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L'italiano Vero Podcast, EPISODIO - 37 - Lorigine dei calendari con Italiastoria.com (3)

EPISODIO - 37 - Lorigine dei calendari con Italiastoria.com (3)

Marco: Si tutti, tutti gli italiani utilizzano la stessa filastrocca.

Paolo: Paolo ce la rircordi tu?

Paolo: Certo, allora la dedichiamo a Kevin. Kevin questa è la tua richiesta, ti dico questa cosa quà; "30 giorni a novembre con april giugno e settembre, di 28 cè n'è uno, tutti gli altri ne han 31".

Massimo: La mamma si ricorda così, ripete la filastrocca e si ricorda quanti giorni sono. E invece c'è un anno Paolo che anche noi utilizziamo primo per calcolare gli interessi bancari.

Paolo: Sì, l'anno commerciale è un anno che dura 360 giorni, quindi divide idealmente i 12 mesi in 30 giorni cadauno e quindi 12 per 30 fa 360, giusto? Se l'aritmetica non è sbagliata fa proprio così, e serve proprio per calcolare...

Massimo: I tempi per semplificare il calcolo degli interessi.

Marco: Oramai non più, oramai...

Massimo: 3 6 5 fa aumentare gli interessi...

Marco: Oramai le banche preferiscono, preferiscono... Visto che lo fa il computer il lavoro meglio...

Massimo: Però io ricordo che ancora veniva usato per le fatture ad esempio, quando si diceva questo fattura scade a 30 giorni appunto, si dava per scontato l'anno commerciale e quindi se supponiamo oggi siamo al 15 di agosto, si diceva questa fattura a 30 giorni scade il 15 di settembre. Invece se dovessimo calcolare che agosto a 31 giorni sarebbe dovuta scadere il 14, quindi l'anno commerciale e il mese commerciale quando si dice la fattura scade a 30 60 90 giorni non si fa altro che partire dal giorno di partenza e arrivare al giorno, il medesimo giorno del mese di arrivo. Quindi 60 giorni dal 15 di agosto sono 15 settembre, 15 ottobre, quindi non si fanno i calcoli, questo è l'anno commerciale. Poi forse un termine storico per definire cinque anni, ma lo usiamo un po' meno è il "Lustro" giusto Paolo? Usiamo tanti lustri fa Marco?

Marco: Si, parecchi lustri!

Paolo: Quanti lustri hai Marco? Io ne ho quasi... quasi 6 di lustri!

Marco: No 6, magari!

Paolo: E' veramente difficile, io quasi 12, quasi 12 lustri.

Marco: Stavo per dire quasi sei per gamba.

Massimo: Sì "per gamba" Ecco un altro bel detto!

Marco: È questo è un altro detto italiano per gli ascoltatori. Io ne ho 8, quindi di lustri esattamente, quindi appena compiuti.

Paolo: Max quanti lustri hai?

Paolo: Fai conti vedi? Aritmetica.

Massimo: Poco più di 9, ok?

Paolo: Quindi lustro significa 5 anni.

Marco: Mi è venuta una in mente adesso, che è una delle cose che piace a me perché è storica; c'è un detto italiano, si usa sempre meno, però si usa, si dice questa cosa succederà alle "Calende greche".

Massimo: Bello, questo bello!

Massimo: Eccola Paolo!

Marco: Alle "Calende greche" mi piace tantissimo perché deriva dalle calende, che noi sappiamo che i romani non utilizzavano le settimane ma utilizzavano per la numerazione dei giorni nel mese le calende, le none e le idi. Quindi le calende erano i primi giorni del mese, quindi le "Calende greche" vuol dire praticamente, perché i greci non usavano le calende come sistema, era un po' come dire "MAI" perché i greci non usano le calende quindi "MAI". Una cosa curiosa perché ancora nell'italiano c'è questa cosa delle calende che in realtà non si usano oramai da migliaia di anni.

Massimo: Paolo ci vuol rubare anche il mestiere de L'Italiano Vero accidenti!

Paolo: Sì sì, bene bene.

Marco: "Quando la Pasqua vien di maggio" ecco mi è venuto un altro ancora "Quando la Pasqua vien di maggio" è un altro modo di dire MAI perché la Pasqua non cade mai di maggio.

Massimo: Anche lì c'è tutto un calcolo per la Pasqua che ....

Marco: Non lo so neanch'io ma c'è un calcolo allucinante e atroce e posso dire che nella Chiesa si è litigato per centinaia di anni è scorso sangue per decidere il sistema di calcolo della Pasqua, è stato proprio uno delle controversie più difficili.

Massimo: Quindi abbiamo parlato tanto di anno bisestile. Ogni tanto siamo molto scaramantici noi italiani diciamo spesso; "Anno bisesto anno funesto" per... guarda caso, ci sai spiegare perché tu Marco?

Marco: Eh sì perché "funesto" vuol dire semplicemente un anno terribile o che porta sfortuna. Allora i romani come gli italiani erano molto scaramantici. Scaramantico vuol dire, lo dico per magari qualche ascoltatore non lo sa, quelli che hanno paura che gli succeda qualcosa di sfortunato in base a delle azioni; passare sotto la scala, mettere il cappello sul letto, il gatto nero, eccetera. E uno delle tante cose che porta sfortuna e l'anno "bisesto" l'anno bisestile. Perché quest'anno innaturale sembrava un anno sfortunato. Ora se andiamo a guardare gli ultimi anni non è che gli si può dare del tutto torto. 2020 sicuramente, io direi che anche il 2016, forse qualcuno me ne vorrà ma tra Brexit e Trump la vedo un anno abbastanza funesto. Il 2012 c'è stata la crisi dell'euro. Nel 2008 c'è stata la crisi immobiliare negli Stati Uniti, la crisi finanziaria mondiale, 2004 se non sbaglio la guerra in Iraq, non vorrei sbagliarmi. Forse 2013, comunque è successo qualcosa di brutto nel 2004.

Massimo: Non è superstizione è realtà, no?.

Marco: Poi il meccanismo del cervello è che è sempre il cervello ricorda le cose negative quando sa che c'è qualcosa di sfortunato. Quindi nel 2020 è sicuramente vero, un anno veramente funesto.

Massimo: Anche lo usiamo pochissimo Paolo, ma "ti manca un venerdì", per dire che uno non è proprio del tutto sano di mente giusto? Non è proprio a posto, anche questo, lo sai perché?

Paolo: No.

Massimo: Lo spiego io, la nostra nostra fonte ci dice che si riferisce alle nascite premature e all'antica credenza popolare, ovviamente infondata, che i nati prematuri, quelli che noi chiamiamo ad esempio quelli di sette mesi li chiamiamo settimini fossero incompleti e pertanto mancanti anche un po' di cervello. E il riferimento al venerdì dice appunto che è legato alla tradizione cristiana di "giorno del malaugurio" in quanto quello della crocifissione. Quindi venivano esorcizzati.

Marco: "Di Venere e di Marte non si arriva e non si parte e non si dà principio all'arte". Allora lo ripeto, "Di Venere e di Marte non si arriva e non si parte non si dà principio all'arte", cioè è un detto di nuovo po' di saggezza popolare italiano, Venere e Marte sono ovviamente venerdì e martedì che sono i "giorni sfortunati della della settimana" in teoria, non so perché martedì, venerdì adesso è chiaro, però martedì venerdì e in teoria l'idea è che non sono giorni propizi per viaggiare o per dare i principi all'arte, per iniziare una qualunque attività. Qualcosa che uno vuole iniziare, aprire un negozio, cominciare a dipingere un quadro, qualunque cosa non s'inizia di Venere e di Marte. Questa era una cosa....

Massimo: Ma io la sapevo un po' diverso Marco! Quella dell'arte ... E' perfetta! Con la rima penso che difficilmente sia sbagliata. Io sapevo "Né di Venere nè di Marte né ci si sposa nè si parte" Anche il matrimonio c'è dentro?

Marco: Forse, forse c'era anche il matrimonio. Va bene e comunque comunque il concetto è quello. Ma come sempre in Italia le regioni cambiano le cose, però il concetto di base rimane lo stesso. E c'è un'altra cosa che volevo dire, di nuovo questa cosa dei giorni nefasti si chiamavano ai tempi antichi a Roma, i "giorni fasti" e i "giorni nefasti". Quindi i fasti erano i giorni propizi quelli fortunati i giorni in cui appunto si possa fare cose, i giorni nefasti erano tanti nell'antica Roma. Erano giorni in cui assolutamente non bisognava fare attività importanti perché portavano sfortuna. E quindi questa è rimasta come questa cosa dei giorni fasti e nefasti rimangono delle tracce in queste tradizioni sui giorni propizi o non propizi per le attività insomma. Esatto.

Massimo: E quindi poi ne abbiamo uno che forse è il più utilizzato il più "Italiano Vero" giusto Paolo? Che poi noi non sapevamo ammetto, l'origine, quindi l'abbiamo cercata e abbiamo avuto questa lieta scoperta, anche questa deriva dalla storia dai Papi. Quindi quando diciamo "Abbiamo fatto trenta facciamo trentuno". Faccio un esempio di come lo si può utilizzare. Ti ricordi Paolo quando avevamo detto anche un po' ironicamente si può usare, abbiamo intervistato un amico, Marco lui cosa ha ha fatto? Da Bergamo è andato a Roma, lui è un triatleta, quindi da Bergamo è andato a Roma in tre giorni in bicicletta, il quarto giorno ha fatto la maratona, poi però è tornato in treno. Allora io gli ho detto "Hai fatto trenta, potevi tornare a nuoto, visto che sei un triatleta"... facevi trentuno.

Marco: Era un po' sessantadue!

Massimo: Appunto, aiutatemi voi, hai fatto trenta hai fatto, non lo solo...

Marco: Si, sei arrivato, hai fatto è quasi finito, fai l'ultimo pezzo che ti manca per arrivare all'obiettivo.

Massimo: E qui Marco, bellissimo! Mi è piaciuto un sacco la storia di questo detto, raccontacela tu Marco?

Marco: Questo non me lo ricordavo ma con comunque c'era un Papa... allora la storia che hai trovato che c'era un Papa che aveva....

Massimo: Me la confermi?

Marco: Io veramente non l'ho ricercata. Ti dico non l'ho ricercata quindi non posso... non posso... Io posso confermare solo se l'ho ricercata. Non l'ho ricercata però mi sembra possibile, poi te ne do un'altra dopo. Un Papa che aveva fatto una ventina di cardinali, fare i cardinali era un vantaggio di solito per i papi, soprattutto dopo un certo punto in poi perché versavano l'obolo per diventare cardinali, quindi era una cosa finanziariamente... E di solito era un numero limitato, venti poi aumentavano a ventiquattro, ventotto, poi alla fine aveva fatto trenta, ma come trenta! Il giorno dopo abbiamo fatto trenta facciamone trentuno.

Massimo: E aggiunse anche quest'ultimo cardinale che sembra anche qui si dice fosse un suo amico, quindi fatto trenta facciamone 31.

Marco: Allora voi, tu non hai mai. Voi avete mai giocato a Trentuno? Io velo chiedo.

Massimo: No, io mai.

Marco: Allora, perché c'è un gioco molto diffuso a Roma e in Abruzzo, io sono abruzzese, che si chiama Trentuno. Io credo che sia la vera origine di questo detto. Questo gioco prevede.. si gioca praticamente con le carte cosiddette napoletane, sono carte per chi ci ascolta dall'estero sono tipiche solo dell'Italia, ma ci sono Napoletane, Piacentine ma in generale ci sono varie varianti, ma alla fine il concetto è lo stesso. A differenza delle carte francesi più tradizionali del mondo, le carte italiane sono quaranta e vanno da uno a sette, e poi c'è fante cavallo e re che sono l'otto il nove e il dieci. Nel gioco vince chi ha il numero più alto, però, questa è una regola importante, se si fa trentuno si fa pagare una puntata a tutto il tavolo, quindi mentre se vinci tu è sostanzialmente solo una persona quella che ha il punteggio minore che paga, se fai trentuno tutti pagano. Quindi è meglio di fare trenta, però avendo trenta hai già quasi sicuramente vinto perché a trentuno il gioco si interrompe. Quindi il concetto "ho fatto trenta facciamo trentuno" credo derivi da questo gioco perché sono arrivato fino a trenta, giochiamo un'altra mano, potrebbe uscire l'asso e faccio il colpaccio insomma.

Massimo: Abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno....

Marco: ... Facciamo trentuno. Quindi questo credo sia l'origine. Io credo sia questa l'origine.

Massimo: Mi avete fatto venire in mente, a proposito di arrivare vicino a un altro numero trenta e trentuno, questo è proprio ve la racconto. Io sono di origini irpini quindi le conosco bene, di Avellino campane, conosco bene le carte napoletane. Tu hai parlato di figure, la parola figure ricordiamolo è la figura e quindi cos'è? Il personaggio che c'è sulla carta giusto? Ma anche si può dire; "Hai fatto una bella figura" giusto? O "una brutta figura". Allora cosa si diceva; "quanto sei passato alla maturità?". Vi ricordate che era il classico trentasei il voto minimo per passare. E quindi a tressette, vi ricordo sempre queste due parole "figura" che era la "figura della carta" e "la bella e brutta figura" la performance che puoi fare appunto all'esame. E quindi a tressette tre figure fanno un punto. Allora si diceva all'amico; "Tu secondo me sei passato all'esame di maturità con trentacinque e due figure, più la figura che hai fatto tu all'esame, "la figuraccia" in questo caso, trentasei. Per dire che era passato.


EPISODIO - 37 - Lorigine dei calendari con Italiastoria.com (3) EPISODE - 37 - Origin of calendars with Italiastoria.com (3) EPIZOD - 37 - Pochodzenie kalendarzy z Italiastoria.com (3) EPISÓDIO - 37 - A origem dos calendários com Italiastoria.com (3) 第 37 集 - Italiastoria.com 日历的起源 (3)

**Marco:** Si tutti, tutti gli italiani utilizzano la stessa filastrocca.

**Paolo:** Paolo ce la rircordi tu?

**Paolo:** Certo, allora la dedichiamo a Kevin. Kevin questa è la tua richiesta, ti dico questa cosa quà; "30 giorni a novembre con april giugno e settembre, di 28 cè n'è uno, tutti gli altri ne han 31".

**Massimo:** La mamma si ricorda così, ripete la filastrocca e si ricorda quanti giorni sono. Massimo: Mama erinnert sich so daran, sie wiederholt das Kinderlied und erinnert sich, wie viele Tage es sind. E invece c'è un anno Paolo che anche noi utilizziamo primo per calcolare gli interessi bancari. Und stattdessen gibt es ein Paolo-Jahr, das auch wir zuerst verwenden, um die Bankzinsen zu berechnen.

**Paolo:** Sì, l'anno commerciale è un anno che dura 360 giorni, quindi divide idealmente i 12 mesi in 30 giorni cadauno e quindi 12 per 30 fa 360, giusto? Paolo: Ja, das Handelsjahr ist ein Jahr, das 360 Tage dauert, also teilt man die 12 Monate idealerweise in jeweils 30 Tage und somit ergibt 12 mal 30 gleich 360, oder? Se l'aritmetica non è sbagliata fa proprio così, e serve proprio per calcolare...

**Massimo:** I tempi per semplificare il calcolo degli interessi. Maximum: Die Zeiten zur Vereinfachung der Zinsberechnung.

**Marco:** Oramai non più, oramai... Marco: Nicht mehr, nicht mehr...

**Massimo:** 3 6 5 fa aumentare gli interessi... Maximum: 3 6 5 weckt Interesse...

**Marco:** Oramai le banche preferiscono, preferiscono... Visto che lo fa il computer il lavoro meglio... Marco: Inzwischen bevorzugen die Banken, sie bevorzugen ... Da der Computer die Arbeit besser macht ...

**Massimo:** Però io ricordo che ancora veniva usato per le fatture ad esempio, quando si diceva questo fattura scade a 30 giorni appunto, si dava per scontato l'anno commerciale e quindi se supponiamo oggi siamo al 15 di agosto, si diceva questa fattura a 30 giorni scade il 15 di settembre. Invece se dovessimo calcolare che agosto a 31 giorni sarebbe dovuta scadere il 14, quindi l'anno commerciale e il mese commerciale quando si dice la fattura scade a 30 60 90 giorni non si fa altro che partire dal giorno di partenza e arrivare al giorno, il medesimo giorno del mese di arrivo. Wenn wir stattdessen berechnen müssten, dass der August mit 31 Tagen am 14. hätte ablaufen sollen, also das Handelsjahr und der Handelsmonat, wenn wir sagen, dass die Rechnung in 30 60 90 Tagen abläuft, tun wir nichts anderes, als am Abreisetag zu beginnen und am anzukommen Tag, am selben Tag des Ankunftsmonats. Quindi 60 giorni dal 15 di agosto sono 15 settembre, 15 ottobre, quindi non si fanno i calcoli, questo è l'anno commerciale. Poi forse un termine storico per definire cinque anni, ma lo usiamo un po' meno è il "Lustro" giusto Paolo? Dann vielleicht ein historischer Begriff, um fünf Jahre zu definieren, aber wir verwenden ihn etwas weniger, ist das "Lustro", richtig Paolo? Usiamo tanti lustri fa Marco?

**Marco:** Si, parecchi lustri!

**Paolo:** Quanti lustri hai Marco? Io ne ho quasi... quasi 6 di lustri!

**Marco:** No 6, magari!

**Paolo:** E' veramente difficile, io quasi 12, quasi 12 lustri.

**Marco:** Stavo per dire quasi sei per gamba. Marco: Ich wollte fast sechs pro Bein sagen.

**Massimo:** Sì "per gamba" Ecco un altro bel detto! Massimo: Ja "pro Bein" Hier ist noch ein schöner Spruch!

**Marco:** È questo è un altro detto italiano per gli ascoltatori. Marco: Und das ist ein weiteres italienisches Sprichwort für Zuhörer. Io ne ho 8, quindi di lustri esattamente, quindi appena compiuti. Ich habe 8, also genau fünf Jahrzehnte, also gerade abgeschlossen.

**Paolo:** Max quanti lustri hai?

**Paolo:** Fai conti vedi? Aritmetica.

**Massimo:** Poco più di 9, ok?

**Paolo:** Quindi lustro significa 5 anni.

**Marco:** Mi è venuta una in mente adesso, che è una delle cose che piace a me perché è storica; c'è un detto italiano, si usa sempre meno, però si usa, si dice questa cosa succederà alle "Calende greche".

**Massimo:** Bello, questo bello!

**Massimo:** Eccola Paolo!

**Marco:** Alle "Calende greche" mi piace tantissimo perché deriva dalle calende, che noi sappiamo che i romani non utilizzavano le settimane ma utilizzavano per la numerazione dei giorni nel mese le calende, le none e le idi. Quindi le calende erano i primi giorni del mese, quindi le "Calende greche" vuol dire praticamente, perché i greci non usavano le calende come sistema, era un po' come dire "MAI" perché i greci non usano le calende quindi "MAI". Una cosa curiosa perché ancora nell'italiano c'è questa cosa delle calende che in realtà non si usano oramai da migliaia di anni.

**Massimo:** Paolo ci vuol rubare anche il mestiere de L'Italiano Vero accidenti!

**Paolo:** Sì sì, bene bene.

**Marco:** "Quando la Pasqua vien di maggio" ecco mi è venuto un altro ancora "Quando la Pasqua vien di maggio" è un altro modo di dire MAI perché la Pasqua non cade mai di maggio.

**Massimo:** Anche lì c'è tutto un calcolo per la Pasqua che ....

**Marco:** Non lo so neanch'io ma c'è un calcolo allucinante e atroce e posso dire che nella Chiesa si è litigato per centinaia di anni è scorso sangue per decidere il sistema di calcolo della Pasqua, è stato proprio uno delle controversie più difficili.

**Massimo:** Quindi abbiamo parlato tanto di anno bisestile. Ogni tanto siamo molto scaramantici noi italiani diciamo spesso; "Anno bisesto anno funesto" per... guarda caso, ci sai spiegare perché tu Marco?

**Marco:** Eh sì perché "funesto" vuol dire semplicemente un anno terribile o che porta sfortuna. Allora i romani come gli italiani erano molto scaramantici. Scaramantico vuol dire, lo dico per magari qualche ascoltatore non lo sa, quelli che hanno paura che gli succeda qualcosa di sfortunato in base a delle azioni; passare sotto la scala, mettere il cappello sul letto, il gatto nero, eccetera. E uno delle tante cose che porta sfortuna e l'anno "bisesto" l'anno bisestile. Perché quest'anno innaturale sembrava un anno sfortunato. Ora se andiamo a guardare gli ultimi anni non è che gli si può dare del tutto torto. 2020 sicuramente, io direi che anche il 2016, forse qualcuno me ne vorrà ma tra Brexit e Trump la vedo un anno abbastanza funesto. Il 2012 c'è stata la crisi dell'euro. Nel 2008 c'è stata la crisi immobiliare negli Stati Uniti, la crisi finanziaria mondiale, 2004 se non sbaglio la guerra in Iraq, non vorrei sbagliarmi. Forse 2013, comunque è successo qualcosa di brutto nel 2004.

**Massimo:** Non è superstizione è realtà, no?.

**Marco:** Poi il meccanismo del cervello è che è sempre il cervello ricorda le cose negative quando sa che c'è qualcosa di sfortunato. Quindi nel 2020 è sicuramente vero, un anno veramente funesto.

**Massimo:** Anche lo usiamo pochissimo Paolo, ma "ti manca un venerdì", per dire che uno non è proprio del tutto sano di mente giusto? Non è proprio a posto, anche questo, lo sai perché?

**Paolo:** No.

**Massimo:** Lo spiego io, la nostra nostra fonte ci dice che si riferisce alle nascite premature e all'antica credenza popolare, ovviamente infondata, che i nati prematuri, quelli che noi chiamiamo ad esempio quelli di sette mesi li chiamiamo settimini fossero incompleti e pertanto mancanti anche un po' di cervello. E il riferimento al venerdì dice appunto che è legato alla tradizione cristiana di "giorno del malaugurio" in quanto quello della crocifissione. Quindi venivano esorcizzati.

**Marco:** "Di Venere e di Marte non si arriva e non si parte e non si dà principio all'arte". Allora lo ripeto, "Di Venere e di Marte non si arriva e non si parte non si dà principio all'arte", cioè è un detto di nuovo po' di saggezza popolare italiano, Venere e Marte sono ovviamente venerdì e martedì che sono i "giorni sfortunati della della settimana" in teoria, non so perché martedì, venerdì adesso è chiaro, però martedì venerdì e in teoria l'idea è che non sono giorni propizi per viaggiare o per dare i principi all'arte, per iniziare una qualunque attività. Qualcosa che uno vuole iniziare, aprire un negozio, cominciare a dipingere un quadro, qualunque cosa non s'inizia di Venere e di Marte. Questa era una cosa....

**Massimo:** Ma io la sapevo un po' diverso Marco! Quella dell'arte ... E' perfetta! Con la rima penso che difficilmente sia sbagliata. Io sapevo "Né di Venere nè di Marte né ci si sposa nè si parte" Anche il matrimonio c'è dentro?

**Marco:** Forse, forse c'era anche il matrimonio. Va bene e comunque comunque il concetto è quello. Ma come sempre in Italia le regioni cambiano le cose, però il concetto di base rimane lo stesso. E c'è un'altra cosa che volevo dire, di nuovo questa cosa dei giorni nefasti si chiamavano ai tempi antichi a Roma, i "giorni fasti" e i "giorni nefasti". Quindi i fasti erano i giorni propizi quelli fortunati i giorni in cui appunto si possa fare cose, i giorni nefasti erano tanti nell'antica Roma. Erano giorni in cui assolutamente non bisognava fare attività importanti perché portavano sfortuna. E quindi questa è rimasta come questa cosa dei giorni fasti e nefasti rimangono delle tracce in queste tradizioni sui giorni propizi o non propizi per le attività insomma. Esatto.

**Massimo:** E quindi poi ne abbiamo uno che forse è il più utilizzato il più "Italiano Vero" giusto Paolo? Che poi noi non sapevamo ammetto, l'origine, quindi l'abbiamo cercata e abbiamo avuto questa lieta scoperta, anche questa deriva dalla storia dai Papi. Quindi quando diciamo "Abbiamo fatto trenta facciamo trentuno". Faccio un esempio di come lo si può utilizzare. Ti ricordi Paolo quando avevamo detto anche un po' ironicamente si può usare, abbiamo intervistato un amico, Marco lui cosa ha ha fatto? Da Bergamo è andato a Roma, lui è un triatleta, quindi da Bergamo è andato a Roma in tre giorni in bicicletta, il quarto giorno ha fatto la maratona, poi però è tornato in treno. Allora io gli ho detto "Hai fatto trenta, potevi tornare a nuoto, visto che sei un triatleta"... facevi trentuno.

**Marco:** Era un po' sessantadue!

**Massimo:** Appunto, aiutatemi voi, hai fatto trenta hai fatto, non lo solo...

**Marco:** Si, sei arrivato, hai fatto è quasi finito, fai l'ultimo pezzo che ti manca per arrivare all'obiettivo.

**Massimo:** E qui Marco, bellissimo! Mi è piaciuto un sacco la storia di questo detto, raccontacela tu Marco?

**Marco:** Questo non me lo ricordavo ma con comunque c'era un Papa... allora la storia che hai trovato che c'era un Papa che aveva....

**Massimo:** Me la confermi?

**Marco:** Io veramente non l'ho ricercata. Ti dico non l'ho ricercata quindi non posso... non posso... Io posso confermare solo se l'ho ricercata. Non l'ho ricercata però mi sembra possibile, poi te ne do un'altra dopo. Un Papa che aveva fatto una ventina di cardinali, fare i cardinali era un vantaggio di solito per i papi, soprattutto dopo un certo punto in poi perché versavano l'obolo per diventare cardinali, quindi era una cosa finanziariamente... E di solito era un numero limitato, venti poi aumentavano a ventiquattro, ventotto, poi alla fine aveva fatto trenta, ma come trenta! Il giorno dopo abbiamo fatto trenta facciamone trentuno.

**Massimo:** E aggiunse anche quest'ultimo cardinale che sembra anche qui si dice fosse un suo amico, quindi fatto trenta facciamone 31.

**Marco:** Allora voi, tu non hai mai. Voi avete mai giocato a Trentuno? Io velo chiedo.

**Massimo:** No, io mai.

**Marco:** Allora, perché c'è un gioco molto diffuso a Roma e in Abruzzo, io sono abruzzese, che si chiama Trentuno. Io credo che sia la vera origine di questo detto. Questo gioco prevede.. si gioca praticamente con le carte cosiddette napoletane, sono carte per chi ci ascolta dall'estero sono tipiche solo dell'Italia, ma ci sono Napoletane, Piacentine ma in generale ci sono varie varianti, ma alla fine il concetto è lo stesso. A differenza delle carte francesi più tradizionali del mondo, le carte italiane sono quaranta e vanno da uno a sette, e poi c'è fante cavallo e re che sono l'otto il nove e il dieci. Nel gioco vince chi ha il numero più alto, però, questa è una regola importante, se si fa trentuno si fa pagare una puntata a tutto il tavolo, quindi mentre se vinci tu è sostanzialmente solo una persona quella che ha il punteggio minore che paga, se fai trentuno tutti pagano. Quindi è meglio di fare trenta, però avendo trenta hai già quasi sicuramente vinto perché a trentuno il gioco si interrompe. Quindi il concetto "ho fatto trenta facciamo trentuno" credo derivi da questo gioco perché sono arrivato fino a trenta, giochiamo un'altra mano, potrebbe uscire l'asso e faccio il colpaccio insomma.

**Massimo:** Abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno....

**Marco:** ... Facciamo trentuno. Quindi questo credo sia l'origine. Io credo sia questa l'origine.

**Massimo:** Mi avete fatto venire in mente, a proposito di arrivare vicino a un altro numero trenta e trentuno, questo è proprio ve la racconto. Io sono di origini irpini quindi le conosco bene, di Avellino campane, conosco bene le carte napoletane. Tu hai parlato di figure, la parola figure ricordiamolo è la figura e quindi cos'è? Il personaggio che c'è sulla carta giusto? Ma anche si può dire; "Hai fatto una bella figura" giusto? O "una brutta figura". Allora cosa si diceva; "quanto sei passato alla maturità?". Vi ricordate che era il classico trentasei il voto minimo per passare. E quindi a tressette, vi ricordo sempre queste due parole "figura" che era la "figura della carta" e "la bella e brutta figura" la performance che puoi fare appunto all'esame. E quindi a tressette tre figure fanno un punto. Allora si diceva all'amico; "Tu secondo me sei passato all'esame di maturità con trentacinque e due figure, più la figura che hai fatto tu all'esame, "la figuraccia" in questo caso, trentasei. Per dire che era passato.