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Conversazioni d'autore, 'Il governo dei giudici', con Cassese, Pignatone e Bonini

'Il governo dei giudici', con Cassese, Pignatone e Bonini

Allora oggi ci prendiamo del tempo per discutere insieme e ragionare del libro del professor

Sabino Cassese, Il governo dei giudici, un pamflet assai tagliente, e lo facciamo direi

con la persona più adatta, probabilmente, che è il procuratore, mi ostino a chiamarlo

procuratore, anche se ormai è ex presidente del Tribunale Vaticano, quindi ha cambiato

mestiere ma fino a un certo punto, Giuseppe Pignatone che peraltro per la terza ha scritto

un libro che ha molto a che fare con l'argomento di cui discuteremo oggi che è fare giustizia.

Allora io comincierei dal titolo di questo libro, se voi siete d'accordo, per farvi

una domanda la faccio innanzitutto al professor Cassese, cioè esiste il governo dei giudici?

Beh intanto questo titolo lo posso dire è copiato, perché in realtà è il titolo di un

libro famosissimo in tutto il mondo, edito in Francia da uno studioso molto noto, Lambert,

che un secolo fa ha scritto un libro, Le gouvernements des juges, in cui illustrava

l'esperienza del ruolo dei giudici negli Stati Uniti d'America, e con questa espressione nel

mondo è stato identificato il ruolo diverso e più forte che svolgono i giudici nelle società

moderne, perché secondo Montesquieu, cioè quello che ha costruito diciamo i tre poteri e quindi

i poteri dei giudici sono nulli, lui dice proprio nulli, nel capitolo sesto del libro undicesimo

dell'Esprit de l'Ouag. Quindi questo è un fenomeno mondiale, il ruolo importante svolto dai giudici,

che in Italia ha presentato delle caratteristiche peculiari. Qual è la peculiarità del governo dei

giudici in Italia? La prima peculiarità è l'assenza della risposta data dall'ordine

giudiziario alla domanda di giustizia. Io sono sempre colpito dal fatto che ci sono sei milioni

di cause pendenti, i giudizi civili si chiudono nei tre gradi di giudizio in poco più di sette

anni e quelli penali in poco più di tre anni. La fiducia nella giustizia nel giro di circa dieci

anni è caduta da circa il 70 al 30 per cento, il che vuol dire che noi abbiamo oggi una situazione

peculiare dell'Italia, in cui c'è un ruolo importantissimo svolto dall'ordine giudiziario,

ma che non è quello fondamentalmente richiesto all'ordine giudiziario perché sostanzialmente

c'è una fuga dalla giustizia. Infatti se si vedono le ultime statistiche si vede che c'è

una diminuzione dell'accesso alla giustizia in Italia, derivante dal fatto che una giustizia

troppo lenta non è una giustizia come dicono gli inglesi e quindi le persone fuggono dalla

giustizia. Questo non lo dico io naturalmente, lo dicono in una delle relazioni del governatore

della Banca d'Italia, c'è una documentazione di questo fatto e ci sono degli ottimi studi

della Banca d'Italia su questo problema. Nei rapporti economici oggi si cercano dei

surrogati della giustizia. Questa è la peculiarità del sistema italiano, un ruolo

importante svolto dalla giustizia nel campo giudiziario, nel campo amministrativo, basta

pensare che il Ministero della Giustizia ha dominato tutto da magistrati che quindi fanno

parte del potere esecutivo pur essendo parte dell'ordine giudiziario e poi qual è il paese

del mondo nel quale due magistrati hanno costituito due partiti politici? Non mi risulta

di nessun paese del mondo, per non parlare dei magistrati che svolgono funzioni di sindaco,

di presidenti di regioni, di parlamentari, che hanno svolto funzioni di ministri e così via.

Esiste? Parlare della crisi della giustizia e della magistratura oggi è come sperare sulla

croce rossa, siamo tutti d'accordo. Io non sono d'accordo con l'analisi che ha accennato,

ovviamente sviluppata molto di più nel libro del professor Cassese, è ovvio io parlo solo di penale,

facciamo questa doverosa premessa. Secondo me proprio quando si parla di inefficienza della

giustizia che poi è il capo d'accusa fondamentale a cui oggi non solo nella polemica giornalistica,

ma lo stesso governo giustifica le riforme che sta facendo in nome dell'Europa prendendo come

cosa l'inefficienza della giustizia e utilizzando le statistiche tra cui quelle che ha accennato il

professor Cassese. Io dico questo, sono statistiche che come la famosa barzelletta di Trelussa

dipingono una realtà diversa, parziale. Mancano in queste statistiche due numeri semplici semplici,

8 e 3. Dico cosa sono 8 e 3? 8 allude al carico che ogni pubblico ministero italiano, quindi in

realtà è l'entrata nell'imbuto della giustizia, quello che viene introdotto da lavorare nell'intero

sistema giustizia, il pubblico ministero italiano ha un carico di lavoro otto volte superiore il

carico medio europeo. Quindi significa che noi facciamo una gara di corsa con i nostri concorrenti,

semplicemente prendiamo quelli importanti inglesi, francesi, tedeschi e italiani. Gli

altri tre hanno alla partenza uno zaino per dire di 10 chili, il PM italiano ha uno zaino di 80

chili. Mi pare normale che i tempi si allungano e molto non si riesce a fare. L'altro numerino è 3,

3 sono i gradi di giudizio. L'inglese col suo zainetto da 10 chili si fa un giro di pista,

c'è un grado di giudizio, è arrivato, non c'è motivazione, c'è il sistema della giuria,

non c'è motivazione, non c'è appello, non c'è cassazione, lui ha finito il suo compito.

Francesi e inglesi con il loro zainetto da 10 chili ne fanno, quando va bene, due, perché la

cassazione è quasi teorica. Il numero è che ci sono meno di 5.000 sentenze della cassazione

penale in Francia e Germania, 55.000, 58.000 l'anno in Italia. L'appello è molto scoraggiato

perché esiste una serie di filtri, di sistemi vari, più quello più clamoroso della possibilità

di condannare se l'imputato fa appello e viene rispinta a una pena maggiore di quello invitti

in primo grado, che costringe l'imputato e il suo avvocato a pensarci dieci volte a fare

l'appello. Invece in Italia, naturalmente, siccome tanto peggio non può andare, chiunque fa appello.

Quindi, bene che vada, inglesi e francesi con il loro zainetto si fanno due giri di campo.

L'italiano col suo zaino da 80 chili deve fare minimo tre giri, cioè con la cassazione,

spesso di più perché se c'è una misura cautelare o un sequestro allora c'è il ricorso del Tribunale

alla libertà, poi di nuovo cassazione. Quindi la statistica, quelle che cita il professore,

sono quelle che girano, quelle che l'ufficiale del Ministero, però dimenticano questo piccolo

particolare. Che secondo me invece è la cosa su cui si dovrebbe cominciare a incidere. E su

questo la magistratura, l'avvocatura no, ma la magistratura e pezzettini della politica dicono

facciamo una serie di penalizzazioni, non se ne parla nemmeno. I provvedimenti sono di segno

contrario. Il danno che ha fatto la legge sull'omicidio stradale, sulle elezioni stradali

procedibili, l'ufficio non acquerele ha generato decine di migliaia di processi perfettamente

inutili perché il problema è di fare avere il risarcimento danni alle persone, non dare tre

mesi all'investitore. La magistratura era contraria e è stata fatta la legge. È stato fatta la legge

con cui non è più possibile fare il giudizio abbreviato per l'omicidio. Sembra poco perché

alla fine i processi di omicidio sono un centinaio l'anno, forse meno. Però un processo di omicidio

inabbreviato durante il gruppo dura due udienze, tre udienze al massimo in corte d'assise,

come sappiamo dalle cronache del giornale almeno un anno, un anno e mezzo. Moltiplicato 70-80 è

come se noi avessimo buttato 100 anni di tempo come sistema giusto. Questo è a monte perché,

ripeto, il capo di imputazione e la giustificazione di tante cose è l'inefficienza della giustizia.

L'altra cosa su cui nel quadro generale che correttamente dipinge il professor Casale,

la politica. Vero è che solo qui abbiamo avuto due pubblici ministeri che hanno fatto due partiti,

però è anche vero che sono finiti miseramente. Uno è abortito addirittura, l'altro è durato lo

spazio di un mattino. Io sono con rarissimo, ma non io che poco importa, da vent'anni a questa

parte ci sono posizioni, l'Anm e il Csm una volta tanto d'accordo fra loro, a fare contro le cosiddette

porte girevoli, a chiedere alla politica una legge che in qualche modo riduca il fenomeno

del passaggio alla politica. Su questo forse lo stanno facendo ora, forse perché le cronache

quotidiane non sono rassicuranti. Ma è vent'anni che se prendiamo i verbali del Consiglio Superiore

dell'Associazione Nazionale Magistrati, vent'anni fa troveremo questo problema. Poi sul Ministero

di Giustizia sono d'accordissimo con il professor che almeno due terzi o tre quarti dei magistrati

che ci sono dovrebbero andare via ed essere sostituiti da funzionari. Mi pare un po' più

delicato i ruoli apicali, ma lì si potrebbe andare a distinguere. Il capo dell'ufficio

legislativo potrebbe essere benissimo un professor di università o un avvocato. Sul disciplinare

probabilmente è meglio che sia un magistrato per non avere una pesantissima ingerenza di un qualcuno

da fuori. Però su questo, che il fenomeno delle porte girevoli, come per usare lo so, vada ridotto

mi pare chiaro. Sulla politica magari vengo dopo, voglio prevaricare la rapidità del professor.

L'osservazione sulle statistiche mi sembra interessante. Cioè che in qualche modo la

magistratura italiana opera in un quadro, in un perimetro legislativo ipertrofico. Io aggiungerei

anche non solo ipertrofico, ma pasticciato, confuso. Il legislatore italiano negli ultimi

vent'anni ne ha passati buona parte a riscrivere ossessivamente alcune parti del codice di procedura

penale e non sempre necessariamente, come dire, avendo in testa come fine ultimo l'efficienza

del servizio della giustizia penale. Per stare alla giustizia penale. Volevo capire se su questo

punto sollevato da Pignatone lei è d'accordo. Cioè se in qualche modo a questo quadro drammatico,

che stiamo adesso sul piano dell'efficienza del servizio giustizia, ha contribuito in modo

decisivo uno sciagurato e lunghissimo arco di tempo di politiche giudiziarie da parte del

Parlamento e quindi anche di maggioranze diverse che si sono alternate nel tempo la vita del Paese.

Io sono totalmente d'accordo con quello che diceva il presidente Pignatone. Io ho cercato di fare

prima un quadro della situazione. Adesso stiamo affrontando il problema delle cause,

cioè che cosa ha prodotto questa situazione e non c'è dubbio che tra le cause vi sia una

complessità legislativa, il fatto di non aver tentato il legislatore di trovare delle soluzioni

non giudiziarie ai conflitti. Noi nel secondo dopoguerra ci siamo subito allineati alla

formula americana. Lei sa che nel mondo esistono due sistemi sociali. I due paragoni fatti dai

sociologi sono il Giappone e gli Stati Uniti. Nel Giappone i conflitti hanno nella maggior parte

dei casi delle soluzioni che sono o corporative o familiari o aziendali o della gruppa in cui si

vive, non third party dispute resolution. Invece quella americana è il ricorso continuo all'autorità

giudiziaria e quindi una forte intermediazione di tutti i conflitti. Noi ci siamo allineati

subito a questa soluzione e quindi abbiamo aperto troppe strade. Pensi che noi non abbiamo

il leave inglese. Il magistrato inglese può dire questo fatto non è rilevante. Persino la Corte

Suprema americana c'è una procedura che in latino si direbbe certiorari ma in americano si

pronuncia certiorari e che sostanzialmente è una decisione di ammissibilità. Questo per me non è

rilevante, io non lo decido. Sarebbe contrario alla nostra Costituzione però ce l'hanno. Quindi

in più abbiamo delle procedure che hanno portato, vedi l'enorme quantità di questioni che vanno alla

Cassazione, che hanno portato a tutti e tre i livelli le decisioni nel civile e nel penale.

Il civile è ancora più drammatico del penale ovviamente per i termini che dicevo prima. Quindi

non c'è dubbio che una delle cause sia stata questa. Il problema è che questa causa non è stata

mai eliminata e la mia domanda è ma il ruolo svolto negli uffici legislativi dai magistrati

stessi non avrebbe dovuto portare la loro esperienza a suggerire delle modificazioni

legislative. Proprio il ruolo svolto dentro il Ministero della Giustizia dovrebbe consentire

questo. Il ruolo dei magistrati del Ministero della Giustizia nasce in epoca giolittiana,

cioè un secolo fa, e nasce quando non esisteva, poi dopo fu costituito, ma con pochissimi poteri,

il Consiglio Superiore della Magistratura e fu visto dai magistrati giustamente come uno strumento

per garantire l'indipendenza della magistratura perché la magistratura stava all'interno del

Ministero della Giustizia in un'epoca in cui i magistrati erano ancora ritenuti assimilabili

ai dipendenti pubblici sostanzialmente. Nel momento in cui è stato costituito lo scudo

Consiglio Superiore della Magistratura, che è sostanzialmente il Consiglio Superiore della

Magistratura, è stato concepito dal Costituente come una specie di Direttore Generale del Personale

composto di 30 persone invece che di una persona sola sostanzialmente. Cioè uno scudo per evitare

che attraverso il governo delle carriere si governi l'attività che consiste nel dare giustizia. Ora,

questo ruolo importante è svolto all'interno del Ministero, il ruolo importante è svolto in molti

gabinetti ministeriali e il ruolo, diciamo, la qualità eccellente dei nostri magistrati, perché

questa è una cosa singolare del nostro Paese, e che noi abbiamo poi dei magistrati che in generale

sono selezionati molto bene. Sono tra i dipendenti pubblici meglio selezionati, diciamo, coloro che

lavorano per lo Stato meglio selezionati, più accuratamente, con concorsi che si ripetono più

velocemente, quindi non con quegli stop and go che ci sono per il resto del pubblico impiego. Però non

c'è mai stato, secondo me, nel corpo dei magistrati, ripeto sempre civile e penale, che sono stati

i magistrati, quelli di cui mi sono interessato, una consapevolezza della necessità di mettere in

ordine la casa comune. Io qualche volta dicevo, scarzando ai miei colleghi che venivano dalla

Cassazione alla Corte Costituzionale, tu saresti capace, l'ho detto a qualche mio collega e quindi

lo posso ripetere, tu saresti capace di stare a tavolino e scrivere una perfetta sentenza con il

soffitto che ti cade addosso e tu continui a scrivere una sentenza perfetta e a cercare di

dare giustizia, mentre nel frattempo ti sta cadendo la casa addosso. Questo, secondo me,

è un fatto importante, è un fatto di cultura importante. E la cosa bella è che è dimostrato,

diciamo, c'è una controprova, e cioè che ci sono stati dei magistrati, un famoso presidente

del Tribunale di Roma, un famoso presidente del Tribunale di Torino, che sono delle eccezioni e

ci sono state delle best practice. Allora la domanda è, ma perché i capi degli uffici giudiziari

non hanno fatto quello che hanno fatto i loro colleghi a Roma e a Torino? Io ne sto citando

solamente due, perché tra l'altro uno dei due lo conoscevo anche personalmente, che hanno gestito

la giustizia in maniera eccellente, cioè si sono interessati non di scrivere soltanto la bella

sentenza, ma anche del tetto che perdeva, dell'acqua che penetrava dal tetto rotto.

È d'accordo che la magistratura è stata un po' pigra?

Sì, io sono d'accordo, meno sulla possibilità che i magistrati del Ministero potessero decidere,

fare grandi passi avanti sul piano legislativo, perché lì come vediamo, fino a stamattina c'è,

e ci torneremo penso inevitabilmente sul tema, gli schieramenti politici sono talmente forti

e arroccati sulle loro posizioni in materia di giustizia, che è una delle materie in cui non

sentono neanche i tecnici, paradossalmente, forse un tema di trasporti, di sanità o di altro,

lì invece non ci sono. Secondo me lo spazio che storicamente hanno avuto i magistrati del

Ministero, ripeto, hanno preso posizione sui casi che facevo prima io, dell'omicidio stradale,

ma di tante altre cose, sempre lì il politico, il ministro e il suo entourage politico,

anche se non tecnico, qualche tecnico c'è sempre, resiste agli input della struttura tecnica. Sono

invece assolutamente d'accordo con il professore, avendolo visto per 45 anni dall'interno,

che nella categoria, io penso che sia questo, ha prevalso su tutto un, a volte in questo senso

malinteso, privilegio del mito dell'indipendenza, cioè non si è capito e non si capisce tuttora,

che il giudice o anche il pubblico ministero con le sue caratteristiche particolari devono

essere indipendenti finché fanno attività giurisdizionale, cioè decidono la sentenza,

la causa civile, decidono se arrestare qualcuno, non fare una perquisizione, devi assicurare

l'indipendenza. Quello che la mia ex categoria non riesce a capire, secondo me, in larghissima

misura, è che questa indipendenza non vale rispetto al tema organizzazione, organizzazione

degli uffici, organizzazione del lavoro dei singoli, invece nella testa del singolo magistrato,

come dice il professore, cade la casa. Tutto quello che dai servizi di cancelleria alla

fotocopiatrice, agli orari dell'udienza, deve essere qualcosa che miracolosamente,

per virtù dello Spirito Santo, funziona da sola, senza problemi di bilancio, problemi

del personale. Quando io facevo il capo dell'ufficio e non avevo neanche tanti assistenti per tanti

magistrati, veniva quello che diceva, ma il mio è troppo scarso, dammelo un altro,

io ne ho 80, voi siete 90, ce ne sono 10 che dobbiamo in qualche modo arrangiare, tu dammelo

a me, per chi altro non mi importa. Cioè è la logica di non rendersi conto che il cosetto

servizio di giustizia, si diceva prima, è composto, oltre che da una componente giuridica,

l'indipendenza assoluta, da una componente organizzativa, in cui è essenziale l'opera

dei capi degli uffici. È difficilissimo riuscire, e per la giudicante è più ancora che per

la requidente, riuscire a scalfire questo muro mentale, cioè ma io sono indipendente,

ma tu non è che sei indipendente nel senso che non puoi venire in ufficio, o che se non

ci sei non avvisi, oppure che in udienza non te la studi e poi ci deve andare uno all'ultimo

minuto per dire esempi banali, oppure che tu dai la precedenza per dire agli incidenti

stradali invece che ai delitti di mafia, dico per cose paradossali. Anche il tema delle

priorità rientra, che particolarmente è delicato perché è misto di giurisdizione

e di amministrazione, rientra in questa logica. Se un ufficio del suo insieme decide, ripeto

per fare il paradosso, priorizzare i delitti di mafia o la corruzione agli incidenti stradali,

i singoli si devono adeguare. Invece a me è capitato uno, secondo me il relato più grave

è il mancato pagamento degli alimenti alla moglie. Giuro, un jeep di Roma mi disse, dieci

anni fa quando io arrivai, se facevano questo tipo di scopo, no per me è il relato più grave,

tutto il resto può aspettare. E non ci sono santi che riescano a smuoverlo. Quindi dice bene

il professore, è un problema di cultura, cioè di rendersi conto che bisogna vedere l'insieme del

panorama, rendersi conto delle lacune, delle possibilità, dare una mano all'esoluzione

dei problemi comuni. Questo purtroppo è una delle lacune, ripeto, io l'ho ravviso nel mito

tra virgolette dell'indipendenza, che non è relativa a questo. Lì c'è un grosso deficit

della scuola superiore della magistratura che non riesce a sfondare questo muro e mi spiace

dirlo, esprimo un'opinione assolutamente minoritaria in quello che sto per dire,

l'attacco in corso anche a livello legislativo alla posizione dei capi degli uffici, come se

il capo dell'ufficio per sé è il male, è il singolo sostituto, il singolo giugno, rappresenta

il bene, inspiegabile come poi tu sei sostituto fino al primo di marzo e sei il santo. Il 2 marzo

diventi aggiunto procuratore e all'improvviso sei il male assoluto, è una cosa che io non

sono riuscito a capire in 45 anni, ormai non capirò più. Però con quello che sono le circolari

già emesse dal Consiglio Superiore e la legge, il progetto di riforma che c'è all'esame del

Parlamento andiamo nella direzione esattamente opposta, cioè sempre più anarchia, sempre meno

attenzione all'organizzazione. Mi pare che sulle radici dell'inazione o del cattivo lavoro fatto

al Parlamento siate abbastanza d'accordo. Insistendo su questo punto, io mi volevo chiedere,

la produzione del libro a un certo punto lo accenna, soprattutto nella parte statistica,

facendo vedere come in coincidenza della vicenda di Mani Pulite la fiducia del Paese in fronte

alla magistratura conosce il suo ACME e poi da quel momento in poi, quella investitura di fiducia,

vive la fase della disillusione prima e poi addirittura del tradimento. Lei non pensa,

non crede che è stato proprio in quel momento, ma adesso io provo a capovolgerlo rispetto

alla lettura che normalmente viene data. Una lettura che viene data normalmente è che Mani

Pulite fu la stagione in cui la magistratura prese consapevolezza, addirittura qualcuno sostiene

pianificò la liquidazione per via giudiziaria di una storia politica di un pezzo di classe

dirigente del Paese, politica ma anche economica, e che lì in qualche modo si è consumato il peccato

originale, che poi ha reso impossibile o comunque molto difficoltoso un percorso di riforma negli

anni successivi. Io provo a chiedervi invece se non fosse vero, se non possa essere vero il

contrario, cioè che in qualche modo se siamo d'accordo che quella stagione è stato un momento

spartiacque della storia politica, ma anche giudiziaria del Paese, non sia stato quello il

momento in cui la politica ha assunto, lei sì si è macchiata del peccato originale, cioè quella di

trasformare il discorso politico in discorso giudiziario. Anche su questo in alcune pagine del

suo libro ho trovato dei riferimenti, la giudiziarizzazione del discorso pubblico,

del discorso politico. A me fa impressione come spesso la responsabilità politica,

per mano della politica, prima ancora diciamo che per mano del giornalismo, della stampa o

della magistratura, conosca una sovrapposizione con quella penale. Quante volte mi è capitato

di ascoltare politici che si difendevano dagli attacchi che erano sottoposti,

eccependo di non aver ricevuto un avviso di garanzia, come se in qualche modo l'avviso di

garanzia fosse il discrimine nel decidere se un soggetto andasse in qualche modo rimproverato

una responsabilità, nel caso politica in senso lato non necessariamente penale. Si può essere

responsabili politicamente e penalmente non responsabili, ma questa sembra una distinzione

che la politica ha smarrito. Per tornare al punto, non crede che quella stagione sia stata

una stagione di un'occasione mancata, ma da parte della politica, perché poi le riforme,

le leggi le scrive e le vota e le approva il Parlamento, fino a prova contraria. Che che ne

dica il CSM, che che ne dica come del resto, peraltro stiamo vedendoci nel momento in cui

il Parlamento, adesso vedremo che fine farà questo primo blocco di riforme della giustizia,

ma nel momento in cui il Parlamento e il governo hanno deciso di tirare dritto sulla giustizia,

il CSM, la NM hanno detto quello che hanno voluto, ma non mi pare che questo abbia impedito alle

riforme di cominciare il loro percorso. Che quella sia la svolta non c'è dubbio,

due indicatori, primo muoiono sostanzialmente i tre partiti fondamentali su cui si reggeva la

storia italiana per 50 anni, Democrazia Cristiana, Partito Socialista e Partito

Comunista, qualcuno trasformandosi, qualcuno estinguendosi e secondo si cambiano le leggi,

la regola del gioco, cioè la formula elettorale si passa dal conto dei voti, nel passaggio dai

voti ai seggi, diciamo si passa dal parlamento, dal proporzionale al maggioritario. Io credo che

sia vero quello che lei accenna, io credo che sia vero ciò è che in realtà era la politica che aveva

in qualche modo esaurito le sue idealità e che a quel punto affida a qualcuno di fare una specie

di buttozza e di fare piazza pulita, va bene. Per ricominciare da capo, perché la verità è che

se armoniscono le finalità fondamentali dei partiti, le due correnti principali della storia

italiana sono stata quella popolare e quella socialista. Ora l'una e l'altra, la componente

liberale di quella popolare e quella solidaristica di quella socialista si erano esaurite in quegli

anni lì. Non c'è più un piano beverage, il piano beverage è del 42. Quindi c'era una sorta di

esaurimento della politica. L'innesco quindi non è stato nella magistratura, l'innesco è stato nella

politica che ha delegato sostanzialmente il controllo della virtù ai magistrati, i quali

hanno in questo caso alle procure che hanno come dire fatto l'opera, hanno completato l'opera. E

da lì si ricomincia da capo, basta vedere il modo in cui Forza Italia raccoglie voti e raccoglie

l'eredità elettorale dei partiti che erano morti. Diciamo ricomincia da capo. Io ricordo un fatto,

ero, sono stato per dieci giorni, era il governo Ciampi, io ero ministro del governo Ciampi e

siamo stati per dieci giorni perché dovevamo assegnare le frequenze, perché c'era stata la

prima gara per l'assegnazione delle frequenze telefoniche e si stavano svolgendo le elezioni e

stavo nel luogo dove, nel vertice del governo, nella stanza del presidente del consiglio dei

ministri. Per noi eravamo un bel gruppo di ministri, per noi erano una novità, va bene,

nessuno di noi immaginava che vi sarebbe stata una trasformazione così radicale. Quindi è vero,

l'innesco non è stato Mani Pulite, l'innesco è stato altrove, nella crisi dei partiti che per

50 anni, un mio amico americano, T.J. Pemple, che ha insegnato a lungo a Princeton, ha scritto un

bellissimo libro intitolato Uncommon Democracies, Democrazia fuori del comune. La sua tesi era

questa, che in Italia e in Giappone c'erano delle democrazie fuori del comune, costituite

dal fatto che c'era stato sempre un partito al governo e non c'era mai stato alternanza.

Si cambiavano le associazioni, mutavano i governi, ma c'era una cerniera e la cerniera

era assicurata dal partito della democrazia cristiana. Quindi è vera la diagnosi costituita

dal fatto che c'è stato un esaurimento dei policy makers, come dire, sono diventati solo politicians.

Se siamo d'accordo su questo, cioè il peccato originale della politica, invece dall'altro

lato la mia domanda è se in questi ultimi vent'anni la magistratura italiana non ha

scontato non soltanto una forma di pigrizia, ma non ha scommesso in modo sciagurato sul

ventennio berlusconiano. Cioè l'idea che in qualche modo il ventennio berlusconiano

consentisse una sorta di glaciazione di qualunque fremito, anche proposito di autoriforma,

era talmente sproporzionato il disegno di manomissione dell'impianto, pensate alla giustizia

penale, del processo penale, che in qualche modo una parte della magistratura riteneva

che fosse condizione necessaria e sufficiente a starsene dove uno stava.

Ovviamente la diagnosi del professor Cassese è assolutamente esatta, al manipulito aggiungerei

sempre le stragi mafiose, perché vanno insieme, cioè la distruzione della classe politica

è forse per due terzi sulla corruzione e per un terzo almeno sul versante mafia, quindi

che porta in sé peraltro un carico di sangue, non c'è altra parola per dirlo, da rendere

ancora più pesante l'intervento, le conseguenze, eccetera.

Si parla tanto di autoriforma, ma autoriforma della magistratura non è facilissima. Una

cosa è se per autoriforma intendiamo un'autoriforma culturale, come quella di cui parlavamo prima,

o anche banalmente etica su cui possiamo essere d'accordo. E' chiaro che così come c'è un degrado

dell'intera società, il degrado colpisce anche la magistratura, lo testimoniano, lo scrive spesso

Violante, giustamente in questo caso il numero degli arresti o comunque di magistrati imputati

per corruzione è certamente cresciuto, specchio di una società in cui c'è questo degrado.

Però la magistratura non è una normale burocrazia che si possa autoriformare facilmente. La

magistratura procede e la giustizia attorno a lei, perché sono poi intrecciate, per schemi

molto rigidi, molto formali. E' difficile con le circolari del CSM che rappresentano il massimo

sforzo di autoriforma, non parliamo del sindacato, dell'ANM ovviamente. Qualcosa si può fare,

nel bene e nel male, però il grosso dei problemi li deve risolvere necessariamente il legislatore,

questo come premessa. Dopodiché non c'è dubbio che la storia italiana sia stata quella che è

stata. Non c'è dubbio che c'è stato il ventennio berlusconiano. Il ventennio berlusconiano è stato

quello che è stato, ci sono stati progetti, alla fine hanno fatto anche, il progetto Alfano era

perlomeno chiaro, era onesto intellettualmente perché voleva modificare la Costituzione. Se

fosse riuscito, nulla da dire. Molti altri tentativi sono stati fatti invece a Costituzione

vigente e immutata di sotterfuggi vari. C'è stato uno scontro frontale con la magistratura,

non c'è dubbio. Però io continuo a dire che condannando tantissimi magistrati che ci hanno

giocato, ci hanno costruito carriere, si sono poi anche schierati apertamente, facendo il

presidente del provincio, del regione, conservando però senza neanche dimettersi dalla magistrate,

cioè tanti casi singoli. Oggi i deputati credo siano tre, quattro forse giudici, non

particolarmente diciamo né famosi né incisivi. In passato non è stato così. Dico però chi dà le

carte, chi le ha date è sempre la politica. Cioè questi stessi magistrati alla fine con

loro grossi vantaggi personali in molti casi. Però sono stato uno strumento, non voglio dire

gli utili idioti, ma uno strumento in mano alla politica. La politica si è spaccata su un crinale

perlusconi, antiperlusconi, per semplificare al massimo. E uno dei due pezzi della politica,

tutte e due, uno in modo più chiaro e manifesto, l'altro in modo, c'erano le toghe azzurre si

dicevano, hanno utilizzato la magistratura. La sinistra per ribaltare perlusconi ha fatto

un manifesto di ricorso alla leva giudiziaria. Ma chi dava le carte è sempre la politica.

Del Ristò quasi paradossalmente già nasce con Tangentopoli la prova che è la politica che

comanda. Perché non c'è dubbio che tutto il pool di mani pulite, e possiamo pure metterci

i magistrati palermitani dell'epoca, tutto si auguravano e non la vittoria di perlusconi.

Cioè tutto, inutile fare i nomi che conosciamo, ma sia a Milano che a Palermo che a Napoli i

magistrati si auguravano la vittoria di Occhetto, della gioiosa macchina della guerra di Occhetto,

lavoravano in qualche modo, quantomeno oggettivamente nel loro auspicio quello

era e ha vinto perlusconi. Perché alla fine è sempre la politica che comanda.

E oggi la magistratura è senza voce. La caduta di credibilità che indubbiamente c'è,

certo in buona parte è colpa della magistratura, della caduta etica, eccetera, però è anche vero

che a un certo punto i giornali, ormai in realtà il panorama informativo è molto più

ampio e complicato, però visto che sia io che il professore abbiamo una certa età,

diciamo i giornali hanno avuto un input diverso, hanno cambiato posizione. Hanno cambiato posizione

e tranne qualche scheggia, alcuni a difesa assoluta, altri ad attacco assoluto alla

magistratura, qualunque cosa faccia. Per certi giornali se un magistrato oggi dice ma sta piovendo

è un motivo per attaccarlo. La sfonda opposta dice c'è il sole, è 30 gradi, lo difende lo stesso.

Però i giornali, è come la cronaca giudiziaria, i giornali non è che li fa il magistrato,

non fanno i titoli, non fanno le linee editoriali, non fanno niente, rispondono ai loro direttori

e agli interessi che ci sono dietro. Da alcuni anni la magistratura ha fatto del suo meglio

per perdere incredibilità, però questo crollo è verticale anche perché è cambiato lo schieramento

dei mezzi che influenzano l'opinione pubblica.

Siamo alla conclusione, abbiamo ancora una decina di minuti. Il libro su questo lascia una porta aperta,

però proviamo a dire almeno una o due cose che potrebbero o che dovrebbero essere fatte subito

e rispetto alle quali non ci sono controindicazioni. Non peraltro, perché visto che ha detto che servirebbe

un nuovo Giustiniano, ma siccome di Giustiniani in giro non se ne vedono almeno al momento,

e forse non è neanche più il tempo di Giustiniano, forse non è neanche più un tempo in grado di partorirlo,

ma quali sono quelle tre cose su cui oggi il Parlamento ha maggior ragione, peraltro nel contesto politico peculiare

che il Paese sta attraversando, quindi anche in forza di un indubbio vantaggio rappresentato oggi

da una maggioranza trasversale dovrebbe fare.

La prima, indubbiamente, è tenere conto che la domanda di giustizia della nostra società

ha davanti degli operatori della giustizia di un numero troppo ristretto, perché per diversi motivi è stata fatta una politica maltusiana.

Se se leve delle statistiche del numero dei magistrati dall'immediato secondo dopoguerra ad oggi nota che c'è un aumento,

se non ricordo male, del 30-40%. Prenda il numero degli abitanti in Italia, è aumentato di 10 milioni,

quindi è passato da 50 a 60 milioni, e prenda il numero dei dipendenti pubblici siamo arrivati a 3 milioni e mezzo.

Il che vuol dire che l'offerta di giustizia, la domanda di giustizia, c'è una discrassia tra le due cose,

cioè ci sarebbe bisogno di più magistrati, questa è la prima cosa.

La seconda cosa che si sta facendo di dotare i magistrati di assistenti è uno dei progetti del ministro Cartabia,

mi sembra un eccellente progetto. La terza cosa che si sta facendo è quella di modificare una serie di norme del processo civile,

del processo penale, in modo da evitare questo peso eccessivo delle magistrature superiori,

perché lo diceva prima il presidente Pignatone, non è possibile che tutti vogliono andare.

Questo in parte deriva, e questa è un'altra modificazione da fare, dall'alto numero di magistrati, di avvocati scusi.

Se non ricordo male, in questo momento le cifre, il numero di avvocati in Italia supera i 240 mila,

se non ricordo male sono 150 mila in Germania, dove il numero di abitanti è di 80 milioni contro i nostri 60.

È abbastanza chiaro, no? C'è un problema, insomma.

L'altra cosa che io farei è invitare tutti i magistrati che siedono negli organi esecutivi,

anche nelle strutture serventi del CSM, prima addirittura nella Secretaria della Corte Costituzionale,

di ritornare a fare i magistrati, perché lì fanno il capo del Dipartimento degli Affari Penitenziari.

Che cosa fa il presidente? Fa il gestore di un settore alberghiero, innanzitutto,

perché il carcere, come è noto, è un albergo dove si è costretti a stare chiusi dentro, non si può uscire.

Un albergo in condizioni non ottime, ma insomma...

Con una stella.

Come?

Con una stella.

Con una stella, appunto.

E poi deve gestire tutto l'approvvigionamento, di così via.

Questo è un compito tipicamente amministrativo.

Quella persona che svolge quella funzione amministrativa è stato scelto per le sue conoscenze giuridiche,

per la sua capacità di fare il magistrato.

Se io l'ho selezionato in quel modo lì, voglio che venga utilizzato in quel modo lì,

non per fare un'altra cosa.

Era abituato a guidare un'automobile, non a guidare un autobus.

No.

Per dire due cose che si possono somigliare.

Queste secondo me sono proprio le...

Come dire?

I passi immediati più urgenti.

Poi chiudere le porte.

Se io sono un giudice, devo essere giudicato, non voglio che la persona che mi deve giudicare,

se voglio che sia imparziale, lui non solo non deve appartenere a un partito,

ma non deve neppure ricordarmi che ha appartenuto ad un partito,

o che si è presentato nella lista di un partito.

Se no, imparziale vuol dire non parziale.

E parziale e partito hanno la stessa radice nella lingua italiana.

Quindi una esclusione assoluta all'accesso alla politica da parte dei magistrati.

Si sa che non si può manifestare una propria opinione come appartenenza politica al di fuori,

perché questo comporta un burnus grave per l'indipendenza dei magistrati.

Se già questo venisse fatto, io penso che sarebbe...

E poi un'ultima cosa che secondo me bisognerebbe fare.

La selezione dei capi degli uffici giudiziari,

invece che essere fatta sulla base delle appartenenze alle correnti e così via,

che hanno permesso di avere degli eccellenti capi di uffici giudiziari nonostante questo,

dovrebbe essere fatta sulla base delle esperienze che le persone hanno fatto come capi degli uffici.

Una persona... a me è capitato, alla Corte Costituzionale,

di avere dei colleghi che sono stati i migliori giudici,

le persone con cui ho imparato di più e sono stati i peggiori presidenti.

Come si spiega?

Per il semplice fatto che se fai giudice è un mestiere, se fai presidente è un altro mestiere.

Ci vogliono delle capacità organizzative,

bisogna saper dialogare con le persone, saper dare la parola,

saper condurre la discussione in un collegio in modo tale da arrivare a una conclusione.

E questo deve essere valutato dal CSM.

Per valutarlo, secondo me, bisogna prendere il curriculum di una persona,

vedere come ha fatto in precedenza, chiamarlo, ascoltarlo.

Io ho fatto parte spesso di commissioni per la nomina di professori

all'Istituto Universitario Europeo di Firenze.

Noi abbiamo fatto le selezioni sulla base delle cose che loro avevano fatto, che avevano scritto,

poi ci siamo seduti intorno a un tavolo, in pubblico,

loro stavano lì, qualche volta erano persone più anziane di me,

stavano lì e dovevano rispondere alle nostre domande.

E noi gli chiedevamo che progetti c'erano,

secondo te per fare questo che cosa bisogna fare,

come si organizza il lavoro di insegnamento in un organismo che ha studenti

che vengono da 25 paesi europei,

e quali criteri faresti per la chiamata dei professori universitari.

Ecco, alla fine noi sapevamo chi stavamo nominando, va bene.

Li conoscevamo.

E questo è il modo con cui si sceglie le persone migliori.

Presidente, c'è qualcosa in più o di diverso che si può fare?

La cosa su cui io ho scritto il mio primo articolo per Repubblica

e il mio primo articolo prima ancora per la stampa è la depenalizzazione.

Perché accanto all'aumento del numero dei magistrati,

che poi non può essere illimitato perché si vede

che non si riescono a coprire neanche i posti a concorso,

perché questa è una triste realtà,

che all'ultimo concorso credo per 350 posti

gli ammessi degli orali sono meno di 350.

C'è per il penale sempre, per la giustizia civile ci sono gli altri strumenti,

altre vie di fuga prima di arrivare davanti al giudice, altre vie di soluzione.

Per il penale ci vorrà depenalizzazione.

Lì senza di quella il penale non si risolverà.

L'altro auspicio sarebbe, basta quello che ho detto all'inizio,

una rivisitazione almeno parziale delle impugnazioni,

perché non si può prevedere i tre giri di campo

per questo povero disgraziato con gli 80 chili sulle spalle.

Però quando uno dice queste cose gli avvocati ti saltano addosso

dicendo che sono violati i principi della Corte europea,

della Corte mondiale, della Corte planetaria,

il che non è vero perché è applicato in Francia e Germania,

che sono paesi credo civili non meno di noi.

Su questo e sul versante.

Le varie riforme cartabbie, penale, civile, processuale eccetera,

io sono anche abbastanza nella difficoltà del momento

quella sul Consiglio superiore,

già cambiare il sistema elettorale,

già qualcosa, smuovi le acque,

senza farsi molta illusione.

Sulla selezione dei capi degli uffici,

ha ragione il professor,

ora hanno disposto addirittura per legge che si debbano fare le audizioni,

la difficoltà è che la gran parte dei capi degli uffici

viene dall'avere fatto il soldato semplice,

cioè o il giudice o il sostituto.

Io credo per la verità che al livello dei capi,

specie degli uffici più importanti,

il gioco delle correnti non abbia inciso.

Cioè alla fine quelli che dovevano essere nominati sono stati nominati.

Magari non è stato nominato nella città,

ma piuttosto in quella B,

ma quelli erano, non è che sono rimasti fuori,

per quello che noi stessi, fra di noi ci conosciamo,

personaggi eccezionali che non hanno avuto l'incarico di procuratore

della Repubblica o di Presidente del Tribunale.

Sul livello invece intermedio,

c'è Presidente di sezione dei Tribunali,

della Corte d'Appello,

qualche volta anche Procuratore,

aggiunti il gioco delle correnti è pesato di più.

Ma perché pesa di più?

Perché è facile che per uno stesso posto

ci siano tre, quattro, cinque candidati

più o meno equivalenti.

Più o meno equivalenti sulla base dei curriculum,

delle esperienze

e probabilmente per quello che giravano le voci nel nostro ambiente

più o meno equivalenti anche nella sostanza.

A questo punto è chiaro che il gioco delle correnti è pesato.

Questa è la mia personalissima sensazione.

Dopodiché nominare i capi degli uffici giudiziari,

intanto bisogna rendersi conto che gli uffici giudiziari sono tanti,

duecento e passa fra procure,

poi devi raddoppiare quei tribunali,

più le corti d'appello,

cioè si richiede un livello qualitativo

a un numero elevatissimo,

abbastanza elevato di persone.

Quindi non ci si può fare manco l'illusione di avere dei fuoriclasse

pure al presidente del tribunale

dell'ultima cittadina della Calabria o del Piemonte.

Dopodiché la selezione,

la difficoltà nasce che normalmente sono soldati semplici

che aspirano a diventare ufficiali, diciamo.

Io penso che ancora una volta,

qua per esempio quello che è lo spirito del tempo è controindicato,

perché oggi si vuola,

alcune delle correnti della magistratura dicono

che chi ha fatto un incarico direttivo

deve tornare a fare il soldato semplice.

Errore tragico,

perché tu non puoi diventare Presidente o Procuratore del Tribunale di Roma

se prima non hai visto come funziona

un ufficio medio piccolo o medio grande.

Non puoi diventare da sostituto Procuratore di Roma.

E poi da Procuratore di Roma devi tornare per due anni

di Roma, di Milano, di Torino,

a fare il sostituto per poi magari dopo X anni, non si sa bene.

Torniamo al discorso fondamentale prima della cultura.

Cioè bisogna rendersi conto che qua il problema non è di mortificare

l'ambizione che è una malattia professionale dei magistrati,

è il problema di rendere il servizio giustizia il migliore possibile.

Sotto questo profilo,

se uno ha fatto bene il Procuratore della Repubblica

in un ufficio di medie dimensioni,

va preferito a quello che ha fatto il sostituto o il giudice.

Ma per forza di cose devi imparare centomila cose

che non sono scritte nel codice di procedura penale.

Purtroppo lo sfido dei tempi non è in questa direzione.

Comunque non c'è da farsi illusione,

secondo me e secondo anche l'esperienza,

sui criteri dati o dalle circolari o dalla legge troppo dettagliati,

perché più sono dettagliati i criteri di nomina,

aumenta paradossalmente la possibilità per chi nomina di scegliere,

facendo pesare un criterio piuttosto che un altro.

Ed aumenta esponenzialmente, come abbiamo visto negli ultimi tempi,

la possibilità per il giudice amministrativo di dire

che ti sei dimenticato questa virgola,

che ci voleva il punto e virgola,

e quindi annulliamo e ricominciamo.

Io ringrazio entrambi.

Davvero è stata una chiacchierata molto molto stimolante,

credo, spero anche illuminante.

E naturalmente auguro grandi fortune al libro.

A entrambi gli autori di entrambi i libri.


'Il governo dei giudici', con Cassese, Pignatone e Bonini 'The government of judges,' with Cassese, Pignatone and Bonini El gobierno de los jueces", con Cassese, Pignatone y Bonini 裁判官の政治」、カッセーゼ、ピニャトーネ、ボニーニと共著 "O governo dos juízes", com Cassese, Pignatone e Bonini "Domarnas regering", med Cassese, Pignatone och Bonini 卡塞塞、皮尼亚托内和博尼尼的“法官政府”

Allora oggi ci prendiamo del tempo per discutere insieme e ragionare del libro del professor

Sabino Cassese, Il governo dei giudici, un pamflet assai tagliente, e lo facciamo direi

con la persona più adatta, probabilmente, che è il procuratore, mi ostino a chiamarlo

procuratore, anche se ormai è ex presidente del Tribunale Vaticano, quindi ha cambiato

mestiere ma fino a un certo punto, Giuseppe Pignatone che peraltro per la terza ha scritto

un libro che ha molto a che fare con l'argomento di cui discuteremo oggi che è fare giustizia.

Allora io comincierei dal titolo di questo libro, se voi siete d'accordo, per farvi

una domanda la faccio innanzitutto al professor Cassese, cioè esiste il governo dei giudici?

Beh intanto questo titolo lo posso dire è copiato, perché in realtà è il titolo di un

libro famosissimo in tutto il mondo, edito in Francia da uno studioso molto noto, Lambert,

che un secolo fa ha scritto un libro, Le gouvernements des juges, in cui illustrava

l'esperienza del ruolo dei giudici negli Stati Uniti d'America, e con questa espressione nel

mondo è stato identificato il ruolo diverso e più forte che svolgono i giudici nelle società

moderne, perché secondo Montesquieu, cioè quello che ha costruito diciamo i tre poteri e quindi

i poteri dei giudici sono nulli, lui dice proprio nulli, nel capitolo sesto del libro undicesimo

dell'Esprit de l'Ouag. Quindi questo è un fenomeno mondiale, il ruolo importante svolto dai giudici,

che in Italia ha presentato delle caratteristiche peculiari. Qual è la peculiarità del governo dei

giudici in Italia? La prima peculiarità è l'assenza della risposta data dall'ordine

giudiziario alla domanda di giustizia. Io sono sempre colpito dal fatto che ci sono sei milioni

di cause pendenti, i giudizi civili si chiudono nei tre gradi di giudizio in poco più di sette

anni e quelli penali in poco più di tre anni. La fiducia nella giustizia nel giro di circa dieci

anni è caduta da circa il 70 al 30 per cento, il che vuol dire che noi abbiamo oggi una situazione

peculiare dell'Italia, in cui c'è un ruolo importantissimo svolto dall'ordine giudiziario,

ma che non è quello fondamentalmente richiesto all'ordine giudiziario perché sostanzialmente

c'è una fuga dalla giustizia. Infatti se si vedono le ultime statistiche si vede che c'è

una diminuzione dell'accesso alla giustizia in Italia, derivante dal fatto che una giustizia

troppo lenta non è una giustizia come dicono gli inglesi e quindi le persone fuggono dalla

giustizia. Questo non lo dico io naturalmente, lo dicono in una delle relazioni del governatore

della Banca d'Italia, c'è una documentazione di questo fatto e ci sono degli ottimi studi

della Banca d'Italia su questo problema. Nei rapporti economici oggi si cercano dei

surrogati della giustizia. Questa è la peculiarità del sistema italiano, un ruolo

importante svolto dalla giustizia nel campo giudiziario, nel campo amministrativo, basta

pensare che il Ministero della Giustizia ha dominato tutto da magistrati che quindi fanno

parte del potere esecutivo pur essendo parte dell'ordine giudiziario e poi qual è il paese

del mondo nel quale due magistrati hanno costituito due partiti politici? Non mi risulta

di nessun paese del mondo, per non parlare dei magistrati che svolgono funzioni di sindaco,

di presidenti di regioni, di parlamentari, che hanno svolto funzioni di ministri e così via.

Esiste? Parlare della crisi della giustizia e della magistratura oggi è come sperare sulla

croce rossa, siamo tutti d'accordo. Io non sono d'accordo con l'analisi che ha accennato,

ovviamente sviluppata molto di più nel libro del professor Cassese, è ovvio io parlo solo di penale,

facciamo questa doverosa premessa. Secondo me proprio quando si parla di inefficienza della

giustizia che poi è il capo d'accusa fondamentale a cui oggi non solo nella polemica giornalistica,

ma lo stesso governo giustifica le riforme che sta facendo in nome dell'Europa prendendo come

cosa l'inefficienza della giustizia e utilizzando le statistiche tra cui quelle che ha accennato il

professor Cassese. Io dico questo, sono statistiche che come la famosa barzelletta di Trelussa

dipingono una realtà diversa, parziale. Mancano in queste statistiche due numeri semplici semplici,

8 e 3. Dico cosa sono 8 e 3? 8 allude al carico che ogni pubblico ministero italiano, quindi in

realtà è l'entrata nell'imbuto della giustizia, quello che viene introdotto da lavorare nell'intero

sistema giustizia, il pubblico ministero italiano ha un carico di lavoro otto volte superiore il

carico medio europeo. Quindi significa che noi facciamo una gara di corsa con i nostri concorrenti,

semplicemente prendiamo quelli importanti inglesi, francesi, tedeschi e italiani. Gli

altri tre hanno alla partenza uno zaino per dire di 10 chili, il PM italiano ha uno zaino di 80

chili. Mi pare normale che i tempi si allungano e molto non si riesce a fare. L'altro numerino è 3,

3 sono i gradi di giudizio. L'inglese col suo zainetto da 10 chili si fa un giro di pista,

c'è un grado di giudizio, è arrivato, non c'è motivazione, c'è il sistema della giuria,

non c'è motivazione, non c'è appello, non c'è cassazione, lui ha finito il suo compito.

Francesi e inglesi con il loro zainetto da 10 chili ne fanno, quando va bene, due, perché la

cassazione è quasi teorica. Il numero è che ci sono meno di 5.000 sentenze della cassazione

penale in Francia e Germania, 55.000, 58.000 l'anno in Italia. L'appello è molto scoraggiato

perché esiste una serie di filtri, di sistemi vari, più quello più clamoroso della possibilità

di condannare se l'imputato fa appello e viene rispinta a una pena maggiore di quello invitti

in primo grado, che costringe l'imputato e il suo avvocato a pensarci dieci volte a fare

l'appello. Invece in Italia, naturalmente, siccome tanto peggio non può andare, chiunque fa appello.

Quindi, bene che vada, inglesi e francesi con il loro zainetto si fanno due giri di campo.

L'italiano col suo zaino da 80 chili deve fare minimo tre giri, cioè con la cassazione,

spesso di più perché se c'è una misura cautelare o un sequestro allora c'è il ricorso del Tribunale

alla libertà, poi di nuovo cassazione. Quindi la statistica, quelle che cita il professore,

sono quelle che girano, quelle che l'ufficiale del Ministero, però dimenticano questo piccolo

particolare. Che secondo me invece è la cosa su cui si dovrebbe cominciare a incidere. E su

questo la magistratura, l'avvocatura no, ma la magistratura e pezzettini della politica dicono

facciamo una serie di penalizzazioni, non se ne parla nemmeno. I provvedimenti sono di segno

contrario. Il danno che ha fatto la legge sull'omicidio stradale, sulle elezioni stradali

procedibili, l'ufficio non acquerele ha generato decine di migliaia di processi perfettamente

inutili perché il problema è di fare avere il risarcimento danni alle persone, non dare tre

mesi all'investitore. La magistratura era contraria e è stata fatta la legge. È stato fatta la legge

con cui non è più possibile fare il giudizio abbreviato per l'omicidio. Sembra poco perché

alla fine i processi di omicidio sono un centinaio l'anno, forse meno. Però un processo di omicidio

inabbreviato durante il gruppo dura due udienze, tre udienze al massimo in corte d'assise,

come sappiamo dalle cronache del giornale almeno un anno, un anno e mezzo. Moltiplicato 70-80 è

come se noi avessimo buttato 100 anni di tempo come sistema giusto. Questo è a monte perché,

ripeto, il capo di imputazione e la giustificazione di tante cose è l'inefficienza della giustizia.

L'altra cosa su cui nel quadro generale che correttamente dipinge il professor Casale,

la politica. Vero è che solo qui abbiamo avuto due pubblici ministeri che hanno fatto due partiti,

però è anche vero che sono finiti miseramente. Uno è abortito addirittura, l'altro è durato lo

spazio di un mattino. Io sono con rarissimo, ma non io che poco importa, da vent'anni a questa

parte ci sono posizioni, l'Anm e il Csm una volta tanto d'accordo fra loro, a fare contro le cosiddette

porte girevoli, a chiedere alla politica una legge che in qualche modo riduca il fenomeno

del passaggio alla politica. Su questo forse lo stanno facendo ora, forse perché le cronache

quotidiane non sono rassicuranti. Ma è vent'anni che se prendiamo i verbali del Consiglio Superiore

dell'Associazione Nazionale Magistrati, vent'anni fa troveremo questo problema. Poi sul Ministero

di Giustizia sono d'accordissimo con il professor che almeno due terzi o tre quarti dei magistrati

che ci sono dovrebbero andare via ed essere sostituiti da funzionari. Mi pare un po' più

delicato i ruoli apicali, ma lì si potrebbe andare a distinguere. Il capo dell'ufficio

legislativo potrebbe essere benissimo un professor di università o un avvocato. Sul disciplinare

probabilmente è meglio che sia un magistrato per non avere una pesantissima ingerenza di un qualcuno

da fuori. Però su questo, che il fenomeno delle porte girevoli, come per usare lo so, vada ridotto

mi pare chiaro. Sulla politica magari vengo dopo, voglio prevaricare la rapidità del professor.

L'osservazione sulle statistiche mi sembra interessante. Cioè che in qualche modo la

magistratura italiana opera in un quadro, in un perimetro legislativo ipertrofico. Io aggiungerei

anche non solo ipertrofico, ma pasticciato, confuso. Il legislatore italiano negli ultimi

vent'anni ne ha passati buona parte a riscrivere ossessivamente alcune parti del codice di procedura

penale e non sempre necessariamente, come dire, avendo in testa come fine ultimo l'efficienza

del servizio della giustizia penale. Per stare alla giustizia penale. Volevo capire se su questo

punto sollevato da Pignatone lei è d'accordo. Cioè se in qualche modo a questo quadro drammatico,

che stiamo adesso sul piano dell'efficienza del servizio giustizia, ha contribuito in modo

decisivo uno sciagurato e lunghissimo arco di tempo di politiche giudiziarie da parte del

Parlamento e quindi anche di maggioranze diverse che si sono alternate nel tempo la vita del Paese.

Io sono totalmente d'accordo con quello che diceva il presidente Pignatone. Io ho cercato di fare

prima un quadro della situazione. Adesso stiamo affrontando il problema delle cause,

cioè che cosa ha prodotto questa situazione e non c'è dubbio che tra le cause vi sia una

complessità legislativa, il fatto di non aver tentato il legislatore di trovare delle soluzioni

non giudiziarie ai conflitti. Noi nel secondo dopoguerra ci siamo subito allineati alla

formula americana. Lei sa che nel mondo esistono due sistemi sociali. I due paragoni fatti dai

sociologi sono il Giappone e gli Stati Uniti. Nel Giappone i conflitti hanno nella maggior parte

dei casi delle soluzioni che sono o corporative o familiari o aziendali o della gruppa in cui si

vive, non third party dispute resolution. Invece quella americana è il ricorso continuo all'autorità

giudiziaria e quindi una forte intermediazione di tutti i conflitti. Noi ci siamo allineati

subito a questa soluzione e quindi abbiamo aperto troppe strade. Pensi che noi non abbiamo

il leave inglese. Il magistrato inglese può dire questo fatto non è rilevante. Persino la Corte

Suprema americana c'è una procedura che in latino si direbbe certiorari ma in americano si

pronuncia certiorari e che sostanzialmente è una decisione di ammissibilità. Questo per me non è

rilevante, io non lo decido. Sarebbe contrario alla nostra Costituzione però ce l'hanno. Quindi

in più abbiamo delle procedure che hanno portato, vedi l'enorme quantità di questioni che vanno alla

Cassazione, che hanno portato a tutti e tre i livelli le decisioni nel civile e nel penale.

Il civile è ancora più drammatico del penale ovviamente per i termini che dicevo prima. Quindi

non c'è dubbio che una delle cause sia stata questa. Il problema è che questa causa non è stata

mai eliminata e la mia domanda è ma il ruolo svolto negli uffici legislativi dai magistrati

stessi non avrebbe dovuto portare la loro esperienza a suggerire delle modificazioni

legislative. Proprio il ruolo svolto dentro il Ministero della Giustizia dovrebbe consentire

questo. Il ruolo dei magistrati del Ministero della Giustizia nasce in epoca giolittiana,

cioè un secolo fa, e nasce quando non esisteva, poi dopo fu costituito, ma con pochissimi poteri,

il Consiglio Superiore della Magistratura e fu visto dai magistrati giustamente come uno strumento

per garantire l'indipendenza della magistratura perché la magistratura stava all'interno del

Ministero della Giustizia in un'epoca in cui i magistrati erano ancora ritenuti assimilabili

ai dipendenti pubblici sostanzialmente. Nel momento in cui è stato costituito lo scudo

Consiglio Superiore della Magistratura, che è sostanzialmente il Consiglio Superiore della

Magistratura, è stato concepito dal Costituente come una specie di Direttore Generale del Personale

composto di 30 persone invece che di una persona sola sostanzialmente. Cioè uno scudo per evitare

che attraverso il governo delle carriere si governi l'attività che consiste nel dare giustizia. Ora,

questo ruolo importante è svolto all'interno del Ministero, il ruolo importante è svolto in molti

gabinetti ministeriali e il ruolo, diciamo, la qualità eccellente dei nostri magistrati, perché

questa è una cosa singolare del nostro Paese, e che noi abbiamo poi dei magistrati che in generale

sono selezionati molto bene. Sono tra i dipendenti pubblici meglio selezionati, diciamo, coloro che

lavorano per lo Stato meglio selezionati, più accuratamente, con concorsi che si ripetono più

velocemente, quindi non con quegli stop and go che ci sono per il resto del pubblico impiego. Però non

c'è mai stato, secondo me, nel corpo dei magistrati, ripeto sempre civile e penale, che sono stati

i magistrati, quelli di cui mi sono interessato, una consapevolezza della necessità di mettere in

ordine la casa comune. Io qualche volta dicevo, scarzando ai miei colleghi che venivano dalla

Cassazione alla Corte Costituzionale, tu saresti capace, l'ho detto a qualche mio collega e quindi

lo posso ripetere, tu saresti capace di stare a tavolino e scrivere una perfetta sentenza con il

soffitto che ti cade addosso e tu continui a scrivere una sentenza perfetta e a cercare di

dare giustizia, mentre nel frattempo ti sta cadendo la casa addosso. Questo, secondo me,

è un fatto importante, è un fatto di cultura importante. E la cosa bella è che è dimostrato,

diciamo, c'è una controprova, e cioè che ci sono stati dei magistrati, un famoso presidente

del Tribunale di Roma, un famoso presidente del Tribunale di Torino, che sono delle eccezioni e

ci sono state delle best practice. Allora la domanda è, ma perché i capi degli uffici giudiziari

non hanno fatto quello che hanno fatto i loro colleghi a Roma e a Torino? Io ne sto citando

solamente due, perché tra l'altro uno dei due lo conoscevo anche personalmente, che hanno gestito

la giustizia in maniera eccellente, cioè si sono interessati non di scrivere soltanto la bella

sentenza, ma anche del tetto che perdeva, dell'acqua che penetrava dal tetto rotto.

È d'accordo che la magistratura è stata un po' pigra?

Sì, io sono d'accordo, meno sulla possibilità che i magistrati del Ministero potessero decidere,

fare grandi passi avanti sul piano legislativo, perché lì come vediamo, fino a stamattina c'è,

e ci torneremo penso inevitabilmente sul tema, gli schieramenti politici sono talmente forti

e arroccati sulle loro posizioni in materia di giustizia, che è una delle materie in cui non

sentono neanche i tecnici, paradossalmente, forse un tema di trasporti, di sanità o di altro,

lì invece non ci sono. Secondo me lo spazio che storicamente hanno avuto i magistrati del

Ministero, ripeto, hanno preso posizione sui casi che facevo prima io, dell'omicidio stradale,

ma di tante altre cose, sempre lì il politico, il ministro e il suo entourage politico,

anche se non tecnico, qualche tecnico c'è sempre, resiste agli input della struttura tecnica. Sono

invece assolutamente d'accordo con il professore, avendolo visto per 45 anni dall'interno,

che nella categoria, io penso che sia questo, ha prevalso su tutto un, a volte in questo senso

malinteso, privilegio del mito dell'indipendenza, cioè non si è capito e non si capisce tuttora,

che il giudice o anche il pubblico ministero con le sue caratteristiche particolari devono

essere indipendenti finché fanno attività giurisdizionale, cioè decidono la sentenza,

la causa civile, decidono se arrestare qualcuno, non fare una perquisizione, devi assicurare

l'indipendenza. Quello che la mia ex categoria non riesce a capire, secondo me, in larghissima

misura, è che questa indipendenza non vale rispetto al tema organizzazione, organizzazione

degli uffici, organizzazione del lavoro dei singoli, invece nella testa del singolo magistrato,

come dice il professore, cade la casa. Tutto quello che dai servizi di cancelleria alla

fotocopiatrice, agli orari dell'udienza, deve essere qualcosa che miracolosamente,

per virtù dello Spirito Santo, funziona da sola, senza problemi di bilancio, problemi

del personale. Quando io facevo il capo dell'ufficio e non avevo neanche tanti assistenti per tanti

magistrati, veniva quello che diceva, ma il mio è troppo scarso, dammelo un altro,

io ne ho 80, voi siete 90, ce ne sono 10 che dobbiamo in qualche modo arrangiare, tu dammelo

a me, per chi altro non mi importa. Cioè è la logica di non rendersi conto che il cosetto

servizio di giustizia, si diceva prima, è composto, oltre che da una componente giuridica,

l'indipendenza assoluta, da una componente organizzativa, in cui è essenziale l'opera

dei capi degli uffici. È difficilissimo riuscire, e per la giudicante è più ancora che per

la requidente, riuscire a scalfire questo muro mentale, cioè ma io sono indipendente,

ma tu non è che sei indipendente nel senso che non puoi venire in ufficio, o che se non

ci sei non avvisi, oppure che in udienza non te la studi e poi ci deve andare uno all'ultimo

minuto per dire esempi banali, oppure che tu dai la precedenza per dire agli incidenti

stradali invece che ai delitti di mafia, dico per cose paradossali. Anche il tema delle

priorità rientra, che particolarmente è delicato perché è misto di giurisdizione

e di amministrazione, rientra in questa logica. Se un ufficio del suo insieme decide, ripeto

per fare il paradosso, priorizzare i delitti di mafia o la corruzione agli incidenti stradali,

i singoli si devono adeguare. Invece a me è capitato uno, secondo me il relato più grave

è il mancato pagamento degli alimenti alla moglie. Giuro, un jeep di Roma mi disse, dieci

anni fa quando io arrivai, se facevano questo tipo di scopo, no per me è il relato più grave,

tutto il resto può aspettare. E non ci sono santi che riescano a smuoverlo. Quindi dice bene

il professore, è un problema di cultura, cioè di rendersi conto che bisogna vedere l'insieme del

panorama, rendersi conto delle lacune, delle possibilità, dare una mano all'esoluzione

dei problemi comuni. Questo purtroppo è una delle lacune, ripeto, io l'ho ravviso nel mito

tra virgolette dell'indipendenza, che non è relativa a questo. Lì c'è un grosso deficit

della scuola superiore della magistratura che non riesce a sfondare questo muro e mi spiace

dirlo, esprimo un'opinione assolutamente minoritaria in quello che sto per dire,

l'attacco in corso anche a livello legislativo alla posizione dei capi degli uffici, come se

il capo dell'ufficio per sé è il male, è il singolo sostituto, il singolo giugno, rappresenta

il bene, inspiegabile come poi tu sei sostituto fino al primo di marzo e sei il santo. Il 2 marzo

diventi aggiunto procuratore e all'improvviso sei il male assoluto, è una cosa che io non

sono riuscito a capire in 45 anni, ormai non capirò più. Però con quello che sono le circolari

già emesse dal Consiglio Superiore e la legge, il progetto di riforma che c'è all'esame del

Parlamento andiamo nella direzione esattamente opposta, cioè sempre più anarchia, sempre meno

attenzione all'organizzazione. Mi pare che sulle radici dell'inazione o del cattivo lavoro fatto

al Parlamento siate abbastanza d'accordo. Insistendo su questo punto, io mi volevo chiedere,

la produzione del libro a un certo punto lo accenna, soprattutto nella parte statistica,

facendo vedere come in coincidenza della vicenda di Mani Pulite la fiducia del Paese in fronte

alla magistratura conosce il suo ACME e poi da quel momento in poi, quella investitura di fiducia,

vive la fase della disillusione prima e poi addirittura del tradimento. Lei non pensa,

non crede che è stato proprio in quel momento, ma adesso io provo a capovolgerlo rispetto

alla lettura che normalmente viene data. Una lettura che viene data normalmente è che Mani

Pulite fu la stagione in cui la magistratura prese consapevolezza, addirittura qualcuno sostiene

pianificò la liquidazione per via giudiziaria di una storia politica di un pezzo di classe

dirigente del Paese, politica ma anche economica, e che lì in qualche modo si è consumato il peccato

originale, che poi ha reso impossibile o comunque molto difficoltoso un percorso di riforma negli

anni successivi. Io provo a chiedervi invece se non fosse vero, se non possa essere vero il

contrario, cioè che in qualche modo se siamo d'accordo che quella stagione è stato un momento

spartiacque della storia politica, ma anche giudiziaria del Paese, non sia stato quello il

momento in cui la politica ha assunto, lei sì si è macchiata del peccato originale, cioè quella di

trasformare il discorso politico in discorso giudiziario. Anche su questo in alcune pagine del

suo libro ho trovato dei riferimenti, la giudiziarizzazione del discorso pubblico,

del discorso politico. A me fa impressione come spesso la responsabilità politica,

per mano della politica, prima ancora diciamo che per mano del giornalismo, della stampa o

della magistratura, conosca una sovrapposizione con quella penale. Quante volte mi è capitato

di ascoltare politici che si difendevano dagli attacchi che erano sottoposti,

eccependo di non aver ricevuto un avviso di garanzia, come se in qualche modo l'avviso di

garanzia fosse il discrimine nel decidere se un soggetto andasse in qualche modo rimproverato

una responsabilità, nel caso politica in senso lato non necessariamente penale. Si può essere

responsabili politicamente e penalmente non responsabili, ma questa sembra una distinzione

che la politica ha smarrito. Per tornare al punto, non crede che quella stagione sia stata

una stagione di un'occasione mancata, ma da parte della politica, perché poi le riforme,

le leggi le scrive e le vota e le approva il Parlamento, fino a prova contraria. Che che ne

dica il CSM, che che ne dica come del resto, peraltro stiamo vedendoci nel momento in cui

il Parlamento, adesso vedremo che fine farà questo primo blocco di riforme della giustizia,

ma nel momento in cui il Parlamento e il governo hanno deciso di tirare dritto sulla giustizia,

il CSM, la NM hanno detto quello che hanno voluto, ma non mi pare che questo abbia impedito alle

riforme di cominciare il loro percorso. Che quella sia la svolta non c'è dubbio,

due indicatori, primo muoiono sostanzialmente i tre partiti fondamentali su cui si reggeva la

storia italiana per 50 anni, Democrazia Cristiana, Partito Socialista e Partito

Comunista, qualcuno trasformandosi, qualcuno estinguendosi e secondo si cambiano le leggi,

la regola del gioco, cioè la formula elettorale si passa dal conto dei voti, nel passaggio dai

voti ai seggi, diciamo si passa dal parlamento, dal proporzionale al maggioritario. Io credo che

sia vero quello che lei accenna, io credo che sia vero ciò è che in realtà era la politica che aveva

in qualche modo esaurito le sue idealità e che a quel punto affida a qualcuno di fare una specie

di buttozza e di fare piazza pulita, va bene. Per ricominciare da capo, perché la verità è che

se armoniscono le finalità fondamentali dei partiti, le due correnti principali della storia

italiana sono stata quella popolare e quella socialista. Ora l'una e l'altra, la componente

liberale di quella popolare e quella solidaristica di quella socialista si erano esaurite in quegli

anni lì. Non c'è più un piano beverage, il piano beverage è del 42. Quindi c'era una sorta di

esaurimento della politica. L'innesco quindi non è stato nella magistratura, l'innesco è stato nella

politica che ha delegato sostanzialmente il controllo della virtù ai magistrati, i quali

hanno in questo caso alle procure che hanno come dire fatto l'opera, hanno completato l'opera. E

da lì si ricomincia da capo, basta vedere il modo in cui Forza Italia raccoglie voti e raccoglie

l'eredità elettorale dei partiti che erano morti. Diciamo ricomincia da capo. Io ricordo un fatto,

ero, sono stato per dieci giorni, era il governo Ciampi, io ero ministro del governo Ciampi e

siamo stati per dieci giorni perché dovevamo assegnare le frequenze, perché c'era stata la

prima gara per l'assegnazione delle frequenze telefoniche e si stavano svolgendo le elezioni e

stavo nel luogo dove, nel vertice del governo, nella stanza del presidente del consiglio dei

ministri. Per noi eravamo un bel gruppo di ministri, per noi erano una novità, va bene,

nessuno di noi immaginava che vi sarebbe stata una trasformazione così radicale. Quindi è vero,

l'innesco non è stato Mani Pulite, l'innesco è stato altrove, nella crisi dei partiti che per

50 anni, un mio amico americano, T.J. Pemple, che ha insegnato a lungo a Princeton, ha scritto un

bellissimo libro intitolato Uncommon Democracies, Democrazia fuori del comune. La sua tesi era

questa, che in Italia e in Giappone c'erano delle democrazie fuori del comune, costituite

dal fatto che c'era stato sempre un partito al governo e non c'era mai stato alternanza.

Si cambiavano le associazioni, mutavano i governi, ma c'era una cerniera e la cerniera

era assicurata dal partito della democrazia cristiana. Quindi è vera la diagnosi costituita

dal fatto che c'è stato un esaurimento dei policy makers, come dire, sono diventati solo politicians.

Se siamo d'accordo su questo, cioè il peccato originale della politica, invece dall'altro

lato la mia domanda è se in questi ultimi vent'anni la magistratura italiana non ha

scontato non soltanto una forma di pigrizia, ma non ha scommesso in modo sciagurato sul

ventennio berlusconiano. Cioè l'idea che in qualche modo il ventennio berlusconiano

consentisse una sorta di glaciazione di qualunque fremito, anche proposito di autoriforma,

era talmente sproporzionato il disegno di manomissione dell'impianto, pensate alla giustizia

penale, del processo penale, che in qualche modo una parte della magistratura riteneva

che fosse condizione necessaria e sufficiente a starsene dove uno stava.

Ovviamente la diagnosi del professor Cassese è assolutamente esatta, al manipulito aggiungerei

sempre le stragi mafiose, perché vanno insieme, cioè la distruzione della classe politica

è forse per due terzi sulla corruzione e per un terzo almeno sul versante mafia, quindi

che porta in sé peraltro un carico di sangue, non c'è altra parola per dirlo, da rendere

ancora più pesante l'intervento, le conseguenze, eccetera.

Si parla tanto di autoriforma, ma autoriforma della magistratura non è facilissima. Una

cosa è se per autoriforma intendiamo un'autoriforma culturale, come quella di cui parlavamo prima,

o anche banalmente etica su cui possiamo essere d'accordo. E' chiaro che così come c'è un degrado

dell'intera società, il degrado colpisce anche la magistratura, lo testimoniano, lo scrive spesso

Violante, giustamente in questo caso il numero degli arresti o comunque di magistrati imputati

per corruzione è certamente cresciuto, specchio di una società in cui c'è questo degrado.

Però la magistratura non è una normale burocrazia che si possa autoriformare facilmente. La

magistratura procede e la giustizia attorno a lei, perché sono poi intrecciate, per schemi

molto rigidi, molto formali. E' difficile con le circolari del CSM che rappresentano il massimo

sforzo di autoriforma, non parliamo del sindacato, dell'ANM ovviamente. Qualcosa si può fare,

nel bene e nel male, però il grosso dei problemi li deve risolvere necessariamente il legislatore,

questo come premessa. Dopodiché non c'è dubbio che la storia italiana sia stata quella che è

stata. Non c'è dubbio che c'è stato il ventennio berlusconiano. Il ventennio berlusconiano è stato

quello che è stato, ci sono stati progetti, alla fine hanno fatto anche, il progetto Alfano era

perlomeno chiaro, era onesto intellettualmente perché voleva modificare la Costituzione. Se

fosse riuscito, nulla da dire. Molti altri tentativi sono stati fatti invece a Costituzione

vigente e immutata di sotterfuggi vari. C'è stato uno scontro frontale con la magistratura,

non c'è dubbio. Però io continuo a dire che condannando tantissimi magistrati che ci hanno

giocato, ci hanno costruito carriere, si sono poi anche schierati apertamente, facendo il

presidente del provincio, del regione, conservando però senza neanche dimettersi dalla magistrate,

cioè tanti casi singoli. Oggi i deputati credo siano tre, quattro forse giudici, non

particolarmente diciamo né famosi né incisivi. In passato non è stato così. Dico però chi dà le

carte, chi le ha date è sempre la politica. Cioè questi stessi magistrati alla fine con

loro grossi vantaggi personali in molti casi. Però sono stato uno strumento, non voglio dire

gli utili idioti, ma uno strumento in mano alla politica. La politica si è spaccata su un crinale

perlusconi, antiperlusconi, per semplificare al massimo. E uno dei due pezzi della politica,

tutte e due, uno in modo più chiaro e manifesto, l'altro in modo, c'erano le toghe azzurre si

dicevano, hanno utilizzato la magistratura. La sinistra per ribaltare perlusconi ha fatto

un manifesto di ricorso alla leva giudiziaria. Ma chi dava le carte è sempre la politica.

Del Ristò quasi paradossalmente già nasce con Tangentopoli la prova che è la politica che

comanda. Perché non c'è dubbio che tutto il pool di mani pulite, e possiamo pure metterci

i magistrati palermitani dell'epoca, tutto si auguravano e non la vittoria di perlusconi.

Cioè tutto, inutile fare i nomi che conosciamo, ma sia a Milano che a Palermo che a Napoli i

magistrati si auguravano la vittoria di Occhetto, della gioiosa macchina della guerra di Occhetto,

lavoravano in qualche modo, quantomeno oggettivamente nel loro auspicio quello

era e ha vinto perlusconi. Perché alla fine è sempre la politica che comanda.

E oggi la magistratura è senza voce. La caduta di credibilità che indubbiamente c'è,

certo in buona parte è colpa della magistratura, della caduta etica, eccetera, però è anche vero

che a un certo punto i giornali, ormai in realtà il panorama informativo è molto più

ampio e complicato, però visto che sia io che il professore abbiamo una certa età,

diciamo i giornali hanno avuto un input diverso, hanno cambiato posizione. Hanno cambiato posizione

e tranne qualche scheggia, alcuni a difesa assoluta, altri ad attacco assoluto alla

magistratura, qualunque cosa faccia. Per certi giornali se un magistrato oggi dice ma sta piovendo

è un motivo per attaccarlo. La sfonda opposta dice c'è il sole, è 30 gradi, lo difende lo stesso.

Però i giornali, è come la cronaca giudiziaria, i giornali non è che li fa il magistrato,

non fanno i titoli, non fanno le linee editoriali, non fanno niente, rispondono ai loro direttori

e agli interessi che ci sono dietro. Da alcuni anni la magistratura ha fatto del suo meglio

per perdere incredibilità, però questo crollo è verticale anche perché è cambiato lo schieramento

dei mezzi che influenzano l'opinione pubblica.

Siamo alla conclusione, abbiamo ancora una decina di minuti. Il libro su questo lascia una porta aperta,

però proviamo a dire almeno una o due cose che potrebbero o che dovrebbero essere fatte subito

e rispetto alle quali non ci sono controindicazioni. Non peraltro, perché visto che ha detto che servirebbe

un nuovo Giustiniano, ma siccome di Giustiniani in giro non se ne vedono almeno al momento,

e forse non è neanche più il tempo di Giustiniano, forse non è neanche più un tempo in grado di partorirlo,

ma quali sono quelle tre cose su cui oggi il Parlamento ha maggior ragione, peraltro nel contesto politico peculiare

che il Paese sta attraversando, quindi anche in forza di un indubbio vantaggio rappresentato oggi

da una maggioranza trasversale dovrebbe fare.

La prima, indubbiamente, è tenere conto che la domanda di giustizia della nostra società

ha davanti degli operatori della giustizia di un numero troppo ristretto, perché per diversi motivi è stata fatta una politica maltusiana.

Se se leve delle statistiche del numero dei magistrati dall'immediato secondo dopoguerra ad oggi nota che c'è un aumento,

se non ricordo male, del 30-40%. Prenda il numero degli abitanti in Italia, è aumentato di 10 milioni,

quindi è passato da 50 a 60 milioni, e prenda il numero dei dipendenti pubblici siamo arrivati a 3 milioni e mezzo.

Il che vuol dire che l'offerta di giustizia, la domanda di giustizia, c'è una discrassia tra le due cose,

cioè ci sarebbe bisogno di più magistrati, questa è la prima cosa.

La seconda cosa che si sta facendo di dotare i magistrati di assistenti è uno dei progetti del ministro Cartabia,

mi sembra un eccellente progetto. La terza cosa che si sta facendo è quella di modificare una serie di norme del processo civile,

del processo penale, in modo da evitare questo peso eccessivo delle magistrature superiori,

perché lo diceva prima il presidente Pignatone, non è possibile che tutti vogliono andare.

Questo in parte deriva, e questa è un'altra modificazione da fare, dall'alto numero di magistrati, di avvocati scusi.

Se non ricordo male, in questo momento le cifre, il numero di avvocati in Italia supera i 240 mila,

se non ricordo male sono 150 mila in Germania, dove il numero di abitanti è di 80 milioni contro i nostri 60.

È abbastanza chiaro, no? C'è un problema, insomma.

L'altra cosa che io farei è invitare tutti i magistrati che siedono negli organi esecutivi,

anche nelle strutture serventi del CSM, prima addirittura nella Secretaria della Corte Costituzionale,

di ritornare a fare i magistrati, perché lì fanno il capo del Dipartimento degli Affari Penitenziari.

Che cosa fa il presidente? Fa il gestore di un settore alberghiero, innanzitutto,

perché il carcere, come è noto, è un albergo dove si è costretti a stare chiusi dentro, non si può uscire.

Un albergo in condizioni non ottime, ma insomma...

Con una stella.

Come?

Con una stella.

Con una stella, appunto.

E poi deve gestire tutto l'approvvigionamento, di così via.

Questo è un compito tipicamente amministrativo.

Quella persona che svolge quella funzione amministrativa è stato scelto per le sue conoscenze giuridiche,

per la sua capacità di fare il magistrato.

Se io l'ho selezionato in quel modo lì, voglio che venga utilizzato in quel modo lì,

non per fare un'altra cosa.

Era abituato a guidare un'automobile, non a guidare un autobus.

No.

Per dire due cose che si possono somigliare.

Queste secondo me sono proprio le...

Come dire?

I passi immediati più urgenti.

Poi chiudere le porte.

Se io sono un giudice, devo essere giudicato, non voglio che la persona che mi deve giudicare,

se voglio che sia imparziale, lui non solo non deve appartenere a un partito,

ma non deve neppure ricordarmi che ha appartenuto ad un partito,

o che si è presentato nella lista di un partito.

Se no, imparziale vuol dire non parziale.

E parziale e partito hanno la stessa radice nella lingua italiana.

Quindi una esclusione assoluta all'accesso alla politica da parte dei magistrati.

Si sa che non si può manifestare una propria opinione come appartenenza politica al di fuori,

perché questo comporta un burnus grave per l'indipendenza dei magistrati.

Se già questo venisse fatto, io penso che sarebbe...

E poi un'ultima cosa che secondo me bisognerebbe fare.

La selezione dei capi degli uffici giudiziari,

invece che essere fatta sulla base delle appartenenze alle correnti e così via,

che hanno permesso di avere degli eccellenti capi di uffici giudiziari nonostante questo,

dovrebbe essere fatta sulla base delle esperienze che le persone hanno fatto come capi degli uffici.

Una persona... a me è capitato, alla Corte Costituzionale,

di avere dei colleghi che sono stati i migliori giudici,

le persone con cui ho imparato di più e sono stati i peggiori presidenti.

Come si spiega?

Per il semplice fatto che se fai giudice è un mestiere, se fai presidente è un altro mestiere.

Ci vogliono delle capacità organizzative,

bisogna saper dialogare con le persone, saper dare la parola,

saper condurre la discussione in un collegio in modo tale da arrivare a una conclusione.

E questo deve essere valutato dal CSM.

Per valutarlo, secondo me, bisogna prendere il curriculum di una persona,

vedere come ha fatto in precedenza, chiamarlo, ascoltarlo.

Io ho fatto parte spesso di commissioni per la nomina di professori

all'Istituto Universitario Europeo di Firenze.

Noi abbiamo fatto le selezioni sulla base delle cose che loro avevano fatto, che avevano scritto,

poi ci siamo seduti intorno a un tavolo, in pubblico,

loro stavano lì, qualche volta erano persone più anziane di me,

stavano lì e dovevano rispondere alle nostre domande.

E noi gli chiedevamo che progetti c'erano,

secondo te per fare questo che cosa bisogna fare,

come si organizza il lavoro di insegnamento in un organismo che ha studenti

che vengono da 25 paesi europei,

e quali criteri faresti per la chiamata dei professori universitari.

Ecco, alla fine noi sapevamo chi stavamo nominando, va bene.

Li conoscevamo.

E questo è il modo con cui si sceglie le persone migliori.

Presidente, c'è qualcosa in più o di diverso che si può fare?

La cosa su cui io ho scritto il mio primo articolo per Repubblica

e il mio primo articolo prima ancora per la stampa è la depenalizzazione.

Perché accanto all'aumento del numero dei magistrati,

che poi non può essere illimitato perché si vede

che non si riescono a coprire neanche i posti a concorso,

perché questa è una triste realtà,

che all'ultimo concorso credo per 350 posti

gli ammessi degli orali sono meno di 350.

C'è per il penale sempre, per la giustizia civile ci sono gli altri strumenti,

altre vie di fuga prima di arrivare davanti al giudice, altre vie di soluzione.

Per il penale ci vorrà depenalizzazione.

Lì senza di quella il penale non si risolverà.

L'altro auspicio sarebbe, basta quello che ho detto all'inizio,

una rivisitazione almeno parziale delle impugnazioni,

perché non si può prevedere i tre giri di campo

per questo povero disgraziato con gli 80 chili sulle spalle.

Però quando uno dice queste cose gli avvocati ti saltano addosso

dicendo che sono violati i principi della Corte europea,

della Corte mondiale, della Corte planetaria,

il che non è vero perché è applicato in Francia e Germania,

che sono paesi credo civili non meno di noi.

Su questo e sul versante.

Le varie riforme cartabbie, penale, civile, processuale eccetera,

io sono anche abbastanza nella difficoltà del momento

quella sul Consiglio superiore,

già cambiare il sistema elettorale,

già qualcosa, smuovi le acque,

senza farsi molta illusione.

Sulla selezione dei capi degli uffici,

ha ragione il professor,

ora hanno disposto addirittura per legge che si debbano fare le audizioni,

la difficoltà è che la gran parte dei capi degli uffici

viene dall'avere fatto il soldato semplice,

cioè o il giudice o il sostituto.

Io credo per la verità che al livello dei capi,

specie degli uffici più importanti,

il gioco delle correnti non abbia inciso.

Cioè alla fine quelli che dovevano essere nominati sono stati nominati.

Magari non è stato nominato nella città,

ma piuttosto in quella B,

ma quelli erano, non è che sono rimasti fuori,

per quello che noi stessi, fra di noi ci conosciamo,

personaggi eccezionali che non hanno avuto l'incarico di procuratore

della Repubblica o di Presidente del Tribunale.

Sul livello invece intermedio,

c'è Presidente di sezione dei Tribunali,

della Corte d'Appello,

qualche volta anche Procuratore,

aggiunti il gioco delle correnti è pesato di più.

Ma perché pesa di più?

Perché è facile che per uno stesso posto

ci siano tre, quattro, cinque candidati

più o meno equivalenti.

Più o meno equivalenti sulla base dei curriculum,

delle esperienze

e probabilmente per quello che giravano le voci nel nostro ambiente

più o meno equivalenti anche nella sostanza.

A questo punto è chiaro che il gioco delle correnti è pesato.

Questa è la mia personalissima sensazione.

Dopodiché nominare i capi degli uffici giudiziari,

intanto bisogna rendersi conto che gli uffici giudiziari sono tanti,

duecento e passa fra procure,

poi devi raddoppiare quei tribunali,

più le corti d'appello,

cioè si richiede un livello qualitativo

a un numero elevatissimo,

abbastanza elevato di persone.

Quindi non ci si può fare manco l'illusione di avere dei fuoriclasse

pure al presidente del tribunale

dell'ultima cittadina della Calabria o del Piemonte.

Dopodiché la selezione,

la difficoltà nasce che normalmente sono soldati semplici

che aspirano a diventare ufficiali, diciamo.

Io penso che ancora una volta,

qua per esempio quello che è lo spirito del tempo è controindicato,

perché oggi si vuola,

alcune delle correnti della magistratura dicono

che chi ha fatto un incarico direttivo

deve tornare a fare il soldato semplice.

Errore tragico,

perché tu non puoi diventare Presidente o Procuratore del Tribunale di Roma

se prima non hai visto come funziona

un ufficio medio piccolo o medio grande.

Non puoi diventare da sostituto Procuratore di Roma.

E poi da Procuratore di Roma devi tornare per due anni

di Roma, di Milano, di Torino,

a fare il sostituto per poi magari dopo X anni, non si sa bene.

Torniamo al discorso fondamentale prima della cultura.

Cioè bisogna rendersi conto che qua il problema non è di mortificare

l'ambizione che è una malattia professionale dei magistrati,

è il problema di rendere il servizio giustizia il migliore possibile.

Sotto questo profilo,

se uno ha fatto bene il Procuratore della Repubblica

in un ufficio di medie dimensioni,

va preferito a quello che ha fatto il sostituto o il giudice.

Ma per forza di cose devi imparare centomila cose

che non sono scritte nel codice di procedura penale.

Purtroppo lo sfido dei tempi non è in questa direzione.

Comunque non c'è da farsi illusione,

secondo me e secondo anche l'esperienza,

sui criteri dati o dalle circolari o dalla legge troppo dettagliati,

perché più sono dettagliati i criteri di nomina,

aumenta paradossalmente la possibilità per chi nomina di scegliere,

facendo pesare un criterio piuttosto che un altro.

Ed aumenta esponenzialmente, come abbiamo visto negli ultimi tempi,

la possibilità per il giudice amministrativo di dire

che ti sei dimenticato questa virgola,

che ci voleva il punto e virgola,

e quindi annulliamo e ricominciamo.

Io ringrazio entrambi.

Davvero è stata una chiacchierata molto molto stimolante,

credo, spero anche illuminante.

E naturalmente auguro grandi fortune al libro.

A entrambi gli autori di entrambi i libri.