XXIV puntata
Da Mosca La Voce della Russia.
Vi invitiamo all'ascolto della XXIV puntata del ciclo ”1812.
La bufera napoleonica” a cura di Dmitri Mincenok. Agosto 1812.
L'esercito russo è in ritirata. Nelle due capitali dell'impero ci si chiede il perché. Il fuoco delle critiche era concentrato sul comandante in capo Barklai De Tolli. “ Non c'era chi non avesse qualcosa da ridire contro il mio connazionale – ricorda un altro tedesco, il barone Karl Levestern, il generale più grasso dell'esercito, reduce di Borodinò. “ Senza alcun ritegno venivano enumerati i suoi presunti errori”. Per la verità, sin dall'inizio del conflitto, contro Barklai era stata intessuta una congiura vera e propria, preoccupante per i nomi degli aderenti.
A parte gli intriganti di professione, come il generale svedese conte Gustav Armfeldt, che nel 1811 aveva preso la cittadinanza russa e i tanti aiutanti di stato maggiore, si può dire che tutti i generali criticavano a gran voce Barklai e prima di tutti Benningsen, Bagration e Ermolov.
Personaggi autorevoli come il principe di Oldenburgo, il duca di Wurtenberg, e il gran principe Konstantin, fratello dello zar, comandante della Guardia, erano apertamente in conflitto con Barklai.
E non sarebbe stato un gran male se si fossero limitati ad un scambio segreto di lettere, in cui si faceva scempio del suo carattere, delle azioni militari compiute e delle idee in proposito. No.
Con grande sfoggio di ipocrisia quasi si arrivava ad accusarlo di tradimento. Nella Guardia e nelle unità di Benningsen venivano composte e difuse delle canzonette satiriche su di lui. In queste circostanze, l'esercito che non comprendeva i disegni del suo comandante, avrebbe mai potuto avere rispetto e amore per lui? Queste manovre contro Barklai erano motivate più che altro da una prevenzione nei confronti degli stranieri, alquanto naturale durante la guerra contro Napoleone.
Troviamo alcuni particolari curiosi nelle memorie di Ivan Stapanovic Zhirkevic, governatore di Vitebsk, che a 18 anni aveva combattuto a Austerlitz.
Ormai avanti negli anni, egli ricorda, come da giovane ufficiale, egli avesse visto arrivare il gran principe Konstantin nel suo reparto.
Costui per sollevare il morale della truppa si mise a dire a gran voce: “ Che ci possiamo fare, amici, non è colpa nostra…nelle vene di chi ci comanda non scorre sangue russo… E purtroppo dobbiamo obbedire… Non meno che a voi, questa cosa mi spezza il cuore…” Quando Barklai lo venne a sapere prese l'unica decisione possibile e allontanò immediatamente il Gran Principe Kostantin con il pretesto di un messaggio urgente per lo zar, in cui si dilungava sulle difficile condizioni in cui versava l'esercito e sui meriti dell'augusto fratello.
Trionfo della diplomazia. Drammatico fu il destino di Barklai…” Condottiero nobile e indipendente, audace fino all'eroismo, onesto e disinteressato – così scrive di lui il decabrista Fonvisin – fu lui a salvare la patria di cui si era messo al servizio, con una ritirata geniale che permise di conservare l'esercito…” Eppure questo capo che pensava ai bisogni dei soldati, era non solo non amato, ma continuamente veniva sospettato dei propositi più bassi…
Di chi fu la colpa di questa irriconoscenza clamorosa?
Del popolo barbaro – come pensa Pusckin – o di chi invece induceva quel popolo, scientemente o no, ad odiarlo? Barklai rimane nella storia della guerra non solo come uno stratega geniale.
Fu lui a mettere in atto la tattica della terra bruciata, che secondo Napoleone era più degna di un barbaro che un europeo, ma che gettò il seme della vittoria. Ritirandosi egli veniva criticato da ogni parte, dovette sacrificare il suo orgoglio, ma conservò l'esercito a lui affidato.
In questo forse più che altrove si manifestò la fermezza del suo carattere.
Specialmente all'inizio i capi militari russi avrebbero voluto strappare a tutti i costi una vittoria senza rendersi conto delle circostanze sfavorevoli e del pericolo della situazione.
Sarebbe stata una grave sciagura per la Russia se il comando supremo fosse passato a Bagration, un generale impetuoso e parecchio presuntuoso. Barklai e Bagration avevano un temperamento assolutamente opposto.
E facevano difficoltà ad andare d'accordo. Bagration si accendeva sempre come un fiammifero, mentre Barklai era di un proverbiale equilibrio. Bagration – scrive Fonvisin – era incomparabile nei suoi lampi di genio.
Soldato fino al midollo – dice il decabrista Volkonskii – era però debole nella strategia. Privo di ogni astuzia avrebbe provocato un sacco di guai se fosse stato nominato comandante supremo. I russi si ritiravano verso Smolensk.
Abbandonarla al suo destino avrebbe significato aprire le porte di Mosca. Ma era quanto si apprestava a fare Barklai. Alla battaglia di Borodinò mancavano poco più di venti giorni.
Avete ascoltato la XXIV puntata del ciclo “ 1812.
La bufera napoleonica “ a cura di Dmitri Mincenok.