuto.

— Quel ch'è fatto è fatto; e tu sai, io non rimpiango mai. E poi sto benissimo

— Benissimo... per un po' di tempo. Ma poi questo non ti basterà. Non direi così a tuo fratello. È un caro ragazzo, come questo nostro padrone di casa. Vedi — aggiunse, prestando orecchio al grido di “urrà” — anche lui si diverte, ma questo non può accontentare te.

— Io non dico d'esser soddisfatto. — Già, ma non è solo questo Uomini come te sono necessari.

— A chi?

— A chi?

Alla società. La Russia ha bisogno di uomini, ha bisogno di un partito, altrimenti tutto va alla deriva.

— Che cosa allora? Il partito di Bertenev contro i comunisti russi?

— No — disse Serpuchovskoj, accigliandosi per la stizza di vedersi sospettato di una simile sciocchezza. — Tout ça est une blague. Questo è sempre stato e sarà. Non c'è nessun comunista. Ma le persone intriganti hanno sempre sentito la necessità di inventare un partito nocivo, pericoloso. Questo è un vecchio sistema. No, c'è bisogno di un partito di governo, di persone indipendenti come te e come me — Ma perché mai? — e Vronskij nominò alcune persone che erano al potere. — Ma perché dici che non vi sono uomini indipendenti?

— Solo perché non hanno o non hanno avuto dalla nascita una posizione indipendente, non hanno avuto un nome, né quella vicinanza al sole così come abbiamo avuto noi sin dalla nascita. Costoro si possono comprare col denaro o con la protezione. E lasciano passare delle idee e certe tendenze in cui essi non credono affatto, che danneggiano, al solo fine di avere una casa dal governo e tanto di stipendio. Cela n'est pas plus fin que ça, quando guardi nelle loro carte. Forse io sarò peggiore o più sciocco di loro. Ma ho certamente un vantaggio rilevante: che è più difficile comprarmi. E uomini cosiffatti sono più che mai necessari.

Vronskij ascoltava attentamente, ma lo interessava non tanto il contenuto delle parole, quanto il modo col quale considerava le cose Serpuchovskoj, che pensava già di lottare per il potere e in quel mondo aveva già le sue simpatie e antipatie; mentre per lui nella carriera rientravano soltanto gli interessi dello squadrone. Vronskij intendeva quanto potesse essere forte Serpuchovskoj con la sua indubbia capacità a comprendere le cose, con la sua intelligenza e con il dono della parola così raro nella sfera in cui viveva E per quanto se ne vergognasse, provava invidia.

— Tuttavia per questo mi manca la dote principale — rispose — il desiderio del potere. L'ho avuto ma è passato. — Perdonami, non è vero — disse, sorridendo, Serpuchovskoj.

— No, è vero, è vero, ora, ad essere sincero — aggiunse Vronskij.

— Se è vero ora è un'altra cosa; ma questa ora non ci sarà sempre. — Può darsi — rispose Vronskij.

— Tu dici, può darsi — continuò Serpuchovskoj, come indovinando il suo pensiero — e io ti dico certamente. E per questo volevo vederti. Tu hai agito così come dovevi Questo lo capisco, ma perseverare non devi. Io ti chiedo solo carte blanche. Io non ti proteggo... Benché, poi, perché non dovrei proteggerti? Tu hai protetto me tante volte! Spero che la nostra amicizia sia al di sopra di questo. Sì — egli disse, sorridendo teneramente come una donna. — Dammi carte blanche, esci dal reggimento e io ti rimetterò dentro inavvertitamente.

— Ma capisci, non ho bisogno di nulla — disse Vronskij — se non di questo, che tutto continui ad essere così com'è stato. Serpuchovskoj si alzò e gli si mise di fronte

— Tu hai detto: che tutto continui ad essere così com'è stato. Io capisco perché dici così. Ma ascolta: noi siamo coetanei, può darsi che tu abbia conosciuto donne in maggior numero di me. — Il sorriso e i gesti di Serpuchovskoj dicevano che Vronskij non doveva temere, ch'egli avrebbe sfiorato con delicatezza, con riguardo il punto dolente. — Ma io sono ammogliato e, credimi, che pur conoscendo soltanto la propria moglie (come ha scritto qualcuno), se la ami, conosci tutte le donne meglio che se ne avessi conosciute mille.

— Veniamo subito — gridò Vronskij all'ufficiale che era entrato un momento nella stanza e li invitava ad andare dal comandante del reggimento. Vronskij voleva ora ascoltare e sapere che cosa l'amico gli avrebbe detto. — Ed eccoti la mia opinione. Le donne sono la principale pietra di inciampo nell'attività di un uomo. È difficile amare una donna e fare qualcosa C'è un solo mezzo per amare comodamente e scansare gli ostacoli, e questo mezzo è il matrimonio. Come, come dirti quello che penso — disse Serpuchovskoj, cui piacevano i paragoni. — Aspetta, aspetta! Sì, è come portare un fardeau e fare qualcosa con le mani; si può solo quando il fardeau è legato alla schiena, e questo è il matrimonio. E questo io l'ho sentito dopo essermi sposato. Mi si sono liberate a un tratto le mani. Ma senza il matrimonio, a trascinarsi dietro questo fardeau, le mani sono così impegnate, che non si può far nulla. Guarda Mazankov, Krupov. Si son giocata la carriera per le donne.

— Quali donne! — disse Vronskij, pensando alla francese e all'attrice con cui erano in relazione le due persone nominate. — Tanto peggio se è più alta la posizione della donna in società: tanto peggio È come se, invece di trascinare il fardeau con le mani, lo si strappasse a un altro.

— Tu non hai mai amato — disse piano Vronskij, guardando avanti a sé e pensando ad Anna.

— Forse. Ma ricordati quel che ti ho detto. E ancora. Le donne hanno tutte più senso pratico che non gli uomini. Noi facciamo dell'amore qualcosa d'immenso, ma esse sono sempre terre-à-terre. — Subito, subito! — disse rivolto al servo che era entrato. Ma il servo non era venuto per chiamarli, come egli pensava. Il servo portava un biglietto a Vronskij


Parte Terza: Capitolo XXI (1) Part Three: Chapter XXI (1)

— E io ti vengo dietro. Il bucato è durato un pezzo, oggi — disse Petrickij. — Bè, è finito?

— È finito — rispose Vronskij, sorridendo soltanto con gli occhi e arricciando la punta dei baffi così cautamente come se, dopo l'ordine in cui erano stati messi i suoi affari, ogni movimento troppo ardito e lesto potesse distruggerlo. — Fatto questo sembra proprio che tu esca da un bagno — disse Petrickij. — Io vengo da Griška — così chiamavano il comandante del reggimento — ti aspettano.

Vronskij, senza rispondere, guardò il compagno, pensando ad altro.

— Sì, c'è musica da lui? — disse, prestando orecchio alle note emesse dalla cornetta a tempo di polca e di valzer che giungevano fino a lui. — Cos'è, c'è festa? — È arrivato Serpuchovskoj.

— Ah — disse Vronskij — nemmeno lo sapevo.

Il sorriso dei suoi occhi brillò ancor più chiaramente

Una volta che aveva stabilito con se stesso d'esser felice del suo amore e di aver sacrificato ad esso la propria ambizione, assunta, almeno, questa parte, Vronskij non poteva sentire né invidia per Serpuchovskoj, né irritazione verso di lui perché, arrivato al reggimento, non era venuto da lui per primo. Serpuchovskoj era un buon amico, ed egli era felice di rivederlo.

— Ah, ne sono lieto.

Il comandante del reggimento, Demin, occupava una grande casa di possidenti. Tutta la compagnia era sul vasto terrazzo di sotto. Nel cortile, la prima cosa che saltò agli occhi furono i cantanti in uniforme estiva, in piedi, accanto a una piccola botte di vodka, e la sana, allegra figura del comandante circondato dagli ufficiali. Venendo fuori sul primo gradino del terrazzo, costui, gridando più forte della musica che sonava una quadriglia di Offenbach, ordinò qualcosa e fece alcuni cenni ai soldati che stavano da un lato. Il gruppo di soldati, di marescialli e di sottufficiali si accostò al terrazzo insieme a Vronskij. Tornato presso al tavolo, il comandante del reggimento venne fuori sulla scala con una coppa in mano e pronunciò il brindisi: “Alla salute del nostro antico compagno e valoroso generale, principe Serpuchovskoj. Urrà!”

Dietro il comandante uscì anche Serpuchovskoj con una coppa in mano.

— Tu diventi sempre più giovane, Bondarenko — disse rivolto a un ben fatto, rubicondo maresciallo che era stato richiamato in servizio per la seconda volta, e che stava diritto davanti a lui.

Vronskij non vedeva Serpuchovskoj da tre anni. Questi aveva preso un aspetto più maschio con le fedine più folte, ma era rimasto snello quale era e sorprendeva, non tanto per la bellezza, quanto per la delicatezza e nobiltà del viso e della figura. Il solo mutamento che Vronskij notò in lui, fu quel calmo continuo splendore che si fissa sul volto delle persone che hanno successo e che sono sicure del riconoscimento di questo successo da parte di tutti. Vronskij conosceva questo splendore e subito lo notò in Serpuchovskoj.

Scendendo la scala, Serpuchovskoj scorse Vronskij. Un sorriso di gioia gli illuminò il volto. Fece un cenno con la testa, sollevò la coppa, salutando Vronskij e mostrando con questo gesto che voleva avvicinarsi prima al maresciallo che, inchinatosi, piegava già le labbra al bacio.

— Su, ecco anche lui! — gridò il comandante del reggimento — E Jašvin mi ha detto che eri di umore nero!

Serpuchovskoj dette un bacio sulle umide e fresche labbra del bel giovane maresciallo e, asciugandosi la bocca col fazzoletto, si accostò a Vronskij.

— Eh, come son contento! — disse stringendogli la mano e appartandosi con lui.

— Occupatevi di lui! — gridò a Jašvin il comandante del reggimento, indicando Vronskij, e scese giù dai soldati.

— Perché ieri non eri alle corse? Pensavo di vederti là — disse Vronskij esaminando Serpuchovskoj.

— Sono venuto, ma tardi. Perdona — soggiunse, e si rivolse all'aiutante di campo. — Per favore ordinate di distribuire da parte mia a ognuno il suo.

Ed in fretta, tirò fuori dal portafogli tre biglietti da cento rubli e arrossì.

— Vronskij! Qualcosa da mangiare, o da bere? — chiese Jašvin. — Ehi, da' da mangiare qui al conte Ed ecco, bevi. La baldoria dal comandante si protrasse a lungo.

Si bevve molto. Dondolarono e gettarono in aria Serpuchovskoj. Dopo si fece dondolare il comandante del reggimento. Poi, davanti ai cantanti, ballò lo stesso comandante con Petrickij. Dopo, il comandante del reggimento, già infiacchito, sedette su di una panca nel cortile e cominciò a dimostrare a Jašvin la superiorità della Russia sulla Prussia, specie nell'attacco di cavalleria, e per un momento la baldoria si chetò. Serpuchovskoj entrò in casa, nella stanza da toletta, per lavarsi le mani, e ci trovò Vronskij che si versava addosso dell'acqua. Toltasi la divisa estiva e messo il collo rosso, coperto di peli, sotto il getto d'acqua del lavabo, frizionava il corpo con le mani. Finita l'abluzione, Vronskij sedette accanto a Serpuchovskoj Tutti e due s'erano seduti su di un divanetto e tra loro cominciò una conversazione che interessava molto entrambi. — Io di te ho saputo tutto attraverso mia moglie — disse Serpuchovskoj. — Sono contento che tu la veda spesso.

— È amica di Varja, e queste sono le uniche donne di Pietroburgo con le quali mi vedo volentieri — rispose, sorridendo Vronskij. Sorrideva perché prevedeva il tema su cui si sarebbe svolta la conversazione e gli faceva piacere.

— Le uniche? — chiese di rimando, sorridendo, Serpuchovskoj.

— Sì, e anch'io sapevo di te, ma non solo attraverso tua moglie — disse Vronskij, respingendo quella vaga allusione con un'espressione severa del volto. — Sono stato molto contento del tuo successo, ma per nulla affatto sorpreso. Mi aspettavo ancora di più.

Serpuchovskoj sorrise Gli faceva piacere, era evidente, l'opinione che si aveva di lui e non cercava di nasconderlo. — Io, al contrario, lo confesso sinceramente, m'aspettavo di meno. Ma sono contento, molto contento. Sono ambizioso, è questa la mia debolezza, lo confesso.

— Forse non lo confesseresti, se non avessi successo — disse Vronskij.

— Non credo — disse Serpuchovskoj, sorridendo di nuovo. — Non dico che non potrei vivere senza di questo, ma mi annoierei. S'intende, forse sbaglio, ma mi sembra di avere delle possibilità in quella sfera di azione che ho scelto, e mi pare che nelle mie mani il potere, quale che sia, se ci sarà, starà meglio che nelle mani di molti a me noti — disse Serpuchovskoj con la raggiante consapevolezza del successo. — E perciò quanto più sono vicino alla mèta, tanto più sono contento.

— Forse questo va così per te, ma non per tutti Io pensavo lo stesso, ma ecco che vivo e trovo che non vale la pena vivere solo per questo — disse Vronskij.

— Eccolo, eccolo! — disse ridendo Serpuchovskoj. — Io avevo già cominciato a dire che avevo sentito parlare di te, del rifiuto... S'intende, io ti ho approvato. Ma in ogni cosa ci vuole la misura. E io penso che il gesto in sé è stato buono, ma tu non hai agito così come si sarebbe dovuto.

— Quel ch'è fatto è fatto; e tu sai, io non rimpiango mai. E poi sto benissimo

— Benissimo... per un po' di tempo. Ma poi questo non ti basterà. Non direi così a tuo fratello. È un caro ragazzo, come questo nostro padrone di casa. Vedi — aggiunse, prestando orecchio al grido di “urrà” — anche lui si diverte, ma questo non può accontentare te.

— Io non dico d'esser soddisfatto. — Già, ma non è solo questo Uomini come te sono necessari.

— A chi?

— A chi?

Alla società. La Russia ha bisogno di uomini, ha bisogno di un partito, altrimenti tutto va alla deriva.

— Che cosa allora? Il partito di Bertenev contro i comunisti russi?

— No — disse Serpuchovskoj, accigliandosi per la stizza di vedersi sospettato di una simile sciocchezza. — Tout ça est une blague. Questo è sempre stato e sarà. Non c'è nessun comunista. Ma le persone intriganti hanno sempre sentito la necessità di inventare un partito nocivo, pericoloso. Questo è un vecchio sistema. No, c'è bisogno di un partito di governo, di persone indipendenti come te e come me — Ma perché mai? — e Vronskij nominò alcune persone che erano al potere. — Ma perché dici che non vi sono uomini indipendenti?

— Solo perché non hanno o non hanno avuto dalla nascita una posizione indipendente, non hanno avuto un nome, né quella vicinanza al sole così come abbiamo avuto noi sin dalla nascita. Costoro si possono comprare col denaro o con la protezione. E lasciano passare delle idee e certe tendenze in cui essi non credono affatto, che danneggiano, al solo fine di avere una casa dal governo e tanto di stipendio. Cela n'est pas plus fin que ça, quando guardi nelle loro carte. Forse io sarò peggiore o più sciocco di loro. Ma ho certamente un vantaggio rilevante: che è più difficile comprarmi. E uomini cosiffatti sono più che mai necessari.

Vronskij ascoltava attentamente, ma lo interessava non tanto il contenuto delle parole, quanto il modo col quale considerava le cose Serpuchovskoj, che pensava già di lottare per il potere e in quel mondo aveva già le sue simpatie e antipatie; mentre per lui nella carriera rientravano soltanto gli interessi dello squadrone. Vronskij intendeva quanto potesse essere forte Serpuchovskoj con la sua indubbia capacità a comprendere le cose, con la sua intelligenza e con il dono della parola così raro nella sfera in cui viveva E per quanto se ne vergognasse, provava invidia.

— Tuttavia per questo mi manca la dote principale — rispose — il desiderio del potere. L'ho avuto ma è passato. — Perdonami, non è vero — disse, sorridendo, Serpuchovskoj.

— No, è vero, è vero, ora, ad essere sincero — aggiunse Vronskij.

— Se è vero ora è un'altra cosa; ma questa ora non ci sarà sempre. — Può darsi — rispose Vronskij.

— Tu dici, può darsi — continuò Serpuchovskoj, come indovinando il suo pensiero — e io ti dico certamente. E per questo volevo vederti. Tu hai agito così come dovevi Questo lo capisco, ma perseverare non devi. Io ti chiedo solo carte blanche. Io non ti proteggo... Benché, poi, perché non dovrei proteggerti? Tu hai protetto me tante volte! Spero che la nostra amicizia sia al di sopra di questo. Sì — egli disse, sorridendo teneramente come una donna. — Dammi carte blanche, esci dal reggimento e io ti rimetterò dentro inavvertitamente.

— Ma capisci, non ho bisogno di nulla — disse Vronskij — se non di questo, che tutto continui ad essere così com'è stato. Serpuchovskoj si alzò e gli si mise di fronte

— Tu hai detto: che tutto continui ad essere così com'è stato. Io capisco perché dici così. Ma ascolta: noi siamo coetanei, può darsi che tu abbia conosciuto donne in maggior numero di me. — Il sorriso e i gesti di Serpuchovskoj dicevano che Vronskij non doveva temere, ch'egli avrebbe sfiorato con delicatezza, con riguardo il punto dolente. — Ma io sono ammogliato e, credimi, che pur conoscendo soltanto la propria moglie (come ha scritto qualcuno), se la ami, conosci tutte le donne meglio che se ne avessi conosciute mille.

— Veniamo subito — gridò Vronskij all'ufficiale che era entrato un momento nella stanza e li invitava ad andare dal comandante del reggimento. Vronskij voleva ora ascoltare e sapere che cosa l'amico gli avrebbe detto. — Ed eccoti la mia opinione. Le donne sono la principale pietra di inciampo nell'attività di un uomo. È difficile amare una donna e fare qualcosa C'è un solo mezzo per amare comodamente e scansare gli ostacoli, e questo mezzo è il matrimonio. Come, come dirti quello che penso — disse Serpuchovskoj, cui piacevano i paragoni. — Aspetta, aspetta! Sì, è come portare un fardeau e fare qualcosa con le mani; si può solo quando il fardeau è legato alla schiena, e questo è il matrimonio. E questo io l'ho sentito dopo essermi sposato. Mi si sono liberate a un tratto le mani. Ma senza il matrimonio, a trascinarsi dietro questo fardeau, le mani sono così impegnate, che non si può far nulla. Guarda Mazankov, Krupov. Si son giocata la carriera per le donne.

— Quali donne! — disse Vronskij, pensando alla francese e all'attrice con cui erano in relazione le due persone nominate. — Tanto peggio se è più alta la posizione della donna in società: tanto peggio È come se, invece di trascinare il fardeau con le mani, lo si strappasse a un altro.

— Tu non hai mai amato — disse piano Vronskij, guardando avanti a sé e pensando ad Anna.

— Forse. Ma ricordati quel che ti ho detto. E ancora. Le donne hanno tutte più senso pratico che non gli uomini. Noi facciamo dell'amore qualcosa d'immenso, ma esse sono sempre terre-à-terre. — Subito, subito! — disse rivolto al servo che era entrato. Ma il servo non era venuto per chiamarli, come egli pensava. Il servo portava un biglietto a Vronskij