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Storia D'Italia, Orrore ad Adrianopoli (378) - Ep. 17 (2)

Orrore ad Adrianopoli (378) - Ep. 17 (2)

Eppure credo che quello che convinse Valente a far pendere l'ago della bilancia verso la battaglia fu quello che dissero diversi membri dello staff di Valente all'imperatore: questi fecero notare come sarebbe stato utile alla popolarità e al prestigio del sovrano di vincere da solo l'inevitabile vittoria contro i deboli e disperati Goti, in modo da non dover condividere la gloria con Graziano: avrebbe davvero sua maestà voluto farsi ricordare per tutto il resto della sua vita che era stato un ragazzino a toglierlo dai guai?

La decisione fu presa, il Comitatus d'oriente avrebbe dato battaglia. Da solo.

Fritigern cerca l'accordo

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L'indomani la decisione di combattere sembrò essere confermata dall'atteggiamento tutto fuorché baldanzoso di Fritigern che una volta giunto nelle vicinanze di Adrianopoli inviò un prete cristiano a negoziare con l'imperatore, forse sperando che il ricordo della comune fede Ariana convincesse l'imperatore a più miti consigli: Fritigern riproponeva in sostanza l'accordo con il quale i Goti Tervingi avevano attraversato il Danubio con l'aggiunta che chiedeva per se una alta carica militare nella struttura di governo imperiale. Questo come ricompensa per fare da paciere, stile colonnello Landa in “inglorious basterds”. Ora, avere re barbari come generali era da decenni una pratica del tutto accettabile: ad esempio uno dei generali che avevano battuto gli Alemanni era in realtà anche un Re dei Franchi, oltre che Comes Domesticorum, il comandante della guardia imperiale. Fritigern insomma non aveva fatto una richiesta insolente: in più in una lettera segreta disse a Valente di schierare il suo esercito per la battaglia. L'obiettivo era dimostrare al suo popolo che non c'era speranza di battere un esercito di quelle dimensioni e capacità: questo avrebbe dato munizioni a Fritigern per convincerli ad accettare l'accordo. Può sembrare una richiesta strana, ma a me pare una cosa ragionevole: ricordiamoci che Fritigern non era certo il re dei Tervingi ma solo il loro leader militare pro tempore, un ruolo che richiedeva una certa dose di persuasione, soprattutto nelle decisioni più difficili.

Era una offerta allettante e che Ammiano è sicuro fosse fatta in malafede, per le ragioni che vedremo: eppure mi sono convinto, e della stessa cosa sono convinti molti storici, che Fritigern fosse sincero. Abbiamo già visto che il nostro Goto era un politico di razza e un leader di indubbia intelligenza. Il suo interesse personale non era certo di ridurre l'impero in un cumulo di rovine, era ben chiaro inoltre che alla lunga l'impero poteva mobilizzare risorse che avrebbero soverchiato i Goti. No, la migliore speranza per il suo popolo era un inevitabile accordo con i Romani, che sarebbe stato più vantaggioso se i Goti lo avessero raggiunto ancora invitti. Quanto a lui, meglio una vita di agi, ricchezze, influenza e onori a Costantinopoli nella corte imperiale che la vita grama di un capo barbaro in conflitto con l'impero, sempre ad una sola sconfitta dall'avere la testa infilzata su una picca. Se questo fu quello che Fritigern pensò – e non ho quasi dubbi che lo fece, visto che giunsero alle stesse conclusioni generazioni di capi gotici dopo Fritigern – il futuro provò che aveva ragione da vendere.

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Valente però era oramai convinto che non fosse più il tempo delle trattative: si sarebbe potuto forse trattare dopo la sconfitta dei Goti e la trattativa si sarebbe svolta alle sue condizioni, non quelle del Goto che lo aveva tradito: il messaggero di Fritigern tornò dal suo capo con le pive nel sacco.

Marcia verso Adrianopoli

📷

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Mappa dei Balcani Romani nel sesto secolo, ma nel quarto la situazione era molto simile, anche le provincie sono (quasi) le stesse. Come si può notare Adrianopoli è in una posizione di guardia sul fiume Maritsa, a poca distanza da Costantinopoli, sulla via Militare che congiunge le principali località dei balcani

L'indomani, all'alba del fatidico 9 Agosto del 378 dopo cristo, Valente lasciò il tesoro imperiale e una piccola guarnigione in città, ad Adrianopoli. Poi abbandonò le sue posizioni difensive e iniziò una lunga marcia verso l'esercito di Fritigern che aveva occupato una collina ai bordi di una foresta, in modo da avere una buona posizione sul campo di battaglia. I Romani dovettero affrontare una lunga marcia di otto ore, sotto il torrido sole d'agosto e in pieno assetto da combattimento. I Goti, per rendere la marcia ancora più miserabile, diedero fuoco alle messi in modo da rendere l'aria irrespirabile e torrida. Romani e bestie da soma erano tormentati dalla sete e dal caldo ma il comitatus imperiale era fatto dagli uomini più duri dell'esercito, abituati anche a peggio. Verso le due del pomeriggio i soldati arrivarono in vista dei Goti e si resero conto che quanto avevano sperato era vero: i Goti erano davvero la metà del loro esercito, sarebbero stati una preda facile, nonostante la collina da scalare e la faticosa marcia a cui erano stati sottoposti.

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Fritigern a questo punto davvero aveva bisogno di comprare tempo: inviò messaggeri chiedendo uno scambio di ostaggi per intavolare trattative di pace. Valente a questo punto tentennò, non so in seguito a quale istinto, e pensò di trattare. Nel campo si discusse tra i generali su chi avrebbe avuto il dubbio onore di fare da ostaggio: tutti si rifiutarono. Alla fine si fece avanti il nostro Richomeres, apostrofandoli che si comportavano da femminucce. Lui era un duro, e sarebbe andato.

La cavalcata dei Rohirrim

📷

https://italiastoria.files.wordpress.com/2019/11/dd5ab9da0253e854b969604ec2d3335a-battle-of-adrianople-gothic-people.jpg?w=736" alt=""/>

Fasi della battaglia di Adrianopoli

Si stavano prendendo le misure necessarie allo scambio quando avvenne l'imprevedibile: in una delle piccole ironie della storia la battaglia di Adrianopoli non iniziò perché uno dei due eserciti lo volesse, ma per sbaglio Come spesso accade quando i soldati, carichi di adrenalina, sono fatti aspettare con le mani sulle armi e nell'impossibilità di muoversi qualcuno decise di prendere l'iniziativa nelle proprie mani: non avevano fatta tutta quella strada da Antiochia e poi quella marcia estenuante da Adrianopoli per permettere a quel codardo di Valente di salvare la pellaccia agli stessi Goti che avevano messo a ferro e fuoco i Balcani. O almeno credo che fu quello che accadde: sta di fatto che due reggimenti romani attaccarono i Goti e, prima che si potesse richiamarli indietro, la battaglia era iniziata e Valente e lo stato maggiore furono costretti a seguire gli eventi invece che esserne gli artefici.

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Si era nel tardo pomeriggio e la battaglia iniziò nel migliore dei modi per i Romani: la fanteria avanzò con efficacia contro i Goti e l'ala sinistra riuscì perfino a sfondare le linee nemiche, arrivando ad un passo dall'accampamento di carri dei Goti: accampamento che custodiva ogni cosa che ogni guerriero goto aveva più caro al mondo: mogli, figli e ricchezze. Se i Romani fossero arrivati lì la linea gotica si sarebbe probabilmente spezzata perché ogni guerriero avrebbe pensato a mettere in salvo i suoi: i Romani erano probabilmente a pochi minuti da trasformare la guerra gotica nell'abituale massacro di barbari.

Ma oggi non era destino che ciò accadesse: dal lato sinistro, nella foresta, arrivò all'improvviso il suono di corni, e poi d'altri corni e di zoccoli di cavallo e di spade sguainate e lance abbassate: era arrivata all'improvviso la cavalleria ed era iniziata la cavalcata dei Rohirrim… o meglio, dei Goti Greutungi

L'effetto sopresa, il Re di ogni battaglia

Eh sì, perché tutti i calcoli politici e militari di Valente avevano al centro un enorme, clamoroso buco nero: nessuno aveva tenuto conto che i diecimila soldati avvistati erano la fanteria dei Tervingi, ma nei dintorni c'erano anche i Greutungi e la loro formidabile cavalleria formata da Goti e nomadi Alani e Unni. Alatheus e Saphrax avevano avvistato i fuochi dei Tervingi da lontano, indubbiamente appiccati anche per avvertirli, ed erano accorsi a tutta fretta in soccorso dei cugini. Nel farlo avevano acquistato il più grande vantaggio che si può avere in guerra: l'effetto sorpresa. Non c'è nulla che riduca le ginocchia in gelatina come vedersi arrivare addosso, inaspettatamente e da una direzione non prevista forze di dimensione imprecisata e per di più a cavallo.

I Tervingi erano vicini al punto di rottura quando i Greutungi esplosero dai boschi e si avventarono dal fianco sinistro sulla cavalleria romana che fu presa talmente di sorpresa da essere respinta e messa in fuga: non parliamo dei reparti di ausiliari a cavallo di dubbia qualità dell'alto impero ma dei professionali, spietati cavalieri romani del tardo impero. L'effetto sorpresa è una brutta bestia.

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Un tramonto di sangue

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La fanteria era ingaggiata in una lotta senza quartiere e non poteva sganciarsi senza rischiare la rotta completa, i Romani inviarono rinforzi sui fianchi ma rapidamente i Goti circondarono i Romani che rimasero stipati in uno spazio così ristretto da non poter muovere o manovrare: una delle condizioni peggiori per ogni esercito e il caso da manuale che può portare all'impotenza perfino un esercito più numeroso dell'avversario. Era esattamente quello che era accaduto a Canne, dove i Romani si erano fatti massacrare perché stipati e circondati, avendo solo una minoranza degli effettivi capace di muovere e attaccare il nemico: così il vantaggio tattico che i Romani di solito ricavavano dalle armi, dalle armature e dall'addestramento dei soldati in quell'occasione venne meno.

Ma leggiamo Ammiano tutto d'un fiato, in quello che è uno dei passi più belli della storiografia romana: “i fanti rimasero scoperti in gruppi così stipati gli uni agli altri che difficilmente potevano sguainare le spade o tirare indietro le braccia. Risuonavano orrende urla e a causa della polvere che si era levata era impossibile vedere il cielo e proteggersi dai mortali dardi che cadevano su bersagli sicuri. I barbari, riversatisi in immense schiere, calpestarono cavalli e uomini né era possibile in mezzo alla calca trovare un po' di spazio per ritirarsi e la ressa toglieva ogni possibilità di fuga. A causa della strage reciproca i corpi erano disseminati per terra e i campi erano coperti di cadaveri. Diffondevano un profondo terrore i gemiti dei morenti e di quanti erano stati colpiti da profonde ferite. I fanti, sfiniti dalla fatica e dai pericoli e poiché si erano spezzate la maggior parte delle lance, accontentandosi delle sole spade si gettavano contro le compatte schiere dei nemici senza curarsi più della loro vita. Nonostante che il terreno fosse sdrucciolevole, coperto come era da rivi di sangue, tentavano di vendere cara la loro pelle. Insomma, tutto era insozzato dal nero sangue e dovunque si volgesse lo sguardo s'incontravano mucchi di uccisi e corpi privi di vita.”

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È una descrizione agghiacciante e credo per nulla iperbolica: al calare della sera il mattatoio era completo e più di due terzi del Comitatus d'oriente, il fior fiore delle truppe dell'impero e la maggior parte delle sue forze di reazione rapida giaceva sul campo di battaglia, morto o morente. Come dice Ammiano “a queste perdite, a cui mai si sarebbe potuto rimediare e che costarono care allo stato romano pose fine la notte non illuminata dalla luna”.

Nel caos nessuno sapeva dove si trovasse l'imperatore: Valente era stato al centro della battaglia ed era stato ferocemente difeso dai suoi. Non si sa quale fu la sua fine perché il suo corpo non fu mai ritrovato, inghiottito nella mattanza dei Romani, un soldato tra i suoi soldati e solo il secondo imperatore a morire in battaglia dopo Decio, anche lui morto per mano dei Goti ad Abritto, nel pieno della crisi del terzo secolo. Non c'era più nessuno ad opporsi ai Goti, l'Impero Romano d'oriente era alla mercé di chi volesse impadronirsene.

L'inizio della fine?

Non si può sottostimare il disastro che fu Adrianopoli: uno dei due veri eserciti da campagna dell'impero era stato spazzato via. L'imperatore che governava l'oriente da 14 anni era morto sul campo di battaglia. In occidente gli imperatori rimasti erano un ragazzino senza esperienza militare e un giovinetto di 7 anni. A guardia della frontiera con i persiani c'era solo una parte degli effettivi mentre la frontiera Danubiana era irrimediabilmente rotta e gli interi Balcani erano nelle mani dei razziatori Gotici che ora non avevano nessuno, proprio nessuno, che potesse davvero fermarli. Oltre a quello, la tigre aveva assaporato il sangue umano: il velo di invincibilità e destino che avvolgeva le forze di Roma proteggendole come uno scudo immaginario era stato squarciato e sotto si era visto che il re era nudo. Come in una tragedia greca la hybris dei Romani e di Valente, il fato, l'arroganza e la cecità avevano deciso il corso degli eventi. Molti, tanti storici ritracciano il vero inizio della caduta dell'Impero Romano a questa giornata afosa dell'agosto del 378.

Orrore ad Adrianopoli (378) - Ep. 17 (2) Schrecken in Adrianopel (378) - Ep. 17 (2) Horror in Adrianople (378) - Ep. 17 (2) Horror em Adrianópolis (378) - Ep. 17 (2) Skräck i Adrianopel (378) - Ep. 17 (2)

Eppure credo che quello che convinse Valente a far pendere l'ago della bilancia verso la battaglia fu quello che dissero diversi membri dello staff di Valente all'imperatore: questi fecero notare come sarebbe stato utile alla popolarità e al prestigio del sovrano di vincere da solo l'inevitabile vittoria contro i deboli e disperati Goti, in modo da non dover condividere la gloria con Graziano: avrebbe davvero sua maestà voluto farsi ricordare per tutto il resto della sua vita che era stato un ragazzino a toglierlo dai guai?

La decisione fu presa, il Comitatus d'oriente avrebbe dato battaglia. Da solo.

**Fritigern cerca l'accordo**

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L'indomani la decisione di combattere sembrò essere confermata dall'atteggiamento tutto fuorché baldanzoso di Fritigern che una volta giunto nelle vicinanze di Adrianopoli inviò un prete cristiano a negoziare con l'imperatore, forse sperando che il ricordo della comune fede Ariana convincesse l'imperatore a più miti consigli: Fritigern riproponeva in sostanza l'accordo con il quale i Goti Tervingi avevano attraversato il  Danubio con l'aggiunta che chiedeva per se una alta carica militare nella struttura di governo imperiale. Questo come ricompensa per fare da paciere, stile colonnello Landa in “inglorious basterds”. Ora, avere re barbari come generali era da decenni una pratica del tutto accettabile: ad esempio uno dei generali che avevano battuto gli Alemanni era in realtà anche un Re dei Franchi, oltre che Comes Domesticorum, il comandante della guardia imperiale. Fritigern insomma non aveva fatto una richiesta insolente: in più in una lettera segreta disse a Valente di schierare il suo esercito per la battaglia. L'obiettivo era dimostrare al suo popolo che non c'era speranza di battere un esercito di quelle dimensioni e capacità: questo avrebbe dato munizioni a Fritigern per convincerli ad accettare l'accordo. Può sembrare una richiesta strana, ma a me pare una cosa ragionevole: ricordiamoci che Fritigern non era certo il re dei Tervingi ma solo il loro leader militare pro tempore, un ruolo che richiedeva una certa dose di persuasione, soprattutto nelle decisioni più difficili.

Era una offerta allettante e che Ammiano è sicuro fosse fatta in malafede, per le ragioni che vedremo: eppure mi sono convinto, e della stessa cosa sono convinti molti storici, che Fritigern fosse sincero. Abbiamo già visto che il nostro Goto era un politico di razza e un leader di indubbia intelligenza. Il suo interesse personale non era certo di ridurre l'impero in un cumulo di rovine, era ben chiaro inoltre che alla lunga l'impero poteva mobilizzare risorse che avrebbero soverchiato i Goti. No, la migliore speranza per il suo popolo era un inevitabile accordo con i Romani, che sarebbe stato più vantaggioso se i Goti lo avessero raggiunto ancora invitti. Quanto a lui, meglio una vita di agi, ricchezze, influenza e onori a Costantinopoli nella corte imperiale che la vita grama di un capo barbaro in conflitto con l'impero, sempre ad una sola sconfitta dall'avere la testa infilzata su una picca. Se questo fu quello che Fritigern pensò – e non ho quasi dubbi che lo fece, visto che giunsero alle stesse conclusioni generazioni di capi gotici dopo Fritigern – il futuro provò che aveva ragione da vendere.

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Valente però era oramai convinto che non fosse più il tempo delle trattative: si sarebbe potuto forse trattare dopo la sconfitta dei Goti e la trattativa si sarebbe svolta alle sue condizioni, non quelle del Goto che lo aveva tradito: il messaggero di Fritigern tornò dal suo capo con le pive nel sacco.

**Marcia verso Adrianopoli**

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Mappa dei Balcani Romani nel sesto secolo, ma nel quarto la situazione era molto simile, anche le provincie sono (quasi) le stesse. Come si può notare Adrianopoli è in una posizione di guardia sul fiume Maritsa, a poca distanza da Costantinopoli, sulla via Militare che congiunge le principali località dei balcani

L'indomani, all'alba del fatidico 9 Agosto del 378 dopo cristo, Valente lasciò il tesoro imperiale e una piccola guarnigione in città, ad Adrianopoli. Poi abbandonò le sue posizioni difensive e iniziò una lunga marcia verso l'esercito di Fritigern che aveva occupato una collina ai bordi di una foresta, in modo da avere una buona posizione sul campo di battaglia. I Romani dovettero affrontare una lunga marcia di otto ore, sotto il torrido sole d'agosto e in pieno assetto da combattimento. I Goti, per rendere la marcia ancora più miserabile, diedero fuoco alle messi in modo da rendere l'aria irrespirabile e torrida. Romani e bestie da soma erano tormentati dalla sete e dal caldo ma il comitatus imperiale era fatto dagli uomini più duri dell'esercito, abituati anche a peggio. Verso le due del pomeriggio i soldati arrivarono in vista dei Goti e si resero conto che quanto avevano sperato era vero: i Goti erano davvero la metà del loro esercito, sarebbero stati una preda facile, nonostante la collina da scalare e la faticosa marcia a cui erano stati sottoposti.

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Fasi della battaglia di Adrianopoli

Si stavano prendendo le misure necessarie allo scambio quando avvenne l'imprevedibile: in una delle piccole ironie della storia la battaglia di Adrianopoli non iniziò perché uno dei due eserciti lo volesse, ma per sbaglio Come spesso accade quando i soldati, carichi di adrenalina, sono fatti aspettare con le mani sulle armi e nell'impossibilità di muoversi qualcuno decise di prendere l'iniziativa nelle proprie mani: non avevano fatta tutta quella strada da Antiochia e poi quella marcia estenuante da Adrianopoli per permettere a quel codardo di Valente di salvare la pellaccia agli stessi Goti che avevano messo a ferro e fuoco i Balcani. O almeno credo che fu quello che accadde: sta di fatto che due reggimenti romani attaccarono i Goti e, prima che si potesse richiamarli indietro, la battaglia era iniziata e Valente e lo stato maggiore furono costretti a seguire gli eventi invece che esserne gli artefici.

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Si era nel tardo pomeriggio e la battaglia iniziò nel migliore dei modi per i Romani: la fanteria avanzò con efficacia contro i Goti e l'ala sinistra riuscì perfino a sfondare le linee nemiche, arrivando ad un passo dall'accampamento di carri dei Goti: accampamento che custodiva ogni cosa che ogni guerriero goto aveva più caro al mondo: mogli, figli e ricchezze. Se i Romani fossero arrivati lì la linea gotica si sarebbe probabilmente spezzata perché ogni guerriero avrebbe pensato a mettere in salvo i suoi: i Romani erano probabilmente a pochi minuti da trasformare la guerra gotica nell'abituale massacro di barbari.

Ma oggi non era destino che ciò accadesse: dal lato sinistro, nella foresta, arrivò all'improvviso il suono di corni, e poi d'altri corni e di zoccoli di cavallo e di spade sguainate e lance abbassate: era arrivata all'improvviso la cavalleria ed era iniziata la cavalcata dei Rohirrim… o meglio, dei Goti Greutungi

**L'effetto sopresa, il Re di ogni battaglia**

Eh sì, perché tutti i calcoli politici e militari di Valente avevano al centro un enorme, clamoroso buco nero: nessuno aveva tenuto conto che i diecimila soldati avvistati erano la fanteria dei Tervingi, ma nei dintorni c'erano anche i Greutungi e la loro formidabile cavalleria formata da Goti e nomadi Alani e Unni. Alatheus e Saphrax avevano avvistato i fuochi dei Tervingi da lontano, indubbiamente appiccati anche per avvertirli, ed erano accorsi a tutta fretta in soccorso dei cugini. Nel farlo avevano acquistato il più grande vantaggio che si può avere in guerra: l'effetto sorpresa. Non c'è nulla che riduca le ginocchia in gelatina come vedersi arrivare addosso, inaspettatamente e da una direzione non prevista forze di dimensione imprecisata e per di più a cavallo.

I Tervingi erano vicini al punto di rottura quando i Greutungi esplosero dai boschi e si avventarono dal fianco sinistro sulla cavalleria romana che fu presa talmente di sorpresa da essere respinta e messa in fuga: non parliamo dei reparti di ausiliari a cavallo di dubbia qualità dell'alto impero ma dei professionali, spietati cavalieri romani del tardo impero. L'effetto sorpresa è una brutta bestia.

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**Un tramonto di sangue**

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La fanteria era ingaggiata in una lotta senza quartiere e non poteva sganciarsi senza rischiare la rotta completa, i Romani inviarono rinforzi sui fianchi ma rapidamente i Goti circondarono i Romani che rimasero stipati in uno spazio così ristretto da non poter muovere o manovrare: una delle condizioni peggiori per ogni esercito e il caso da manuale che può portare all'impotenza perfino un esercito più numeroso dell'avversario. Era esattamente quello che era accaduto a Canne, dove i Romani si erano fatti massacrare perché stipati e circondati, avendo solo una minoranza degli effettivi capace di muovere e attaccare il nemico: così il vantaggio tattico che i Romani di solito ricavavano dalle armi, dalle armature e dall'addestramento dei soldati in quell'occasione venne meno.

Ma leggiamo Ammiano tutto d'un fiato, in quello che è uno dei passi più belli della storiografia romana: __“i fanti rimasero scoperti in gruppi così stipati gli uni agli altri che difficilmente potevano sguainare le spade o tirare indietro le braccia. Risuonavano orrende urla e a causa della polvere che si era levata era impossibile vedere il cielo e proteggersi dai mortali dardi che cadevano su bersagli sicuri. I barbari, riversatisi in immense schiere, calpestarono cavalli e uomini né era possibile in mezzo alla calca trovare un po' di spazio per ritirarsi e la ressa toglieva ogni possibilità di fuga. A causa della strage reciproca i corpi erano disseminati per terra e i campi erano coperti di cadaveri. Diffondevano un profondo terrore i gemiti dei morenti e di quanti erano stati colpiti da profonde ferite. I fanti, sfiniti dalla fatica e dai pericoli e poiché si erano spezzate la maggior parte delle lance, accontentandosi delle sole spade si gettavano contro le compatte schiere dei nemici senza curarsi più della loro vita. Nonostante che il terreno fosse sdrucciolevole, coperto come era da rivi di sangue, tentavano di vendere cara la loro pelle. Insomma, tutto era insozzato dal nero sangue e dovunque si volgesse lo sguardo s'incontravano mucchi di uccisi e corpi privi di vita.”__

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È una descrizione agghiacciante e credo per nulla iperbolica: al calare della sera il mattatoio era completo e più di due terzi del Comitatus d'oriente, il fior fiore delle truppe dell'impero e la maggior parte delle sue forze di reazione rapida giaceva sul campo di battaglia, morto o morente. Come dice Ammiano __“a queste perdite, a cui mai si sarebbe potuto rimediare e che costarono care allo stato romano pose fine la notte non illuminata dalla luna”__.

Nel caos nessuno sapeva dove si trovasse l'imperatore: Valente era stato al centro della battaglia ed era stato ferocemente difeso dai suoi. Non si sa quale fu la sua fine perché il suo corpo non fu mai ritrovato, inghiottito nella mattanza dei Romani, un soldato tra i suoi soldati e solo il secondo imperatore a morire in battaglia dopo Decio, anche lui morto per mano dei Goti ad Abritto, nel pieno della crisi del terzo secolo. Non c'era più nessuno ad opporsi ai Goti, l'Impero Romano d'oriente era alla mercé di chi volesse impadronirsene.

**L'inizio della fine? **

Non si può sottostimare il disastro che fu Adrianopoli: uno dei due veri eserciti da campagna dell'impero era stato spazzato via. L'imperatore che governava l'oriente da 14 anni era morto sul campo di battaglia. In occidente gli imperatori rimasti erano un ragazzino senza esperienza militare e un giovinetto di 7 anni. A guardia della frontiera con i persiani c'era solo una parte degli effettivi mentre la frontiera Danubiana era irrimediabilmente rotta e gli interi Balcani erano nelle mani dei razziatori Gotici che ora non avevano nessuno, proprio nessuno, che potesse davvero fermarli. Oltre a quello, la tigre aveva assaporato il sangue umano: il velo di invincibilità e destino che avvolgeva le forze di Roma proteggendole come uno scudo immaginario era stato squarciato e sotto si era visto che il re era nudo. Come in una tragedia greca la hybris dei Romani e di Valente, il fato, l'arroganza e la cecità avevano deciso il corso degli eventi. Molti, tanti storici ritracciano il vero inizio della caduta dell'Impero Romano a questa giornata afosa dell'agosto del 378.