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Dialoghi fra generazioni, FUTURO

FUTURO

Buonasera, buonasera a tutti e benvenuti all'ottavo incontro di Interregno, uno spazio di confronto

intergenerazionale dove cerchiamo di vedere le differenze e i punti in comune tra diverse

generazioni, quindi tra passato presente e in particolare stasera con uno sguardo al futuro.

Grazie quindi come sempre a Teresa che l'ha creato e grazie ai nostri ospiti di stasera,

Maurizio Ferraris, filosofo e accademico, Laura Tripaldi, buonasera, grazie, dottoranda in scienza

nanotecnologia e materiali e Federico Neirotti, scrittore e attivista. Buonasera a tutti. Allora,

le nuove tecnologie stanno abilitando nuovi tipi di contenuti, le piattaforme spendono ormai

miliardi nella lotta per cercare di ottenere delle quote di mercato e l'interazione sulle

piattaforme social, anche per il dibattito politico a livello globale, è ormai stato

sdoganato. Con il Covid poi le tecnologie sono emerse nuovamente come la chiave per salvare

le vite umane attraverso i vaccini, attraverso i vari strumenti per i pazienti, ma quello che

vorremmo chiederci stasera è un po' l'uomo, quello di carne, ossa, pensiero. In tutto questo è al centro

o è sempre più ai margini del discorso? L'episodio di oggi si concentra proprio sul futuro, quindi

grazie nuovamente ai nostri ospiti e incomincio con Maurizio che nel suo libro Documanità dice

proprio di comprendere la vera natura del web, comprendere la vera natura del web è il primo

passo verso la comprensione della rivoluzione in corso che genera un nuovo mondo, un nuovo

capitale, una nuova umanità. Che cosa significa esattamente? Significa che noi spesso pensiamo

al web come se fosse, soprattutto le vecchie generazioni, come una specie di televisione

un po' diversa, non sappiamo neanche in quanto diversa, tant'è che il modo normale per disegnare

il web è l'infosfera, come se fosse una sfera dell'informazione, della comunicazione, mentre in

realtà è una docusfera, cioè un ambito di registrazione, prima di tutto di registrazione,

questo che cambia tutto con il web. Prima nella comunicazione analogica uno diceva una cosa e

poi se mai e quasi sempre mai si registrava, adesso ogni nostra interazione con il web viene

registrata, dunque produce valore e quindi pone in realtà l'uomo al centro, nel senso che banalmente

io posso benissimo immaginare un web, un'umanità senza web, in effetti l'umanità è stata senza

web per tanto tempo, ma non un web senza umanità e quindi il ragionamento che vorrei suggerire

proprio come viatico, ottimistico rispetto al futuro, è che mentre una tecnologia imperfetta,

un'automazione imperfetta trasforma l'umano in macchina, nel senso che quando sei alla catena

di montaggio sei un pezzo di macchina anche tu, o quando fai il dattilografo, stai facendo la

funzione che adesso scopriamo, o fare un dittafono, un'automazione perfetta porta l'umano

al centro, perché come crei l'automazione? Banalmente registrando tutti gli atti degli

umani, che cosa significa automatizzare? Fare come gli umani, noi siamo sollevati dal lavoro,

ovviamente uno dice, beh sollevati dal lavoro e anche dallo stipendio, questo è il problema,

ma questo lo risolvi riconoscendo che noi stiamo lavorando in qualunque momento della nostra vita,

nel senso che stiamo producendo valore, se le piattaforme si arricchiscono così tanto,

non è perché ci frustino dentro ad una miniera, ma semplicemente perché noi lavoriamo per loro

gratis, producendo valore. Chiarissimo, quindi questo web, questa rete Laura, è al centro anche

di una parte del tuo libro in cui parli proprio della tessitura, quindi della tessitura di un

arachnido di arachne e di come siamo definiti come esseri umani proprio dalla tecnologia che

utilizziamo. Che cosa ci è? Spiegaci un po' di più di questo concetto. Sì, assolutamente,

allora intanto ovviamente, sicuramente diciamo il concetto di rete è diventato sempre più pervasivo

nelle nostre vite e quando parliamo di rete ovviamente facciamo sempre riferimento, quasi

sempre riferimento alle tecnologie digitali, ecco, e invece la mia prospettiva sul concetto di rete

è un po' diversa perché io parto dal punto di vista invece delle tecnologie e dei materiali,

che è un po' il mio ambito di ricerca e io diciamo ci tengo anche a sottolinearlo perché a volte

ho l'impressione in generale che a volte ci illudiamo che esistono delle tecnologie che

sono completamente disincarnate, completamente dematerializzate e che esistono in uno spazio

completamente altro, ma in realtà diciamo tutte le tecnologie, anche quelle più virtuali, in realtà

si fondano su substrati materiali e quindi anche diciamo il web inteso dal punto di vista

digitale ce ne rendiamo conto sempre di più, considerando per esempio anche il costo energetico

per esempio delle tecnologie digitali. Ecco, nel mio libro la mia prospettiva è stata un po' quella

di cercare di riflettere sul modo in cui i materiali che costruiamo si intrecciano un po'

con le nostre vite e con le nostre identità e come appunto accennavi la mia riflessione è partita,

in realtà è partita dalla ragnatela e la ragnatela diciamo è un oggetto molto interessante perché in

realtà la cosa veramente interessante è la relazione diciamo tra la ragnatela e il ragno

che la produce perché la seta del ragno è un materiale che potremmo definire un materiale

intelligente nel senso che è capace diciamo di auto organizzarsi in autonomia formando una

struttura microscopica incredibilmente complessa in maniera completamente diciamo automatica,

in maniera spontanea senza bisogno diciamo che il ragno intervenga diciamo costruirla nella sua

struttura microscopica e questa struttura le conferisce tutta una serie di caratteristiche

affascinanti che le permettono insomma di andare a integrarsi se vogliamo con tutto l'apparato

cognitivo del ragno, con la mente del ragno tanto che appunto c'è un po' l'idea che diciamo non

solo il ragno costruisce la sua ragnatela ma c'è anche un rapporto diciamo più nell'altra

direzione ecco perché la ragnatela a sua volta influenza il mondo del ragno, la realtà del

ragno, l'identità del ragno come animale quindi c'è una sorta di circuito di feedback tra queste

due cose e a questo proposito appunto mi sono trovata a riflettere anche sul mito di Aracne

a cui facevi riferimento tu che ovviamente come sapete è la leggendaria tessitrice che fu tramutata

in un ragno per punizione diciamo per punirla della sua incredibile abilità nella tessitura e

per inciso diciamo la tessitura tra tutte le tecnologie antiche forse una di quelle che sono

più affascinanti per noi oggi perché ha un sacco di intersezioni sia con le tecnologie informatiche

sia per esempio con la scienza dei materiali e le nanotecnologie contemporanee e appunto Aracne

diciamo si tramuta in un ragno questa è un po' la sua punizione e nel tramutarsi in un ragno

diciamo che Aracne si fonde con il suo telaio e costituisce un unico corpo che è un po'

naturale un po' tecnologico e il designo di Aracne ovviamente ci viene raccontato un po' come

ovviamente una maledizione nel mito originario ma io credo che non deve essere necessariamente

così almeno questa è un po' la prospettiva che provo a proporre nel mio libro perché magari

questa fusione con la tecnologia può essere anche qualcosa di produttivo ecco ovviamente

questo magari ci richiede di abbandonare alcune diciamo delle categorie dei pregiudizi che abbiamo

su cosa significa essere umani ecco. Se dovesse spiegare in due parole che cosa sono le

nanotecnologie per chi non lo sa per chi non lo conosce? Certo assolutamente diciamo che le

nanotecnologie sono quell'ambito della scienza contemporanea che si occupa di lavorare su quella

che appunto viene definita la scala nanometrica un nanometro è un miliardesimo di metro che

detto così può voler dire tutto e niente però diciamo la cosa interessante delle nanotecnologie

è che lavorando su una scala così piccola diciamo che agiscono un po' sullo stesso livello

degli organismi viventi quindi per esempio le proteine che costituiscono le nostre cellule,

i meccanismi diciamo più intimi dei nostri corpi biologici funzionano sulla stessa scala

delle nanotecnologie. Il virus è un organismo tra virgolette diciamo che è grande circa una decina

insomma di nanometri poche decine di nanometri ed è proprio per questo che poi le nanotecnologie ci

permettono anche di magari risolvere o affrontare o combattere insomma questo virus ecco questo per

dirla in maniera molto sintetica. Chiarissimo dopo approfondiremo anche questo l'utilizzo

delle nanotecnologie. Federico invece è molto interessante quello che diceva prima Maurizio

riguardo alle piattaforme, le piattaforme non ci schiavizzano non ci non ci frustano per dargli i

dati, li diamo spontaneamente è il nostro insomma lo facciamo continuamente facciamo tutti i giorni

senza fare neanche particolarmente fatica. E anche in questo momento per inciso quindi

stiamo chiedo scusa ma teniamolo presente stiamo lavorando in due sensi uno esplicito

posto che sia lavoro e un implicito ma che genera molto valore. Ecco Federico cosa ne

pensi di questa rete di piattaforme di dati? Sì da questo punto di vista un po' la riflessione

che mi interessava che volevo portare era proprio un po' forse il passaggio che negli ultimi anni è

avvenuto in maniera inequivocabile. Se il web è nato di fatto come rete per mettere in connessione

tra di loro degli esseri umani, infatti specie degli esseri umani che avevano cominciato a

studiare produrre ricerche avevano bisogno di scambiarla tra di loro, il passaggio inequivocabile

che si è consumato negli ultimi dieci anni è che questa rete di esseri umani si è trasformata in

una rete di piattaforme che gestiscono i servizi attraverso cui noi facciamo uso delle possibilità

che vengono fornite dal web. Questo è un cambiamento piuttosto degno di nota non soltanto

in termini di mero utilizzo di internet perché diciamo che le potenzialità di internet nel corso

del tempo sono aumentate da un certo punto di vista si è ridotto lo spazio di creatività

a disposizione però internet che ci piaccia meno funziona bene siamo connessi in questo momento da

quattro posti diversi ci stiamo parlando in maniera piuttosto fluida e altre persone da altri canali

stanno assistendo alla nostra conversazione. Quello che però diciamo è avvenuto un po' sotto

il radar è un fenomeno di accentramento delle potenzialità fornite da internet perché se negli

ultimi dieci anni si è instaurata una vera e propria infrastruttura formata da una serie di

piattaforme che gestiscono un po' tutti gli ambiti della nostra socialità su internet non soltanto

in senso esplicito quindi noi che utilizziamo facebook, streamyard che è la piattaforma che

stiamo utilizzando in questo momento ma sono a loro volta delle piattaforme, le infrastrutture

che permettono a facebook di funzionare quindi i grandissimi conglomerati che costituiscono i

server banalmente i sistemi di server che permettono ai dati di viaggiare in giro per il

mondo e su questo peraltro qualche mese fa se non ricordo male c'era stata una notizia di cronaca

abbastanza lampante in questo senso un incendio all'interno di un data center di uno di questi

grossi conglomerati ha prodotto dei disservizi su una quantità disparata di piattaforme web

addirittura c'è questo elemento in particolare che a me era rimasto molto in testa ovvero il

fatto che dei giocatori di un videogioco online si erano ritrovati svegliandosi il mattino dopo

privati del mondo che normalmente loro abitavano giocando tutti i giorni con quel gioco lì perché

il loro mondo era conservato all'interno di quel server e a causa di questo incendio il loro mondo

era perduto fondamentalmente ecco un evento come questo secondo me racconta molto bene questo

passaggio di potere in un certo senso e ci chiede allo stesso tempo di porre attenzione su il

funzionamento di questa rete di piattaforme perché è questa rete di piattaforme che di fatto è

costituita da parecchi monopoli che interagiscono a livello globale con la socialità e la produzione

di cultura e anche la produttività umana oggigiorno sono questa rete di piattaforme che in un certo

senso regola al 100% il nostro modo di utilizzare internet ed essendo internet completamente centrale

all'interno della nostra vita dobbiamo necessariamente chiederci come funzionano e quali

sono gli equilibri di potere che regolano i rapporti tra le piattaforme e soprattutto tra

le piattaforme e gli utenti. Scusate, mi ero mutata. Maurizio, lei cosa ne pensa di questo tema?

Da un certo punto di vista bisogna anche capire un po' l'uomo dove sta a questo punto, chi è al

centro? L'uomo, la natura, la tecnologia, nel futuro chi vincerà? Da una parte io direi che

Bill Gates per quel che ne so è un uomo che in questo momento è un uomo che affronta un complicato

divorzio e quindi non direi che è una macchina. Dunque certo uno può dire che siamo sfruttati,

ma gli sfruttatori sono degli umani esattamente come Rothschild era un uomo o Van Der Beek era

un uomo, quindi dobbiamo toglierci l'immaginario che c'è, non che sia stato evocato adesso,

ma c'è spesso le macchine che prenderanno il potere. No, le macchine non prendono strutturalmente

il potere perché le macchine non sono interessate al potere, gli umani sono interessati al potere,

al denaro e quindi sicuramente potremmo essere sfruttati ma da altri umani. Dire il contrario

è pensare che Cesare sia stato ucciso dai pugnali e non dai congiurati. Dopodiché venendo ai

pugnalatori vorrei proporre una riflessione. Intanto il fenomeno, noi lo definiamo come

globale, ma non è affatto globale. La Cina non c'è dentro a questo, è completamente fuori,

completamente esclusa e autonoma, perché? Semplicemente perché non ha osservato le

leggi di copyright, ha fatto le proprie piattaforme e ha socializzato il plusvalore

che viene prodotto da coloro che lavorano, cioè tutti i cinesi, che producono valore

sulle piattaforme. Questo pone un problema però perché uno Stato, diversamente da un'impresa

commerciale, è interessato all'idea dei propri cittadini e quando uno Stato può avere accesso,

poi se fai tutto con il telefono, compreso pagare come avviene in Cina, allora a questo punto tu hai

davvero una visione micrologica di tutto quello che fanno i tuoi cittadini. Ma in Occidente questo

non avviene, ci sono dei pro e dei contro, cioè l'Occidente è indubbiamente più liberale perché

la nostra privacy non è minimamente minacciata. Noi spesso crediamo che le piattaforme siano

interessate alla nostra privacy, ma no, sono interessate ai nostri soldi, è una cosa

differente. Se io vado su Amazon e compro un Kalashnikov, Amazon non va a dire alla polizia

Ferrari si è comprato un Kalashnikov, il giorno dopo semplicemente mi propongono pistole, veleni

e cose di questo genere, cioè ciò che l'algoritmo ha selezionato come coerente ai mistiri di

comportamento. Diverso invece in Cina, perché in Cina come ovvio gli Stati sono interessati,

la Cina coerentemente con i principi del comunismo dà welfare perché la povertà è stata radicalmente

ridotta e nessuno è disoccupato in Cina, se non pochissimi, è veramente impressionante perché c'è

poi anche quell'etica che tutti devono essere occupati, ma può farlo con una riduzione drastica

della libertà personale. Io penso che la via giusta sarebbe invece che grandi entità

sovranazionali, per esempio l'Europa, che fra l'altro, notate quello che succede adesso,

c'è Biden che dice bisogna lasciare liberi i vaccini, bene così, la Cina non mette bocca su

tutta questa cosa qua, la Merkel dice no veramente i brevetti eccetera, sembra cattiva la Merkel,

però riflettiamoci, Biden lascia liberi i vaccini perché sta già guadagnando l'America tantissimo

con le piattaforme, quindi quello che lui sta evitando è che gli tassino le piattaforme e

quindi rende liberi i vaccini, la Cina gioca per conto suo perché ha già fatto questa scelta,

la Merkel come rappresentante dell'Europa dice boh tutto quello che abbiamo sono i vaccini,

cerchiamoci di prenderci i soldi dei vaccini, perché? Perché l'Europa non ha né piattaforme

nazionalizzate né piattaforme private e a questo punto l'Europa è semplicemente una massa di 450

milioni di persone che producono dati, cioè lavorano, senza essere pagati. Allora se allora

l'Europa dicesse alle piattaforme guardate o vi tassiamo il giusto e non per l'abuso di posizione

predominante oppure per la lesione della privacy che sono sempre gli argomenti che fa l'Europa,

ma perché voi sapete perché siete così ricchi? Perché siete una fabbrica che non paga i suoi

lavoratori, è facile che una fabbrica si arricchisca molto se non paghi i lavoratori,

quindi tassi questo e con questo plus valore che tu riesci a ottenere a livello di entità

sovranazionale importante perché un piccolo stato può anche non essere interessante,

se Liechtenstein va a negoziare con le piattaforme, fai quello che vuoi non ci interessa, però 450

milioni di persone significa davvero una massa di denaro molto forte, allora lì puoi trovare le

risorse per generare un welfare che dia ricollocazione e sostegno ai tantissimi che

sempre più perderanno lavoro attraverso il web e voglio dire è inutile cercare di fare dei finti

lavori o ricreare dei lavori all'antica perché noi non li vorremmo più fare, obiettivamente

siamo diventati più civili e più sofisticati e allora cerchiamo di guardare in avanti,

cioè cerchiamo di pensare che c'è un enorme lavoro implicito che viene svolto da ognuno di noi,

ovviamente molti di noi hanno dei lavori, potranno avere dei lavori, però ci sono

tantissimi lavori che scompariranno e allora come si sostengono le persone che facciano

questi lavori? Come si riqualificano? Ci vanno delle risorse, certo non le prendi dalle tasse,

le prendi dalle piattaforme e oltretutto legittimamente perché non stai dando un

obolo a delle persone, stai pagando il loro lavoro, solo un punto che fa riflettere. Oggi

i mendicanti spesso hanno il telefonino, questo significa che loro stanno producendo valore e

probabilmente un valore molto più elevato delle lemosina che prendono nel momento in cui

consultano il loro telefonino. Se noi riconosciamo questo diamo anche più dignità a un mendicante.

Mille spunti in questo discorso di Maurizio, mi attacco ad uno e poi agli altri. Vaccini,

parlavamo di vaccini. Laura, nanotecnologie, in questo momento c'è sempre un po' come diceva

anche il professor Ferrari, si parla spesso di questa paura della tecnologia e poi ci torneremo

dopo. Le nanotecnologie potrebbero partecipare in modo pervasivo ai nostri meccanismi biologici,

qual è il confine tra umano e inumano oggi, naturale e tecnologico? Che cosa ci aspettiamo

per il futuro? È una domanda molto impegnativa, però dal mio punto di vista, dalla mia prospettiva

ovviamente scientifica molto situata, mi sono resa conto studiando i materiali e le nanotecnologie

che molto spesso diciamo, diamo per scontato che sia molto semplice fare una distinzione

tra gli organismi viventi e i corpi tecnologici, gli oggetti tecnologici, però diciamo non sempre

è così facile tracciare questa linea. Tendenzialmente siamo abituati magari a pensare,

cioè pensiamo un organismo vivente, ovviamente un organismo vivente è capace di fare tutta una

serie di cose che un oggetto tecnologico, una macchina, per come siamo abituati a concepirla,

diciamo non è capace di fare, quindi un animale cresce, si sviluppa, cambia nel tempo,

mentre una macchina sostanzialmente ha bisogno di essere assemblata e costruita da qualcuno,

diciamo da un progetto che è esterno, diciamo alla macchina stessa e che in qualche modo

riesce a metterne insieme i pezzi. In generale questo ci ha spinti un po' a pensare per molto

tempo che esistesse una distinzione rigida tra noi e le nostre tecnologie. A un certo punto,

diciamo, abbiamo cominciato a porci una domanda secondo me molto interessante, cioè qual è

l'origine di questa diversità? Prima all'inizio magari pensavamo che l'origine di questa diversità

fosse insita nella natura materiale dei corpi, per cui i corpi viventi hanno qualcosa che la

materia inorganica non ha, qualcosa di speciale, di unico e di riproducibile, però lentamente,

con il progresso scientifico, insomma abbiamo cominciato a renderci conto che in realtà la

chiave di lettura della differenza tra le macchine e i corpi viventi è in realtà nella struttura,

nel modo in cui sono organizzate le diverse parti di un organismo e quindi nella loro

architettura. Abbiamo cominciato a studiare con le nanotecnologie, in particolare quelli che

chiamiamo processi di auto-organizzazione, cioè la capacità di un sistema materiale,

anche completamente inorganico, anche completamente artificiale, di organizzarsi

in maniera spontanea in strutture ordinate e complesse. La chiave di questi sistemi è il

fatto che sono sistemi che possiamo definire bottom-up, cioè che si organizzano spontaneamente

dal basso per dare forma a strutture complesse. In questo senso, secondo me è interessante anche

quello che diceva prima Federico, cioè il fatto che spesso la fragilità di un sistema complesso

risiede nell'accentramento, cioè nel fatto che siamo abituati a strutturare i sistemi complessi

con un approccio top-down, cioè in qualche modo pensando che debba esserci un centro di controllo

che in qualche modo dirige l'organizzazione del sistema e forse abbiamo questo pregiudizio perché

noi esseri umani siamo fatti un pochino così, abbiamo il cervello e pensiamo che il cervello

controlla il corpo e che ci sia questa struttura che poi tendiamo a riprodurre secondo me su tanti

livelli, politico, tecnologico eccetera. Però in realtà spesso i sistemi complessi, questo l'abbiamo

scoperto appunto anche grazie alle nanotecnologie, sono capaci di organizzarsi da soli e diventano

intelligenti proprio attraverso la capacità di diventare sempre più complessi attraverso

le relazioni senza bisogno di essere controllati da un centro di controllo, da un centro di comando.

È molto interessante perché sentire parlare di nanotecnologie in certo modo ci fa riflettere

sulla struttura proprio organizzativa degli esseri umani di per sé, mentre parlavi pensavo alle

strutture sociali, come si costruiscono, in un certo modo è molto interessante perché da una

parte abbiamo l'idea strutturale che veniva citata anche prima del comunismo ad esempio,

che lavora in un certo modo, dall'altra parte quella del capitalismo che funziona in un modo

molto diverso ma ha sempre a che fare con la società. Federico tu su questo so che volevi

anche rispondere sicuramente a Maurizio rispetto a quello che è stato detto prima, ma volevo anche

chiederti appunto di analizzare un po' il rapporto con la semantica, perché ci sono molte parole che

vengono utilizzate e che hanno anche a che vedere con il rapporto di potere delle piattaforme.

Sì, secondo me in questo senso ci sono almeno un po' di considerazioni che mi aiutano per

spiegare un po' il mio punto di vista riguardo, ovvero il primo pezzo è che senza dubbio c'è

una eterogenità di queste piattaforme dal punto di vista globale, Facebook non è per esempio una

piattaforma di fatto globale, il servizio però che eroga la tecnologia che è implementato quella

misura in cui se non si chiama Facebook ha un altro nome, però la mentalità che c'è dietro

l'idea di sviluppare di fatto delle infrastrutture tecnologiche che possano sovrimporse uno strato

di socialità fisica e creare in tutto e per tutto uno strato di socialità digitale che oggi fatica

a volte a distinguersi da quella fisica, quello è stato un po' in un certo senso il malefico colpo

di genio che ha innescato l'era della cosiddetta economia delle piattaforme e proprio in questo

senso ricollegandomi anche al discorso sull'interdipendenza che c'è all'interno dei

sistemi complessi, spesso e volentieri quando si parla di questi enormi conglomerati in generale

di queste piattaforme le si definisce come piattaforme che sono too big to fail, ovvero

troppo grandi per fallire addirittura alcuni si spingono fino a dire che sono troppo grandi

per esistere, questo nella misura in cui i meccanismi che abilitano l'esistenza di una data

piattaforma in questo momento, i meccanismi proprio economici che permettono a Facebook di lucrare su

il lavoro che noi naturalmente svolgiamo utilizzando Facebook ci obbliga in un

certo modo a avere grosse difficoltà a immaginare una vita senza queste piattaforme

oggigiorno perché spesso e volentieri abbiamo dei pezzi proprio di funzionamento della società

moderna che necessariamente si sono innestati all'interno di queste piattaforme, basti pensare

e dell'esempio forse più più radicale di tutti a immaginarsi di esplorare il web oggigiorno senza

utilizzare un motore di ricerca che di fatto a parte poche eccezioni che purtroppo non funzionano

bene come quelle più blasonate però tutti i motori di ricerca afferiscono a dei grossi conglomerati

che tirano avanti grazie a dei meccanismi di fatto estrattivi nei confronti dei dati che noi

produciamo. Ecco questa secondo me questa questa inversione di potere in cui a un certo punto la

piattaforma parassitava dei bisogni degli esseri umani e oggi sono gli esseri umani che devono

necessariamente parassitare la piattaforma perché senza di essa non possono più assolvere ad alcune

funzioni ordinarie del loro quotidiano ha creato un'ulteriore conseguenza e su questo secondo

me c'è un pezzo molto importante riguarda l'utilizzo delle parole e soprattutto la dimensione semantica

del web. Questo non perché noi facciamo esperienza di internet soltanto attraverso le parole ma perché

nel 90 per cento dei casi il dietro le quinte di queste piattaforme ha un funzionamento tale

da permettere la messa a valore dei dati che noi produciamo solamente attraverso dei processi

di semantizzazione di questi dati che noi produciamo. Semantizzazione nella misura in cui riuscire a

categorizzarli per poter poi creare delle categorie di merce che possano assumere un

valore per interlocutori diversi. Ad esempio? Ad esempio questo riguarda specialmente,

mi immagino per esempio, il funzionamento dei meccanismi marketing in generale di pubblicità

su Facebook. Faccio l'esempio di Facebook perché secondo me è un po' più semplice da afferrare.

Facebook mette a valore tutti i contenuti che noi produciamo e non soltanto i contenuti che

noi produciamo esplicitamente ma anche quelli che produciamo implicitamente, ovvero il nostro modo

di utilizzare la piattaforma e li traduce in delle categorie che siano interpretabili attraverso

la lente del bene che Facebook scambia, ovvero spazi pubblicitari. Questo significa che la valanga

di contenuti che noi pubblichiamo su Facebook, addirittura molto probabilmente la trascrizione

automatica delle parole che noi stiamo pronunciando in questo momento perché questa diretta e indiretta

anche su Facebook diventa poi, alla fine di questa grossa catena di montaggio, un elemento che va a

nutrire delle categorie che siano leggibili da coloro che vogliono acquistare degli spazi

pubblicitari su Facebook. Questo meccanismo crea delle conseguenze piuttosto importanti,

secondo me, sul nostro modo di produrre proprio l'esperienza non soltanto della cultura ma in

generale la produzione di tutto ciò che è umano e del modo in cui noi ne facciamo esperienza.

Perché di fatto ci ritroviamo a utilizzare delle piattaforme che oggigiorno monopolizzano,

in generale, accentrano in gran parte la nostra capacità di comunicare, specialmente in questo

periodo di pandemia, e allo stesso tempo crescono dovendo, in un certo senso, seguire il tracciato

delle loro necessità di sviluppo. Quindi nel caso di Facebook sviluppare nel miglior modo

possibile il potenziale della piattaforma di vendere spazi pubblicitari. Se noi pensiamo

all'idea che la forma di questa piattaforma cambia a partire dai dati che produciamo noi,

ma che vengono interpretati attraverso, nel caso di Facebook, quel tipo di lente,

ci rendiamo anche conto che aumentando il volume e la frequenza, ci ritroviamo in una condizione in

cui noi cambiamo il nostro modo di utilizzare Facebook, perché cambia l'aspetto della piattaforma,

e dunque cambia ciò che noi scriviamo, il tipo di contenuti che noi pubblichiamo e il tipo di

interazioni che noi abbiamo. Se noi amplifichiamo e mettiamo in scala questo tipo di fenomeno,

ci rendiamo conto che milioni di persone in tutto il mondo cambiano il nome della piattaforma,

ma la dinamica rimane la stessa. Di fatto sono attaccate con la flebo ai cambiamenti

dell'aspetto di queste piattaforme, e di conseguenza fanno cambiare anche il loro modo di esprimersi,

non soltanto a parole, ma anche dal punto di vista di che caratteristiche hanno i contenuti

che vengono inseriti all'interno di questi spazi. L'ultimo esempio che vorrei portare,

che secondo me è il più lampante, ha a che fare con Google. E' un esempio che vorrei portare

perché è quello che, almeno a me personalmente, in un certo senso ha fatto fare clic. Google,

un po' come tante altre piattaforme, tira a campare vendendo anche in quel caso dei spazi

pubblicitari, ovvero permettendo a dei clienti di posizionare il loro prodotto, in generale il

loro sito web, in cima alla lista delle ricerche di una data parola chiave. Per poter vendere

questi spazi pubblicitari, Google chiede a chi vuole promuovere un'inserzione sulle sue pagine

di associare il prodotto che vuole promuovere ad una parola chiave, che è la stessa parola chiave

che poi io potrò cercare su Google e ritrovare poi quel prodotto lì in cima. Fino a qua, diciamo,

per quanto mi riguarda, è tutto normale alla fine della fiera, è un po' il funzionamento di tutte

queste piattaforme. Quello che mi ha lasciato abbastanza sterrefatto è un dato che è sicuramente

cresciuto perché la ricerca ormai ha qualche anno sulle spalle, che riguarda la frequenza

attraverso cui avviene questa vendita di spazi pubblicitari. Google, per poter vendere questi

spazi pubblicitari associate a delle parole chiave, mette di fatto all'asta il posizionamento

all'interno di una parola del linguaggio umano e lo fa con una frequenza per me spaventosa,

cioè lo fa circa 60.000 volte al secondo, ovvero 60.000 volte ogni secondo una parola,

in generale un elemento del linguaggio umano in qualsiasi lingua possibile viene associato a un

valore economico per poter poi essere utilizzato per poter posizionare un'inserzione pubblicitaria.

Con una frequenza di questo tipo per me diventa, insomma, piuttosto lampante quanto questo meccanismo

cambi il nostro modo anche di percepire il linguaggio e di utilizzarlo, perché rapidamente

non ragioniamo più in termini di cosa stiamo cercando, cosa vogliamo trovare su Google,

ma che tipo di parole chiave noi dobbiamo utilizzare per poter arrivare al risultato

che vorremmo ottenere. Io uso quasi sempre quelle sbagliate,

invece ci metto molto tempo a trovare i miei risultati. Però è una cosa molto interessante,

l'altro giorno stavo ascoltando un dibattito proprio su questi temi e una delle cose che mi

ha più colpito, e in questo senso vorrei chiederla a Maurizio che è il più senior tra di noi,

mi ha molto colpito come se in un ipotetico mondo in cui non ci fossero più questi motori di ricerca,

queste piattaforme, eccetera, le domande venivano poste a gruppi generazionali diversi,

i più senior erano meno spaventati all'idea che questa cosa potesse succedere, perché evidentemente

l'avevano già vissuta, in un mondo in cui i motori di ricerca non esistevano,

i social non esistevano, eccetera. Per i più giovani era impensabile vivere in un mondo in

cui tutto questo non esisteva, quindi un futuro in cui fondamentalmente si ritrovava senza i

punti di riferimento fondamentali che sono quelli che rappresentano per noi.

Volevo chiedere a Maurizio, la tecnologia ci sta aiutando o ci sta alienando,

ci sta rendendo schiavi oppure no? Io penso che avrei una seria difficoltà a

vivere in un mondo senza occhiali, senza vestiti, senza tetti sulla testa e senza penna e carta,

tutto questo è tecnologia. Arachne è ognuno di noi, nel senso che l'essere umano diventa umano

non in un certo momento o quando ci sono delle cose elettriche intorno a lui, l'essere umano

ha cominciato a essere umano e non un animale non umano nel momento in cui ha spaccato la

prima pietra per cavarne un raschietto o qualcosa. Quindi da questo punto di vista non esiste un

essere umano estraneo alla tecnica e la tecnica è la rivelazione della natura umana, non c'è una

natura umana fuori della tecnica, c'è solo l'animalità. La tecnica è la rivelazione della

natura umana, tanto è vero che ci sono civiltà intere di cui non c'è rimasta quella tecnica

che si chiama scrittura e che noi conosciamo attraverso dei apparati tecnici che si trovano

nelle tombe. Non mi sembra casuale che noi parliamo di paleolitico, neolitico, età del

bronzo, età del ferro, perché è proprio quello, le tecniche che usavano questi ci rivelano chi

erano questi nostri antenati. Allora, se le cose stanno in questi termini avrei due punti,

perché sono state dette le cose molto importanti, uno rispetto alla differenza tra l'organismo e il

meccanismo e l'altro invece rispetto alla questione delle piattaforme e dell'influenza

che hanno le piattaforme. Comunque per venire proprio alla domanda iniziale, cioè lei non si

preoccupa, tu non ti preoccupi del fatto che non ci sono più i motori di ricerca perché hai passato

un bel pezzo della tua vita a guardare su indici e schedari. Vorrei fare però notare una cosa,

che Platone si lamentava della scrittura, la scrittura che ognuno di noi considera parte

della sua vita. Lui non voleva che si insegnasse la scrittura perché temeva che la gente poi non

andasse a scuola da lui e si comprasse i libri e basta. Fra l'altro è provato che le società

senza scrittura hanno più memoria di noi, è provato, quindi noi dovremmo dire ci stiamo

rovinando la memoria, come quello che dice internet rende stupidi. Ma chi ti dice che

eravamo intelligenti prima? Già questo è un postulato non dimostrato. E' certo che in genere

una tecnologia ci rende, per esempio io non ho dei denti così buoni come potrei aver avuto se

fossi vissuto nel paleolitico e avessi mangiato della carne cruda. Avrei dovuto avere dei denti

notevolmente più buoni. Si lamenta il mio dentista, mi lamento io? No, semplicemente

l'evoluzione è questo fenomeno qua. Allora, venendo alla questione evoluzione e organismo

e meccanismo, cerco di sviluppare intanto la questione molto importante delle piattaforme.

Allora, io non credo che per esempio in questo momento noi quattro siamo condizionati dal fatto

di essere su una piattaforma, eppure siamo su una piattaforma. Siamo condizionati nella misura in

cui per esempio abbiamo programmato la nostra giornata pensando che non dovevamo abbandonare

il luogo fisico in cui ci trovavamo per andare in un altro e trovarci tutti quattro. Questo

sicuramente è un condizionamento, però non mi sembra che il contenuto di quello che noi stiamo

dicendo sia influenzato dal formato in cui noi ci troviamo. Oltretutto, per esempio, non è

obbligatorio, io non sono mai stato su Facebook né su alcun social. Dall'inizio ho già tanta

difficoltà a rispondere alle mail, che se poi mi beccassero a fare il furbo sui social mentre

non rispondo alla gente sulla mail mi tirerei soltanto dei nemici. Poi, ma questa è una mia

convinzione, io non credo che il grosso del guadagno delle piattaforme derivi dalla pubblicità.

All'inizio era la pubblicità, ancora adesso finché c'è qualcuno che fa la pubblicità,

continuano a fare la pubblicità. Ma in realtà il vero guadagno è la conoscenza sia del mercato,

sia la capitalizzazione dei dati. Perché noi, quando io chiedo qual è la capitale del Rwanda

su Wikipedia, io non divento proprietario della capitale del Rwanda, mentre Wikipedia,

e la piattaforma che sta dietro Wikipedia, sa che c'è un tizio che ha cercato qual è la capitale

del Rwanda. Poi sul fatto che noi diventiamo un po', e quindi che per esempio i nostri consumi

sono condizionati dalle nostre ricerche perché mettono la prima cosa, io cerco sempre i frammenti

dei presocratici sopra Google. Che tipo di prodotto può essere associato ai frammenti

dei presocratici? Quindi io penso, se uno cerca, diciamo così, delle stupidaggini o delle cose

commerciali su Google, avrà in cambio delle stupidaggini nelle cose commerciali. Poi io non

dico che i frammenti dei presocratici siano chissà che cosa, certe volte sembrano davvero

delle stupidaggini anche perché sono dei frammenti. Però comunque uno può cercare queste cose e per

inciso può cercarle anche il mendicante di cui sopra, cioè un mendicante che dispone di una

biblioteca gratis, di una discoteca gratis eccetera. Allora secondo me il vero punto è che noi siamo

generalmente portati ad assumere un atteggiamento vittimistico nei confronti delle piattaforme,

loro intelligentissime e noi stupidissimi. Cerchiamo di fare un po' di lavoro signoria

servitù, loro non andrebbero da nessuna parte senza di noi. Se non ci fossimo noi, loro sarebbero

spacciate. Facciamo presente questo punto, non dobbiamo farlo presente noi personalmente perché

una lotta di classe contro le piattaforme mi sembra difficile da attuare. Dove vai? Vai a

cercare il posto dove spaccare, togliere l'elettricità. Non mi è chiarissimo come potrebbe

essere questo, mentre mi è chiarissimo il fatto che gli stati che sono interessati al benessere

dei loro cittadini e sono anche interessati al fatto che non possono tassare i loro cittadini

più di tanto per generare un welfare, si troveranno benissimi a tassare le piattaforme e fra l'altro

con piena legittimità perché appunto non è che in fondo uno Stato, i vecchi Stati che

nazionalizzavano il petrolio per esempio, gli si poteva sempre obiettare. Vabbè sei un bel tipo,

hai avuto la fortuna di avere nel tuo territorio il petrolio e adesso te ne approfitti, ma noi

lavoriamo per estrarre. Mentre in quel caso non è che c'è stata la fortuna di qualcuno, c'è il

lavoro, letteralmente il lavoro degli abitanti di quello Stato, dei cittadini di quello Stato.

E vengo alla questione. Questa storia del lavoro è importante perché giustamente Laura ha parlato

di sistemi bottom up e dice che noi siamo abituati a pensare top down mentre la vita

si organizza e anche certi meccanismi si organizzano bottom up. Faccio notare che il

cervello funziona bottom up, nel senso che nessun neurone pensa. I neuroni scaricano

semplicemente delle scariche elettriche e poi il risultato è un pensiero, quindi sta funzionando

bottom up esattamente come un termitaio, solo che al posto delle termiti c'è i neuroni. Qual è la

vera differenza, quindi, che non è top down, bottom up? La vera differenza è che non tra l'umano e

la macchina, ma fra l'organismo e la macchina, tra ogni tipo di organismo e la macchina,

l'organismo, ovviamente poi ci sono delle eccezioni ma sono liminari, ha solo due posizioni on off,

o è acceso o è spento e quando è spento è per sempre. Mentre il meccanismo è pensato per avere

tante posizioni on off on off come una lampadina, per esempio, il computer non è che muore se resta

senza elettricità, semplicemente smette di funzionare e poi rimette l'elettricità e quello

funziona. Questo è molto importante perché da questo deriva il fatto che noi abbiamo fame,

desideri, curiosità, ci annoiamo per esempio, tutte cose che ci portano per esempio sulle

piattaforme e fanno sì che le piattaforme raccolgano i nostri dati. Le piattaforme da

soli invece non raccoglierebbero nessun dato, quindi questo segnala secondo me la signoria,

mettiamola così, dell'umano sopra alla macchina perché la macchina senza l'umano non va da

nessuna parte, esattamente come il virus per inciso, ma questo è un altro discorso, cioè se il virus si

fosse impiantato in un bradipo non credo che sarebbe diventato un problema mondiale perché da

una parte i bradipi sono molto localizzati e poi non spiccano per attivismo, quindi non ci sarebbe

stata la pandemia bradipica, mentre gli umani sono tanti, si muovono un sacco eccetera e quindi il

virus esiste solo perché esistiamo noi, da solo avrebbe una vita grama, torni ai suoi pipistrelli

e vedrà, oramai però è abituato a stare con noi e si trova molto meglio. Quindi una volta che noi

abbiamo messo in chiaro, soprattutto con noi stessi, l'importanza che noi abbiamo per le macchine,

l'importanza che noi abbiamo per le macchine, nel senso che le macchine hanno bisogno di noi,

a questo punto abbiamo un potere contrattuale enorme, non con le macchine perché tanto alle

macchine non importa niente di noi, ma coloro che queste macchine pensano, gestiscono, sviluppano,

eccetera eccetera eccetera. Io credo che, tra l'altro punto, insistere sul fatto,

insisto spesso su questa cosa, sulla privacy, perché ti dico, noi diciamo che il vero problema...

Aspetta, privacy, ci torniamo un attimo perché adesso volevo collegarmi con Laura per l'azione

macchine. Se diventassimo noi le macchine, cioè questo concetto di cyborg che tu hai anche Laura

approfondito, quali sono i rischi che effettivamente questa cosa succeda?

Posso fare solo una precisazione rapidissima? Allora, io sono una macchina dalla mia nascita,

nel senso che sono postumano, ho delle appendici meccaniche, mi hanno insegnato a leggere e a

scrivere, che non facevano assolutamente parte della mia dotazione naturale, mi hanno insegnato

a stare a tavola, adesso non potrei vivere senza occhiali o cose di questo genere. Quindi il

postumano è cominciato quando quel tizio ha spaccato in due una pietra e di lì, cioè l'umano

e il postumano nascono insieme. I cyborg, cioè, ma realmente noi pensiamo che qualcuno possa avere

qualche convenienza a creare una macchina che poi voglia essere pagata, voglia avere la pensione a

campi dei diritti? Mi sembra che è palesemente un non senso, noi facciamo delle macchine appunto

per avere degli oggetti che non muoiono, non si stancano, non si lamentano, non hanno dei diritti.

Siamo arrivati a definire, ed è giusto, una conquista di civiltà e diritti degli animali,

perché sono organismi, non credo che riusciremo mai a fare i diritti delle macchine, perché sarebbe

controintuitivo, voglio dire come quando un autore solitamente acuto come Harari dice che

possiamo immaginare un'automazione che sia automazione non soltanto della produzione,

ma anche del consumo. Questo è un non senso, automatizzare il consumo è la cosa più

antieconomica che ci sia, tu automatizzi la produzione e la distribuzione in vista del

consumo, dire ho inventato una macchina per mangiare la pasta asciutta fa ridere, mentre una

macchina per fabbricare pasta in quantità industriali non è che fa ridere, quello che si fa ed è conveniente.

Laura? Ok vado, mi inserisco, tanta carne al fuoco. Sicuramente tu e Silvia

menzionavano questo concetto di cyborg, sicuramente quando io parlo di cyborg

non faccio riferimento all'idea di costruire una macchina antropomorfica che poi ovviamente

rivendichi anche dei diritti, il concetto di diritti delle macchine non è una cosa di cui

io poi in realtà mi sono mai molto interessata, anche perché secondo me ragionare in questi

termini dà per scontati molti passaggi e forse anche mette sulle macchine

una somiglianza con l'umano che anche non esiste in questo momento e non credo che

quella poi sia la direzione per il futuro. Quindi per ritornare un po' sul tema delle

nanotecnologie, secondo me la cosa interessante delle nanotecnologie, che ovviamente sono ancora

una scienza molto giovane quindi metto le mani avanti, però adesso siamo qui a parlare di futuro

quindi facciamo un po' di speculazione, è il fatto che le nanotecnologie appunto si inseriscono in

maniera integrata all'interno dei nostri corpi e quando si parla di cyborg di solito si fa

riferimento alla capacità di alcuni oggetti tecnologici di integrarsi con i nostri corpi

viventi per in qualche modo produrre un organismo nuovo e diciamo in questo senso

sicuramente noi già ci troviamo nell'epoca del cyborg nel momento in cui appunto

abbiamo, ci troviamo appunto in un momento storico per ritornare insomma sul tema del vaccino che

ovviamente in questo momento è molto caldo, in un momento storico in cui le nanotecnologie

stanno incominciando a entrare all'interno dei nostri corpi, per cui questa cosa detta così

sembra un po' inquietante, però la realtà è il fatto che comunque i nuovi vaccini, quelli RNA

messaggero funzionano sfruttando le nanotecnologie, sono un esempio di nanomedicina e per me insomma è

molto interessante vedere come si tratta di uno dei primi esempi, dei primi momenti in cui le

nanotecnologie effettivamente vengono diffuse su una larga scala, entrano un po', si integrano

nelle nostre vite e questi oggetti tecnologici appunto funzionano in modo molto interessante

perché per rigollegarci un po' a quello che dicevamo prima appunto basano il loro funzionamento

su una capacità di auto organizzazione, diciamo su una sorta di intelligenza che funziona un po'

in maniera autonoma rispetto a noi. Ovviamente noi li abbiamo progettati però diciamo rispetto

a uno strumento tecnologico come gli altri, forse è anche questo che li rende inquietanti, forse anche

per alcune persone, insomma che comunque giustamente ci fa sorgere tutta una serie di domande è il

fatto che una volta che un vaccino entra nel nostro corpo non c'è un interruttore, non è che possiamo

dire ok fermi tutti, funziona in maniera irreversibile e incomincia a integrarsi con i

nostri meccanismi biologici, in qualche modo parla la lingua del nostro corpo, parla il

linguaggio del nostro corpo e secondo me è interessante anche cominciare a riflettere sul

modo in cui le nuove nanotecnologie diciamo vanno un po' a sfumare anche il confine tra materia e

informazione, magari qui sempre andando sul fronte della speculazione ricollegandomi un po'

anche a quello che diceva Federico, insomma il predominio del linguaggio, è interessante come

queste nuove tecnologie magari potrebbero anche insomma andare a costruire un ponte tra due mondi

che riteniamo spesso separati, il mondo dei corpi e il mondo dell'informazione e quali possono

essere le conseguenze per esempio di avere dispositivi che all'interno dei nostri corpi

comunicano con i dispositivi tecnologici all'esterno, con la realtà virtuale e ovviamente

questo genera tutta una serie di anche di paure e di inquietudini che io non trovo stupide anche

ovviamente pur lavorando in questo ambito, anzi trovo molto interessanti perché credo che dovrebbero

essere il punto di partenza per sviluppare una riflessione sempre più approfondita sugli oggetti

tecnologici. In generale io credo che, cioè io non sono diciamo tecnoottimista, ecco questo lo

dico insomma perché ovviamente dalla mia posizione potrebbe sembrare che io creda insomma che le

tecnologie o le nanotecnologie o qualsiasi tecnologia possano diciamo risolvere i nostri

problemi, io credo un po' che questa posizione sia contraddittoria in molti sensi come del resto lo è

la posizione di chi rifiuta completamente le tecnologie perché entrambe queste posizioni si

basano un po' sull'idea che esista una distinzione tra noi e la tecnologia invece come giustamente

diceva il professor Ferrari da sempre siamo integrati con la tecnologia e non è questa non

è diciamo una cosa nuova. Sicuramente io credo che ci possa essere qualcosa di molto produttivo da un

lato e anche di potenzialmente rischioso nella nella vicinanza nell'intimità che stiamo sviluppando

con le nostre tecnologie. Una cosa che credo è che credo che sia molto importante e in questo

sicuramente do ragione al professor Ferrari, è il fatto che non dobbiamo metterci sempre in una

posizione di passività nei confronti delle tecnologie perché io credo che molte delle

cose che noi possiamo fare con le tecnologie dipendono anche dalla nostra prospettiva

culturale e diciamo il modo, la nostra cultura, il modo in cui guardiamo i materiali, la nostra

cultura materiale in qualche modo va a influenzare le tecnologie che costruiamo in molti modi ecco e

diciamo ovviamente appunto sì la storia umana è un po' segnata dai materiali che noi abbiamo

utilizzato, l'età della pietra, l'età del ferro, poi è interessante come noi chiamiamo l'età

della pietra, l'età della pietra perché alla fine le uniche cose che ci sono rimaste dell'età

della pietra sono i sassi però in realtà durante l'età della pietra abbiamo fatto un sacco di

altre tecnologie molto più intelligenti anche di colpire con un sasso un altro sasso e in realtà

secondo me se noi cominciamo un po' a cambiare la nostra prospettiva sulla tecnologia appunto

e incominciamo non più a pensarla nei termini di prendere assassate gli oggetti ma incominciamo

un po' a pensarla diciamo in termini di un'interazione un pochino più intima, più intelligente, più soft

ecco secondo me possiamo aprirci a tutta una serie di nuove prospettive. Federico voglio lasciarti

rispondere sia al tecnopessimismo di Laura e al commento precedente del professor Ferraris

perché sono sicura che hai qualcosa da dire al riguardo. Allora io partirei dal tecnottimismo

perché il fatto che tu l'abbia detto mi ha portato a riflettere ma io come mi posiziono?

Io di fatto di formazione mia personale sono completamente tecnopessimista ma nella misura

in cui vedo queste evoluzioni e non ci vedo grossa via d'uscita dal punto di vista proprio pratico

allo stesso tempo però c'è un pezzo di me che mi fa dire le tecnologie che sono state sviluppate

nell'era digitale non sono facilmente replicabili come lo sono state le tecnologie precedenti.

Mi spiego meglio, creare uno strumento, continuo a fare gli esempi di Facebook solo perché credo

che sia immediato, creare una piattaforma che di fatto in questo momento mi permette potenzialmente

di letteralmente mandare dei messaggini a 2 miliardi di esseri umani che adesso non sono

proprio 2 miliardi precisi però sono circa 2 miliardi di nomi e cognomi che di fatto esistono

sul pianeta Terra ecco creare questa cosa qua non è proprio uno scherzo, non mi basta dire non uso

più Facebook e vado ad utilizzare qualcos'altro. Certamente posso dire mi privo di quello strumento,

mi privo di delle possibilità offerte dalle piattaforme ma a quel punto lì devo scendere

un compromesso grosso, un compromesso che forse come individui possiamo senza dubbio fare e dire

non mi avvalgo più delle potenzialità fornite da un motore di ricerca oppure da un archivio

sconfinato di video immediatamente disponibili come YouTube. Dal punto di vista invece forse

collettivo è un po' più difficile guardarci in faccia e dirci ma noi possiamo fare a meno

delle piattaforme di messaggistica istantanea oggi, possiamo fare a meno di un gigantesco archivio che

funziona benissimo e che ci permette di vedere video su tutto lo scivile umano fondamentalmente

in un battibaleno. Ecco quello è il pezzo che a me fa dire di una parte di me sono tecnottimista

ma nella misura in cui non potendo fare a meno di queste tecnologie dal punto di vista di

collettività sociale non potremmo fare a meno di trovare un modo per riappropriarcene dal punto

di vista di chi possiede da un lato le tecnologie ma soprattutto il capitale infrastrutturale che è

stato generato di fatto estraendo valore da noi negli ultimi anni e questo pezzo qua secondo me

è abbastanza fondamentale per leggere, per cercare, per immaginare una chiave di lettura su quello che

accadrà, che potrebbe accadere in futuro perché da un lato io davvero non credo che ci sia la

possibilità di fare a meno oggigiorno di queste tecnologie perché ci hanno abituato troppo bene

e sono ormai davvero parte integrante del nostro modo di stare in società e non solo di stare in

società ma anche di produrre qualunque tipo di bene. Dall'altro lato c'è un tema di politiche

inequivocabile perché forse non si tratta nemmeno di dialogare in termini appunto nazionali ma

necessariamente in termini sovranazionali tenendo a mente peraltro il fatto che ci sono

delle differenze culturali in questo approccio piuttosto radicali cambiando da continente a

continente. Il caso della Cina emblematico ha un approccio molto molto diverso rispetto a quello

occidentale, resta però il fatto che i meccanismi del conglomerato Tencent che gestisce tutti i

vari Facebook, YouTube però cinesi sono gli stessi che regolano il funzionamento di Facebook,

YouTube e via dicendo in occidente. Quindi secondo me il vero campo di battaglia in un

certo senso per il futuro è seriamente quello ovvero in che modo politicamente ci muoveremo

per cercare di trovare una soluzione estremamente complessa di un problema estremamente complesso

ovvero mettere d'accordo delle piattaforme diverse tra di loro che funzionano però allo stesso modo

che hanno un'influenza globale in maniera però molto dislocata perché una piattaforma americana

come Facebook cambia le sorti della politica locale di paesi veramente distanti da loro e con

cui non hanno un grosso ponte culturale per capire effettivamente quel tipo di influenza. E la

questione è che bisogna riuscire a trovare un modo per spiegare questo problema estremamente

complesso a noi che ci alziamo al mattino e utilizziamo tutte queste piattaforme come se

fosse la cosa più naturale del mondo. Essendo però la cosa più naturale del mondo secondo me è

questo un problema autorisolvente non potremmo fare a meno di trovare un modo per spiegarci

questa cosa perché altrimenti dovremmo necessariamente privarci di queste tecnologie

in virtù del fatto che al momento i meccanismi estrattivi di queste tecnologie tendono di fatto

a precarizzare sempre di più tutti i loro i loro pubblici quindi a un certo punto semplicemente le

persone non avranno più modo di utilizzare Facebook perché non avranno più tempo per farlo

dovendo pensare ad altri. Volevo fare chiudere con un commento breve a Maurizio ricordo anche

che tra l'altro nel suo libro Documanità si parla di molti di questi di questi temi che abbiamo

affrontato stasera. Maurizio. Ma direi intanto che i cinesi non sono gente strana che vive diversa da

noi sono semplicemente uno stato comunista uno stato comunista riuscito mentre noi nel

nostro immaginario classifichiamo come comunisti solo gli stati comunisti che han fallito ma in

realtà non è diverso il funzionamento della Cina da quello della DDR o da quello dell'Unione

Sovietica solo che hanno avuto la fortuna e l'intelligenza di saper usare il web per degli

scopi legati ad un progetto politico comunista quindi come nel secolo scorso le opzioni sono

tra liberalismo e comunismo personalmente ritengo che l'opzione liberale sia preferibile perché più

rispettosa delle individualità noi siamo diventati giustamente molto sensibili delle individualità io

non credo assolutamente che ci troveremo ad essere senza soldi perché l'automazione ci porterà via

tutto io sono convinto che come allora in Cina è successo così la gente ha i soldi a quello che gli

serve però non ha la libertà in America ci sono più soldi perché le piattaforme random sono quotate

in borsa in Europa bisogna trovare un'altra soluzione però la si troverà senz'altro perché

appunto dal momento non è che noi non possiamo vivere senza il web, cambiamo la prospettiva,

è il web che non può vivere senza di noi e questo fin tanto che ci mettiamo nell'idea che siamo noi

che non viviamo senza il web il nostro potere contrattuale si riduce a zero invece bisogna dire

il web non vive senza di noi quindi paghi la produzione di valore che noi che noi che ne

facciamo per cui vorrei anche fare se mi è permesso e chiudo proprio una considerazione

sul tecnopessimismo di Laura io non credo che lei in fondo sia tecnopessimista per un motivo banale

se uno è tecnopessimista si disperde la natura ritorna in qualche luogo misterioso eccetera cosa

che io credo giustamente che tu non abbia nessuna intenzione di fare perché sei interessata al

progresso dell'umanità anche attraverso le nanotecnologie come puoi definirti tecnopessimista

è difficile ma d'altra parte se io fossi tecnopessimista non avrei scritto questo libro

c'è il fatto che invece ci sono tanti che scrivono dei libri e sono tecnopessimisti ma

credo che loro siano in contraddizione e così va il mondo. Allora il tecnopessimismo di Laura

per ora vive con noi nel nostro mondo coi computer e facebook adesso non so se registrato ma sicuramente

sa cos'è. Sono molto contenta perché questi temi sono veramente iper interessanti potremmo andare

per ore a parlarne sono sicura che Federico avrebbe qualcosa da dire e anche Laura sul

tecno agnosticismo. Detto questo io però devo chiudere vi ringrazio gli ospiti di questa

sessione Federico Neirotti e Laura Tipaldi per aver partecipato a questo panel sul futuro

futuro di cui noi vivremo solo una parte ma quello che vivremo sicuramente torneremo a

raccontarcelo e vi ricordo che tra due settimane c'è il prossimo appuntamento in interregno il

prossimo appuntamento sarà sull'amore il tema molto diverso da quello di oggi ma forse anche

legato perché alla fine è dall'amore che parte il futuro. Vi ringrazio e alla prossima.


FUTURO FUTURE FUTURO TOEKOMST 未来

Buonasera, buonasera a tutti e benvenuti all'ottavo incontro di Interregno, uno spazio di confronto

intergenerazionale dove cerchiamo di vedere le differenze e i punti in comune tra diverse

generazioni, quindi tra passato presente e in particolare stasera con uno sguardo al futuro.

Grazie quindi come sempre a Teresa che l'ha creato e grazie ai nostri ospiti di stasera,

Maurizio Ferraris, filosofo e accademico, Laura Tripaldi, buonasera, grazie, dottoranda in scienza

nanotecnologia e materiali e Federico Neirotti, scrittore e attivista. Buonasera a tutti. Allora,

le nuove tecnologie stanno abilitando nuovi tipi di contenuti, le piattaforme spendono ormai

miliardi nella lotta per cercare di ottenere delle quote di mercato e l'interazione sulle

piattaforme social, anche per il dibattito politico a livello globale, è ormai stato

sdoganato. Con il Covid poi le tecnologie sono emerse nuovamente come la chiave per salvare

le vite umane attraverso i vaccini, attraverso i vari strumenti per i pazienti, ma quello che

vorremmo chiederci stasera è un po' l'uomo, quello di carne, ossa, pensiero. In tutto questo è al centro

o è sempre più ai margini del discorso? L'episodio di oggi si concentra proprio sul futuro, quindi

grazie nuovamente ai nostri ospiti e incomincio con Maurizio che nel suo libro Documanità dice

proprio di comprendere la vera natura del web, comprendere la vera natura del web è il primo

passo verso la comprensione della rivoluzione in corso che genera un nuovo mondo, un nuovo

capitale, una nuova umanità. Che cosa significa esattamente? Significa che noi spesso pensiamo

al web come se fosse, soprattutto le vecchie generazioni, come una specie di televisione

un po' diversa, non sappiamo neanche in quanto diversa, tant'è che il modo normale per disegnare

il web è l'infosfera, come se fosse una sfera dell'informazione, della comunicazione, mentre in

realtà è una docusfera, cioè un ambito di registrazione, prima di tutto di registrazione,

questo che cambia tutto con il web. Prima nella comunicazione analogica uno diceva una cosa e

poi se mai e quasi sempre mai si registrava, adesso ogni nostra interazione con il web viene

registrata, dunque produce valore e quindi pone in realtà l'uomo al centro, nel senso che banalmente

io posso benissimo immaginare un web, un'umanità senza web, in effetti l'umanità è stata senza

web per tanto tempo, ma non un web senza umanità e quindi il ragionamento che vorrei suggerire

proprio come viatico, ottimistico rispetto al futuro, è che mentre una tecnologia imperfetta,

un'automazione imperfetta trasforma l'umano in macchina, nel senso che quando sei alla catena

di montaggio sei un pezzo di macchina anche tu, o quando fai il dattilografo, stai facendo la

funzione che adesso scopriamo, o fare un dittafono, un'automazione perfetta porta l'umano

al centro, perché come crei l'automazione? Banalmente registrando tutti gli atti degli

umani, che cosa significa automatizzare? Fare come gli umani, noi siamo sollevati dal lavoro,

ovviamente uno dice, beh sollevati dal lavoro e anche dallo stipendio, questo è il problema,

ma questo lo risolvi riconoscendo che noi stiamo lavorando in qualunque momento della nostra vita,

nel senso che stiamo producendo valore, se le piattaforme si arricchiscono così tanto,

non è perché ci frustino dentro ad una miniera, ma semplicemente perché noi lavoriamo per loro

gratis, producendo valore. Chiarissimo, quindi questo web, questa rete Laura, è al centro anche

di una parte del tuo libro in cui parli proprio della tessitura, quindi della tessitura di un

arachnido di arachne e di come siamo definiti come esseri umani proprio dalla tecnologia che

utilizziamo. Che cosa ci è? Spiegaci un po' di più di questo concetto. Sì, assolutamente,

allora intanto ovviamente, sicuramente diciamo il concetto di rete è diventato sempre più pervasivo

nelle nostre vite e quando parliamo di rete ovviamente facciamo sempre riferimento, quasi

sempre riferimento alle tecnologie digitali, ecco, e invece la mia prospettiva sul concetto di rete

è un po' diversa perché io parto dal punto di vista invece delle tecnologie e dei materiali,

che è un po' il mio ambito di ricerca e io diciamo ci tengo anche a sottolinearlo perché a volte

ho l'impressione in generale che a volte ci illudiamo che esistono delle tecnologie che

sono completamente disincarnate, completamente dematerializzate e che esistono in uno spazio

completamente altro, ma in realtà diciamo tutte le tecnologie, anche quelle più virtuali, in realtà

si fondano su substrati materiali e quindi anche diciamo il web inteso dal punto di vista

digitale ce ne rendiamo conto sempre di più, considerando per esempio anche il costo energetico

per esempio delle tecnologie digitali. Ecco, nel mio libro la mia prospettiva è stata un po' quella

di cercare di riflettere sul modo in cui i materiali che costruiamo si intrecciano un po'

con le nostre vite e con le nostre identità e come appunto accennavi la mia riflessione è partita,

in realtà è partita dalla ragnatela e la ragnatela diciamo è un oggetto molto interessante perché in

realtà la cosa veramente interessante è la relazione diciamo tra la ragnatela e il ragno

che la produce perché la seta del ragno è un materiale che potremmo definire un materiale

intelligente nel senso che è capace diciamo di auto organizzarsi in autonomia formando una

struttura microscopica incredibilmente complessa in maniera completamente diciamo automatica,

in maniera spontanea senza bisogno diciamo che il ragno intervenga diciamo costruirla nella sua

struttura microscopica e questa struttura le conferisce tutta una serie di caratteristiche

affascinanti che le permettono insomma di andare a integrarsi se vogliamo con tutto l'apparato

cognitivo del ragno, con la mente del ragno tanto che appunto c'è un po' l'idea che diciamo non

solo il ragno costruisce la sua ragnatela ma c'è anche un rapporto diciamo più nell'altra

direzione ecco perché la ragnatela a sua volta influenza il mondo del ragno, la realtà del

ragno, l'identità del ragno come animale quindi c'è una sorta di circuito di feedback tra queste

due cose e a questo proposito appunto mi sono trovata a riflettere anche sul mito di Aracne

a cui facevi riferimento tu che ovviamente come sapete è la leggendaria tessitrice che fu tramutata

in un ragno per punizione diciamo per punirla della sua incredibile abilità nella tessitura e

per inciso diciamo la tessitura tra tutte le tecnologie antiche forse una di quelle che sono

più affascinanti per noi oggi perché ha un sacco di intersezioni sia con le tecnologie informatiche

sia per esempio con la scienza dei materiali e le nanotecnologie contemporanee e appunto Aracne

diciamo si tramuta in un ragno questa è un po' la sua punizione e nel tramutarsi in un ragno

diciamo che Aracne si fonde con il suo telaio e costituisce un unico corpo che è un po'

naturale un po' tecnologico e il designo di Aracne ovviamente ci viene raccontato un po' come

ovviamente una maledizione nel mito originario ma io credo che non deve essere necessariamente

così almeno questa è un po' la prospettiva che provo a proporre nel mio libro perché magari

questa fusione con la tecnologia può essere anche qualcosa di produttivo ecco ovviamente

questo magari ci richiede di abbandonare alcune diciamo delle categorie dei pregiudizi che abbiamo

su cosa significa essere umani ecco. Se dovesse spiegare in due parole che cosa sono le

nanotecnologie per chi non lo sa per chi non lo conosce? Certo assolutamente diciamo che le

nanotecnologie sono quell'ambito della scienza contemporanea che si occupa di lavorare su quella

che appunto viene definita la scala nanometrica un nanometro è un miliardesimo di metro che

detto così può voler dire tutto e niente però diciamo la cosa interessante delle nanotecnologie

è che lavorando su una scala così piccola diciamo che agiscono un po' sullo stesso livello

degli organismi viventi quindi per esempio le proteine che costituiscono le nostre cellule,

i meccanismi diciamo più intimi dei nostri corpi biologici funzionano sulla stessa scala

delle nanotecnologie. Il virus è un organismo tra virgolette diciamo che è grande circa una decina

insomma di nanometri poche decine di nanometri ed è proprio per questo che poi le nanotecnologie ci

permettono anche di magari risolvere o affrontare o combattere insomma questo virus ecco questo per

dirla in maniera molto sintetica. Chiarissimo dopo approfondiremo anche questo l'utilizzo

delle nanotecnologie. Federico invece è molto interessante quello che diceva prima Maurizio

riguardo alle piattaforme, le piattaforme non ci schiavizzano non ci non ci frustano per dargli i

dati, li diamo spontaneamente è il nostro insomma lo facciamo continuamente facciamo tutti i giorni

senza fare neanche particolarmente fatica. E anche in questo momento per inciso quindi

stiamo chiedo scusa ma teniamolo presente stiamo lavorando in due sensi uno esplicito

posto che sia lavoro e un implicito ma che genera molto valore. Ecco Federico cosa ne

pensi di questa rete di piattaforme di dati? Sì da questo punto di vista un po' la riflessione

che mi interessava che volevo portare era proprio un po' forse il passaggio che negli ultimi anni è

avvenuto in maniera inequivocabile. Se il web è nato di fatto come rete per mettere in connessione

tra di loro degli esseri umani, infatti specie degli esseri umani che avevano cominciato a

studiare produrre ricerche avevano bisogno di scambiarla tra di loro, il passaggio inequivocabile

che si è consumato negli ultimi dieci anni è che questa rete di esseri umani si è trasformata in

una rete di piattaforme che gestiscono i servizi attraverso cui noi facciamo uso delle possibilità

che vengono fornite dal web. Questo è un cambiamento piuttosto degno di nota non soltanto

in termini di mero utilizzo di internet perché diciamo che le potenzialità di internet nel corso

del tempo sono aumentate da un certo punto di vista si è ridotto lo spazio di creatività

a disposizione però internet che ci piaccia meno funziona bene siamo connessi in questo momento da

quattro posti diversi ci stiamo parlando in maniera piuttosto fluida e altre persone da altri canali

stanno assistendo alla nostra conversazione. Quello che però diciamo è avvenuto un po' sotto

il radar è un fenomeno di accentramento delle potenzialità fornite da internet perché se negli

ultimi dieci anni si è instaurata una vera e propria infrastruttura formata da una serie di

piattaforme che gestiscono un po' tutti gli ambiti della nostra socialità su internet non soltanto

in senso esplicito quindi noi che utilizziamo facebook, streamyard che è la piattaforma che

stiamo utilizzando in questo momento ma sono a loro volta delle piattaforme, le infrastrutture

che permettono a facebook di funzionare quindi i grandissimi conglomerati che costituiscono i

server banalmente i sistemi di server che permettono ai dati di viaggiare in giro per il

mondo e su questo peraltro qualche mese fa se non ricordo male c'era stata una notizia di cronaca

abbastanza lampante in questo senso un incendio all'interno di un data center di uno di questi

grossi conglomerati ha prodotto dei disservizi su una quantità disparata di piattaforme web

addirittura c'è questo elemento in particolare che a me era rimasto molto in testa ovvero il

fatto che dei giocatori di un videogioco online si erano ritrovati svegliandosi il mattino dopo

privati del mondo che normalmente loro abitavano giocando tutti i giorni con quel gioco lì perché

il loro mondo era conservato all'interno di quel server e a causa di questo incendio il loro mondo

era perduto fondamentalmente ecco un evento come questo secondo me racconta molto bene questo

passaggio di potere in un certo senso e ci chiede allo stesso tempo di porre attenzione su il

funzionamento di questa rete di piattaforme perché è questa rete di piattaforme che di fatto è

costituita da parecchi monopoli che interagiscono a livello globale con la socialità e la produzione

di cultura e anche la produttività umana oggigiorno sono questa rete di piattaforme che in un certo

senso regola al 100% il nostro modo di utilizzare internet ed essendo internet completamente centrale

all'interno della nostra vita dobbiamo necessariamente chiederci come funzionano e quali

sono gli equilibri di potere che regolano i rapporti tra le piattaforme e soprattutto tra

le piattaforme e gli utenti. Scusate, mi ero mutata. Maurizio, lei cosa ne pensa di questo tema?

Da un certo punto di vista bisogna anche capire un po' l'uomo dove sta a questo punto, chi è al

centro? L'uomo, la natura, la tecnologia, nel futuro chi vincerà? Da una parte io direi che

Bill Gates per quel che ne so è un uomo che in questo momento è un uomo che affronta un complicato

divorzio e quindi non direi che è una macchina. Dunque certo uno può dire che siamo sfruttati,

ma gli sfruttatori sono degli umani esattamente come Rothschild era un uomo o Van Der Beek era

un uomo, quindi dobbiamo toglierci l'immaginario che c'è, non che sia stato evocato adesso,

ma c'è spesso le macchine che prenderanno il potere. No, le macchine non prendono strutturalmente

il potere perché le macchine non sono interessate al potere, gli umani sono interessati al potere,

al denaro e quindi sicuramente potremmo essere sfruttati ma da altri umani. Dire il contrario

è pensare che Cesare sia stato ucciso dai pugnali e non dai congiurati. Dopodiché venendo ai

pugnalatori vorrei proporre una riflessione. Intanto il fenomeno, noi lo definiamo come

globale, ma non è affatto globale. La Cina non c'è dentro a questo, è completamente fuori,

completamente esclusa e autonoma, perché? Semplicemente perché non ha osservato le

leggi di copyright, ha fatto le proprie piattaforme e ha socializzato il plusvalore

che viene prodotto da coloro che lavorano, cioè tutti i cinesi, che producono valore

sulle piattaforme. Questo pone un problema però perché uno Stato, diversamente da un'impresa

commerciale, è interessato all'idea dei propri cittadini e quando uno Stato può avere accesso,

poi se fai tutto con il telefono, compreso pagare come avviene in Cina, allora a questo punto tu hai

davvero una visione micrologica di tutto quello che fanno i tuoi cittadini. Ma in Occidente questo

non avviene, ci sono dei pro e dei contro, cioè l'Occidente è indubbiamente più liberale perché

la nostra privacy non è minimamente minacciata. Noi spesso crediamo che le piattaforme siano

interessate alla nostra privacy, ma no, sono interessate ai nostri soldi, è una cosa

differente. Se io vado su Amazon e compro un Kalashnikov, Amazon non va a dire alla polizia

Ferrari si è comprato un Kalashnikov, il giorno dopo semplicemente mi propongono pistole, veleni

e cose di questo genere, cioè ciò che l'algoritmo ha selezionato come coerente ai mistiri di

comportamento. Diverso invece in Cina, perché in Cina come ovvio gli Stati sono interessati,

la Cina coerentemente con i principi del comunismo dà welfare perché la povertà è stata radicalmente

ridotta e nessuno è disoccupato in Cina, se non pochissimi, è veramente impressionante perché c'è

poi anche quell'etica che tutti devono essere occupati, ma può farlo con una riduzione drastica

della libertà personale. Io penso che la via giusta sarebbe invece che grandi entità

sovranazionali, per esempio l'Europa, che fra l'altro, notate quello che succede adesso,

c'è Biden che dice bisogna lasciare liberi i vaccini, bene così, la Cina non mette bocca su

tutta questa cosa qua, la Merkel dice no veramente i brevetti eccetera, sembra cattiva la Merkel,

però riflettiamoci, Biden lascia liberi i vaccini perché sta già guadagnando l'America tantissimo

con le piattaforme, quindi quello che lui sta evitando è che gli tassino le piattaforme e

quindi rende liberi i vaccini, la Cina gioca per conto suo perché ha già fatto questa scelta,

la Merkel come rappresentante dell'Europa dice boh tutto quello che abbiamo sono i vaccini,

cerchiamoci di prenderci i soldi dei vaccini, perché? Perché l'Europa non ha né piattaforme

nazionalizzate né piattaforme private e a questo punto l'Europa è semplicemente una massa di 450

milioni di persone che producono dati, cioè lavorano, senza essere pagati. Allora se allora

l'Europa dicesse alle piattaforme guardate o vi tassiamo il giusto e non per l'abuso di posizione

predominante oppure per la lesione della privacy che sono sempre gli argomenti che fa l'Europa,

ma perché voi sapete perché siete così ricchi? Perché siete una fabbrica che non paga i suoi

lavoratori, è facile che una fabbrica si arricchisca molto se non paghi i lavoratori,

quindi tassi questo e con questo plus valore che tu riesci a ottenere a livello di entità

sovranazionale importante perché un piccolo stato può anche non essere interessante,

se Liechtenstein va a negoziare con le piattaforme, fai quello che vuoi non ci interessa, però 450

milioni di persone significa davvero una massa di denaro molto forte, allora lì puoi trovare le

risorse per generare un welfare che dia ricollocazione e sostegno ai tantissimi che

sempre più perderanno lavoro attraverso il web e voglio dire è inutile cercare di fare dei finti

lavori o ricreare dei lavori all'antica perché noi non li vorremmo più fare, obiettivamente

siamo diventati più civili e più sofisticati e allora cerchiamo di guardare in avanti,

cioè cerchiamo di pensare che c'è un enorme lavoro implicito che viene svolto da ognuno di noi,

ovviamente molti di noi hanno dei lavori, potranno avere dei lavori, però ci sono

tantissimi lavori che scompariranno e allora come si sostengono le persone che facciano

questi lavori? Come si riqualificano? Ci vanno delle risorse, certo non le prendi dalle tasse,

le prendi dalle piattaforme e oltretutto legittimamente perché non stai dando un

obolo a delle persone, stai pagando il loro lavoro, solo un punto che fa riflettere. Oggi

i mendicanti spesso hanno il telefonino, questo significa che loro stanno producendo valore e

probabilmente un valore molto più elevato delle lemosina che prendono nel momento in cui

consultano il loro telefonino. Se noi riconosciamo questo diamo anche più dignità a un mendicante.

Mille spunti in questo discorso di Maurizio, mi attacco ad uno e poi agli altri. Vaccini,

parlavamo di vaccini. Laura, nanotecnologie, in questo momento c'è sempre un po' come diceva

anche il professor Ferrari, si parla spesso di questa paura della tecnologia e poi ci torneremo

dopo. Le nanotecnologie potrebbero partecipare in modo pervasivo ai nostri meccanismi biologici,

qual è il confine tra umano e inumano oggi, naturale e tecnologico? Che cosa ci aspettiamo

per il futuro? È una domanda molto impegnativa, però dal mio punto di vista, dalla mia prospettiva

ovviamente scientifica molto situata, mi sono resa conto studiando i materiali e le nanotecnologie

che molto spesso diciamo, diamo per scontato che sia molto semplice fare una distinzione

tra gli organismi viventi e i corpi tecnologici, gli oggetti tecnologici, però diciamo non sempre

è così facile tracciare questa linea. Tendenzialmente siamo abituati magari a pensare,

cioè pensiamo un organismo vivente, ovviamente un organismo vivente è capace di fare tutta una

serie di cose che un oggetto tecnologico, una macchina, per come siamo abituati a concepirla,

diciamo non è capace di fare, quindi un animale cresce, si sviluppa, cambia nel tempo,

mentre una macchina sostanzialmente ha bisogno di essere assemblata e costruita da qualcuno,

diciamo da un progetto che è esterno, diciamo alla macchina stessa e che in qualche modo

riesce a metterne insieme i pezzi. In generale questo ci ha spinti un po' a pensare per molto

tempo che esistesse una distinzione rigida tra noi e le nostre tecnologie. A un certo punto,

diciamo, abbiamo cominciato a porci una domanda secondo me molto interessante, cioè qual è

l'origine di questa diversità? Prima all'inizio magari pensavamo che l'origine di questa diversità

fosse insita nella natura materiale dei corpi, per cui i corpi viventi hanno qualcosa che la

materia inorganica non ha, qualcosa di speciale, di unico e di riproducibile, però lentamente,

con il progresso scientifico, insomma abbiamo cominciato a renderci conto che in realtà la

chiave di lettura della differenza tra le macchine e i corpi viventi è in realtà nella struttura,

nel modo in cui sono organizzate le diverse parti di un organismo e quindi nella loro

architettura. Abbiamo cominciato a studiare con le nanotecnologie, in particolare quelli che

chiamiamo processi di auto-organizzazione, cioè la capacità di un sistema materiale,

anche completamente inorganico, anche completamente artificiale, di organizzarsi

in maniera spontanea in strutture ordinate e complesse. La chiave di questi sistemi è il

fatto che sono sistemi che possiamo definire bottom-up, cioè che si organizzano spontaneamente

dal basso per dare forma a strutture complesse. In questo senso, secondo me è interessante anche

quello che diceva prima Federico, cioè il fatto che spesso la fragilità di un sistema complesso

risiede nell'accentramento, cioè nel fatto che siamo abituati a strutturare i sistemi complessi

con un approccio top-down, cioè in qualche modo pensando che debba esserci un centro di controllo

che in qualche modo dirige l'organizzazione del sistema e forse abbiamo questo pregiudizio perché

noi esseri umani siamo fatti un pochino così, abbiamo il cervello e pensiamo che il cervello

controlla il corpo e che ci sia questa struttura che poi tendiamo a riprodurre secondo me su tanti

livelli, politico, tecnologico eccetera. Però in realtà spesso i sistemi complessi, questo l'abbiamo

scoperto appunto anche grazie alle nanotecnologie, sono capaci di organizzarsi da soli e diventano

intelligenti proprio attraverso la capacità di diventare sempre più complessi attraverso

le relazioni senza bisogno di essere controllati da un centro di controllo, da un centro di comando.

È molto interessante perché sentire parlare di nanotecnologie in certo modo ci fa riflettere

sulla struttura proprio organizzativa degli esseri umani di per sé, mentre parlavi pensavo alle

strutture sociali, come si costruiscono, in un certo modo è molto interessante perché da una

parte abbiamo l'idea strutturale che veniva citata anche prima del comunismo ad esempio,

che lavora in un certo modo, dall'altra parte quella del capitalismo che funziona in un modo

molto diverso ma ha sempre a che fare con la società. Federico tu su questo so che volevi

anche rispondere sicuramente a Maurizio rispetto a quello che è stato detto prima, ma volevo anche

chiederti appunto di analizzare un po' il rapporto con la semantica, perché ci sono molte parole che

vengono utilizzate e che hanno anche a che vedere con il rapporto di potere delle piattaforme.

Sì, secondo me in questo senso ci sono almeno un po' di considerazioni che mi aiutano per

spiegare un po' il mio punto di vista riguardo, ovvero il primo pezzo è che senza dubbio c'è

una eterogenità di queste piattaforme dal punto di vista globale, Facebook non è per esempio una

piattaforma di fatto globale, il servizio però che eroga la tecnologia che è implementato quella

misura in cui se non si chiama Facebook ha un altro nome, però la mentalità che c'è dietro

l'idea di sviluppare di fatto delle infrastrutture tecnologiche che possano sovrimporse uno strato

di socialità fisica e creare in tutto e per tutto uno strato di socialità digitale che oggi fatica

a volte a distinguersi da quella fisica, quello è stato un po' in un certo senso il malefico colpo

di genio che ha innescato l'era della cosiddetta economia delle piattaforme e proprio in questo

senso ricollegandomi anche al discorso sull'interdipendenza che c'è all'interno dei

sistemi complessi, spesso e volentieri quando si parla di questi enormi conglomerati in generale

di queste piattaforme le si definisce come piattaforme che sono too big to fail, ovvero

troppo grandi per fallire addirittura alcuni si spingono fino a dire che sono troppo grandi

per esistere, questo nella misura in cui i meccanismi che abilitano l'esistenza di una data

piattaforma in questo momento, i meccanismi proprio economici che permettono a Facebook di lucrare su

il lavoro che noi naturalmente svolgiamo utilizzando Facebook ci obbliga in un

certo modo a avere grosse difficoltà a immaginare una vita senza queste piattaforme

oggigiorno perché spesso e volentieri abbiamo dei pezzi proprio di funzionamento della società

moderna che necessariamente si sono innestati all'interno di queste piattaforme, basti pensare

e dell'esempio forse più più radicale di tutti a immaginarsi di esplorare il web oggigiorno senza

utilizzare un motore di ricerca che di fatto a parte poche eccezioni che purtroppo non funzionano

bene come quelle più blasonate però tutti i motori di ricerca afferiscono a dei grossi conglomerati

che tirano avanti grazie a dei meccanismi di fatto estrattivi nei confronti dei dati che noi

produciamo. Ecco questa secondo me questa questa inversione di potere in cui a un certo punto la

piattaforma parassitava dei bisogni degli esseri umani e oggi sono gli esseri umani che devono

necessariamente parassitare la piattaforma perché senza di essa non possono più assolvere ad alcune

funzioni ordinarie del loro quotidiano ha creato un'ulteriore conseguenza e su questo secondo

me c'è un pezzo molto importante riguarda l'utilizzo delle parole e soprattutto la dimensione semantica

del web. Questo non perché noi facciamo esperienza di internet soltanto attraverso le parole ma perché

nel 90 per cento dei casi il dietro le quinte di queste piattaforme ha un funzionamento tale

da permettere la messa a valore dei dati che noi produciamo solamente attraverso dei processi

di semantizzazione di questi dati che noi produciamo. Semantizzazione nella misura in cui riuscire a

categorizzarli per poter poi creare delle categorie di merce che possano assumere un

valore per interlocutori diversi. Ad esempio? Ad esempio questo riguarda specialmente,

mi immagino per esempio, il funzionamento dei meccanismi marketing in generale di pubblicità

su Facebook. Faccio l'esempio di Facebook perché secondo me è un po' più semplice da afferrare.

Facebook mette a valore tutti i contenuti che noi produciamo e non soltanto i contenuti che

noi produciamo esplicitamente ma anche quelli che produciamo implicitamente, ovvero il nostro modo

di utilizzare la piattaforma e li traduce in delle categorie che siano interpretabili attraverso

la lente del bene che Facebook scambia, ovvero spazi pubblicitari. Questo significa che la valanga

di contenuti che noi pubblichiamo su Facebook, addirittura molto probabilmente la trascrizione

automatica delle parole che noi stiamo pronunciando in questo momento perché questa diretta e indiretta

anche su Facebook diventa poi, alla fine di questa grossa catena di montaggio, un elemento che va a

nutrire delle categorie che siano leggibili da coloro che vogliono acquistare degli spazi

pubblicitari su Facebook. Questo meccanismo crea delle conseguenze piuttosto importanti,

secondo me, sul nostro modo di produrre proprio l'esperienza non soltanto della cultura ma in

generale la produzione di tutto ciò che è umano e del modo in cui noi ne facciamo esperienza.

Perché di fatto ci ritroviamo a utilizzare delle piattaforme che oggigiorno monopolizzano,

in generale, accentrano in gran parte la nostra capacità di comunicare, specialmente in questo

periodo di pandemia, e allo stesso tempo crescono dovendo, in un certo senso, seguire il tracciato

delle loro necessità di sviluppo. Quindi nel caso di Facebook sviluppare nel miglior modo

possibile il potenziale della piattaforma di vendere spazi pubblicitari. Se noi pensiamo

all'idea che la forma di questa piattaforma cambia a partire dai dati che produciamo noi,

ma che vengono interpretati attraverso, nel caso di Facebook, quel tipo di lente,

ci rendiamo anche conto che aumentando il volume e la frequenza, ci ritroviamo in una condizione in

cui noi cambiamo il nostro modo di utilizzare Facebook, perché cambia l'aspetto della piattaforma,

e dunque cambia ciò che noi scriviamo, il tipo di contenuti che noi pubblichiamo e il tipo di

interazioni che noi abbiamo. Se noi amplifichiamo e mettiamo in scala questo tipo di fenomeno,

ci rendiamo conto che milioni di persone in tutto il mondo cambiano il nome della piattaforma,

ma la dinamica rimane la stessa. Di fatto sono attaccate con la flebo ai cambiamenti

dell'aspetto di queste piattaforme, e di conseguenza fanno cambiare anche il loro modo di esprimersi,

non soltanto a parole, ma anche dal punto di vista di che caratteristiche hanno i contenuti

che vengono inseriti all'interno di questi spazi. L'ultimo esempio che vorrei portare,

che secondo me è il più lampante, ha a che fare con Google. E' un esempio che vorrei portare

perché è quello che, almeno a me personalmente, in un certo senso ha fatto fare clic. Google,

un po' come tante altre piattaforme, tira a campare vendendo anche in quel caso dei spazi

pubblicitari, ovvero permettendo a dei clienti di posizionare il loro prodotto, in generale il

loro sito web, in cima alla lista delle ricerche di una data parola chiave. Per poter vendere

questi spazi pubblicitari, Google chiede a chi vuole promuovere un'inserzione sulle sue pagine

di associare il prodotto che vuole promuovere ad una parola chiave, che è la stessa parola chiave

che poi io potrò cercare su Google e ritrovare poi quel prodotto lì in cima. Fino a qua, diciamo,

per quanto mi riguarda, è tutto normale alla fine della fiera, è un po' il funzionamento di tutte

queste piattaforme. Quello che mi ha lasciato abbastanza sterrefatto è un dato che è sicuramente

cresciuto perché la ricerca ormai ha qualche anno sulle spalle, che riguarda la frequenza

attraverso cui avviene questa vendita di spazi pubblicitari. Google, per poter vendere questi

spazi pubblicitari associate a delle parole chiave, mette di fatto all'asta il posizionamento

all'interno di una parola del linguaggio umano e lo fa con una frequenza per me spaventosa,

cioè lo fa circa 60.000 volte al secondo, ovvero 60.000 volte ogni secondo una parola,

in generale un elemento del linguaggio umano in qualsiasi lingua possibile viene associato a un

valore economico per poter poi essere utilizzato per poter posizionare un'inserzione pubblicitaria.

Con una frequenza di questo tipo per me diventa, insomma, piuttosto lampante quanto questo meccanismo

cambi il nostro modo anche di percepire il linguaggio e di utilizzarlo, perché rapidamente

non ragioniamo più in termini di cosa stiamo cercando, cosa vogliamo trovare su Google,

ma che tipo di parole chiave noi dobbiamo utilizzare per poter arrivare al risultato

che vorremmo ottenere. Io uso quasi sempre quelle sbagliate,

invece ci metto molto tempo a trovare i miei risultati. Però è una cosa molto interessante,

l'altro giorno stavo ascoltando un dibattito proprio su questi temi e una delle cose che mi

ha più colpito, e in questo senso vorrei chiederla a Maurizio che è il più senior tra di noi,

mi ha molto colpito come se in un ipotetico mondo in cui non ci fossero più questi motori di ricerca,

queste piattaforme, eccetera, le domande venivano poste a gruppi generazionali diversi,

i più senior erano meno spaventati all'idea che questa cosa potesse succedere, perché evidentemente

l'avevano già vissuta, in un mondo in cui i motori di ricerca non esistevano,

i social non esistevano, eccetera. Per i più giovani era impensabile vivere in un mondo in

cui tutto questo non esisteva, quindi un futuro in cui fondamentalmente si ritrovava senza i

punti di riferimento fondamentali che sono quelli che rappresentano per noi.

Volevo chiedere a Maurizio, la tecnologia ci sta aiutando o ci sta alienando,

ci sta rendendo schiavi oppure no? Io penso che avrei una seria difficoltà a

vivere in un mondo senza occhiali, senza vestiti, senza tetti sulla testa e senza penna e carta,

tutto questo è tecnologia. Arachne è ognuno di noi, nel senso che l'essere umano diventa umano

non in un certo momento o quando ci sono delle cose elettriche intorno a lui, l'essere umano

ha cominciato a essere umano e non un animale non umano nel momento in cui ha spaccato la

prima pietra per cavarne un raschietto o qualcosa. Quindi da questo punto di vista non esiste un

essere umano estraneo alla tecnica e la tecnica è la rivelazione della natura umana, non c'è una

natura umana fuori della tecnica, c'è solo l'animalità. La tecnica è la rivelazione della

natura umana, tanto è vero che ci sono civiltà intere di cui non c'è rimasta quella tecnica

che si chiama scrittura e che noi conosciamo attraverso dei apparati tecnici che si trovano

nelle tombe. Non mi sembra casuale che noi parliamo di paleolitico, neolitico, età del

bronzo, età del ferro, perché è proprio quello, le tecniche che usavano questi ci rivelano chi

erano questi nostri antenati. Allora, se le cose stanno in questi termini avrei due punti,

perché sono state dette le cose molto importanti, uno rispetto alla differenza tra l'organismo e il

meccanismo e l'altro invece rispetto alla questione delle piattaforme e dell'influenza

che hanno le piattaforme. Comunque per venire proprio alla domanda iniziale, cioè lei non si

preoccupa, tu non ti preoccupi del fatto che non ci sono più i motori di ricerca perché hai passato

un bel pezzo della tua vita a guardare su indici e schedari. Vorrei fare però notare una cosa,

che Platone si lamentava della scrittura, la scrittura che ognuno di noi considera parte

della sua vita. Lui non voleva che si insegnasse la scrittura perché temeva che la gente poi non

andasse a scuola da lui e si comprasse i libri e basta. Fra l'altro è provato che le società

senza scrittura hanno più memoria di noi, è provato, quindi noi dovremmo dire ci stiamo

rovinando la memoria, come quello che dice internet rende stupidi. Ma chi ti dice che

eravamo intelligenti prima? Già questo è un postulato non dimostrato. E' certo che in genere

una tecnologia ci rende, per esempio io non ho dei denti così buoni come potrei aver avuto se

fossi vissuto nel paleolitico e avessi mangiato della carne cruda. Avrei dovuto avere dei denti

notevolmente più buoni. Si lamenta il mio dentista, mi lamento io? No, semplicemente

l'evoluzione è questo fenomeno qua. Allora, venendo alla questione evoluzione e organismo

e meccanismo, cerco di sviluppare intanto la questione molto importante delle piattaforme.

Allora, io non credo che per esempio in questo momento noi quattro siamo condizionati dal fatto

di essere su una piattaforma, eppure siamo su una piattaforma. Siamo condizionati nella misura in

cui per esempio abbiamo programmato la nostra giornata pensando che non dovevamo abbandonare

il luogo fisico in cui ci trovavamo per andare in un altro e trovarci tutti quattro. Questo

sicuramente è un condizionamento, però non mi sembra che il contenuto di quello che noi stiamo

dicendo sia influenzato dal formato in cui noi ci troviamo. Oltretutto, per esempio, non è

obbligatorio, io non sono mai stato su Facebook né su alcun social. Dall'inizio ho già tanta

difficoltà a rispondere alle mail, che se poi mi beccassero a fare il furbo sui social mentre

non rispondo alla gente sulla mail mi tirerei soltanto dei nemici. Poi, ma questa è una mia

convinzione, io non credo che il grosso del guadagno delle piattaforme derivi dalla pubblicità.

All'inizio era la pubblicità, ancora adesso finché c'è qualcuno che fa la pubblicità,

continuano a fare la pubblicità. Ma in realtà il vero guadagno è la conoscenza sia del mercato,

sia la capitalizzazione dei dati. Perché noi, quando io chiedo qual è la capitale del Rwanda

su Wikipedia, io non divento proprietario della capitale del Rwanda, mentre Wikipedia,

e la piattaforma che sta dietro Wikipedia, sa che c'è un tizio che ha cercato qual è la capitale

del Rwanda. Poi sul fatto che noi diventiamo un po', e quindi che per esempio i nostri consumi

sono condizionati dalle nostre ricerche perché mettono la prima cosa, io cerco sempre i frammenti

dei presocratici sopra Google. Che tipo di prodotto può essere associato ai frammenti

dei presocratici? Quindi io penso, se uno cerca, diciamo così, delle stupidaggini o delle cose

commerciali su Google, avrà in cambio delle stupidaggini nelle cose commerciali. Poi io non

dico che i frammenti dei presocratici siano chissà che cosa, certe volte sembrano davvero

delle stupidaggini anche perché sono dei frammenti. Però comunque uno può cercare queste cose e per

inciso può cercarle anche il mendicante di cui sopra, cioè un mendicante che dispone di una

biblioteca gratis, di una discoteca gratis eccetera. Allora secondo me il vero punto è che noi siamo

generalmente portati ad assumere un atteggiamento vittimistico nei confronti delle piattaforme,

loro intelligentissime e noi stupidissimi. Cerchiamo di fare un po' di lavoro signoria

servitù, loro non andrebbero da nessuna parte senza di noi. Se non ci fossimo noi, loro sarebbero

spacciate. Facciamo presente questo punto, non dobbiamo farlo presente noi personalmente perché

una lotta di classe contro le piattaforme mi sembra difficile da attuare. Dove vai? Vai a

cercare il posto dove spaccare, togliere l'elettricità. Non mi è chiarissimo come potrebbe

essere questo, mentre mi è chiarissimo il fatto che gli stati che sono interessati al benessere

dei loro cittadini e sono anche interessati al fatto che non possono tassare i loro cittadini

più di tanto per generare un welfare, si troveranno benissimi a tassare le piattaforme e fra l'altro

con piena legittimità perché appunto non è che in fondo uno Stato, i vecchi Stati che

nazionalizzavano il petrolio per esempio, gli si poteva sempre obiettare. Vabbè sei un bel tipo,

hai avuto la fortuna di avere nel tuo territorio il petrolio e adesso te ne approfitti, ma noi

lavoriamo per estrarre. Mentre in quel caso non è che c'è stata la fortuna di qualcuno, c'è il

lavoro, letteralmente il lavoro degli abitanti di quello Stato, dei cittadini di quello Stato.

E vengo alla questione. Questa storia del lavoro è importante perché giustamente Laura ha parlato

di sistemi bottom up e dice che noi siamo abituati a pensare top down mentre la vita

si organizza e anche certi meccanismi si organizzano bottom up. Faccio notare che il

cervello funziona bottom up, nel senso che nessun neurone pensa. I neuroni scaricano

semplicemente delle scariche elettriche e poi il risultato è un pensiero, quindi sta funzionando

bottom up esattamente come un termitaio, solo che al posto delle termiti c'è i neuroni. Qual è la

vera differenza, quindi, che non è top down, bottom up? La vera differenza è che non tra l'umano e

la macchina, ma fra l'organismo e la macchina, tra ogni tipo di organismo e la macchina,

l'organismo, ovviamente poi ci sono delle eccezioni ma sono liminari, ha solo due posizioni on off,

o è acceso o è spento e quando è spento è per sempre. Mentre il meccanismo è pensato per avere

tante posizioni on off on off come una lampadina, per esempio, il computer non è che muore se resta

senza elettricità, semplicemente smette di funzionare e poi rimette l'elettricità e quello

funziona. Questo è molto importante perché da questo deriva il fatto che noi abbiamo fame,

desideri, curiosità, ci annoiamo per esempio, tutte cose che ci portano per esempio sulle

piattaforme e fanno sì che le piattaforme raccolgano i nostri dati. Le piattaforme da

soli invece non raccoglierebbero nessun dato, quindi questo segnala secondo me la signoria,

mettiamola così, dell'umano sopra alla macchina perché la macchina senza l'umano non va da

nessuna parte, esattamente come il virus per inciso, ma questo è un altro discorso, cioè se il virus si

fosse impiantato in un bradipo non credo che sarebbe diventato un problema mondiale perché da

una parte i bradipi sono molto localizzati e poi non spiccano per attivismo, quindi non ci sarebbe

stata la pandemia bradipica, mentre gli umani sono tanti, si muovono un sacco eccetera e quindi il

virus esiste solo perché esistiamo noi, da solo avrebbe una vita grama, torni ai suoi pipistrelli

e vedrà, oramai però è abituato a stare con noi e si trova molto meglio. Quindi una volta che noi

abbiamo messo in chiaro, soprattutto con noi stessi, l'importanza che noi abbiamo per le macchine,

l'importanza che noi abbiamo per le macchine, nel senso che le macchine hanno bisogno di noi,

a questo punto abbiamo un potere contrattuale enorme, non con le macchine perché tanto alle

macchine non importa niente di noi, ma coloro che queste macchine pensano, gestiscono, sviluppano,

eccetera eccetera eccetera. Io credo che, tra l'altro punto, insistere sul fatto,

insisto spesso su questa cosa, sulla privacy, perché ti dico, noi diciamo che il vero problema...

Aspetta, privacy, ci torniamo un attimo perché adesso volevo collegarmi con Laura per l'azione

macchine. Se diventassimo noi le macchine, cioè questo concetto di cyborg che tu hai anche Laura

approfondito, quali sono i rischi che effettivamente questa cosa succeda?

Posso fare solo una precisazione rapidissima? Allora, io sono una macchina dalla mia nascita,

nel senso che sono postumano, ho delle appendici meccaniche, mi hanno insegnato a leggere e a

scrivere, che non facevano assolutamente parte della mia dotazione naturale, mi hanno insegnato

a stare a tavola, adesso non potrei vivere senza occhiali o cose di questo genere. Quindi il

postumano è cominciato quando quel tizio ha spaccato in due una pietra e di lì, cioè l'umano

e il postumano nascono insieme. I cyborg, cioè, ma realmente noi pensiamo che qualcuno possa avere

qualche convenienza a creare una macchina che poi voglia essere pagata, voglia avere la pensione a

campi dei diritti? Mi sembra che è palesemente un non senso, noi facciamo delle macchine appunto

per avere degli oggetti che non muoiono, non si stancano, non si lamentano, non hanno dei diritti.

Siamo arrivati a definire, ed è giusto, una conquista di civiltà e diritti degli animali,

perché sono organismi, non credo che riusciremo mai a fare i diritti delle macchine, perché sarebbe

controintuitivo, voglio dire come quando un autore solitamente acuto come Harari dice che

possiamo immaginare un'automazione che sia automazione non soltanto della produzione,

ma anche del consumo. Questo è un non senso, automatizzare il consumo è la cosa più

antieconomica che ci sia, tu automatizzi la produzione e la distribuzione in vista del

consumo, dire ho inventato una macchina per mangiare la pasta asciutta fa ridere, mentre una

macchina per fabbricare pasta in quantità industriali non è che fa ridere, quello che si fa ed è conveniente.

Laura? Ok vado, mi inserisco, tanta carne al fuoco. Sicuramente tu e Silvia

menzionavano questo concetto di cyborg, sicuramente quando io parlo di cyborg

non faccio riferimento all'idea di costruire una macchina antropomorfica che poi ovviamente

rivendichi anche dei diritti, il concetto di diritti delle macchine non è una cosa di cui

io poi in realtà mi sono mai molto interessata, anche perché secondo me ragionare in questi

termini dà per scontati molti passaggi e forse anche mette sulle macchine

una somiglianza con l'umano che anche non esiste in questo momento e non credo che

quella poi sia la direzione per il futuro. Quindi per ritornare un po' sul tema delle

nanotecnologie, secondo me la cosa interessante delle nanotecnologie, che ovviamente sono ancora

una scienza molto giovane quindi metto le mani avanti, però adesso siamo qui a parlare di futuro

quindi facciamo un po' di speculazione, è il fatto che le nanotecnologie appunto si inseriscono in

maniera integrata all'interno dei nostri corpi e quando si parla di cyborg di solito si fa

riferimento alla capacità di alcuni oggetti tecnologici di integrarsi con i nostri corpi

viventi per in qualche modo produrre un organismo nuovo e diciamo in questo senso

sicuramente noi già ci troviamo nell'epoca del cyborg nel momento in cui appunto

abbiamo, ci troviamo appunto in un momento storico per ritornare insomma sul tema del vaccino che

ovviamente in questo momento è molto caldo, in un momento storico in cui le nanotecnologie

stanno incominciando a entrare all'interno dei nostri corpi, per cui questa cosa detta così

sembra un po' inquietante, però la realtà è il fatto che comunque i nuovi vaccini, quelli RNA

messaggero funzionano sfruttando le nanotecnologie, sono un esempio di nanomedicina e per me insomma è

molto interessante vedere come si tratta di uno dei primi esempi, dei primi momenti in cui le

nanotecnologie effettivamente vengono diffuse su una larga scala, entrano un po', si integrano

nelle nostre vite e questi oggetti tecnologici appunto funzionano in modo molto interessante

perché per rigollegarci un po' a quello che dicevamo prima appunto basano il loro funzionamento

su una capacità di auto organizzazione, diciamo su una sorta di intelligenza che funziona un po'

in maniera autonoma rispetto a noi. Ovviamente noi li abbiamo progettati però diciamo rispetto

a uno strumento tecnologico come gli altri, forse è anche questo che li rende inquietanti, forse anche

per alcune persone, insomma che comunque giustamente ci fa sorgere tutta una serie di domande è il

fatto che una volta che un vaccino entra nel nostro corpo non c'è un interruttore, non è che possiamo

dire ok fermi tutti, funziona in maniera irreversibile e incomincia a integrarsi con i

nostri meccanismi biologici, in qualche modo parla la lingua del nostro corpo, parla il

linguaggio del nostro corpo e secondo me è interessante anche cominciare a riflettere sul

modo in cui le nuove nanotecnologie diciamo vanno un po' a sfumare anche il confine tra materia e

informazione, magari qui sempre andando sul fronte della speculazione ricollegandomi un po'

anche a quello che diceva Federico, insomma il predominio del linguaggio, è interessante come

queste nuove tecnologie magari potrebbero anche insomma andare a costruire un ponte tra due mondi

che riteniamo spesso separati, il mondo dei corpi e il mondo dell'informazione e quali possono

essere le conseguenze per esempio di avere dispositivi che all'interno dei nostri corpi

comunicano con i dispositivi tecnologici all'esterno, con la realtà virtuale e ovviamente

questo genera tutta una serie di anche di paure e di inquietudini che io non trovo stupide anche

ovviamente pur lavorando in questo ambito, anzi trovo molto interessanti perché credo che dovrebbero

essere il punto di partenza per sviluppare una riflessione sempre più approfondita sugli oggetti

tecnologici. In generale io credo che, cioè io non sono diciamo tecnoottimista, ecco questo lo

dico insomma perché ovviamente dalla mia posizione potrebbe sembrare che io creda insomma che le

tecnologie o le nanotecnologie o qualsiasi tecnologia possano diciamo risolvere i nostri

problemi, io credo un po' che questa posizione sia contraddittoria in molti sensi come del resto lo è

la posizione di chi rifiuta completamente le tecnologie perché entrambe queste posizioni si

basano un po' sull'idea che esista una distinzione tra noi e la tecnologia invece come giustamente

diceva il professor Ferrari da sempre siamo integrati con la tecnologia e non è questa non

è diciamo una cosa nuova. Sicuramente io credo che ci possa essere qualcosa di molto produttivo da un

lato e anche di potenzialmente rischioso nella nella vicinanza nell'intimità che stiamo sviluppando

con le nostre tecnologie. Una cosa che credo è che credo che sia molto importante e in questo

sicuramente do ragione al professor Ferrari, è il fatto che non dobbiamo metterci sempre in una

posizione di passività nei confronti delle tecnologie perché io credo che molte delle

cose che noi possiamo fare con le tecnologie dipendono anche dalla nostra prospettiva

culturale e diciamo il modo, la nostra cultura, il modo in cui guardiamo i materiali, la nostra

cultura materiale in qualche modo va a influenzare le tecnologie che costruiamo in molti modi ecco e

diciamo ovviamente appunto sì la storia umana è un po' segnata dai materiali che noi abbiamo

utilizzato, l'età della pietra, l'età del ferro, poi è interessante come noi chiamiamo l'età

della pietra, l'età della pietra perché alla fine le uniche cose che ci sono rimaste dell'età

della pietra sono i sassi però in realtà durante l'età della pietra abbiamo fatto un sacco di

altre tecnologie molto più intelligenti anche di colpire con un sasso un altro sasso e in realtà

secondo me se noi cominciamo un po' a cambiare la nostra prospettiva sulla tecnologia appunto

e incominciamo non più a pensarla nei termini di prendere assassate gli oggetti ma incominciamo

un po' a pensarla diciamo in termini di un'interazione un pochino più intima, più intelligente, più soft

ecco secondo me possiamo aprirci a tutta una serie di nuove prospettive. Federico voglio lasciarti

rispondere sia al tecnopessimismo di Laura e al commento precedente del professor Ferraris

perché sono sicura che hai qualcosa da dire al riguardo. Allora io partirei dal tecnottimismo

perché il fatto che tu l'abbia detto mi ha portato a riflettere ma io come mi posiziono?

Io di fatto di formazione mia personale sono completamente tecnopessimista ma nella misura

in cui vedo queste evoluzioni e non ci vedo grossa via d'uscita dal punto di vista proprio pratico

allo stesso tempo però c'è un pezzo di me che mi fa dire le tecnologie che sono state sviluppate

nell'era digitale non sono facilmente replicabili come lo sono state le tecnologie precedenti.

Mi spiego meglio, creare uno strumento, continuo a fare gli esempi di Facebook solo perché credo

che sia immediato, creare una piattaforma che di fatto in questo momento mi permette potenzialmente

di letteralmente mandare dei messaggini a 2 miliardi di esseri umani che adesso non sono

proprio 2 miliardi precisi però sono circa 2 miliardi di nomi e cognomi che di fatto esistono

sul pianeta Terra ecco creare questa cosa qua non è proprio uno scherzo, non mi basta dire non uso

più Facebook e vado ad utilizzare qualcos'altro. Certamente posso dire mi privo di quello strumento,

mi privo di delle possibilità offerte dalle piattaforme ma a quel punto lì devo scendere

un compromesso grosso, un compromesso che forse come individui possiamo senza dubbio fare e dire

non mi avvalgo più delle potenzialità fornite da un motore di ricerca oppure da un archivio

sconfinato di video immediatamente disponibili come YouTube. Dal punto di vista invece forse

collettivo è un po' più difficile guardarci in faccia e dirci ma noi possiamo fare a meno

delle piattaforme di messaggistica istantanea oggi, possiamo fare a meno di un gigantesco archivio che

funziona benissimo e che ci permette di vedere video su tutto lo scivile umano fondamentalmente

in un battibaleno. Ecco quello è il pezzo che a me fa dire di una parte di me sono tecnottimista

ma nella misura in cui non potendo fare a meno di queste tecnologie dal punto di vista di

collettività sociale non potremmo fare a meno di trovare un modo per riappropriarcene dal punto

di vista di chi possiede da un lato le tecnologie ma soprattutto il capitale infrastrutturale che è

stato generato di fatto estraendo valore da noi negli ultimi anni e questo pezzo qua secondo me

è abbastanza fondamentale per leggere, per cercare, per immaginare una chiave di lettura su quello che

accadrà, che potrebbe accadere in futuro perché da un lato io davvero non credo che ci sia la

possibilità di fare a meno oggigiorno di queste tecnologie perché ci hanno abituato troppo bene

e sono ormai davvero parte integrante del nostro modo di stare in società e non solo di stare in

società ma anche di produrre qualunque tipo di bene. Dall'altro lato c'è un tema di politiche

inequivocabile perché forse non si tratta nemmeno di dialogare in termini appunto nazionali ma

necessariamente in termini sovranazionali tenendo a mente peraltro il fatto che ci sono

delle differenze culturali in questo approccio piuttosto radicali cambiando da continente a

continente. Il caso della Cina emblematico ha un approccio molto molto diverso rispetto a quello

occidentale, resta però il fatto che i meccanismi del conglomerato Tencent che gestisce tutti i

vari Facebook, YouTube però cinesi sono gli stessi che regolano il funzionamento di Facebook,

YouTube e via dicendo in occidente. Quindi secondo me il vero campo di battaglia in un

certo senso per il futuro è seriamente quello ovvero in che modo politicamente ci muoveremo

per cercare di trovare una soluzione estremamente complessa di un problema estremamente complesso

ovvero mettere d'accordo delle piattaforme diverse tra di loro che funzionano però allo stesso modo

che hanno un'influenza globale in maniera però molto dislocata perché una piattaforma americana

come Facebook cambia le sorti della politica locale di paesi veramente distanti da loro e con

cui non hanno un grosso ponte culturale per capire effettivamente quel tipo di influenza. E la

questione è che bisogna riuscire a trovare un modo per spiegare questo problema estremamente

complesso a noi che ci alziamo al mattino e utilizziamo tutte queste piattaforme come se

fosse la cosa più naturale del mondo. Essendo però la cosa più naturale del mondo secondo me è

questo un problema autorisolvente non potremmo fare a meno di trovare un modo per spiegarci

questa cosa perché altrimenti dovremmo necessariamente privarci di queste tecnologie

in virtù del fatto che al momento i meccanismi estrattivi di queste tecnologie tendono di fatto

a precarizzare sempre di più tutti i loro i loro pubblici quindi a un certo punto semplicemente le

persone non avranno più modo di utilizzare Facebook perché non avranno più tempo per farlo

dovendo pensare ad altri. Volevo fare chiudere con un commento breve a Maurizio ricordo anche

che tra l'altro nel suo libro Documanità si parla di molti di questi di questi temi che abbiamo

affrontato stasera. Maurizio. Ma direi intanto che i cinesi non sono gente strana che vive diversa da

noi sono semplicemente uno stato comunista uno stato comunista riuscito mentre noi nel

nostro immaginario classifichiamo come comunisti solo gli stati comunisti che han fallito ma in

realtà non è diverso il funzionamento della Cina da quello della DDR o da quello dell'Unione

Sovietica solo che hanno avuto la fortuna e l'intelligenza di saper usare il web per degli

scopi legati ad un progetto politico comunista quindi come nel secolo scorso le opzioni sono

tra liberalismo e comunismo personalmente ritengo che l'opzione liberale sia preferibile perché più

rispettosa delle individualità noi siamo diventati giustamente molto sensibili delle individualità io

non credo assolutamente che ci troveremo ad essere senza soldi perché l'automazione ci porterà via

tutto io sono convinto che come allora in Cina è successo così la gente ha i soldi a quello che gli

serve però non ha la libertà in America ci sono più soldi perché le piattaforme random sono quotate

in borsa in Europa bisogna trovare un'altra soluzione però la si troverà senz'altro perché

appunto dal momento non è che noi non possiamo vivere senza il web, cambiamo la prospettiva,

è il web che non può vivere senza di noi e questo fin tanto che ci mettiamo nell'idea che siamo noi

che non viviamo senza il web il nostro potere contrattuale si riduce a zero invece bisogna dire

il web non vive senza di noi quindi paghi la produzione di valore che noi che noi che ne

facciamo per cui vorrei anche fare se mi è permesso e chiudo proprio una considerazione

sul tecnopessimismo di Laura io non credo che lei in fondo sia tecnopessimista per un motivo banale

se uno è tecnopessimista si disperde la natura ritorna in qualche luogo misterioso eccetera cosa

che io credo giustamente che tu non abbia nessuna intenzione di fare perché sei interessata al

progresso dell'umanità anche attraverso le nanotecnologie come puoi definirti tecnopessimista

è difficile ma d'altra parte se io fossi tecnopessimista non avrei scritto questo libro

c'è il fatto che invece ci sono tanti che scrivono dei libri e sono tecnopessimisti ma

credo che loro siano in contraddizione e così va il mondo. Allora il tecnopessimismo di Laura

per ora vive con noi nel nostro mondo coi computer e facebook adesso non so se registrato ma sicuramente

sa cos'è. Sono molto contenta perché questi temi sono veramente iper interessanti potremmo andare

per ore a parlarne sono sicura che Federico avrebbe qualcosa da dire e anche Laura sul

tecno agnosticismo. Detto questo io però devo chiudere vi ringrazio gli ospiti di questa

sessione Federico Neirotti e Laura Tipaldi per aver partecipato a questo panel sul futuro

futuro di cui noi vivremo solo una parte ma quello che vivremo sicuramente torneremo a

raccontarcelo e vi ricordo che tra due settimane c'è il prossimo appuntamento in interregno il

prossimo appuntamento sarà sull'amore il tema molto diverso da quello di oggi ma forse anche

legato perché alla fine è dall'amore che parte il futuro. Vi ringrazio e alla prossima.