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Radar Podcast, Radar ep.4: Globalizzazione addio?, con Innocenzo Cipolletta - YouTube

Radar ep.4: Globalizzazione addio?, con Innocenzo Cipolletta - YouTube

È vero che l'inversione in Ucraina sembra smentire il

fatto che la libertà dei commerci riduce i rischi di

guerra però dobbiamo anche riflettere che cosa sarebbe

successo se non ci fosse stata questa globalizzazione oggi

queste guerre che noi abbiamo sono ancora guerre locali e

compresa quella dell'Ucraina alla quale noi diamo supporto

all'Ucraina evidentemente per tutta ragione ma è ancora una

guerra locale non siamo finiti in una guerra di carattere

mondiale e io credo che questo dipenda anche dagli scambi

internazionali che ci sono.

Io sono Giuseppe Laterza e questo è radar un podcast degli

editori Laterza

radar è una serie di conversazioni settimanali sulle

questioni essenziali del nostro tempo. Ogni volta in compagnia

di un esperto per cercare di andare in profondità a

rimettere ordine e orientarsi.

Mentre il mondo o almeno il mondo occidentale 'sta uscendo

faticosamente dalla pandemia e pensavamo noi europei di

riprendere nel ventidue il cammino della crescita il

ventiquattro febbraio la Russia ha invaso l'ucraina eravamo

convinti che non succedesse anche quando c'era un

dispiegamento di forze e forse uno dei motivi per cui lo

ritenevamo e che diciamo ci affidavamo a una parola forse

abusata in questi anni che è globalizzazione cioè il fatto

che da ormai molti anni da decenni i mercati mondiali sono

connessi tra loro in maniera molto forte con interessi

globali, con interessi reciproci e con effetti anche

sull'aspetto militare voglio dire secondo le stime del fondo

monetario internazionale e la spesa militare si è ridotta

addirittura del cinquanta per cento negli ultimi

cinquant'anni alla Russia ha invaso l'Ucraina e le

conseguenze di quello che è successo sono molto importanti

non solo dal punto di vista militare, geopolitico, ma anche

dal punto di vista economico, conseguenze che rischiano di

andare avanti nel tempo, posto che la stessa guerra non è eh

quella guerra lampo che forse Putin pensava e sperava ma una

guerra che produce grandi cambiamenti, nelle alleanze

militari, nelleanze politiche, c'è una questione che

l'ampliamento della NATO ma anche conseguenze economiche

molto rilevanti. E torna il tema della globalizzazione.

Rimarrà ci sarà una minore globalizzazione o addirittura

finirà o ci sarà una globalizzazione selettiva per

aree con conseguenze molto rilevanti in tutti i casi sulla

nostra vita quotidiana. Ecco. Per ragionare su questo abbiamo

invitato una persona che da molti anni riflette su questo

tema è è stato anche come dire uno dei protagoni è uno dei

protagonisti del mondo economico italiano e anche

nella gestione che è Innocenzo Cipolletta economista, manager

per molti anni direttore di Confindustria e poi al vertice

di aziende importanti come le Ferrovie dello Stato, marzo,

marzo, marzo, marzo, marzotto eh e che oggi ha una serie di

incarichi importanti di vario tipo tra cui mi piace ricordare

quello di dell'associazione Economia della cultura perché

Cipolletta si è sempre occupato molto del rapporto tra queste

due sfere cipolletta è autore anche di vari libri tra cui per

Laterza la responsabilità dei ricchi, dal protezionismo alla

solidarietà e nel duemila e quattordici un libro

provocatorio nel nel titolo già in una serie che si chiamava

così falso punto esclamativo. Il suo si chiamava paghiamo

troppe tasse falso. Poi proprio un anno fa è uscito un libro

quasi profetico eh di Cipolletta che si chiamava la

nuova normalità. Istruzioni per un futuro migliore. Un libro

che a rileggerlo oggi fa molto impressione perché ci descrive

un futuro che passa attraverso una concartenazione di crisi.

Ci torneremo alla fine. Ma la prima domanda che vorrei fare è

no senso Cipolletta è di dirci molto in breve. Quando parliamo

di globalizzazione cosa intendiamo? Ci dai un po' il

contesto di questa parola innanzitutto buongiorno

innocenzo buongiorno buongiorno a voi. Buongiorno a tutti. Ehm

globalizzazione è una parola che ricorre nella storia

economica, nella politica nei nostri paesi perché fa rima con

internazionalizzazione, multilateralismo. Cioè

significa che i paesi cominciano ad aprirsi agli

scambi con gli altri paesi sia di persone sia di merci sia

anche di capitali e si inizia a ragionare in termini di

rapporti multilaterali. Cioè non più rapporti fra due paesi

che si mettono d'accordo su che cosa scambiarsi organizzarsi ma

un sistema dove se io apro a un paese sono tenuto ad aprire a

tutti quanti gli altri paesi alla stessa maniera. Questa è

stata diciamo la grande innovazione soprattutto nel

dopoguerra ma direi soprattutto dagli anni settanta in poi che

ha eh favorito una crescita dei commerci e degli scambi ma

anche delle relazioni interpersonali della

conoscenza, della cultura e che noi abbiamo chiamato

globalizzazione soprattutto quando è caduto il di Berlino e

l'Unione Sovietica si è praticamente sfaldata in

diversi paesi che hanno aderito poi al all'Europa e alle

condizioni dei mercati liberi e poi soprattutto quando la Cina

dopo l'esperienza di Maozio con la scelta di aprirsi ai mercati

è entrata il sia nel eh aderendo quindi alle regole del

commercio. Questa è stata la che è andata avanti per qualche

decennio incontrando poi delle difficoltà di cui oggi ne

abbiamo un po' eh le conseguenze. Ecco questa

globalizzazione che tu hai descritto mhm mhm in maniera

molto efficace. Era stata già messa alla prova in un certo

senso dalla pandemia. Cioè quando eh subiamo le

conseguenze di un virus che si diffonde in tutto il mondo per

certi versi dovremmo imparare uno dall'altro e dovremmo

gestirlo insieme abbiamo fatto in parte per certi versi però

questo shock così forte viene gestito da ogni paese in

maniera diversa. C'è come dire già in quel momento secondo te

una prima questione che investe il processo di globalizzazione?

Quando tu scrivi appunto la nuova normalità di cui forse è

bene che ci ricordi il perché del titolo. Eh che cosa che

cos'è questa crisi continua che descrivi nel libro? Beh dunque

la eh globalizzazione in realtà diceva i suoi primi colpi a mio

avviso proprio all'inizio del millennio che stiamo vivendo

con eh l'attentato alle due torri gemelle e agli Stati

Uniti d'America. Quella che è stato un evento di terrorismo

ha cominciato a obbligare i paesi a fare maggiori controlli

che ho ancora tutt'oggi sussistono quando si prende un

aereo si passa attraverso un metal detector bisogna mostrare

il la propria identità ci deve essere corrispondenza tra il

nome del passeggero eh che 'sta sul biglietto e il suo

passaporto. Eh tutte cose che prima non esistevano prima si

si andava tranquillamente si si aliva e si poteva addirittura

scambiare un biglietto con una persona e con un'altra nessuno

controllava i bagagli e quant'altro e questo ha

cominciato a mettere già alcuni paletti perché eh alcuni stati

sono considerati stati che ospitavano il terrorismo e

quindi erano messi qualche maniera a a guardare. Ma il

colpo forte alla globalizzazione non viene dalla

pandemia. Viene dalla crisi finanziaria del duemila e otto.

Con la crisi finanziaria del duemila e otto che fu una crisi

molto forte tant'è che addirittura la caduta del

prodotto interno lordo del duemila e otto duemila e nove

ha superato quella che era stata la grande crisi del

ventinove. E quindi è stata una recessione che ha interessato

tutto il mondo a partire da quel momento molti Stati hanno

cominciato a dire bisogna fare degli interventi per difendere

l'occupazione e difendere l'occupazione significa

proteggere le proprie imprese e cominciare a dargli sussidi da

un lato nazionalizzarle per evitare che vengano perse e

cominciare a chiudersi rispetto a quelli che sono gli altri

paesi e questo è avvenuto nei paesi più liberi del mondo gli

Stati Uniti d'America e il Regno Unito sono quelli che

hanno in qualche maniera infranto le regole del mercato

e sono entrati Salvini d'America nell'industria

automobilistica ce lo ricordiamo il Regno Unito nel

sistema bancario e anche gli Stati Uniti d'America del

sistema bancario evidentemente. E così abbiamo fatto un po'

tutti quanti noi. Quello è stato il germe della frattura

della globalizzazione. Poi è avvenuto l'era di Trump nel

duemila e quando è stato eletto e Trump ce lo ricordiamo tutti

quanti penso a mh di fatto eh contraddetto eh tutti gli

accordi di liberalizzazione che erano stati condotti fino a

quel momento eh sostenendo che gli Stati Uniti d'America erano

diciamo vittime eh di questi accordi e quindi eh ha

cominciato a mettere e minacciare dazi eh e chiusura

alle importazioni del Canada, del Messico, eh dell'Europa

della Cina, del Vietnam, dell'India, di tutti quanti i

paesi con i quali voleva ristabilire un rapporto di

carattere bilaterale. Questo è il colpo più forte. La condanna

del multilateralismo che secondo Trump aveva danneggiato

gli Stati Uniti d'America e il ritorno al bilateralismo. Un

bilateralismo dove ovviamente il paese è più forte gli Stati

Uniti d'America erano capaci di imporre le proprie condizioni è

stato un trauma per i processi di globalizzazione e tutti

quanti noi speravamo che una volta superato Trump le cose

non dico tornassero come prima ma insomma eh migliorassero e

invece lì è intervenuta come hai ricordato la pandemia la

pandemia eh ha di nuovo fatto crollare l'economia ha di nuovo

imposto agli stati di intervenire per proteggere le

proprie aziende e per salvaguardare l'occupazione ha

rotto una quantità di filiere che si erano eh stabilite

quando ci si è resi conto che e salvaguardare gli interessi

nazionali i paesi riservavano al proprio interno quelli che

erano alcuni prodotti di eh forte utilizzo durante la

pandemia dalle banali mascherine che non si trovavano

più ai respiratori fino alla ricerca per i vaccini che

cominciavano a essere diciamo trattati nazionalmente

piuttosto che internazionalmente. Questa

pandemia l'abbiamo superata anche grazie a un certo sforzo

di collaborazione internazionale ma è stato uno

sforzo di collaborazione internazionale molto regionale.

L'Europa si è fatta le sue difese. I Paesi si sono

organizzati per comprare i vaccini tutti quanti assieme,

gli Stati Uniti d'America hanno fatto la loro scelta e l'Asia

ha fatto le loro scelte. Ci siamo verso un processo di

regionalizzazione della internazionalizzazione. Non

tanto un'apertura multilaterale a tutti quanti i paesi ma

ognuno nel proprio contesto dove si sentiva più difeso. Poi

è intervenuta la guerra in Ucraina di cui purtroppo non si

abbiamo ancora eh le conseguenze e questo fenomeno

della eh diciamo del colpo alla globalizzazione si è così eh in

qualche maniera diventato ancora più mi chiedevi prima

appunto che cos'è la nuova normalità ecco quello che ho

raccontato questa è la nuova normalità. Se teniamo conto che

nei primi ventidue anni di questa secolo noi abbiamo avuto

almeno in questo punto quattro se non cinque e venti di

carattere straordinario eventi che si sono prodotti in qualche

parte del mondo ma che sia anestesico l'estrema rapidità

in tutto quanto il mondo questo è quello che succede quando i

paesi sono aperti. Se i paesi sono aperti quello che succede

in un angolo sperduto del mondo a tendenza a ripercuotersi su

tutti quanti. E questo è la nuova normalità in qualche

maniera cioè un rischio una possibilità di crisi e di

eventi e che eh possono prodursi e tutti di natura

diversa l'uno dall'altro. Ricordo che abbiamo cominciato

col terrorismo poi con la crisi finanziaria eh quindi con

l'avvento di una diciamo eh poco democratico come è stato

Trump. Poi la pandemia poi abbiamo avuto adesso la guerra

in Ucraina e eh domani chissà che cosa potrebbe avere. A

fronte di questa situazione i paesi cercano di essere

resilienti. Questa è la nuova parola, il nuovo dogma cioè non

c'è la possibilità di prevedere questi eventi però sappiamo che

se siamo forti, se rafforziamo le nostre strutture possiamo

resistere agli eventi, li possiamo in qualche maniera

banalizzare. Questo è un po' la ricerca e questo è anche quello

che l'Europa 'sta cerca di fare con il piano della next

generation EUR che è un piano per rafforzare le strutture e i

paesi europei affinché siano più forti e resistano alle

prossime crisi senza che noi sappiamo quali possano essere.

Sì dunque tu hai messo tanta carne al fuoco e l'ultima parte

del tuo discorso accenna una questione che ti vorrei porre

alla fine. E cioè se poi non sia necessario in qualche modo

per salvare il buono della globalizzazione governarla di

più in forme complesse. Però una delle questioni che hai

sfiorato è importante. Vorrei che tu ci dicessi qualcosa in

più perché tra l'altro al centro della eh edizione del

Festival Economia che si chiama Festival Internazionale di

Economia che si tiene a Torino diretta da Tito Boeri di cui tu

insieme alla casa editrice sei stato uno dei promotori fin dal

duemila e sei che è la questione delle diseguaglianze.

La lo è scritto anche nel libro sulla normalità eh ha generato

insieme eh riduzioni, diseguaglianze per esempio tra

i paesi cosiddetti in via di sviluppo ai paesi più ricchi ma

anche all'interno dei paesi maggiori diseguaglianze e

questo è legato a quei fenomeni di scontento della

globalizzazione come Trump, come altri partiti sovranisti

di cui fai cenno, ecco c'è secondo te questa relazione,

come si si è sviluppata negli anni? Sì, purtroppo c'è.

Diciamo che ogni medaglia ha il suo rovescio. Quindi se la

globalizzazione ha avuto degli effetti positivi ha avuto anche

dei risvolti di carattere negativo. Usando un'espressione

di danni eh la c'è stato un processo di integrazione

internazionale un processo di disintegrazione nazionale ehm e

questo è derivato sia dalla globalizzazione che da un

fattore che ha permesso la globalizzazione che è

tecnologico. Perché non ci dobbiamo dimenticare che

accanto agli eventi politici che hanno portato alla

internazionalizzazione dell'economia un fattore di

grande eh rilevanza e spessore è stato il progresso tecnico.

Senza il progresso tecnico è esploso negli anni settanta

dopo la prima crisi dal petrolio cioè l'era del

digitale noi non avremmo potuto avere questi processi di eh

globalizzazione. Eh il digitale ci ha consentito come è stato

detto a lungo di eh superare i problemi di spazio e di tempo e

quindi di mettere in connessione paesi lontanissimi

allo stesso momento e questo ha consentito di creare delle

filiere eh produttive, degli scambi e ancora oggi uno

scienziato degli Stati Uniti d'America può dialogare

tranquillamente con un cinese, con un russo e con un francese

se lo vuole fare senza nessun problema mentre prima era

effettivamente è decisamente più difficile. Quindi questi

progresso e questa internazionalizzazione hanno

portato a una riduzione delle differenze tra i paesi

addirittura è stata sconfitta la povertà nel senso che la

stessa Nazioni Unite hanno riconosciuto che per la prima

volta nei primi anni venti di questo secolo gli obiettivi di

riduzione della povertà che non erano mai stati raggiunti nel

passato sono stati raggiunti e i poveri nel mondo valore

assoluto sono diminuiti. Ma è aumentata di molto quella che

noi chiamiamo la povertà relativa cioè le differenze tra

i paesi. Perché? Da un lato c'è stata con la globalizzazione un

grosso spostamento delle capacità produttive verso i

paesi più poveri che quindi sono cresciuti. Però questo ha

significato per i paesi industrializzati eh di perdere

alcune attività. Ora complessivamente i paesi

industrializzati non hanno perso perché in realtà la loro

crescita è rimasta relativamente forte però non

sono le stesse persone, le stesse aziende, le stesse

località quelle che hanno riguadagnato posizione, si sono

perse attività e quindi persone hanno perso il lavoro, aziende

sono scomparse, villaggi e paesi sono diventati più poveri

nel contempo altre persone sono diventate più ricche, altre

aziende sono nate altre località sono diventate più

ricche e questo ha generato un processo di mhm diseguaglianza

crescente e anche di rancore perché è evidente che chi si

arricchisce 'sta tranquillo ma chi si impoverisce s'arrabbia.

E questo è avvenuto per i processi di delocalizzazione

della globalizzazione ma anche è avvenuto per i il progresso

tecnico perché il progresso tecnico spiazza alcune attività

eh mette a bando coloro che non riescono a stare all'altezza e

a seguire il progresso tecnico che diventano più poveri mentre

diventano molto ma molto ricchi tutti coloro che riescono ad

approfittare di questo progresso tecnico questo nei

paesi industriali ma qualcosa di analogo è successo nei paesi

eh emergenti perché da loro lo sviluppo che è stato molto

forte e che ha veramente fatto uscire dalla povertà intere

popolazioni è anche vero che si è concentrato in alcune

regioni, in alcune città, su alcune fasce della popolazione

mentre altre sono rimaste molto indietro e questo sicuramente

ha generato un effetto di contro questi processi che

disintegravano in terre pesi. Tenendo anche presente il fatto

che eh i governi dei singoli paesi eh con la globalizzazione

hanno perso la capacità di intervento che avevano prima.

Quando prima avevamo ciascuno la propria moneta e ciascuno il

controllo dei propri confini evidentemente eh potevamo fare

le nostre politiche eravamo tutti più poveri però potevamo

ci sentivamo autonomi perché potevamo la nostra moneta se

desideravamo farla potevamo rivalutarla potevamo chiudere i

nostri confini con Dassi potevamo aprirli. Adesso la

politica di un governo invece dipende da quelle che sono

alcune condizioni del mercato internazionale. E quindi

finisce per essere meno autonoma e siccome la gente

vota per i governi per avere certi risultati i governi non

sono restati in grado di rispondere. E anche questo ha

portato a quel fenomeno del di cui non solo l'Italia ma tutto

quanto il mondo in questo momento eccetera. Quindi questi

sono i risultati i risvolti negativi della globalizzazione

ma anche i motivi per cui adesso ci troviamo in una fase

di deglobalizzazione sì quello che tu hai messo in rilievo

nell'ultima parte della tua risposta oltre a diseguaglianze

la connessione è molto forte tra economia e politica.

Ricordo noi abbiamo pubblicato qualche tempo fa un saggio

molto forte con una tesi molto forte di Steven Lewinsky e

Daniel sono due docenti di ad un economista e uno storico che

ha come titolo, come muoiono le democrazie, i la tesi del

saggio, centrato su Trump, ma non solo e che c'è un rischio

molto forte che dentro al processo di globalizzazione o

di economia di mercato, se vogliamo si eh inneschi una

spirale autoritaria in cui le élite non sono consapevoli del

fatto che stanno varcando una soglia, oggi eh molte delle

grandi nazioni che sono competitor, su nello scenario

della globalizzazione, sono retti da regimi autoritari e

qui c'è un secondo libro su cui ti volevo sollecitare un libro

scritto da Branco Milanovic. Branco Milano c'è un economista

che ha teorizzato per primo le diseguaglianze. Ha scritto un

libro con la famosa curva dell'elefante in cui si vedeva

che appunto una parte di popolazione dell'India, della

Cina viene tolta, sottratta la povertà come dicevi tu, diventa

ceto medio mentre un'altra parte invece in occidente dice

Tomedio si impoverisce. L'ultimo libro di Milanovic che

noi abbiamo pubblicato si chiama capitalismo contro

capitalismo. E il sottotitolo è la sfida che decide il nostro

futuro. Cosa dice Milanovic in una battuta? Che oggi ehm negli

ultimi decenni si sono confrontati due capitalismi. Un

capitalismo liberale diciamo in Occidente. È un capitalismo

politico in oriente. Il capitalismo se vogliamo della

Cina ma si potrebbe anche dire per certi versi della Turchia

di Orban perfino e comunque forse anche di di Putin. E

quindi torniamo al tema della globalizzazione. Diciamo così.

Eh è se gli attori di questa globalizzazione i paesi, i

soggetti che la portano avanti hanno un regime politico

liberale o invece hanno un regime autoritario e

l'invasione della Russia non ci ha messo di fronte in maniera

traumatica al fatto che non è affatto indifferente con chi

scambiamo anche dal punto di vista politico? Sì ovviamente

sarebbe preferibile almeno da parte nostra che la

globalizzazione eh portasse anche democrazia in tutti

quanti i paesi e abbiamo visto che quello che Milanovic chiama

un capitalismo autoritario in realtà ehm non solo non ha

democrazia ma diventa anche un pericolo per quanto riguarda il

mondo ma anche per la globalizzazione ecco perché

autoritarismo significa non rispetto delle regole non

rispetto delle regole perché si è autoritari quando si ha una

capacità di essere al di sopra delle leggi e questo cozza in

maniera molto forte con quello che è il eh la globalizzazione

perché la globalizzazione per essere una vera globalizzazione

deve essere un rapporto in cui le regole prevalgono su quelle

che sono le autorità eh che sono preposti in qualche

maniera a farle eh applicare. E quindi da questo punto di vista

è vero che una globalizzazione non può che avvenire fra paesi

democratici se vogliamo che sia globalizzazione. Però dobbiamo

anche renderci conto che non siamo nel mondo dei desideri

siamo nel mondo della realtà. E il mondo della realtà è fatto

di eh paesi che ancora non hanno raggiunto livelli di

democrazia simili ai nostri. Allora e qui è quello che 'sta

avvenendo in questo momento. Cosa fare di fronte a una

situazione di questo genere? Negli anni passati noi abbiamo

detto beh apriamoci con loro cerchiamo di stabilire dei

rapporti eh corretti e speriamo eh che la nostra e l'apertura

dei commerci possa portare questi paesi verso una maggiore

democrazia. Oggi si 'sta andando verso una direzione

opposta. Con alcuni paesi non è possibile avere dei rapporti

corretti facciamo quella che si chiama la globalizzazione solo

fra paesi amici. La Yellen ha parlato di friend shoring che è

il ministro delle tesoro americano per intendere dire

che bisogna riportare le filiere di verso quei paesi dei

quali ci si può fidare e quindi da questo punto di vista una

globalizzazione che sia più regionale più eh centrata su

quelli che sono paesi che hanno alleanza. Non saprei dire se

sono paesi democratici diciamo paesi con i quali ci si può

fidare perché magari si è fatto un accordo eh forte o perché

sono dominati da una parte o dall'altra del mondo. Questa è

la tendenza di una rigloba selettiva a blocchi eh è meglio

della precedente. Francamente non lo so a cuore direi di no.

Direi di no perché eh la speranza che eh la

globalizzazione multilaterale potesse favorire anche processi

di democrazia secondo me non è fallita. Anche se ci troviamo

la Russia di Putin e ci troviamo la eh Cina eh

autoritaria. Non è fallita perché se pensiamo che cos'era

la Russia prima di Putin? Cioè la Russia sovietica e se

pensiamo a cos'era la Cina di Maozzetonga beh allora possiamo

dire che la democrazia in questi paesi comunque è

avanzata oggi c'è un'opposizione in Russia che

comincia a manifestarsi e c'è una buona opposizione anche in

Cina malgrado una forte difficoltà che ha a

manifestarsi in questo paese e abbiamo intellettuali, cinesi e

russi sono usciti in maniera molto forte che stanno fuori da

questi paesi e che faranno opinione nei loro paesi. Quindi

secondo me non è vero che la globalizzazione ha fallito nel

favorire processi di democrazia. Ci vuole tempo eh

ci vuole pazienza e ci vuole perseveranza in questo tipo di

ora. Se ci chiudiamo in regioni omogenee il rischio forte è che

un 'giorno cominciamo di nuovo a farci la guerra per

sovrastare l'una con l'altra. È vero che l'invasione

dell'Ucraina sembra smentire il fatto che la libertà dei

commerci riduce i rischi di guerra però dobbiamo anche

riflettere che cosa sarebbe successo se non ci fosse stata

questa globalizzazione. Oggi queste guerre che noi abbiamo

sono ancora guerre locali. E compresa quella dell'Ucraina

alla quale noi diamo supporto all'Ucraina evidentemente per

tutta ragione ma è ancora una guerra non siamo finiti in una

guerra di carattere mondiale e io credo che questo dipenda

anche dagli scambi internazionali che ci sono.

Basti pensare che noi cerchiamo di combattere oggi l'invasione

della Russia in Ucraina attraverso processi di

deglobalizzazione cioè utilizzando la finanza e gli

scambi e isolando la Russia da questi eh fenomeni pensando e

sperando e sono convinto che sicuramente avranno effetto che

questi affideranno per indurre la Russia a più mitico

consigli. Ecco, se non avessimo avuto questi scambi, non

avremmo avuto neanche quest'arma per cercare di

fermare Putin. Prendo la palla al balzo ma sono efficaci

queste sanzioni, perché come tu sai, c'è una grande discussione

su questo, c'è chi dice che in realtà le sanzioni alla fine

colpiscono il popolo russo ma i consensi di Putin sembrano

addirittura aumentare cioè, da una parte forse, dovresti

descriverci anche l'effetto giunturale. Noi ci avviamo

forse a una fase recessiva addirittura di stack frazione

dice qualcuno stagnazione e aumento dei prezzi che colpirà

soprattutto secondo quello che ci dice anche la banca mondiale

i paesi più poveri in cui aumenteranno la crisi del

debito e che non riusciranno a pagarsi i propri debiti ma che

colpirà tutti. Quindi da una parte ci avviamo verso la

recessione dall'altra effettivamente queste sanzioni

poi funzionano cioè funzionano nel senso di colpire vero

bersaglio che è il regime di Putin? Ma io credo che le

sanzioni funzionano se sono eh sanzioni temporanee e sono e se

sono minacciate come sanzioni temporanee? Cioè se appunto gli

si fa capire che qualora lui cambiasse politica noi torniamo

a eliminare queste sanzioni evidentemente secondo me queste

possono avere un effetto perché c'è uno scambio quello che mi

preoccupa in questo momento è che molti cominciano a pensare

che queste sanzioni non siano sanzioni ma devono essere la

domani. E quindi che bisogna tagliare per sempre i legami

con questo paese. E se questo è vero allora non c'è più nessun

vantaggio da parte della Russia di eh cambiare politica perché

comunque rimarrebbe sotto queste sanzioni. E io credo che

se queste sanzioni sono ottenute per qualche mese e si

conferma che qualora si torni in una situazione di normalità

vengono eliminate queste possono avere un loro effetto

certo se si radicalizzano poi alla fine non hanno più nessun

effetto come tutte le cose come tutte le armi a lungo andare

non hanno più il loro effetto. Ecco, riprendiamo il tema che

hai riposto anche tu all'inizio cioè della possibilità di in

qualche modo fare di necessità virtù potremmo dire cioè di

prendere la criticità, l'imprevedibilità e costruire

dei meccanismi tu dicevi di protezione. Ovviamente questi

meccanismi sono interni a ciascun paese quindi banalmente

è stato detto durante il covid che bisogna creare più posti

letto negli ospedali per essere pronti ad accogliere le persone

diciamo affette dal virus ma sono anche europei. Tu hai

citato il sto sempre all'esempio del covid.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità che dovrebbe attrezzarsi

per coordinare le politiche di contrasto. Ecco su questa falsa

riga non pensi che dovremmo veramente fare un esercizio di

immaginazione anche per quanto riguarda ad esempio l'ONU cioè

che senso ha il riarmo da una parte all'altra quando la

principale agenzia internazionale è impotente. Non

ci dovrebbe essere in realtà l'unico potere di sanzionamento

lì. Certo ci sono dei vincoli, c'è una struttura col potere di

veto della Russia fatta dalla seconda guerra mondiale, però

tu all'inizio della nuova normalità hai messo una frase

bellissima di Max che dice se non si tentasse sempre

l'impossibile non si conseguirebbe mai il possibile.

Allora, governare la globalizzazione così forse è

impossibile. Però tentare per costruire almeno sistemi come

si dice di governance più efficaci forse o in questa

situazione o sbaglio? Assolutamente sì. Eh io credo

che sono questi i momenti in cui bisogna pensare a delle

cose anche se sembrano impossibili da realizzare eh in

questo momento. Ma bisogna sicuramente darsi una direzione

che è di quella di carattere internazionale. Eh l'Europa non

basta. Ehm davanti a noi abbiamo rischi di pandemie

anche future. Abbiamo un sicuro rischio climatico. Dobbiamo

abbassare la temperatura del pianeta. Dobbiamo convertire i

sistemi energetici. Dobbiamo badare alla riforestazione del

pianeta. È possibile fare questo qui a livello nazionale

o regionale sicuramente no non è assolutamente possibile. E

quindi dobbiamo in qualche maniera riprendere la strada di

dare una vitalità agli organismi internazionali magari

alcune parti del loro statuto. Però noi dobbiamo creare una

sorta di governo mondiale che dipende da questi organismi.

L'ONU è sicuramente l'organismo più importante anche se molto

denigrato anche con i sistemi di vento comunque resta un

ambito importante nel quale eh si possa cercare di discutere.

Ricordiamoci che quando la società delle nazioni venne

abolita dopo la prima guerra mondiale praticamente poi siamo

finiti della seconda guerra mondiale. Quindi teniamoci

l'ONU anche con tutti quanti i suoi difetti. Dobbiamo fare

degli organismi internazionali che sono organismo nella sanità

eh l'UNESCO eh la FAO ehm tutte eh le la banca mondiale, il

fondo monetario. Ognuno di questi qua deve darsi delle

regole per riuscire in qualche maniera a raggiungere quelli

che sono obiettivi di carattere generale e ricostituire la

capacità di discussione all'interno di queste di questi

organismi. In questa maniera si può recuperare eh il rapporto

fra i diversi paesi aspettando che si liberalizzi e si torni a

sistemi un po' più democratici di quelli che abbiamo avuto

adesso dobbiamo ehm guidare il mondo con con le persone che ci

sono non è che possiamo immaginare soltanto di

chiuderci in quelli che sono paesi paesi nostri. Io credo

che questo qui sia possibile sia necessario e mi auguro che

venga fatto. Ecco vorrei farti un'ultima domanda nel festi

nazionale di economia che si 'sta per aprire a Torino

abbiamo invitato insieme a Tito Boeri insieme al comitato

editoriale che tu presiedi eh alcuni dei maggiori economisti

del mondo a ragionare su questi temi anche di cui abbiamo

appena parlato il titolo del Festival merito diversità e

giustizia sociale li abbiamo collocati su uno scenario

internazionale e il festival come i i migliori festival sono

luoghi dove ci si scambiano idee dove si condivide le idee

si condivide il risultato delle ricerche degli economisti, ma

non solo, con un pubblico ampio. Ecco, tu hai avuto la

fortuna di essere insieme un economista, un'analista, uno

che ha fatto ricerca e anche però un uomo della pratica,

come si dice, del nuovo pragmatico che si è trovato a

dover gestire ehm, come dire, situazioni diverse, imprese,

anche grandi imprese, di vario tipo. Che influenza nella tua

esperienza hanno le ide su chi poi si trova a prendere le

decisioni. Sono due campi separati, sono due campi con

contatti ricordi la famosa frase di che diceva le gli

uomini al potere son dei pazzi che odono echi diciamo delle

voci, degli economisti defunti i quali neanche sanno che

esistevano ma sono condizionati da stereotipi elaborati magari

qualche anno prima, ecco. Nella situazione in cui siamo e che

tu hai appena descritto, molto efficacemente di idee nuove

abbiamo uno straordinario bisogno perché dobbiamo

costruire istituzioni nuove. Tu che affidamento fai sulla

possibilità che le idee degli economisti ma non solo poi si

traducano in opere cioè che siano in qualche modo assunte

dai politici ma anche dagli imprenditori, dagli uomini che

agiscono nelle istituzioni. E io credo che ci sia un rapporto

biunivoco fra fatti e idee. Eh sicuramente molti fatti

dipendono dalle idee che abbiamo e soprattutto quelle

del passato che aveva ragione perché un'idea si diffonda eh

presuppone tempo e quindi c'è una distanza di tempo anche a

volte lungo fra il momento in cui l'idea viene posta

elaborata e il momento in cui si è diffusa e quindi viviamo

tutti quanti un po' con le idee del passato ed è importante

quindi oggi costruirne delle nuove perché avranno influenza

nel futuro se riusciamo in qualche maniera a darne delle

basi razionali e a farle diffondere eh queste idee e da

questo punto di vista luoghi come il Festival dell'Economia,

libri che vengono scritti, conferenze che vengono fatte,

film che vengono proiettati, romanzi, che vengono letti,

sono tutti elementi forti per la costruzione di questa

convinzione senza però dimenticare che anche i fatti

producono delle idee, nel senso che eh se a un certo punto a

via lui una pandemia avviene una guerra, avere una crisi

questa influence alcuni pensatori i quali cominciano a

diffondere delle idee in funzione di questa crisi. E

quindi dobbiamo giocare su questo rimpallo che esiste fra

idee e fatti e oggi cercare in qualche maniera di superare i

fatti perché i fatti che ci stanno davanti sono fatti che

portano a idee di guerra, a idee di difesa, ha idea di

chiudersi uno rispetto agli altri. Ecco, questi fatti in

qualche maniera stanno delle idee. Dobbiamo adesso produrre

delle idee che siano capaci di superare anche questi fatti. E

quindi per concludere ti chiedo di dirmi se riscriveresti oggi

la frase che hai scritto nell'introduzione al tuo libro

sulla nuova normalità quando scrivevi che cito testualmente

schiacciati sui problemi del presente spesso tendiamo a

proiettare la situazione che viviamo anche sul futuro che ci

appare per forza di cose cupo e spaventoso. Non riusciamo a

immaginare un futuro diverso da quello che viviamo eppure non è

così riscriveresti? Assolutamente sì perché penso

che dobbiamo superare questa miopia eh che è una miopia

naturale eh non la 'sto condannando non è ma è normale

che ciascuno cerchi di eh immaginare un futuro e lo

immagina uguale al presente mentre dobbiamo attraverso non

solo la fantasia ma la conoscenza della storia capire

che le cose possono essere cambiate e quindi essere attori

del cambiamento è piuttosto che vittime di un passato. Bene ti

ringrazio moltissimo è stato veramente come sempre molto

chiaro e molto illuminante nel senso che ci hai dato molti

spunti per reagire anche alle difficoltà tutti quelli che

conoscono un po' Innocenzo Cipolletta sanno che da una

parte Cipolletta è un'analista che non risparmia nessuna

difficoltà ma dall'altra è anche un'inguaribile ottimista

diciamo l'ottimismo della volontà cioè di chi sa che poi

le cose si possono cambiare appunto anche in base alle

buone idee. Ti ringrazio molto e alla prossimo nostro

incontro. Grazie grazie a voi.

Avete ascoltato radar un podcast degli editori Laterza

post produzione e musica a cura di Matteo Portelli


Radar ep.4: Globalizzazione addio?, con Innocenzo Cipolletta - YouTube Radar ep.4: Auf Wiedersehen Globalisierung?, mit Innocenzo Cipolletta - YouTube Radar ep.4: Globalization goodbye?, with Innocent Cipolletta - YouTube Radar ep.4: ¿Adiós a la globalización?, con Innocenzo Cipolletta - YouTube Radar ep.4 : Goodbye globalisation, avec Innocenzo Cipolletta - YouTube Radar ep.4: Vaarwel globalisering, met Innocenzo Cipolletta - YouTube Radar ep.4: Żegnaj globalizacjo, z Innocenzo Cipolletta - YouTube Radar ep.4: Adeus globalização?, com Innocenzo Cipolletta - YouTube Radar ep.4: Goodbye globalisation?, with Innocenzo Cipolletta - YouTube Radar ep.4: Farväl globalisering?, med Innocenzo Cipolletta - YouTube

È vero che l'inversione in Ucraina sembra smentire il

fatto che la libertà dei commerci riduce i rischi di

guerra però dobbiamo anche riflettere che cosa sarebbe

successo se non ci fosse stata questa globalizzazione oggi

queste guerre che noi abbiamo sono ancora guerre locali e

compresa quella dell'Ucraina alla quale noi diamo supporto

all'Ucraina evidentemente per tutta ragione ma è ancora una

guerra locale non siamo finiti in una guerra di carattere

mondiale e io credo che questo dipenda anche dagli scambi

internazionali che ci sono.

Io sono Giuseppe Laterza e questo è radar un podcast degli

editori Laterza

radar è una serie di conversazioni settimanali sulle

questioni essenziali del nostro tempo. Ogni volta in compagnia

di un esperto per cercare di andare in profondità a

rimettere ordine e orientarsi.

Mentre il mondo o almeno il mondo occidentale 'sta uscendo

faticosamente dalla pandemia e pensavamo noi europei di

riprendere nel ventidue il cammino della crescita il

ventiquattro febbraio la Russia ha invaso l'ucraina eravamo

convinti che non succedesse anche quando c'era un

dispiegamento di forze e forse uno dei motivi per cui lo

ritenevamo e che diciamo ci affidavamo a una parola forse

abusata in questi anni che è globalizzazione cioè il fatto

che da ormai molti anni da decenni i mercati mondiali sono

connessi tra loro in maniera molto forte con interessi

globali, con interessi reciproci e con effetti anche

sull'aspetto militare voglio dire secondo le stime del fondo

monetario internazionale e la spesa militare si è ridotta

addirittura del cinquanta per cento negli ultimi

cinquant'anni alla Russia ha invaso l'Ucraina e le

conseguenze di quello che è successo sono molto importanti

non solo dal punto di vista militare, geopolitico, ma anche

dal punto di vista economico, conseguenze che rischiano di

andare avanti nel tempo, posto che la stessa guerra non è eh

quella guerra lampo che forse Putin pensava e sperava ma una

guerra che produce grandi cambiamenti, nelle alleanze

militari, nelleanze politiche, c'è una questione che

l'ampliamento della NATO ma anche conseguenze economiche

molto rilevanti. E torna il tema della globalizzazione.

Rimarrà ci sarà una minore globalizzazione o addirittura

finirà o ci sarà una globalizzazione selettiva per

aree con conseguenze molto rilevanti in tutti i casi sulla

nostra vita quotidiana. Ecco. Per ragionare su questo abbiamo

invitato una persona che da molti anni riflette su questo

tema è è stato anche come dire uno dei protagoni è uno dei

protagonisti del mondo economico italiano e anche

nella gestione che è Innocenzo Cipolletta economista, manager

per molti anni direttore di Confindustria e poi al vertice

di aziende importanti come le Ferrovie dello Stato, marzo,

marzo, marzo, marzo, marzotto eh e che oggi ha una serie di

incarichi importanti di vario tipo tra cui mi piace ricordare

quello di dell'associazione Economia della cultura perché

Cipolletta si è sempre occupato molto del rapporto tra queste

due sfere cipolletta è autore anche di vari libri tra cui per

Laterza la responsabilità dei ricchi, dal protezionismo alla

solidarietà e nel duemila e quattordici un libro

provocatorio nel nel titolo già in una serie che si chiamava

così falso punto esclamativo. Il suo si chiamava paghiamo

troppe tasse falso. Poi proprio un anno fa è uscito un libro

quasi profetico eh di Cipolletta che si chiamava la

nuova normalità. Istruzioni per un futuro migliore. Un libro

che a rileggerlo oggi fa molto impressione perché ci descrive

un futuro che passa attraverso una concartenazione di crisi.

Ci torneremo alla fine. Ma la prima domanda che vorrei fare è

no senso Cipolletta è di dirci molto in breve. Quando parliamo

di globalizzazione cosa intendiamo? Ci dai un po' il

contesto di questa parola innanzitutto buongiorno

innocenzo buongiorno buongiorno a voi. Buongiorno a tutti. Ehm

globalizzazione è una parola che ricorre nella storia

economica, nella politica nei nostri paesi perché fa rima con

internazionalizzazione, multilateralismo. Cioè

significa che i paesi cominciano ad aprirsi agli

scambi con gli altri paesi sia di persone sia di merci sia

anche di capitali e si inizia a ragionare in termini di

rapporti multilaterali. Cioè non più rapporti fra due paesi

che si mettono d'accordo su che cosa scambiarsi organizzarsi ma

un sistema dove se io apro a un paese sono tenuto ad aprire a

tutti quanti gli altri paesi alla stessa maniera. Questa è

stata diciamo la grande innovazione soprattutto nel

dopoguerra ma direi soprattutto dagli anni settanta in poi che

ha eh favorito una crescita dei commerci e degli scambi ma

anche delle relazioni interpersonali della

conoscenza, della cultura e che noi abbiamo chiamato

globalizzazione soprattutto quando è caduto il di Berlino e

l'Unione Sovietica si è praticamente sfaldata in

diversi paesi che hanno aderito poi al all'Europa e alle

condizioni dei mercati liberi e poi soprattutto quando la Cina

dopo l'esperienza di Maozio con la scelta di aprirsi ai mercati

è entrata il sia nel eh aderendo quindi alle regole del

commercio. Questa è stata la che è andata avanti per qualche

decennio incontrando poi delle difficoltà di cui oggi ne

abbiamo un po' eh le conseguenze. Ecco questa

globalizzazione che tu hai descritto mhm mhm in maniera

molto efficace. Era stata già messa alla prova in un certo

senso dalla pandemia. Cioè quando eh subiamo le

conseguenze di un virus che si diffonde in tutto il mondo per

certi versi dovremmo imparare uno dall'altro e dovremmo

gestirlo insieme abbiamo fatto in parte per certi versi però

questo shock così forte viene gestito da ogni paese in

maniera diversa. C'è come dire già in quel momento secondo te

una prima questione che investe il processo di globalizzazione?

Quando tu scrivi appunto la nuova normalità di cui forse è

bene che ci ricordi il perché del titolo. Eh che cosa che

cos'è questa crisi continua che descrivi nel libro? Beh dunque

la eh globalizzazione in realtà diceva i suoi primi colpi a mio

avviso proprio all'inizio del millennio che stiamo vivendo

con eh l'attentato alle due torri gemelle e agli Stati

Uniti d'America. Quella che è stato un evento di terrorismo

ha cominciato a obbligare i paesi a fare maggiori controlli

che ho ancora tutt'oggi sussistono quando si prende un

aereo si passa attraverso un metal detector bisogna mostrare

il la propria identità ci deve essere corrispondenza tra il

nome del passeggero eh che 'sta sul biglietto e il suo

passaporto. Eh tutte cose che prima non esistevano prima si

si andava tranquillamente si si aliva e si poteva addirittura

scambiare un biglietto con una persona e con un'altra nessuno

controllava i bagagli e quant'altro e questo ha

cominciato a mettere già alcuni paletti perché eh alcuni stati

sono considerati stati che ospitavano il terrorismo e

quindi erano messi qualche maniera a a guardare. Ma il

colpo forte alla globalizzazione non viene dalla

pandemia. Viene dalla crisi finanziaria del duemila e otto.

Con la crisi finanziaria del duemila e otto che fu una crisi

molto forte tant'è che addirittura la caduta del

prodotto interno lordo del duemila e otto duemila e nove

ha superato quella che era stata la grande crisi del

ventinove. E quindi è stata una recessione che ha interessato

tutto il mondo a partire da quel momento molti Stati hanno

cominciato a dire bisogna fare degli interventi per difendere

l'occupazione e difendere l'occupazione significa

proteggere le proprie imprese e cominciare a dargli sussidi da

un lato nazionalizzarle per evitare che vengano perse e

cominciare a chiudersi rispetto a quelli che sono gli altri

paesi e questo è avvenuto nei paesi più liberi del mondo gli

Stati Uniti d'America e il Regno Unito sono quelli che

hanno in qualche maniera infranto le regole del mercato

e sono entrati Salvini d'America nell'industria

automobilistica ce lo ricordiamo il Regno Unito nel

sistema bancario e anche gli Stati Uniti d'America del

sistema bancario evidentemente. E così abbiamo fatto un po'

tutti quanti noi. Quello è stato il germe della frattura

della globalizzazione. Poi è avvenuto l'era di Trump nel

duemila e quando è stato eletto e Trump ce lo ricordiamo tutti

quanti penso a mh di fatto eh contraddetto eh tutti gli

accordi di liberalizzazione che erano stati condotti fino a

quel momento eh sostenendo che gli Stati Uniti d'America erano

diciamo vittime eh di questi accordi e quindi eh ha

cominciato a mettere e minacciare dazi eh e chiusura

alle importazioni del Canada, del Messico, eh dell'Europa

della Cina, del Vietnam, dell'India, di tutti quanti i

paesi con i quali voleva ristabilire un rapporto di

carattere bilaterale. Questo è il colpo più forte. La condanna

del multilateralismo che secondo Trump aveva danneggiato

gli Stati Uniti d'America e il ritorno al bilateralismo. Un

bilateralismo dove ovviamente il paese è più forte gli Stati

Uniti d'America erano capaci di imporre le proprie condizioni è

stato un trauma per i processi di globalizzazione e tutti

quanti noi speravamo che una volta superato Trump le cose

non dico tornassero come prima ma insomma eh migliorassero e

invece lì è intervenuta come hai ricordato la pandemia la

pandemia eh ha di nuovo fatto crollare l'economia ha di nuovo

imposto agli stati di intervenire per proteggere le

proprie aziende e per salvaguardare l'occupazione ha

rotto una quantità di filiere che si erano eh stabilite

quando ci si è resi conto che e salvaguardare gli interessi

nazionali i paesi riservavano al proprio interno quelli che

erano alcuni prodotti di eh forte utilizzo durante la

pandemia dalle banali mascherine che non si trovavano

più ai respiratori fino alla ricerca per i vaccini che

cominciavano a essere diciamo trattati nazionalmente

piuttosto che internazionalmente. Questa

pandemia l'abbiamo superata anche grazie a un certo sforzo

di collaborazione internazionale ma è stato uno

sforzo di collaborazione internazionale molto regionale.

L'Europa si è fatta le sue difese. I Paesi si sono

organizzati per comprare i vaccini tutti quanti assieme,

gli Stati Uniti d'America hanno fatto la loro scelta e l'Asia

ha fatto le loro scelte. Ci siamo verso un processo di

regionalizzazione della internazionalizzazione. Non

tanto un'apertura multilaterale a tutti quanti i paesi ma

ognuno nel proprio contesto dove si sentiva più difeso. Poi

è intervenuta la guerra in Ucraina di cui purtroppo non si

abbiamo ancora eh le conseguenze e questo fenomeno

della eh diciamo del colpo alla globalizzazione si è così eh in

qualche maniera diventato ancora più mi chiedevi prima

appunto che cos'è la nuova normalità ecco quello che ho

raccontato questa è la nuova normalità. Se teniamo conto che

nei primi ventidue anni di questa secolo noi abbiamo avuto

almeno in questo punto quattro se non cinque e venti di

carattere straordinario eventi che si sono prodotti in qualche

parte del mondo ma che sia anestesico l'estrema rapidità

in tutto quanto il mondo questo è quello che succede quando i

paesi sono aperti. Se i paesi sono aperti quello che succede

in un angolo sperduto del mondo a tendenza a ripercuotersi su

tutti quanti. E questo è la nuova normalità in qualche

maniera cioè un rischio una possibilità di crisi e di

eventi e che eh possono prodursi e tutti di natura

diversa l'uno dall'altro. Ricordo che abbiamo cominciato

col terrorismo poi con la crisi finanziaria eh quindi con

l'avvento di una diciamo eh poco democratico come è stato

Trump. Poi la pandemia poi abbiamo avuto adesso la guerra

in Ucraina e eh domani chissà che cosa potrebbe avere. A

fronte di questa situazione i paesi cercano di essere

resilienti. Questa è la nuova parola, il nuovo dogma cioè non

c'è la possibilità di prevedere questi eventi però sappiamo che

se siamo forti, se rafforziamo le nostre strutture possiamo

resistere agli eventi, li possiamo in qualche maniera

banalizzare. Questo è un po' la ricerca e questo è anche quello

che l'Europa 'sta cerca di fare con il piano della next

generation EUR che è un piano per rafforzare le strutture e i

paesi europei affinché siano più forti e resistano alle

prossime crisi senza che noi sappiamo quali possano essere.

Sì dunque tu hai messo tanta carne al fuoco e l'ultima parte

del tuo discorso accenna una questione che ti vorrei porre

alla fine. E cioè se poi non sia necessario in qualche modo

per salvare il buono della globalizzazione governarla di

più in forme complesse. Però una delle questioni che hai

sfiorato è importante. Vorrei che tu ci dicessi qualcosa in

più perché tra l'altro al centro della eh edizione del

Festival Economia che si chiama Festival Internazionale di

Economia che si tiene a Torino diretta da Tito Boeri di cui tu

insieme alla casa editrice sei stato uno dei promotori fin dal

duemila e sei che è la questione delle diseguaglianze.

La lo è scritto anche nel libro sulla normalità eh ha generato

insieme eh riduzioni, diseguaglianze per esempio tra

i paesi cosiddetti in via di sviluppo ai paesi più ricchi ma

anche all'interno dei paesi maggiori diseguaglianze e

questo è legato a quei fenomeni di scontento della

globalizzazione come Trump, come altri partiti sovranisti

di cui fai cenno, ecco c'è secondo te questa relazione,

come si si è sviluppata negli anni? Sì, purtroppo c'è.

Diciamo che ogni medaglia ha il suo rovescio. Quindi se la

globalizzazione ha avuto degli effetti positivi ha avuto anche

dei risvolti di carattere negativo. Usando un'espressione

di danni eh la c'è stato un processo di integrazione

internazionale un processo di disintegrazione nazionale ehm e

questo è derivato sia dalla globalizzazione che da un

fattore che ha permesso la globalizzazione che è

tecnologico. Perché non ci dobbiamo dimenticare che

accanto agli eventi politici che hanno portato alla

internazionalizzazione dell'economia un fattore di

grande eh rilevanza e spessore è stato il progresso tecnico.

Senza il progresso tecnico è esploso negli anni settanta

dopo la prima crisi dal petrolio cioè l'era del

digitale noi non avremmo potuto avere questi processi di eh

globalizzazione. Eh il digitale ci ha consentito come è stato

detto a lungo di eh superare i problemi di spazio e di tempo e

quindi di mettere in connessione paesi lontanissimi

allo stesso momento e questo ha consentito di creare delle

filiere eh produttive, degli scambi e ancora oggi uno

scienziato degli Stati Uniti d'America può dialogare

tranquillamente con un cinese, con un russo e con un francese

se lo vuole fare senza nessun problema mentre prima era

effettivamente è decisamente più difficile. Quindi questi

progresso e questa internazionalizzazione hanno

portato a una riduzione delle differenze tra i paesi

addirittura è stata sconfitta la povertà nel senso che la

stessa Nazioni Unite hanno riconosciuto che per la prima

volta nei primi anni venti di questo secolo gli obiettivi di

riduzione della povertà che non erano mai stati raggiunti nel

passato sono stati raggiunti e i poveri nel mondo valore

assoluto sono diminuiti. Ma è aumentata di molto quella che

noi chiamiamo la povertà relativa cioè le differenze tra

i paesi. Perché? Da un lato c'è stata con la globalizzazione un

grosso spostamento delle capacità produttive verso i

paesi più poveri che quindi sono cresciuti. Però questo ha

significato per i paesi industrializzati eh di perdere

alcune attività. Ora complessivamente i paesi

industrializzati non hanno perso perché in realtà la loro

crescita è rimasta relativamente forte però non

sono le stesse persone, le stesse aziende, le stesse

località quelle che hanno riguadagnato posizione, si sono

perse attività e quindi persone hanno perso il lavoro, aziende

sono scomparse, villaggi e paesi sono diventati più poveri

nel contempo altre persone sono diventate più ricche, altre

aziende sono nate altre località sono diventate più

ricche e questo ha generato un processo di mhm diseguaglianza

crescente e anche di rancore perché è evidente che chi si

arricchisce 'sta tranquillo ma chi si impoverisce s'arrabbia.

E questo è avvenuto per i processi di delocalizzazione

della globalizzazione ma anche è avvenuto per i il progresso

tecnico perché il progresso tecnico spiazza alcune attività

eh mette a bando coloro che non riescono a stare all'altezza e

a seguire il progresso tecnico che diventano più poveri mentre

diventano molto ma molto ricchi tutti coloro che riescono ad

approfittare di questo progresso tecnico questo nei

paesi industriali ma qualcosa di analogo è successo nei paesi

eh emergenti perché da loro lo sviluppo che è stato molto

forte e che ha veramente fatto uscire dalla povertà intere

popolazioni è anche vero che si è concentrato in alcune

regioni, in alcune città, su alcune fasce della popolazione

mentre altre sono rimaste molto indietro e questo sicuramente

ha generato un effetto di contro questi processi che

disintegravano in terre pesi. Tenendo anche presente il fatto

che eh i governi dei singoli paesi eh con la globalizzazione

hanno perso la capacità di intervento che avevano prima.

Quando prima avevamo ciascuno la propria moneta e ciascuno il

controllo dei propri confini evidentemente eh potevamo fare

le nostre politiche eravamo tutti più poveri però potevamo

ci sentivamo autonomi perché potevamo la nostra moneta se

desideravamo farla potevamo rivalutarla potevamo chiudere i

nostri confini con Dassi potevamo aprirli. Adesso la

politica di un governo invece dipende da quelle che sono

alcune condizioni del mercato internazionale. E quindi

finisce per essere meno autonoma e siccome la gente

vota per i governi per avere certi risultati i governi non

sono restati in grado di rispondere. E anche questo ha

portato a quel fenomeno del di cui non solo l'Italia ma tutto

quanto il mondo in questo momento eccetera. Quindi questi

sono i risultati i risvolti negativi della globalizzazione

ma anche i motivi per cui adesso ci troviamo in una fase

di deglobalizzazione sì quello che tu hai messo in rilievo

nell'ultima parte della tua risposta oltre a diseguaglianze

la connessione è molto forte tra economia e politica.

Ricordo noi abbiamo pubblicato qualche tempo fa un saggio

molto forte con una tesi molto forte di Steven Lewinsky e

Daniel sono due docenti di ad un economista e uno storico che

ha come titolo, come muoiono le democrazie, i la tesi del

saggio, centrato su Trump, ma non solo e che c'è un rischio

molto forte che dentro al processo di globalizzazione o

di economia di mercato, se vogliamo si eh inneschi una

spirale autoritaria in cui le élite non sono consapevoli del

fatto che stanno varcando una soglia, oggi eh molte delle

grandi nazioni che sono competitor, su nello scenario

della globalizzazione, sono retti da regimi autoritari e

qui c'è un secondo libro su cui ti volevo sollecitare un libro

scritto da Branco Milanovic. Branco Milano c'è un economista

che ha teorizzato per primo le diseguaglianze. Ha scritto un

libro con la famosa curva dell'elefante in cui si vedeva

che appunto una parte di popolazione dell'India, della

Cina viene tolta, sottratta la povertà come dicevi tu, diventa

ceto medio mentre un'altra parte invece in occidente dice

Tomedio si impoverisce. L'ultimo libro di Milanovic che

noi abbiamo pubblicato si chiama capitalismo contro

capitalismo. E il sottotitolo è la sfida che decide il nostro

futuro. Cosa dice Milanovic in una battuta? Che oggi ehm negli

ultimi decenni si sono confrontati due capitalismi. Un

capitalismo liberale diciamo in Occidente. È un capitalismo

politico in oriente. Il capitalismo se vogliamo della

Cina ma si potrebbe anche dire per certi versi della Turchia

di Orban perfino e comunque forse anche di di Putin. E

quindi torniamo al tema della globalizzazione. Diciamo così.

Eh è se gli attori di questa globalizzazione i paesi, i

soggetti che la portano avanti hanno un regime politico

liberale o invece hanno un regime autoritario e

l'invasione della Russia non ci ha messo di fronte in maniera

traumatica al fatto che non è affatto indifferente con chi

scambiamo anche dal punto di vista politico? Sì ovviamente

sarebbe preferibile almeno da parte nostra che la

globalizzazione eh portasse anche democrazia in tutti

quanti i paesi e abbiamo visto che quello che Milanovic chiama

un capitalismo autoritario in realtà ehm non solo non ha

democrazia ma diventa anche un pericolo per quanto riguarda il

mondo ma anche per la globalizzazione ecco perché

autoritarismo significa non rispetto delle regole non

rispetto delle regole perché si è autoritari quando si ha una

capacità di essere al di sopra delle leggi e questo cozza in

maniera molto forte con quello che è il eh la globalizzazione

perché la globalizzazione per essere una vera globalizzazione

deve essere un rapporto in cui le regole prevalgono su quelle

che sono le autorità eh che sono preposti in qualche

maniera a farle eh applicare. E quindi da questo punto di vista

è vero che una globalizzazione non può che avvenire fra paesi

democratici se vogliamo che sia globalizzazione. Però dobbiamo

anche renderci conto che non siamo nel mondo dei desideri

siamo nel mondo della realtà. E il mondo della realtà è fatto

di eh paesi che ancora non hanno raggiunto livelli di

democrazia simili ai nostri. Allora e qui è quello che 'sta

avvenendo in questo momento. Cosa fare di fronte a una

situazione di questo genere? Negli anni passati noi abbiamo

detto beh apriamoci con loro cerchiamo di stabilire dei

rapporti eh corretti e speriamo eh che la nostra e l'apertura

dei commerci possa portare questi paesi verso una maggiore

democrazia. Oggi si 'sta andando verso una direzione

opposta. Con alcuni paesi non è possibile avere dei rapporti

corretti facciamo quella che si chiama la globalizzazione solo

fra paesi amici. La Yellen ha parlato di friend shoring che è

il ministro delle tesoro americano per intendere dire

che bisogna riportare le filiere di verso quei paesi dei

quali ci si può fidare e quindi da questo punto di vista una

globalizzazione che sia più regionale più eh centrata su

quelli che sono paesi che hanno alleanza. Non saprei dire se

sono paesi democratici diciamo paesi con i quali ci si può

fidare perché magari si è fatto un accordo eh forte o perché

sono dominati da una parte o dall'altra del mondo. Questa è

la tendenza di una rigloba selettiva a blocchi eh è meglio

della precedente. Francamente non lo so a cuore direi di no.

Direi di no perché eh la speranza che eh la

globalizzazione multilaterale potesse favorire anche processi

di democrazia secondo me non è fallita. Anche se ci troviamo

la Russia di Putin e ci troviamo la eh Cina eh

autoritaria. Non è fallita perché se pensiamo che cos'era

la Russia prima di Putin? Cioè la Russia sovietica e se

pensiamo a cos'era la Cina di Maozzetonga beh allora possiamo

dire che la democrazia in questi paesi comunque è

avanzata oggi c'è un'opposizione in Russia che

comincia a manifestarsi e c'è una buona opposizione anche in

Cina malgrado una forte difficoltà che ha a

manifestarsi in questo paese e abbiamo intellettuali, cinesi e

russi sono usciti in maniera molto forte che stanno fuori da

questi paesi e che faranno opinione nei loro paesi. Quindi

secondo me non è vero che la globalizzazione ha fallito nel

favorire processi di democrazia. Ci vuole tempo eh

ci vuole pazienza e ci vuole perseveranza in questo tipo di

ora. Se ci chiudiamo in regioni omogenee il rischio forte è che

un 'giorno cominciamo di nuovo a farci la guerra per

sovrastare l'una con l'altra. È vero che l'invasione

dell'Ucraina sembra smentire il fatto che la libertà dei

commerci riduce i rischi di guerra però dobbiamo anche

riflettere che cosa sarebbe successo se non ci fosse stata

questa globalizzazione. Oggi queste guerre che noi abbiamo

sono ancora guerre locali. E compresa quella dell'Ucraina

alla quale noi diamo supporto all'Ucraina evidentemente per

tutta ragione ma è ancora una guerra non siamo finiti in una

guerra di carattere mondiale e io credo che questo dipenda

anche dagli scambi internazionali che ci sono.

Basti pensare che noi cerchiamo di combattere oggi l'invasione

della Russia in Ucraina attraverso processi di

deglobalizzazione cioè utilizzando la finanza e gli

scambi e isolando la Russia da questi eh fenomeni pensando e

sperando e sono convinto che sicuramente avranno effetto che

questi affideranno per indurre la Russia a più mitico

consigli. Ecco, se non avessimo avuto questi scambi, non

avremmo avuto neanche quest'arma per cercare di

fermare Putin. Prendo la palla al balzo ma sono efficaci

queste sanzioni, perché come tu sai, c'è una grande discussione

su questo, c'è chi dice che in realtà le sanzioni alla fine

colpiscono il popolo russo ma i consensi di Putin sembrano

addirittura aumentare cioè, da una parte forse, dovresti

descriverci anche l'effetto giunturale. Noi ci avviamo

forse a una fase recessiva addirittura di stack frazione

dice qualcuno stagnazione e aumento dei prezzi che colpirà

soprattutto secondo quello che ci dice anche la banca mondiale

i paesi più poveri in cui aumenteranno la crisi del

debito e che non riusciranno a pagarsi i propri debiti ma che

colpirà tutti. Quindi da una parte ci avviamo verso la

recessione dall'altra effettivamente queste sanzioni

poi funzionano cioè funzionano nel senso di colpire vero

bersaglio che è il regime di Putin? Ma io credo che le

sanzioni funzionano se sono eh sanzioni temporanee e sono e se

sono minacciate come sanzioni temporanee? Cioè se appunto gli

si fa capire che qualora lui cambiasse politica noi torniamo

a eliminare queste sanzioni evidentemente secondo me queste

possono avere un effetto perché c'è uno scambio quello che mi

preoccupa in questo momento è che molti cominciano a pensare

che queste sanzioni non siano sanzioni ma devono essere la

domani. E quindi che bisogna tagliare per sempre i legami

con questo paese. E se questo è vero allora non c'è più nessun

vantaggio da parte della Russia di eh cambiare politica perché

comunque rimarrebbe sotto queste sanzioni. E io credo che

se queste sanzioni sono ottenute per qualche mese e si

conferma che qualora si torni in una situazione di normalità

vengono eliminate queste possono avere un loro effetto

certo se si radicalizzano poi alla fine non hanno più nessun

effetto come tutte le cose come tutte le armi a lungo andare

non hanno più il loro effetto. Ecco, riprendiamo il tema che

hai riposto anche tu all'inizio cioè della possibilità di in

qualche modo fare di necessità virtù potremmo dire cioè di

prendere la criticità, l'imprevedibilità e costruire

dei meccanismi tu dicevi di protezione. Ovviamente questi

meccanismi sono interni a ciascun paese quindi banalmente

è stato detto durante il covid che bisogna creare più posti

letto negli ospedali per essere pronti ad accogliere le persone

diciamo affette dal virus ma sono anche europei. Tu hai

citato il sto sempre all'esempio del covid.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità che dovrebbe attrezzarsi

per coordinare le politiche di contrasto. Ecco su questa falsa

riga non pensi che dovremmo veramente fare un esercizio di

immaginazione anche per quanto riguarda ad esempio l'ONU cioè

che senso ha il riarmo da una parte all'altra quando la

principale agenzia internazionale è impotente. Non

ci dovrebbe essere in realtà l'unico potere di sanzionamento

lì. Certo ci sono dei vincoli, c'è una struttura col potere di

veto della Russia fatta dalla seconda guerra mondiale, però

tu all'inizio della nuova normalità hai messo una frase

bellissima di Max che dice se non si tentasse sempre

l'impossibile non si conseguirebbe mai il possibile.

Allora, governare la globalizzazione così forse è

impossibile. Però tentare per costruire almeno sistemi come

si dice di governance più efficaci forse o in questa

situazione o sbaglio? Assolutamente sì. Eh io credo

che sono questi i momenti in cui bisogna pensare a delle

cose anche se sembrano impossibili da realizzare eh in

questo momento. Ma bisogna sicuramente darsi una direzione

che è di quella di carattere internazionale. Eh l'Europa non

basta. Ehm davanti a noi abbiamo rischi di pandemie

anche future. Abbiamo un sicuro rischio climatico. Dobbiamo

abbassare la temperatura del pianeta. Dobbiamo convertire i

sistemi energetici. Dobbiamo badare alla riforestazione del

pianeta. È possibile fare questo qui a livello nazionale

o regionale sicuramente no non è assolutamente possibile. E

quindi dobbiamo in qualche maniera riprendere la strada di

dare una vitalità agli organismi internazionali magari

alcune parti del loro statuto. Però noi dobbiamo creare una

sorta di governo mondiale che dipende da questi organismi.

L'ONU è sicuramente l'organismo più importante anche se molto

denigrato anche con i sistemi di vento comunque resta un

ambito importante nel quale eh si possa cercare di discutere.

Ricordiamoci che quando la società delle nazioni venne

abolita dopo la prima guerra mondiale praticamente poi siamo

finiti della seconda guerra mondiale. Quindi teniamoci

l'ONU anche con tutti quanti i suoi difetti. Dobbiamo fare

degli organismi internazionali che sono organismo nella sanità

eh l'UNESCO eh la FAO ehm tutte eh le la banca mondiale, il

fondo monetario. Ognuno di questi qua deve darsi delle

regole per riuscire in qualche maniera a raggiungere quelli

che sono obiettivi di carattere generale e ricostituire la

capacità di discussione all'interno di queste di questi

organismi. In questa maniera si può recuperare eh il rapporto

fra i diversi paesi aspettando che si liberalizzi e si torni a

sistemi un po' più democratici di quelli che abbiamo avuto

adesso dobbiamo ehm guidare il mondo con con le persone che ci

sono non è che possiamo immaginare soltanto di

chiuderci in quelli che sono paesi paesi nostri. Io credo

che questo qui sia possibile sia necessario e mi auguro che

venga fatto. Ecco vorrei farti un'ultima domanda nel festi

nazionale di economia che si 'sta per aprire a Torino

abbiamo invitato insieme a Tito Boeri insieme al comitato

editoriale che tu presiedi eh alcuni dei maggiori economisti

del mondo a ragionare su questi temi anche di cui abbiamo

appena parlato il titolo del Festival merito diversità e

giustizia sociale li abbiamo collocati su uno scenario

internazionale e il festival come i i migliori festival sono

luoghi dove ci si scambiano idee dove si condivide le idee

si condivide il risultato delle ricerche degli economisti, ma

non solo, con un pubblico ampio. Ecco, tu hai avuto la

fortuna di essere insieme un economista, un'analista, uno

che ha fatto ricerca e anche però un uomo della pratica,

come si dice, del nuovo pragmatico che si è trovato a

dover gestire ehm, come dire, situazioni diverse, imprese,

anche grandi imprese, di vario tipo. Che influenza nella tua

esperienza hanno le ide su chi poi si trova a prendere le

decisioni. Sono due campi separati, sono due campi con

contatti ricordi la famosa frase di che diceva le gli

uomini al potere son dei pazzi che odono echi diciamo delle

voci, degli economisti defunti i quali neanche sanno che

esistevano ma sono condizionati da stereotipi elaborati magari

qualche anno prima, ecco. Nella situazione in cui siamo e che

tu hai appena descritto, molto efficacemente di idee nuove

abbiamo uno straordinario bisogno perché dobbiamo

costruire istituzioni nuove. Tu che affidamento fai sulla

possibilità che le idee degli economisti ma non solo poi si

traducano in opere cioè che siano in qualche modo assunte

dai politici ma anche dagli imprenditori, dagli uomini che

agiscono nelle istituzioni. E io credo che ci sia un rapporto

biunivoco fra fatti e idee. Eh sicuramente molti fatti

dipendono dalle idee che abbiamo e soprattutto quelle

del passato che aveva ragione perché un'idea si diffonda eh

presuppone tempo e quindi c'è una distanza di tempo anche a

volte lungo fra il momento in cui l'idea viene posta

elaborata e il momento in cui si è diffusa e quindi viviamo

tutti quanti un po' con le idee del passato ed è importante

quindi oggi costruirne delle nuove perché avranno influenza

nel futuro se riusciamo in qualche maniera a darne delle

basi razionali e a farle diffondere eh queste idee e da

questo punto di vista luoghi come il Festival dell'Economia,

libri che vengono scritti, conferenze che vengono fatte,

film che vengono proiettati, romanzi, che vengono letti,

sono tutti elementi forti per la costruzione di questa

convinzione senza però dimenticare che anche i fatti

producono delle idee, nel senso che eh se a un certo punto a

via lui una pandemia avviene una guerra, avere una crisi

questa influence alcuni pensatori i quali cominciano a

diffondere delle idee in funzione di questa crisi. E

quindi dobbiamo giocare su questo rimpallo che esiste fra

idee e fatti e oggi cercare in qualche maniera di superare i

fatti perché i fatti che ci stanno davanti sono fatti che

portano a idee di guerra, a idee di difesa, ha idea di

chiudersi uno rispetto agli altri. Ecco, questi fatti in

qualche maniera stanno delle idee. Dobbiamo adesso produrre

delle idee che siano capaci di superare anche questi fatti. E

quindi per concludere ti chiedo di dirmi se riscriveresti oggi

la frase che hai scritto nell'introduzione al tuo libro

sulla nuova normalità quando scrivevi che cito testualmente

schiacciati sui problemi del presente spesso tendiamo a

proiettare la situazione che viviamo anche sul futuro che ci

appare per forza di cose cupo e spaventoso. Non riusciamo a

immaginare un futuro diverso da quello che viviamo eppure non è

così riscriveresti? Assolutamente sì perché penso

che dobbiamo superare questa miopia eh che è una miopia

naturale eh non la 'sto condannando non è ma è normale

che ciascuno cerchi di eh immaginare un futuro e lo

immagina uguale al presente mentre dobbiamo attraverso non

solo la fantasia ma la conoscenza della storia capire

che le cose possono essere cambiate e quindi essere attori

del cambiamento è piuttosto che vittime di un passato. Bene ti

ringrazio moltissimo è stato veramente come sempre molto

chiaro e molto illuminante nel senso che ci hai dato molti

spunti per reagire anche alle difficoltà tutti quelli che

conoscono un po' Innocenzo Cipolletta sanno che da una

parte Cipolletta è un'analista che non risparmia nessuna

difficoltà ma dall'altra è anche un'inguaribile ottimista

diciamo l'ottimismo della volontà cioè di chi sa che poi

le cose si possono cambiare appunto anche in base alle

buone idee. Ti ringrazio molto e alla prossimo nostro

incontro. Grazie grazie a voi.

Avete ascoltato radar un podcast degli editori Laterza

post produzione e musica a cura di Matteo Portelli