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Conversazioni d'autore, 'Il fascismo è finito il 25 aprile 1945' di Franzinelli

'Il fascismo è finito il 25 aprile 1945' di Franzinelli

Buongiorno, buonasera a tutti e a tutti, buon 25 aprile. Io sono Carlo Greppi e sono molto

felice di dialogare con Mimmo Franzinelli che vedete qua al mio fianco intorno al suo

ultimo libro che è uscito da poche settimane per, ovviamente, per Editori La Terza e che

si intitola Il Fascismo è finito il 25 aprile 1945. Per chi non conoscesse l'operazione che

ho l'onore di curare per La Terza, il libro esce nella serie Fact-Checking, la storia,

la prova dei fatti, il suo settimo volume, qua vi mostro rapidamente gli altri della serie,

che, come dire, i volumi della serie hanno in comune un titolo molto provocatorio,

spesso antifrastico, per iniziare a riflettere sull'aderenza eventuale allo stato dell'arte,

delle conoscenze storiche di determinati luoghi comuni duri a morire. Appunto,

Il Fascismo è finito il 25 aprile 1945, Il Fascismo è finito nel 1945, l'abbiamo sentito

innumerevo di volte in questi 77 anni per obiettivi solitamente assai poco nobili,

ma ce ne parlerà Minimo Fazinelli. Allora, Minimo Fazinelli non credo che debba essere

introdotto, è uno dei massimi esperti in Italia della storia del fascismo storico e del neo

fascismo che dal fascismo prende idealmente poi le mosse, è autore di tanti altri libri,

mi limito a citare gli ultimi due, entrambi editi dalla terza, Storia della Resistenza

con Marcello Flores, uscito nel 2019, peraltro in questi giorni lo trovate in edicola con Repubblica,

e Storia della Repubblica Sociale Italiana, 1943-1945, uscito nel 2020. Tra i suoi ultimi

lavori ci sono questi che credo fotografino molto bene anche la complementarità dei suoi

ambiti di ricerca e di divulgazione, termine che ahi no in Italia ha un'accezione non sempre

positiva, invece Minimo è un grandissimo, oltre che studioso, divulgatore, riesce a fare arrivare

al grande pubblico temi specialmente quelli molto caldi, come quelli che discutiamo oggi.

Allora il libro Il fascismo è finito nel 25 aprile 45 è un libro che è costruito in una

maniera a mio avviso, ma sono di parte, molto intelligente, nel senso che mostra questa

continuità della quale Minimo ci sta per parlare attraverso quattro capitoli che si

passano idealmente il testimone, poi c'è un quinto capitolo che è una sorta di ampia postilla sulla

persistenza delle cittadinanze onorarie a Benito Mussolini che rivelano appunto un'inquietante

continuità, ma diciamo il pezzo forte quantitativamente parlando del libro, il nucleo

che occupa gran parte del libro parte dall'immediato dopoguerra, addirittura dalla guerra che ancora è

nel vissuto delle persone e arriva letteralmente a ieri, cioè all'assalto della CGL e ai mesi che

l'hanno preceduto, che tutti ricordiamo. Allora la prima domanda che ti farei Minimo, ringraziandoti

ancora per essere qui con noi, è come possiamo iniziare a confutare questo falso mito attraverso

uno sguardo sulle biografie? Tu ne racconti alcune di particolarmente esemplari, ovviamente a tutti

viene in mente Graziani che poi in realtà nel dopoguerra muore subito per cui come dire non

può dare continuità a quella la sua trattoria biografica, ma tu racconti alcune biografie di

magistrati, poliziotti, prefetti che passano pressoché in denni o addirittura in alcuni

casi facendo carriere esemplari dal ventennio fascista alla prima repubblica. Ti invito a

partire da qua se vuoi. A proposito di Rodolfo Graziani, generale, grande criminale di guerra

in Africa, nell'Italia centrosettentennale, prima di lasciarci ha avuto il tempo di incontrarsi con

Giulio Andreotti e di dargli una sorta di trasmissione del testimone e quindi anche lui

nel suo piccolo ha dato un contributo alla continuità dello Stato. Carriere, biografie,

tra dittatura e repubblica, quindi tra monarchia e democrazia, mentre in Germania ci sono stati

storici che hanno scavato su questo versante, in Italia c'è stato un po' di ritegno e le

biografie sono fondamentali. Sono fondamentali per vedere il personale politico, i funzionari

dello Stato, la burocrazia che ha un peso notevole. Allora direi sulle orme del grande Claudio Pavone,

noi storici possiamo verificare come nel passaggio tra dittatura e democrazia ci sia

un'allato, una discontinuità notevole. Viva Dio, è caduta la dittatura, è finita la guerra,

il popolo poi ha sancito la vittoria della Repubblica. Benissimo, assolutamente vero,

incontestabile e per fortuna. Ma dietro cosa c'è? Dietro c'è un passato che proietta una

lunga ombra e la proietta attraverso personaggi, personaggi chiave della vita reale, cioè

personaggi che stanno nella alta magistratura, Suprema Corte di Cassazione e devono applicare,

ad esempio, l'amnistia Togliatti ai fascisti, certo che riescono ad applicare un modalmente

estensivo che aprono le carceri e fanno uscire quasi tutti. Prefetti che vengono reinsediati,

mentre i prefetti della Liberazione vengono cacciati, soprattutto da Mario Scelba. Poliziotti,

allora cominciarono a fare qualche nome, l'Ovra, cioè la polizia politica fascista,

che aveva come obiettivo quello di decapitare ogni forma di senso politico, aveva come direttore

animatore, mente lucidissima, Guidoleto e Guidoleto cosa fa? Dopo un rapido passaggio

in carcere durante una parvenza di epurazione viene liberato con tante scuse e diventerà

il direttore delle scuole tecniche di polizia, effettivamente qualche titolo di competenza ce

lo aveva, però nascono dei dubbi sulla sua lealtà democratica. Oppure il caso sul quale mi sono più

a lungo interessato, perché è un caso oramai sconosciuto ed è un caso da manuale di continuità

dello Stato, quindi di continuità nella discontinuità come rilevo, è quello di

Marcello Guida. Chi è Marcello Guida? Chi era? Marcello Guida giovanissimo tra fine degli anni

30 e inizio degli anni fino al 43 fu il comandante della colonia penale di Ventotene, dove c'era il

fioffiore degli antifascisti, da Rossi a tanti altri, a Pertini, a Terracini e gestire in un

modo molto duro da tecnocrata della dittatura questa situazione di confine di polizia. Poi quando

il 25 luglio il fascismo implode, il funzionario intelligente passa, diventa battagliano e durante

la resa in fa un po' il doppio esodo. Insomma per farla breve ce lo ritroviamo nel 69, anno decisivo

per la cosiddetta strategia della tensione, quest'ora a Milano e dopo l'eccidio fascista

il 12 dicembre alla Banca Nazionale della Ricoltura, cosa fa? Fa una cosa allucinante,

cioè copre la pista nera, Freda, Ventura, Ordine Nuovo e dà credibilità anche televisiva alla

pista anafrica, Valprida, Pinelli e via dicendo. Questo personaggio poi andrà in onorata pensione,

l'unico momento delicato della sua carriera è alcuni mesi più tardi quando incontrando il

presidente della Camera, Sandro Pertini, che poi diventerà come sappiamo Presidente della Repubblica,

gli porge la mano e Pertini rifiuta, ricordando questo personaggio cosa aveva fatto nei primi

anni 40. Questo è un caso interessante, ma ci sono tanti altri che nel libro documento Gaetano

Azzarite che da Presidente del Tribunale della Razza diventerà poi, passando come Consulente

dei Ministri di Grazia e Giustizia, diventerà addirittura il primo Presidente della Corte

Costituzionale. E allora dobbiamo interrogarci su questo passato che non passa, su questa eredità

di biografie di carriere dalla dittatura alla Repubblica. Sì, sono totalmente d'accordo

ovviamente. Azzarite e Guida, fammelo dire, gridano letteralmente vendetta appunto le loro

biografie e illuminano a mio avviso magistralmente questa continuità nella discontinuità. Tu parlavi

di lealtà democratica, sei già arrivato, diciamo procedendo idealmente per grandi passi cronologici

appunto alla stagione delle stragi. Questo mi permette di introdurre due questioni che

naturalmente secondo me si parlano moltissimo e sulle quali ti chiederei di dire la tua. E c'è

da un lato c'è una continuità politica, al di là appunto della continuità dello Stato,

legata più altre carriere e mi riferisco ai partiti e ai movimenti di fatto dichiaratamente

neofascisti che sono sempre proliferati nell'Italia Repubblicana, a partire dall'MSI fino ai due

attuali che se vorrai nominerai, li nomini nel libro, io cerco di non farlo mai. C'è ovviamente

una grande partecipazione alla stagione delle stragi, al quinquennio nero che stavi evocando,

parliamo di formazioni con obiettivi più o meno velatamente eversivi, almeno in alcune

fasi e almeno alcune frange. E dall'altro lato c'è quella che gli storici definiscono la memoria

grigia soprattutto degli ultimi 40 anni, la memoria anti-antifascista, la memoria che favorisce o

partecipa all'offensiva revisionista nella quale la mia generazione è cresciuta totalmente dentro,

per cui è stato necessario tra le altre cose pubblicare libri come quelli che vi ho mostrato

prima, come anche I partigiani però di Chiara Colombini che a mio modo di vedere è la risposta

che aspettavamo da tanti anni ai danni che ha fatto Giampaolo Panza. Ecco, non è facile districare

perché questo è un tema immenso, però ti chiederei magari due parole, forse proprio a partire dall'ultimo

capitolo che è in titolo di La guerra dei simboli, quanto siano collegate come dire queste due

persistenze, da un lato la persistenza esplicitamente come dire ispirata al ventennio e ancora di più

al fascismo di Ciannovista e alla Repubblica Sociale e dall'altra appunto un humus nel quale

questi movimenti nuotano che è quello che a mio modo di vedere di lealtà democratica non ne ha

sufficienza ecco se non altro. Se vuoi dire due parole su questo te ne sono grato. Certamente,

i simboli sono importanti in qualsiasi situazione, per qualsiasi regime, personaggi, situazioni,

ricorrenze, anniversari, in quale si può rispecchiare, trovare le radici proprie della

comunità e guardare avanti ed operare in modo fattivo. Ebbene, in questa realità negativa del

fascismo ci sono anche dei simboli, dei personaggi ai quali vengono inditolate strade o addirittura

statue, così via dicendo, appunto ci troviamo prima i criminali di Guerra Graziani, addirittura

Mausoleo nel suo paese natale e l'amministrazione comunale lo ha sponsorizzato e lo ha aperto,

lo ha finanziato. Cose che non succedono in Germania, ricordiamolo, rispetto ai criminali

di guerra nazisti. Dicevo, personaggi che so, cito alcuni che sono analizzati nel libro Italo

Balbo che nella memoria collettiva oggi viene ricordato in modo parziale, quindi fazioso,

anche da alcuni grandi giornalisti di cui non starò adesso a fare il nome, ma che scrivono,

giusto per dirne uno, sui maggiori quotidiani nazionali. Viene ricordato Balbo come lo

sfortunato battuto in circostanze misteriose dalla contraria italiana sul cielo di Tobruk nel

1940, ma non si ricorda che fu lui a organizzare nella marcia su Roma militarmente le colonne

fasciste dal 1921 in provincia di Ferrara, in tutta l'Emilia Romagna, la colonna di fuoco da

lui guidata verso la Veneto. Queste cose non si ricordano, si ricordano solo che non partecipò

alla campagna razziale del 1938. Ne siamo tutti lieti, però non fu nemmeno contro,

ricordare oggi una figura di un soffocatore della democrazia come Balbo perché fece la

trasvolata atlantica mi sembra una cosa piuttosto curiosa, come anche la figura di un altro ex

ministro Giuseppe Bottà, il ministro dell'Educazione nazionale, che attuò nel 38-39 in modo vecero la

legge razziale nelle scuole, anche lui ricordato con strade e via dicendo, è una cosa che una

democrazia non può fare, non si può permettere. Come anche mi suona piuttosto strano che una

dirigente politica di destra vanti come precursore del suo movimento il Giorgio Almirante che è un

personaggio meritevole di storia, anzi a me spiace che non gli sia ancora dedicata una biografia,

Almirante dicevo che ha avuto un ruolo di primordine nel battaggio razzista, la difesa

della rassa era il redatore capo, durante la Repubblica Sociale Italiana collaborò anche

dei bandi minacciando la fuggilazione ai partigiani e nel secondo dopoguerra fu il leader del partito

fascista, il Movimento Sociale Italiano, che uscirò a lungo tra la strategia legalitaria

del cosiddetto doppio petto e quella del manganello, intrattenendo legami anche con

organismi della destra radicale quali Ordine Nuovo, nel quale c'erano personaggi come Pino

Rautie che diventava poi senatore per il Movimento Sociale Italiano, questi personaggi simbolo che

nella destra radicale e non vengono visti positivamente, forse sarebbero ripensati

quantomeno sul piano della memoria pubblica. Poi un altro argomento al quale dedico molto

spazio perché è legato all'attualità, è quello della cittadinanza onoraria concessa nel 1924 da

migliaia di comuni italiani a Benito Mussolini e che oggi in continuazione sui giornali Leggiamo

la cronaca suscita polemiche in molti consigli comunali tra chi la vuole cassare e chi invece la

vuole confermare. Da ultimo, tre giorni fa, un grande meraviglia, il comune di Carpi, provincia

di Modena, ha confermato la cittadinanza, proprio il comune di Carpi, dove c'era il campo di fossoli

che oggi si può visitare, dove si passò anche il primo Levi, che conferma la cittadinanza a

Mussolini. Molto interessante, come d'altronde l'ha confermato lo scorso anno il comune di Salò,

capitale della Pubblica Sociale. Ebbene, il mio libro non è tanto un libro di polemica perché su

questo punto per la prima volta faccio chiarezza, cioè sono andato negli archivi, ho verificato la

stampa dell'epoca e ho scoperto che questo discorso della cittadinanza onoraria non nasce

come il modo, diciamo che non so più se per la mistificazione o per l'ignoranza, alcuni cittadini

già si sostengono, da un consenso popolare a Mussolini che non si può negare e quindi non

possiamo falsificare la storia. E no, nasce come direttiva nell'aprile del 1924, governativa di

Giacomo Acerbo, che era sottosegretario alla presidenza del Consiglio e autore della legge

maggioritaria, che il 15 aprile del 1924 portò delle elezioni dominate dal manganello e che

furono poi contestate da Giacomo Matteotti con risultati che appunto conosciamo. Ebbene,

lui mandò delle direttive governative a tutti i comuni e ai commissari preferizi che avevano

sostituito le amministrazioni di sinistra accacciate con la violenza, di conferire a questa

cittadinanza onoraria Mussolini. Perché? Entro il 24 maggio, data inaugurale della nuova

legislatura, per vantare un consenso e quindi fare un passo avanti verso la dittatura. Ecco,

questo lo ho sintetizzato in modo molto rapido, ma nel libro è assai documentato, e questo è un

dato incontestabile. E quindi oggi il problema non è di rispettare la verità storica confermando

quella cittadinanza, ma casomai confermandola, confermare una mistificazione e una manovra

dall'alto fatta per i motivi che ho rapidamente accennato. Quindi a volte dietro queste battaglie

dei simboli ci sono questioni di sostanza molto importanti che vale la pena di conoscere e anche

appunto in riferimento alla nostra consapevolezza democratica della comunità. Mi permetto di

aggiungere un evento che naturalmente non poteva essere presente nel tuo libro, perché il tuo

libro era già in distribuzione, e cioè l'istituzione della giornata nazionale della memoria e dei

sacrifici degli alpini venti giorni fa, che ha scatenato numerosissime polemiche, direi ranghi

stranamente quasi unificate da parte del mondo degli storici ai noi tardive, perché di fatto

la data prescelta, tra l'altro che cade il 26 di gennaio, cioè un giorno prima del giorno di

memoria, celebra la guerra dell'asse, per cui ovviamente sono d'accordo sul fatto che i simboli,

in generale tutti i dispositivi della memoria pubblica, non solo italiana naturalmente,

sono tutt'altro che questioni superficiali, ma spesso come minimo si limita a certificare lo

stato di malcerta salute, appunto nel nostro caso di una democrazia. Penso anche, ho visto

tra i commenti che sto per iniziare a girarti, Paola Cocchi scrive, pensi che qui a Ferrara

Sgarbi ha annunciato una mostra su Balbo aviatore? Penso a un altro rumore che abbiamo sentito

innumerevoli volte, mancò la fortuna non il valore, a proposito della guerra fascista.

Diciamo che la decontestualizzazione del perché gli italiani erano in giro per il mondo a combattere

tra il 40 e il 43 regna sovrana e credo che contribuisca a delineare il quadro inquietante,

anzi cito Genoveffa Giuri, è difficile mantenere uno sguardo distaccato, l'amarezza c'è. Concordo,

penso che un libro come quello di Mimmo Franzinelli, per chi si fosse collegato dopo,

lo vedete anche scritto il fascismo è finito 25 più 45, sia come lo definiamo noi,

riferito a tutti i libri di fact-checking, un manuale di autodifesa, appunto da queste

frasi fatte che ci impediscono di riflettere. Solo per farvi capire qual è il passaggio da

un capitolo all'altro, dopo la prefazione il libro riflette sull'eredità della dittatura,

il primo capitolo, poi magistratura e continuità dello Stato, appunto mutuando le riflessioni,

proseguendo le riflessioni di Pavone che Mimmo citava, poi poliziotti e prefetti dall'uno

all'altro regime, alcune storie esemplare, appunto per l'importanza delle carriere e

delle biografie di cui si parlava, uno sguardo al presente e l'ultimo capitolo, diciamo quello

che vigela da appendice, quello appunto sulla guerra dei simboli. Uno sguardo al presente,

devo dire che mia personale opinione l'ho trovato anche un capitolo coraggioso, nel senso

che noi storici siamo spesso tirati per la giacchetta rispetto alle questioni relative

al presente, legittimamente da parte diciamo del pubblico, di chi ci intervista, però non

è sempre facile dire cose sensate, intelligenti, avere uno sguardo anche analitico, non di staccato

necessariamente, ma che dica qualcosa di intelligente sulle dinamiche sotto i nostri

occhi che banalmente non sono concluse, per cui non hanno la possibilità di essere studiate

con la giusta prospettiva. Cito due frasi di Mimmo che trovate nella prefazione, mi

ha ricordato il fascismo eterno di Umberto Eco che dice che certo che il fascismo storico

non può tornare così come è stato, perché nella storia nulla si ripete uguale a se stesso,

ora Mimmo scrive di certo il fascismo del ventennio non ritornerà nelle forme storicamente

imberate tra le due guerre mondiali, i movimenti post neofascisti dell'21° secolo hanno forse

più diversità che non similitudini rispetto ai loro modelli originari, il pericolo per

la democrazia non è infatti rappresentato dai linguaribili nostalgici, ma da chi riuscisse

eventualmente a reinterpretare modelli rassicuranti proposti da un qualche personaggio carismatico,

disponibile a reprimere le veranze dissidenti e a conquistare le piazze profittando di situazioni

confuse in episodi quali l'assalto alla sede nazionale del CGL come accaduto a Roma nel

9 ottobre 2021, con una tecnica che ricorda gli esordi diciannovisti dei fasci italiani

di combattimento e chi più di Mimmo Franzinelli, chi meglio di lui conosce appunto gli esordi

diciannovisti del fascismo italiano. Allora ti solleciterei a partire da questa tua riflessione

nella preparazione e da quello che poi scrivi nel capitolo dedicato a dire due parole su

questi rigurgiti diciamo finali dalla nostra prospettiva, che finali ai noi probabilmente

non sono e poi lascerei un ultimo spazio, ho già visto che ci sono due o tre domande

che ti rimbalzerò. Certo questo assalto alla sede del CGL se

riusciamo a calarci nel periodo in cui venne effettuato era il tentativo di dare una spallata

in un momento anche diciamo di confusione, di puniti, di sofferenza sociale durante l'imperversare

della pandemia, le contestazioni contro il Green Pass, contro lo Stato e quindi ci

è stata questa tentativa di incanalare diciamo pure la sofferenza, la rabbia della piazza

verso un obiettivo, un obiettivo ben chiaro e questo è un elemento di ricorrenza nel

primo fascismo, perché il fascismo non è nato con una maschera reazionaria ma anzi

Mussolini come sappiamo veniva dall'estrema a sinistra e ancora si presentavano 19 appunto

come rivoluzionari e quindi questo tentativo era chiaramente inserito in questo tipo di

matrice ed ha preso un po' tutti diciamo di sorpresa per la sua radicalità e anche

più per il suo valore simbolico e se non che c'è stata per fortuna una reazione,

non soltanto della magistratura ma anche diciamo della democrazia che ha mobilitato

poi a Milano e in particolare a Roma una grossa manifestazione che ha fermato questo tentativo

diciamo di incendiare una situazione difficile e confusa e anzi proprio la settimana scorsa

sono stati effettuati ancora alcuni arresti anche se si è rimasti peraltro a mezz'aria,

anzi consentito che non si è proprio fatto niente, su quanto il Presidente del Consiglio

aveva preannunciato sulla intenzione di verificare la possibilità di sciogliere questa organizzazione

chiaramente neopracista, forza nuova e come d'altronde ci sono altri organismi su quella

lunghezza d'onda, io ho analizzato in modo particolare Casa Pound che si rifanno al cosiddetto

fascismo del terzo millennio cioè ricostruendo a loro modo creativamente un tessuto populista,

demagogico e anche con uno sfondo sociale che poi il fascismo aveva, che so certi esperimenti

anche di occupazione di stabili nelle periferie romane dove purtroppo la sinistra non ha più una

presenza, una tensione, una capacità di mobilitare e allora quando si lascia un vuoto è un insegnamento

che vale per sempre, in vuoto c'è qualcuno che lo riempie e in questo caso vediamo il paradosso

in piena democrazia di una destra radicale che si occupa diciamo di organizzare volte dove la

sinistra è scomparsa. Di conseguenza credo che questa monografia che sono stato molto lieto di

inserire in questa collana ottimamente diretta da Carlo Greppi, che è una collana stimolante,

ce n'era veramente bisogno e che mi ha appunto a mia volta stimolato ad una scrittura diciamo

abbastanza agile e senza il concetto parato di note che di solito appesantisce anche se

necessario i testi storici pur cercando di mantenersi su un piano rigoroso di riferimenti,

citazioni, documenti e fatti perché è un'altra caratteristica della collana, cioè se vogliamo

smontare luoghi comuni e text news dobbiamo essere precisi e cogliere le situazioni con esattezza.

Sì a questo proposito grazie per il quadro di nuovo ai noi un po' desolante,

chiaramente a macchia di lopardo perché poi la penisola italiana è in realtà geograficamente,

politicamente e culturalmente complessa, però ai noi appunto sull'operazione Far Checking ha

mostrato un'inquietudine che ha traccimato in aggressività e minacce, credo che tutti i presenti

sappiate quelle ricevute da Ricco Betti e a Chiara Colmini, per aver fondamentalmente scritto dei

libri, sì chiaramente con un titolo che è un po' uno schiaffo in faccia volutamente, ma che

hanno tutti in comune appunto questa solidità documentaria e storiografica, proprio l'idea di

riportare un po' allo stato dell'arte delle nostre conoscenze attuali, naturalmente, determinati

argomenti molto caldi nel senso comune e questa difficoltà ad arrivare in determinati territori

dove la destra post fascista, l'estrema destra italiana regna sovrana, credo che mostri nitidamente

come il lavoro da fare sia ancora lungo. Io qua ringrazio pubblicamente Mimo per essere salito a

bordo perché ha dato un contributo veramente notevole a questo libro e prima di introdurre

qualche commento e qualche domanda dico che adesso ci sarà qualche mese di lavorazione,

poi ne arrivano altri di far checking, uno che sta un po' all'interno di questo ragionamento,

non posso dire di più, però siamo ancora nel Novecento, siamo ancora nel periodo più buio

e con alcuni suoi falsi miti duri a morire e poi ci allarghiamo ampiamente arrivando agli

antichisti, per cui non vi dirò di più neanche su questo, ma l'operazione continua, addirittura

poi coinvolgerà anche non storici to cure, ma storici che si occupano di temi collaterali,

ovviamente molto convergenti. Tra i commenti che ho visto, spero di non dimenticare nessuno,

Caterina Iele che dice queste cose a scuola non ce le insegnavano 30 anni fa e questo credo che

sia uno dei problemi. Io vengo, sono fresco fresco da un manuale di storia e so cosa significa,

dove ragionare misurando i termini su questo grande problema appunto della continuità che

è esistita, da continuità nella discontinuità per citare come l'ha definita prima Mimmo,

però va affrontato assolutamente. Ricordo l'autobiografia di un picchiatore fascista

di Salierno, libro a mio viso meraviglioso, in quale a un certo punto lui racconta che

ai turbolenti anni 50 i programmi scolastici di storia naturalmente arrivavano, se non sbaglio,

alla fine del Risorgimento o poco oltre e per cui lui dice chiaramente le nostre posizioni

politiche non si formavano a scuola perché noi non sapevamo nulla di cosa era stato il fascismo,

cioè non ci veniva insegnato, ma a casa, nel quartiere, nei circoli di partito,

lì imparavamo, ci formavamo le nostre opinioni. Questo vale anche per tutto quello che succede

nel dopoguerra, ma non voglio rubare spazio, saluto Alessandro Marzomagno, grazie per essere

con noi. Ci sono dei commenti che ti lascio per continuare a riflettere, magari vi potete poi

sentire anche a parte. Lorena Villa dice una tragica curiosità, nel mio paese in provincia

di Frosinone c'è ancora una via del Littore, negli anni 60 e 70 le amministrazioni democraziane

non vollero cambiare la titolazione come le minoranze comuniste chiedevano. Oggi neanche

ci si pone più il problema. Scusate se non vi citerò tutti e tutte, ma ci sono tanti commenti.

Barbara Simeon dice che a Gorizia, oltre a negare la cittadinanza a Liliana Segre e mantenere

quella Mussolini, sono usi a ricevere con tutti gli onori in comune i rappresentanti della decima

masse. Poi intanto ti giro una domanda che ci fanno spesso in queste ore, ma sei tu l'ospite

che deve rispondere. Johnny Felice chiede, e poi ci saranno un paio di altre domande,

come si può ricostruire la memoria condivisa su 25 aprile, anzi si può ricostruire la memoria

condivisa su 25 aprile? La riformulazione suona come una domanda retorica ma la giro a Mimmo.

Sì, sull'insegnamento della storia contemporanea c'è una cosa abbastanza strana. La storia

contemporanea entra in Italia con il fascismo, perché il fascismo voleva inserire, come poi

fece, la marcia su Roma come fulcro dei programmi, ma questo già a partire dalle scuole elementari,

che erano all'epoca le uniche scuole dell'obbligo. Venne istituita una commissione per il libro di

testo unico, potete immaginare cosa c'era scritto in questo libro di testo. Quando crollò il fascismo,

cosa fece la classe dirigente democristiana? Perché alla fine fu quella. Fece una cosa che

oggi a me sembra ridicola. Invece di postare il problema di ridefinire i programmi in modo

confacente agli eventi, in modo democratico, semplicemente tagliò la storia e la fece

arrivare al massimo alla grande guerra. Quindi risolse il problema ignorandolo.

Veniamo alle altre domande. La via del Littorio francamente mi mancava, è una cosa straordinaria

e complimenti alle amministrazioni comunali che la mantengono. Via del Littorio in Italia,

chi l'avrebbe mai pensato? A volte la realtà supera la fantasia. La questione della memoria

condivisa. In linea di massima, diciamo come io mi considero uno storico freelance o fuori,

esterno alle accademie e non legato ai partiti, il termine memoria condivisa non mi entusiasma.

Vedo poi concretamente quando viene messo in pratica dalle amministrazioni, dagli enti statali,

la memoria condivisa in realtà è una memoria faziosa, una memoria rigidamente selettiva,

che estrapola da un contesto globale e complesso un aspetto e questo aspetto lo generalizza.

Allora, ritornando a quanto diceva prima Carlo, la questione delle polemiche terribili sul 26

gennaio sul discorso della Russia, per me il problema non è tanto l'errore, se così lo si

può chiamare, del 26 gennaio, il problema non è la data, il problema è il contenuto,

il problema è la valutazione che vogliamo dare della guerra di aggressione, di rapina,

che Mussolini ha deciso contro la Russia, in modo criminale, anche perché poi Hitler non

voleva gli italiani, Mussolini ha insistito, gli hanno andati al macello, diciamo, e adesso si

vuole ricordare, non l'aggressione in modo autocritico e sofferto da parte nostra,

ma la ritirata, quindi è una grande anabasi. Allora per me il problema non riguarda tanto la

data, ma riguarda il contenuto, ma avrei un modo magari più avanti di tornarci.

E quindi, memoria condivisa, attenzione, c'è una memoria condivisa, chiedo io,

sui crimini di guerra italiani in Etiopia, nella guerra di Abissinia, in Libia e anche in Russia,

e anche in Grecia e anche nei Balcani, c'è una memoria condivisa, benissimo, quando ve lo

dimostreranno e mi risponderanno in modo positivo, rivedrò un po' le mie posizioni.

Questa è dal 25 aprile. Allora, io preferisco parlare di antifascismi, non di antifascismo,

c'era una dimensione plurale, come credo ci sia ancora oggi, e allora, forse in questa direzione

ci si può incamminare in tanti su una strada condivisa, che è il valore della democrazia.

Quindi il fascismo, che è il laboratorio della distruzione della democrazia, e gli antifascismi,

che hanno riconquistato la democrazia, in una dimensione alternativa al fascismo, perché se

dobbiamo ricondurre il fascismo alla sua essenza, credere vuol dire combattere, è la guerra. Mussolini

in la guerra l'ha predicata e l'ha fatta, l'ha fatta a suo modo, è molto tragico e terribile

per gli italiani, ma rimane ancora per lui stesso, visto la fine che ha fatto. Ebbene,

avendo studiato a lungo la Resistenza, mi sono soffermato, soprattutto sulle ultime lettere,

di fucilati, di deportati e di prigionieri politici. E qual è la differenza di fondo tra le ultime

lettere, cioè tra i testamenti morali del partigianato e dei fascisti? La differenza

di fondo è proprio sulla guerra. Mentre le ultime lettere dei repubblichini, della Repubblica

Sociale Italiana, hanno la stessa sofferenza a livello personale, a livello familiare,

per la durazione imminente della vita, quello che li distingue è il giudizio sulla guerra,

cioè si riproduce la pedagogia mussoliniana della guerra come banco di prova tra i popoli,

come aspetto di valore. Mentre invece, se andate a leggere queste lettere,

io ne ho curato anche una edizione, rispetto a quelle che non figurano nel testo classico

da Malvezzi e Pirelli per Einaudi. Dicevo, i partigiani, quasi tutti i partigiani,

collocano se stessi, la loro attività, la loro vita, la loro morte, dentro un orizzonte di pace,

di ritorno alla pace, di dover combattere, perché te lo impone la situazione, per porre fine alla

guerra. Mentre invece la guerra i fascisti la vogliono perpetuare. E quindi il fascismo deve

avere questo componente, il rifiuto dalla guerra e di pace, non come pace visione inerte,

ma come processo di costruzione della pace, di dialogo tra i popoli. Io dico anche,

di prospettiva federalista, come lo era il manifesto di Rentotena nel 1942, di Ernesto

Rossi, di Gattilio Spinelli, di Eugenio Colorni, i quali al confino, dopo aver fatto anni e anni

di prigione, si facevano questa domanda. Il nazionalismo ha portato la prima guerra mondiale,

la seconda guerra mondiale. Cosa possiamo fare per evitare che si arrivi alla terza e ultima,

definitiva, terribile guerra mondiale? Disinnescare il nazionalismo. Come? Con

un federalismo, proponendo stati uniti d'Europa. Questa era l'antirettrice. Certo,

oggi abbiamo un'Europa unita che è meglio di niente, però è la cosiddetta Europa dei

burocrati. È un'Europa che non ha, diciamo, un respiro ideale come alcuni antifascisti,

come quelli che ho citato, invece voleva. Partiamo in questa direzione e allora il 25

aprile potrà diventare un'occasione condivisa per riscoprire le nostre radici di tolleranza,

di democrazia e di guerra alla guerra. Grazie per aver rimarcato queste differenze

abissali che rendono impossibile la loro condivisa e della riflessione sul fatto che

l'amore non è condivisa innanzitutto da giudizio di tutto quello che è accaduto prima. Siamo

veramente agli sgoccioli. Antonella Braga ti ringrazia per questa opera necessaria e coraggiosa.

Poi ci sono tre domande che ovviamente meriterebbero un paio d'ore ciascuna. Io

te le giro tutte e tre per competenza, sperando di non aver dimenticato nessuna domanda esplicita.

Tu vedi cosa rispondere a quale e poi io procedo a salutarci. A Barbara Simeono scrive

Gorizia è la nuova Gorizia, lette capitale cultura 2025. Per dar seguito a quelle riflessioni.

Allora Stefano Borgarelli dice uso politico della storia, revisionismo fazioso, atti

versivi, battaglia solo culturale, pedagogica eccetera o anche legale e politica diretta.

Questo ovviamente la giro immediatamente a Mimmo Franzinelli. Gaia Guerenti allarga

ancora di più l'ambito chiedendo ma come mai la sinistra è scomparsa? Qua te la giro per

dovere professionale. Stefano Colloraffi, anche geograficamente parlando, chiede scusa se ampio

eccessivamente la questione. Riferimento all'assalto del 6 gennaio negli Stati Uniti,

possiamo cominciare a pensare al rischio di una sorta di internazionale fascista e non

sovranista o nazionalista. Ci sono varie riflessioni e complimenti ma direi che su

queste ultime tre sollecitazioni puoi dire la tua e poi io vado a chiudere.

Direi sollecitazioni e domande da far tremare le vene e i posti,

sono però stimolanti e indicative di una sete di conoscenza, di una volontà di mettersi alla

parola, di dialogare e di sapere e di maturare una maggiore consapevolezza.

Allora vediamo di rispondere. Di fronte a certe manifestazioni del fascismo che infrangono in

modo evidente la legge, diciamo che l'aspettativa assolutamente giusta, giustificata è che si

intervenga per ripristinare una situazione di legalità. Però io sono convinto, diciamo da

antifascista libertario, che da parte antifascista, da parte democratica, limitarci ad un appello al

braccio della legge sia una missione di sconfitta. Una missione di sconfitta rispetto a quanto noi

sia stato in grado di entrare nelle scuole, di interagire nella società, nel quartiere dove si

vive. È lì che a mio avviso bisogna muoversi dal basso in un'azione collettiva. Questi sono i valori

di cui dobbiamo farci portatori. E poi basta con l'autocommiserazione. Il 43, 44, 45, qualcuno

ricorda come è coprì, ma se andate appunto a leggere i diari anche dell'epoca fu un dramma.

Nel ventennio gli antifascisti erano immarginati al carcere, al confino, in esilio. Come possiamo

noi oggi lamentarci? Assolutamente no, non possiamo lamentarci, non abbiamo questo diritto.

Anzi, io farei a noi una domanda, andando a intendere, a interpretare le sofferenze

degli antifascisti nei tempi della persecuzione, che eredità ci hanno dato e cosa siamo riusciti

a fare del loro messaggio. E quindi interrogarci in questo modo e cercare di dare delle risposte

che siano risposte collettive. Indubbiamente la sinistra è in situazione oggi, che ha definito

la deludente, è un eufemismo. Si è passati da anni di retorica, di parlarsi addosso,

io ricordo certi discorsi del 25 aprile, dove c'era la distanza della realtà, da come la si

rappresentava, ad una affasia. Non si parla più, si preferisce rinunziare a certi argomenti. Allora

forse la sinistra, partendo anche dai politici della sinistra, dovrebbero, scusate, mettersi

a studiare la storia, la storia del novecento, la storia di questi ultimi anni, capire gli sbagli

fatti dalla sinistra e smetterla di stare lontani dalla prova di toccare certi temi caldi, oppure li

si è toccati a volte in un modo francamente discutibile, ma ci manca adesso lo spazio per

andare sino in fondo. L'internazionale fascista, il fascismo nato in Italia, si è poi proiettato

in Europa e anche nel mondo, lo si è visto dalla Germania a Portogallo, alla Spagna,

alla Grecia, in epoche diverse, in altri continenti, in Brasile. Lo stesso Mussolini,

da dittatore, pensava che Roma fosse un faro mondiale e poi abbiamo visto come è finita,

credita hanno lasciato. In momenti i neofascisti, pur avendo una forte componente nazionalista e

sciovinista, hanno sviluppato delle alleanze anche dentro l'Europa. Penso che li si debba

studiare senza demonizzarli, senza attribuire a loro più potere di quanti non ne hanno, per cui

non sono convinto, non mi risulta che ci sia un'efficiente internazionale nera, anche se

c'è la propensione a muoversi in questa direzione. Io ricordo ad esempio adesso un testo onoroso e

importante, uscito nei primissimi anni Sessanta da Fulcinelli, scritto da Angelo Del Bocca,

grandissimo studioso dei crimini di guerra coloniali italiani e da Mario Giovanna, un

partigiano di giustizia e libertà, che poi ha scritto libri molto importanti e sono stati

sottovalutati sulla storia della resistenza, I figli del sole, che era appunto primi anni Sessanta,

sui tentativi di dar vita a questa internazionale fascista. Allora l'interrogativo

dell'ascoltatore lo porrei come un invito a studiare in questa dimensione internazionale,

che purtroppo ha visto degli elementi che confermano questa analisi. Faccio un solo

riferimento e poi mi fermo. Un personaggio come Stefano Delle Chiaie, fondatore di Amalguada

Nazionale, un personaggio che ha svolto lavori sporchi non soltanto in Italia e in Europa,

ma anche in America Latina come consulente del piano Commodore, che era un piano di aguzzini

veramente nazifascisti per eliminare in Brasile, in Cile, in Argentina e in Uruguay ogni forma di

dissidenza. Lui ci andò per addestrare quelle polizie, l'ha passata liscia e questa sua

dimensione internazionalista, se così la vogliamo chiamare, è praticamente sconosciuta oggi.

Grazie Mimmo per essere qui nell'impresa italica e rispondere a noi in parte a tutte e tre le

sollecitazioni. Nel frattempo è arrivato uno tra gli ultimi commenti, Monica Garbelli,

che dice complimenti per il vostro lavoro di ricerca accompagnato a quello di divulgazione

e non in senso spregiativo, che anche grazie a questi incontri è riuscita a diffondere,

dando a molti la possibilità di approfondire la storia. Siamo noi a ringraziare voi per essere

stati e state qui con noi. Cogliamo l'invito di Mimmo, che mi ha convinto a cercare di non

lamentarci, a superare anzi l'amarezza, perché appunto sono state epoche ben più buie della

nostra, ma a vigilare. Nel mio e nel nostro piccolo noi vediamo un'immensa vivacità e un

enorme interesse intorno a fact-checking e in generale a tutte le operazioni che vogliono

accorciare la distanza tra senso comune e quello che la comunità degli storici ha ricostruito,

proprio anche dei territori appunto da quel mondo pulviscolare che poi va a comporre il

mondo in cui viviamo. Per cui vi siamo davvero grati per tutto quello che ci sta succedendo

intorno. Ovviamente ringraziamo Editori La Terza per pubblicare libri importanti e per aver ospitato

questa conversazione in casa La Terza. Grazie ad Ario Bassani, che non vedete ma ha organizzato e

ha fatto la regia di questo incontro. Vi invito a continuare a seguire i social di La Terza e

ovviamente faccio il check-in. Un ultimo sguardo a Mimmo Franzinelli, il fascismo è finito il 25

aprile 1945. Per continuare a riflettere anche oltre appunto la data di oggi che stiamo ancora

celebrando, vi auguro cene di festeggiamenti e ricordiamo anche con allegria la liberazione.

Grazie a tutti e a tutte e grazie soprattutto a Mimmo. Arrivederci, grazie a voi.


'Il fascismo è finito il 25 aprile 1945' di Franzinelli 'Der Faschismus endete am 25. April 1945' von Franzinelli 'Fascism ended on April 25, 1945' by Franzinelli "El fascismo terminó el 25 de abril de 1945" por Franzinelli "Fascisme eindigde op 25 april 1945" door Franzinelli "Faszyzm skończył się 25 kwietnia 1945 r." autorstwa Franzinellego "O fascismo terminou em 25 de abril de 1945", por Franzinelli 弗朗齐内利的《法西斯主义于 1945 年 4 月 25 日结束》

Buongiorno, buonasera a tutti e a tutti, buon 25 aprile. Io sono Carlo Greppi e sono molto

felice di dialogare con Mimmo Franzinelli che vedete qua al mio fianco intorno al suo

ultimo libro che è uscito da poche settimane per, ovviamente, per Editori La Terza e che

si intitola Il Fascismo è finito il 25 aprile 1945. Per chi non conoscesse l'operazione che

ho l'onore di curare per La Terza, il libro esce nella serie Fact-Checking, la storia,

la prova dei fatti, il suo settimo volume, qua vi mostro rapidamente gli altri della serie,

che, come dire, i volumi della serie hanno in comune un titolo molto provocatorio,

spesso antifrastico, per iniziare a riflettere sull'aderenza eventuale allo stato dell'arte,

delle conoscenze storiche di determinati luoghi comuni duri a morire. Appunto,

Il Fascismo è finito il 25 aprile 1945, Il Fascismo è finito nel 1945, l'abbiamo sentito

innumerevo di volte in questi 77 anni per obiettivi solitamente assai poco nobili,

ma ce ne parlerà Minimo Fazinelli. Allora, Minimo Fazinelli non credo che debba essere

introdotto, è uno dei massimi esperti in Italia della storia del fascismo storico e del neo

fascismo che dal fascismo prende idealmente poi le mosse, è autore di tanti altri libri,

mi limito a citare gli ultimi due, entrambi editi dalla terza, Storia della Resistenza

con Marcello Flores, uscito nel 2019, peraltro in questi giorni lo trovate in edicola con Repubblica,

e Storia della Repubblica Sociale Italiana, 1943-1945, uscito nel 2020. Tra i suoi ultimi

lavori ci sono questi che credo fotografino molto bene anche la complementarità dei suoi

ambiti di ricerca e di divulgazione, termine che ahi no in Italia ha un'accezione non sempre

positiva, invece Minimo è un grandissimo, oltre che studioso, divulgatore, riesce a fare arrivare

al grande pubblico temi specialmente quelli molto caldi, come quelli che discutiamo oggi.

Allora il libro Il fascismo è finito nel 25 aprile 45 è un libro che è costruito in una

maniera a mio avviso, ma sono di parte, molto intelligente, nel senso che mostra questa

continuità della quale Minimo ci sta per parlare attraverso quattro capitoli che si

passano idealmente il testimone, poi c'è un quinto capitolo che è una sorta di ampia postilla sulla

persistenza delle cittadinanze onorarie a Benito Mussolini che rivelano appunto un'inquietante

continuità, ma diciamo il pezzo forte quantitativamente parlando del libro, il nucleo

che occupa gran parte del libro parte dall'immediato dopoguerra, addirittura dalla guerra che ancora è

nel vissuto delle persone e arriva letteralmente a ieri, cioè all'assalto della CGL e ai mesi che

l'hanno preceduto, che tutti ricordiamo. Allora la prima domanda che ti farei Minimo, ringraziandoti

ancora per essere qui con noi, è come possiamo iniziare a confutare questo falso mito attraverso

uno sguardo sulle biografie? Tu ne racconti alcune di particolarmente esemplari, ovviamente a tutti

viene in mente Graziani che poi in realtà nel dopoguerra muore subito per cui come dire non

può dare continuità a quella la sua trattoria biografica, ma tu racconti alcune biografie di

magistrati, poliziotti, prefetti che passano pressoché in denni o addirittura in alcuni

casi facendo carriere esemplari dal ventennio fascista alla prima repubblica. Ti invito a

partire da qua se vuoi. A proposito di Rodolfo Graziani, generale, grande criminale di guerra

in Africa, nell'Italia centrosettentennale, prima di lasciarci ha avuto il tempo di incontrarsi con

Giulio Andreotti e di dargli una sorta di trasmissione del testimone e quindi anche lui

nel suo piccolo ha dato un contributo alla continuità dello Stato. Carriere, biografie,

tra dittatura e repubblica, quindi tra monarchia e democrazia, mentre in Germania ci sono stati

storici che hanno scavato su questo versante, in Italia c'è stato un po' di ritegno e le

biografie sono fondamentali. Sono fondamentali per vedere il personale politico, i funzionari

dello Stato, la burocrazia che ha un peso notevole. Allora direi sulle orme del grande Claudio Pavone,

noi storici possiamo verificare come nel passaggio tra dittatura e democrazia ci sia

un'allato, una discontinuità notevole. Viva Dio, è caduta la dittatura, è finita la guerra,

il popolo poi ha sancito la vittoria della Repubblica. Benissimo, assolutamente vero,

incontestabile e per fortuna. Ma dietro cosa c'è? Dietro c'è un passato che proietta una

lunga ombra e la proietta attraverso personaggi, personaggi chiave della vita reale, cioè

personaggi che stanno nella alta magistratura, Suprema Corte di Cassazione e devono applicare,

ad esempio, l'amnistia Togliatti ai fascisti, certo che riescono ad applicare un modalmente

estensivo che aprono le carceri e fanno uscire quasi tutti. Prefetti che vengono reinsediati,

mentre i prefetti della Liberazione vengono cacciati, soprattutto da Mario Scelba. Poliziotti,

allora cominciarono a fare qualche nome, l'Ovra, cioè la polizia politica fascista,

che aveva come obiettivo quello di decapitare ogni forma di senso politico, aveva come direttore

animatore, mente lucidissima, Guidoleto e Guidoleto cosa fa? Dopo un rapido passaggio

in carcere durante una parvenza di epurazione viene liberato con tante scuse e diventerà

il direttore delle scuole tecniche di polizia, effettivamente qualche titolo di competenza ce

lo aveva, però nascono dei dubbi sulla sua lealtà democratica. Oppure il caso sul quale mi sono più

a lungo interessato, perché è un caso oramai sconosciuto ed è un caso da manuale di continuità

dello Stato, quindi di continuità nella discontinuità come rilevo, è quello di

Marcello Guida. Chi è Marcello Guida? Chi era? Marcello Guida giovanissimo tra fine degli anni

30 e inizio degli anni fino al 43 fu il comandante della colonia penale di Ventotene, dove c'era il

fioffiore degli antifascisti, da Rossi a tanti altri, a Pertini, a Terracini e gestire in un

modo molto duro da tecnocrata della dittatura questa situazione di confine di polizia. Poi quando

il 25 luglio il fascismo implode, il funzionario intelligente passa, diventa battagliano e durante

la resa in fa un po' il doppio esodo. Insomma per farla breve ce lo ritroviamo nel 69, anno decisivo

per la cosiddetta strategia della tensione, quest'ora a Milano e dopo l'eccidio fascista

il 12 dicembre alla Banca Nazionale della Ricoltura, cosa fa? Fa una cosa allucinante,

cioè copre la pista nera, Freda, Ventura, Ordine Nuovo e dà credibilità anche televisiva alla

pista anafrica, Valprida, Pinelli e via dicendo. Questo personaggio poi andrà in onorata pensione,

l'unico momento delicato della sua carriera è alcuni mesi più tardi quando incontrando il

presidente della Camera, Sandro Pertini, che poi diventerà come sappiamo Presidente della Repubblica,

gli porge la mano e Pertini rifiuta, ricordando questo personaggio cosa aveva fatto nei primi

anni 40. Questo è un caso interessante, ma ci sono tanti altri che nel libro documento Gaetano

Azzarite che da Presidente del Tribunale della Razza diventerà poi, passando come Consulente

dei Ministri di Grazia e Giustizia, diventerà addirittura il primo Presidente della Corte

Costituzionale. E allora dobbiamo interrogarci su questo passato che non passa, su questa eredità

di biografie di carriere dalla dittatura alla Repubblica. Sì, sono totalmente d'accordo

ovviamente. Azzarite e Guida, fammelo dire, gridano letteralmente vendetta appunto le loro

biografie e illuminano a mio avviso magistralmente questa continuità nella discontinuità. Tu parlavi

di lealtà democratica, sei già arrivato, diciamo procedendo idealmente per grandi passi cronologici

appunto alla stagione delle stragi. Questo mi permette di introdurre due questioni che

naturalmente secondo me si parlano moltissimo e sulle quali ti chiederei di dire la tua. E c'è

da un lato c'è una continuità politica, al di là appunto della continuità dello Stato,

legata più altre carriere e mi riferisco ai partiti e ai movimenti di fatto dichiaratamente

neofascisti che sono sempre proliferati nell'Italia Repubblicana, a partire dall'MSI fino ai due

attuali che se vorrai nominerai, li nomini nel libro, io cerco di non farlo mai. C'è ovviamente

una grande partecipazione alla stagione delle stragi, al quinquennio nero che stavi evocando,

parliamo di formazioni con obiettivi più o meno velatamente eversivi, almeno in alcune

fasi e almeno alcune frange. E dall'altro lato c'è quella che gli storici definiscono la memoria

grigia soprattutto degli ultimi 40 anni, la memoria anti-antifascista, la memoria che favorisce o

partecipa all'offensiva revisionista nella quale la mia generazione è cresciuta totalmente dentro,

per cui è stato necessario tra le altre cose pubblicare libri come quelli che vi ho mostrato

prima, come anche I partigiani però di Chiara Colombini che a mio modo di vedere è la risposta

che aspettavamo da tanti anni ai danni che ha fatto Giampaolo Panza. Ecco, non è facile districare

perché questo è un tema immenso, però ti chiederei magari due parole, forse proprio a partire dall'ultimo

capitolo che è in titolo di La guerra dei simboli, quanto siano collegate come dire queste due

persistenze, da un lato la persistenza esplicitamente come dire ispirata al ventennio e ancora di più

al fascismo di Ciannovista e alla Repubblica Sociale e dall'altra appunto un humus nel quale

questi movimenti nuotano che è quello che a mio modo di vedere di lealtà democratica non ne ha

sufficienza ecco se non altro. Se vuoi dire due parole su questo te ne sono grato. Certamente,

i simboli sono importanti in qualsiasi situazione, per qualsiasi regime, personaggi, situazioni,

ricorrenze, anniversari, in quale si può rispecchiare, trovare le radici proprie della

comunità e guardare avanti ed operare in modo fattivo. Ebbene, in questa realità negativa del

fascismo ci sono anche dei simboli, dei personaggi ai quali vengono inditolate strade o addirittura

statue, così via dicendo, appunto ci troviamo prima i criminali di Guerra Graziani, addirittura

Mausoleo nel suo paese natale e l'amministrazione comunale lo ha sponsorizzato e lo ha aperto,

lo ha finanziato. Cose che non succedono in Germania, ricordiamolo, rispetto ai criminali

di guerra nazisti. Dicevo, personaggi che so, cito alcuni che sono analizzati nel libro Italo

Balbo che nella memoria collettiva oggi viene ricordato in modo parziale, quindi fazioso,

anche da alcuni grandi giornalisti di cui non starò adesso a fare il nome, ma che scrivono,

giusto per dirne uno, sui maggiori quotidiani nazionali. Viene ricordato Balbo come lo

sfortunato battuto in circostanze misteriose dalla contraria italiana sul cielo di Tobruk nel

1940, ma non si ricorda che fu lui a organizzare nella marcia su Roma militarmente le colonne

fasciste dal 1921 in provincia di Ferrara, in tutta l'Emilia Romagna, la colonna di fuoco da

lui guidata verso la Veneto. Queste cose non si ricordano, si ricordano solo che non partecipò

alla campagna razziale del 1938. Ne siamo tutti lieti, però non fu nemmeno contro,

ricordare oggi una figura di un soffocatore della democrazia come Balbo perché fece la

trasvolata atlantica mi sembra una cosa piuttosto curiosa, come anche la figura di un altro ex

ministro Giuseppe Bottà, il ministro dell'Educazione nazionale, che attuò nel 38-39 in modo vecero la

legge razziale nelle scuole, anche lui ricordato con strade e via dicendo, è una cosa che una

democrazia non può fare, non si può permettere. Come anche mi suona piuttosto strano che una

dirigente politica di destra vanti come precursore del suo movimento il Giorgio Almirante che è un

personaggio meritevole di storia, anzi a me spiace che non gli sia ancora dedicata una biografia,

Almirante dicevo che ha avuto un ruolo di primordine nel battaggio razzista, la difesa

della rassa era il redatore capo, durante la Repubblica Sociale Italiana collaborò anche

dei bandi minacciando la fuggilazione ai partigiani e nel secondo dopoguerra fu il leader del partito

fascista, il Movimento Sociale Italiano, che uscirò a lungo tra la strategia legalitaria

del cosiddetto doppio petto e quella del manganello, intrattenendo legami anche con

organismi della destra radicale quali Ordine Nuovo, nel quale c'erano personaggi come Pino

Rautie che diventava poi senatore per il Movimento Sociale Italiano, questi personaggi simbolo che

nella destra radicale e non vengono visti positivamente, forse sarebbero ripensati

quantomeno sul piano della memoria pubblica. Poi un altro argomento al quale dedico molto

spazio perché è legato all'attualità, è quello della cittadinanza onoraria concessa nel 1924 da

migliaia di comuni italiani a Benito Mussolini e che oggi in continuazione sui giornali Leggiamo

la cronaca suscita polemiche in molti consigli comunali tra chi la vuole cassare e chi invece la

vuole confermare. Da ultimo, tre giorni fa, un grande meraviglia, il comune di Carpi, provincia

di Modena, ha confermato la cittadinanza, proprio il comune di Carpi, dove c'era il campo di fossoli

che oggi si può visitare, dove si passò anche il primo Levi, che conferma la cittadinanza a

Mussolini. Molto interessante, come d'altronde l'ha confermato lo scorso anno il comune di Salò,

capitale della Pubblica Sociale. Ebbene, il mio libro non è tanto un libro di polemica perché su

questo punto per la prima volta faccio chiarezza, cioè sono andato negli archivi, ho verificato la

stampa dell'epoca e ho scoperto che questo discorso della cittadinanza onoraria non nasce

come il modo, diciamo che non so più se per la mistificazione o per l'ignoranza, alcuni cittadini

già si sostengono, da un consenso popolare a Mussolini che non si può negare e quindi non

possiamo falsificare la storia. E no, nasce come direttiva nell'aprile del 1924, governativa di

Giacomo Acerbo, che era sottosegretario alla presidenza del Consiglio e autore della legge

maggioritaria, che il 15 aprile del 1924 portò delle elezioni dominate dal manganello e che

furono poi contestate da Giacomo Matteotti con risultati che appunto conosciamo. Ebbene,

lui mandò delle direttive governative a tutti i comuni e ai commissari preferizi che avevano

sostituito le amministrazioni di sinistra accacciate con la violenza, di conferire a questa

cittadinanza onoraria Mussolini. Perché? Entro il 24 maggio, data inaugurale della nuova

legislatura, per vantare un consenso e quindi fare un passo avanti verso la dittatura. Ecco,

questo lo ho sintetizzato in modo molto rapido, ma nel libro è assai documentato, e questo è un

dato incontestabile. E quindi oggi il problema non è di rispettare la verità storica confermando

quella cittadinanza, ma casomai confermandola, confermare una mistificazione e una manovra

dall'alto fatta per i motivi che ho rapidamente accennato. Quindi a volte dietro queste battaglie

dei simboli ci sono questioni di sostanza molto importanti che vale la pena di conoscere e anche

appunto in riferimento alla nostra consapevolezza democratica della comunità. Mi permetto di

aggiungere un evento che naturalmente non poteva essere presente nel tuo libro, perché il tuo

libro era già in distribuzione, e cioè l'istituzione della giornata nazionale della memoria e dei

sacrifici degli alpini venti giorni fa, che ha scatenato numerosissime polemiche, direi ranghi

stranamente quasi unificate da parte del mondo degli storici ai noi tardive, perché di fatto

la data prescelta, tra l'altro che cade il 26 di gennaio, cioè un giorno prima del giorno di

memoria, celebra la guerra dell'asse, per cui ovviamente sono d'accordo sul fatto che i simboli,

in generale tutti i dispositivi della memoria pubblica, non solo italiana naturalmente,

sono tutt'altro che questioni superficiali, ma spesso come minimo si limita a certificare lo

stato di malcerta salute, appunto nel nostro caso di una democrazia. Penso anche, ho visto

tra i commenti che sto per iniziare a girarti, Paola Cocchi scrive, pensi che qui a Ferrara

Sgarbi ha annunciato una mostra su Balbo aviatore? Penso a un altro rumore che abbiamo sentito

innumerevoli volte, mancò la fortuna non il valore, a proposito della guerra fascista.

Diciamo che la decontestualizzazione del perché gli italiani erano in giro per il mondo a combattere

tra il 40 e il 43 regna sovrana e credo che contribuisca a delineare il quadro inquietante,

anzi cito Genoveffa Giuri, è difficile mantenere uno sguardo distaccato, l'amarezza c'è. Concordo,

penso che un libro come quello di Mimmo Franzinelli, per chi si fosse collegato dopo,

lo vedete anche scritto il fascismo è finito 25 più 45, sia come lo definiamo noi,

riferito a tutti i libri di fact-checking, un manuale di autodifesa, appunto da queste

frasi fatte che ci impediscono di riflettere. Solo per farvi capire qual è il passaggio da

un capitolo all'altro, dopo la prefazione il libro riflette sull'eredità della dittatura,

il primo capitolo, poi magistratura e continuità dello Stato, appunto mutuando le riflessioni,

proseguendo le riflessioni di Pavone che Mimmo citava, poi poliziotti e prefetti dall'uno

all'altro regime, alcune storie esemplare, appunto per l'importanza delle carriere e

delle biografie di cui si parlava, uno sguardo al presente e l'ultimo capitolo, diciamo quello

che vigela da appendice, quello appunto sulla guerra dei simboli. Uno sguardo al presente,

devo dire che mia personale opinione l'ho trovato anche un capitolo coraggioso, nel senso

che noi storici siamo spesso tirati per la giacchetta rispetto alle questioni relative

al presente, legittimamente da parte diciamo del pubblico, di chi ci intervista, però non

è sempre facile dire cose sensate, intelligenti, avere uno sguardo anche analitico, non di staccato

necessariamente, ma che dica qualcosa di intelligente sulle dinamiche sotto i nostri

occhi che banalmente non sono concluse, per cui non hanno la possibilità di essere studiate

con la giusta prospettiva. Cito due frasi di Mimmo che trovate nella prefazione, mi

ha ricordato il fascismo eterno di Umberto Eco che dice che certo che il fascismo storico

non può tornare così come è stato, perché nella storia nulla si ripete uguale a se stesso,

ora Mimmo scrive di certo il fascismo del ventennio non ritornerà nelle forme storicamente

imberate tra le due guerre mondiali, i movimenti post neofascisti dell'21° secolo hanno forse

più diversità che non similitudini rispetto ai loro modelli originari, il pericolo per

la democrazia non è infatti rappresentato dai linguaribili nostalgici, ma da chi riuscisse

eventualmente a reinterpretare modelli rassicuranti proposti da un qualche personaggio carismatico,

disponibile a reprimere le veranze dissidenti e a conquistare le piazze profittando di situazioni

confuse in episodi quali l'assalto alla sede nazionale del CGL come accaduto a Roma nel

9 ottobre 2021, con una tecnica che ricorda gli esordi diciannovisti dei fasci italiani

di combattimento e chi più di Mimmo Franzinelli, chi meglio di lui conosce appunto gli esordi

diciannovisti del fascismo italiano. Allora ti solleciterei a partire da questa tua riflessione

nella preparazione e da quello che poi scrivi nel capitolo dedicato a dire due parole su

questi rigurgiti diciamo finali dalla nostra prospettiva, che finali ai noi probabilmente

non sono e poi lascerei un ultimo spazio, ho già visto che ci sono due o tre domande

che ti rimbalzerò. Certo questo assalto alla sede del CGL se

riusciamo a calarci nel periodo in cui venne effettuato era il tentativo di dare una spallata

in un momento anche diciamo di confusione, di puniti, di sofferenza sociale durante l'imperversare

della pandemia, le contestazioni contro il Green Pass, contro lo Stato e quindi ci

è stata questa tentativa di incanalare diciamo pure la sofferenza, la rabbia della piazza

verso un obiettivo, un obiettivo ben chiaro e questo è un elemento di ricorrenza nel

primo fascismo, perché il fascismo non è nato con una maschera reazionaria ma anzi

Mussolini come sappiamo veniva dall'estrema a sinistra e ancora si presentavano 19 appunto

come rivoluzionari e quindi questo tentativo era chiaramente inserito in questo tipo di

matrice ed ha preso un po' tutti diciamo di sorpresa per la sua radicalità e anche

più per il suo valore simbolico e se non che c'è stata per fortuna una reazione,

non soltanto della magistratura ma anche diciamo della democrazia che ha mobilitato

poi a Milano e in particolare a Roma una grossa manifestazione che ha fermato questo tentativo

diciamo di incendiare una situazione difficile e confusa e anzi proprio la settimana scorsa

sono stati effettuati ancora alcuni arresti anche se si è rimasti peraltro a mezz'aria,

anzi consentito che non si è proprio fatto niente, su quanto il Presidente del Consiglio

aveva preannunciato sulla intenzione di verificare la possibilità di sciogliere questa organizzazione

chiaramente neopracista, forza nuova e come d'altronde ci sono altri organismi su quella

lunghezza d'onda, io ho analizzato in modo particolare Casa Pound che si rifanno al cosiddetto

fascismo del terzo millennio cioè ricostruendo a loro modo creativamente un tessuto populista,

demagogico e anche con uno sfondo sociale che poi il fascismo aveva, che so certi esperimenti

anche di occupazione di stabili nelle periferie romane dove purtroppo la sinistra non ha più una

presenza, una tensione, una capacità di mobilitare e allora quando si lascia un vuoto è un insegnamento

che vale per sempre, in vuoto c'è qualcuno che lo riempie e in questo caso vediamo il paradosso

in piena democrazia di una destra radicale che si occupa diciamo di organizzare volte dove la

sinistra è scomparsa. Di conseguenza credo che questa monografia che sono stato molto lieto di

inserire in questa collana ottimamente diretta da Carlo Greppi, che è una collana stimolante,

ce n'era veramente bisogno e che mi ha appunto a mia volta stimolato ad una scrittura diciamo

abbastanza agile e senza il concetto parato di note che di solito appesantisce anche se

necessario i testi storici pur cercando di mantenersi su un piano rigoroso di riferimenti,

citazioni, documenti e fatti perché è un'altra caratteristica della collana, cioè se vogliamo

smontare luoghi comuni e text news dobbiamo essere precisi e cogliere le situazioni con esattezza.

Sì a questo proposito grazie per il quadro di nuovo ai noi un po' desolante,

chiaramente a macchia di lopardo perché poi la penisola italiana è in realtà geograficamente,

politicamente e culturalmente complessa, però ai noi appunto sull'operazione Far Checking ha

mostrato un'inquietudine che ha traccimato in aggressività e minacce, credo che tutti i presenti

sappiate quelle ricevute da Ricco Betti e a Chiara Colmini, per aver fondamentalmente scritto dei

libri, sì chiaramente con un titolo che è un po' uno schiaffo in faccia volutamente, ma che

hanno tutti in comune appunto questa solidità documentaria e storiografica, proprio l'idea di

riportare un po' allo stato dell'arte delle nostre conoscenze attuali, naturalmente, determinati

argomenti molto caldi nel senso comune e questa difficoltà ad arrivare in determinati territori

dove la destra post fascista, l'estrema destra italiana regna sovrana, credo che mostri nitidamente

come il lavoro da fare sia ancora lungo. Io qua ringrazio pubblicamente Mimo per essere salito a

bordo perché ha dato un contributo veramente notevole a questo libro e prima di introdurre

qualche commento e qualche domanda dico che adesso ci sarà qualche mese di lavorazione,

poi ne arrivano altri di far checking, uno che sta un po' all'interno di questo ragionamento,

non posso dire di più, però siamo ancora nel Novecento, siamo ancora nel periodo più buio

e con alcuni suoi falsi miti duri a morire e poi ci allarghiamo ampiamente arrivando agli

antichisti, per cui non vi dirò di più neanche su questo, ma l'operazione continua, addirittura

poi coinvolgerà anche non storici to cure, ma storici che si occupano di temi collaterali,

ovviamente molto convergenti. Tra i commenti che ho visto, spero di non dimenticare nessuno,

Caterina Iele che dice queste cose a scuola non ce le insegnavano 30 anni fa e questo credo che

sia uno dei problemi. Io vengo, sono fresco fresco da un manuale di storia e so cosa significa,

dove ragionare misurando i termini su questo grande problema appunto della continuità che

è esistita, da continuità nella discontinuità per citare come l'ha definita prima Mimmo,

però va affrontato assolutamente. Ricordo l'autobiografia di un picchiatore fascista

di Salierno, libro a mio viso meraviglioso, in quale a un certo punto lui racconta che

ai turbolenti anni 50 i programmi scolastici di storia naturalmente arrivavano, se non sbaglio,

alla fine del Risorgimento o poco oltre e per cui lui dice chiaramente le nostre posizioni

politiche non si formavano a scuola perché noi non sapevamo nulla di cosa era stato il fascismo,

cioè non ci veniva insegnato, ma a casa, nel quartiere, nei circoli di partito,

lì imparavamo, ci formavamo le nostre opinioni. Questo vale anche per tutto quello che succede

nel dopoguerra, ma non voglio rubare spazio, saluto Alessandro Marzomagno, grazie per essere

con noi. Ci sono dei commenti che ti lascio per continuare a riflettere, magari vi potete poi

sentire anche a parte. Lorena Villa dice una tragica curiosità, nel mio paese in provincia

di Frosinone c'è ancora una via del Littore, negli anni 60 e 70 le amministrazioni democraziane

non vollero cambiare la titolazione come le minoranze comuniste chiedevano. Oggi neanche

ci si pone più il problema. Scusate se non vi citerò tutti e tutte, ma ci sono tanti commenti.

Barbara Simeon dice che a Gorizia, oltre a negare la cittadinanza a Liliana Segre e mantenere

quella Mussolini, sono usi a ricevere con tutti gli onori in comune i rappresentanti della decima

masse. Poi intanto ti giro una domanda che ci fanno spesso in queste ore, ma sei tu l'ospite

che deve rispondere. Johnny Felice chiede, e poi ci saranno un paio di altre domande,

come si può ricostruire la memoria condivisa su 25 aprile, anzi si può ricostruire la memoria

condivisa su 25 aprile? La riformulazione suona come una domanda retorica ma la giro a Mimmo.

Sì, sull'insegnamento della storia contemporanea c'è una cosa abbastanza strana. La storia

contemporanea entra in Italia con il fascismo, perché il fascismo voleva inserire, come poi

fece, la marcia su Roma come fulcro dei programmi, ma questo già a partire dalle scuole elementari,

che erano all'epoca le uniche scuole dell'obbligo. Venne istituita una commissione per il libro di

testo unico, potete immaginare cosa c'era scritto in questo libro di testo. Quando crollò il fascismo,

cosa fece la classe dirigente democristiana? Perché alla fine fu quella. Fece una cosa che

oggi a me sembra ridicola. Invece di postare il problema di ridefinire i programmi in modo

confacente agli eventi, in modo democratico, semplicemente tagliò la storia e la fece

arrivare al massimo alla grande guerra. Quindi risolse il problema ignorandolo.

Veniamo alle altre domande. La via del Littorio francamente mi mancava, è una cosa straordinaria

e complimenti alle amministrazioni comunali che la mantengono. Via del Littorio in Italia,

chi l'avrebbe mai pensato? A volte la realtà supera la fantasia. La questione della memoria

condivisa. In linea di massima, diciamo come io mi considero uno storico freelance o fuori,

esterno alle accademie e non legato ai partiti, il termine memoria condivisa non mi entusiasma.

Vedo poi concretamente quando viene messo in pratica dalle amministrazioni, dagli enti statali,

la memoria condivisa in realtà è una memoria faziosa, una memoria rigidamente selettiva,

che estrapola da un contesto globale e complesso un aspetto e questo aspetto lo generalizza.

Allora, ritornando a quanto diceva prima Carlo, la questione delle polemiche terribili sul 26

gennaio sul discorso della Russia, per me il problema non è tanto l'errore, se così lo si

può chiamare, del 26 gennaio, il problema non è la data, il problema è il contenuto,

il problema è la valutazione che vogliamo dare della guerra di aggressione, di rapina,

che Mussolini ha deciso contro la Russia, in modo criminale, anche perché poi Hitler non

voleva gli italiani, Mussolini ha insistito, gli hanno andati al macello, diciamo, e adesso si

vuole ricordare, non l'aggressione in modo autocritico e sofferto da parte nostra,

ma la ritirata, quindi è una grande anabasi. Allora per me il problema non riguarda tanto la

data, ma riguarda il contenuto, ma avrei un modo magari più avanti di tornarci.

E quindi, memoria condivisa, attenzione, c'è una memoria condivisa, chiedo io,

sui crimini di guerra italiani in Etiopia, nella guerra di Abissinia, in Libia e anche in Russia,

e anche in Grecia e anche nei Balcani, c'è una memoria condivisa, benissimo, quando ve lo

dimostreranno e mi risponderanno in modo positivo, rivedrò un po' le mie posizioni.

Questa è dal 25 aprile. Allora, io preferisco parlare di antifascismi, non di antifascismo,

c'era una dimensione plurale, come credo ci sia ancora oggi, e allora, forse in questa direzione

ci si può incamminare in tanti su una strada condivisa, che è il valore della democrazia.

Quindi il fascismo, che è il laboratorio della distruzione della democrazia, e gli antifascismi,

che hanno riconquistato la democrazia, in una dimensione alternativa al fascismo, perché se

dobbiamo ricondurre il fascismo alla sua essenza, credere vuol dire combattere, è la guerra. Mussolini

in la guerra l'ha predicata e l'ha fatta, l'ha fatta a suo modo, è molto tragico e terribile

per gli italiani, ma rimane ancora per lui stesso, visto la fine che ha fatto. Ebbene,

avendo studiato a lungo la Resistenza, mi sono soffermato, soprattutto sulle ultime lettere,

di fucilati, di deportati e di prigionieri politici. E qual è la differenza di fondo tra le ultime

lettere, cioè tra i testamenti morali del partigianato e dei fascisti? La differenza

di fondo è proprio sulla guerra. Mentre le ultime lettere dei repubblichini, della Repubblica

Sociale Italiana, hanno la stessa sofferenza a livello personale, a livello familiare,

per la durazione imminente della vita, quello che li distingue è il giudizio sulla guerra,

cioè si riproduce la pedagogia mussoliniana della guerra come banco di prova tra i popoli,

come aspetto di valore. Mentre invece, se andate a leggere queste lettere,

io ne ho curato anche una edizione, rispetto a quelle che non figurano nel testo classico

da Malvezzi e Pirelli per Einaudi. Dicevo, i partigiani, quasi tutti i partigiani,

collocano se stessi, la loro attività, la loro vita, la loro morte, dentro un orizzonte di pace,

di ritorno alla pace, di dover combattere, perché te lo impone la situazione, per porre fine alla

guerra. Mentre invece la guerra i fascisti la vogliono perpetuare. E quindi il fascismo deve

avere questo componente, il rifiuto dalla guerra e di pace, non come pace visione inerte,

ma come processo di costruzione della pace, di dialogo tra i popoli. Io dico anche,

di prospettiva federalista, come lo era il manifesto di Rentotena nel 1942, di Ernesto

Rossi, di Gattilio Spinelli, di Eugenio Colorni, i quali al confino, dopo aver fatto anni e anni

di prigione, si facevano questa domanda. Il nazionalismo ha portato la prima guerra mondiale,

la seconda guerra mondiale. Cosa possiamo fare per evitare che si arrivi alla terza e ultima,

definitiva, terribile guerra mondiale? Disinnescare il nazionalismo. Come? Con

un federalismo, proponendo stati uniti d'Europa. Questa era l'antirettrice. Certo,

oggi abbiamo un'Europa unita che è meglio di niente, però è la cosiddetta Europa dei

burocrati. È un'Europa che non ha, diciamo, un respiro ideale come alcuni antifascisti,

come quelli che ho citato, invece voleva. Partiamo in questa direzione e allora il 25

aprile potrà diventare un'occasione condivisa per riscoprire le nostre radici di tolleranza,

di democrazia e di guerra alla guerra. Grazie per aver rimarcato queste differenze

abissali che rendono impossibile la loro condivisa e della riflessione sul fatto che

l'amore non è condivisa innanzitutto da giudizio di tutto quello che è accaduto prima. Siamo

veramente agli sgoccioli. Antonella Braga ti ringrazia per questa opera necessaria e coraggiosa.

Poi ci sono tre domande che ovviamente meriterebbero un paio d'ore ciascuna. Io

te le giro tutte e tre per competenza, sperando di non aver dimenticato nessuna domanda esplicita.

Tu vedi cosa rispondere a quale e poi io procedo a salutarci. A Barbara Simeono scrive

Gorizia è la nuova Gorizia, lette capitale cultura 2025. Per dar seguito a quelle riflessioni.

Allora Stefano Borgarelli dice uso politico della storia, revisionismo fazioso, atti

versivi, battaglia solo culturale, pedagogica eccetera o anche legale e politica diretta.

Questo ovviamente la giro immediatamente a Mimmo Franzinelli. Gaia Guerenti allarga

ancora di più l'ambito chiedendo ma come mai la sinistra è scomparsa? Qua te la giro per

dovere professionale. Stefano Colloraffi, anche geograficamente parlando, chiede scusa se ampio

eccessivamente la questione. Riferimento all'assalto del 6 gennaio negli Stati Uniti,

possiamo cominciare a pensare al rischio di una sorta di internazionale fascista e non

sovranista o nazionalista. Ci sono varie riflessioni e complimenti ma direi che su

queste ultime tre sollecitazioni puoi dire la tua e poi io vado a chiudere.

Direi sollecitazioni e domande da far tremare le vene e i posti,

sono però stimolanti e indicative di una sete di conoscenza, di una volontà di mettersi alla

parola, di dialogare e di sapere e di maturare una maggiore consapevolezza.

Allora vediamo di rispondere. Di fronte a certe manifestazioni del fascismo che infrangono in

modo evidente la legge, diciamo che l'aspettativa assolutamente giusta, giustificata è che si

intervenga per ripristinare una situazione di legalità. Però io sono convinto, diciamo da

antifascista libertario, che da parte antifascista, da parte democratica, limitarci ad un appello al

braccio della legge sia una missione di sconfitta. Una missione di sconfitta rispetto a quanto noi

sia stato in grado di entrare nelle scuole, di interagire nella società, nel quartiere dove si

vive. È lì che a mio avviso bisogna muoversi dal basso in un'azione collettiva. Questi sono i valori

di cui dobbiamo farci portatori. E poi basta con l'autocommiserazione. Il 43, 44, 45, qualcuno

ricorda come è coprì, ma se andate appunto a leggere i diari anche dell'epoca fu un dramma.

Nel ventennio gli antifascisti erano immarginati al carcere, al confino, in esilio. Come possiamo

noi oggi lamentarci? Assolutamente no, non possiamo lamentarci, non abbiamo questo diritto.

Anzi, io farei a noi una domanda, andando a intendere, a interpretare le sofferenze

degli antifascisti nei tempi della persecuzione, che eredità ci hanno dato e cosa siamo riusciti

a fare del loro messaggio. E quindi interrogarci in questo modo e cercare di dare delle risposte

che siano risposte collettive. Indubbiamente la sinistra è in situazione oggi, che ha definito

la deludente, è un eufemismo. Si è passati da anni di retorica, di parlarsi addosso,

io ricordo certi discorsi del 25 aprile, dove c'era la distanza della realtà, da come la si

rappresentava, ad una affasia. Non si parla più, si preferisce rinunziare a certi argomenti. Allora

forse la sinistra, partendo anche dai politici della sinistra, dovrebbero, scusate, mettersi

a studiare la storia, la storia del novecento, la storia di questi ultimi anni, capire gli sbagli

fatti dalla sinistra e smetterla di stare lontani dalla prova di toccare certi temi caldi, oppure li

si è toccati a volte in un modo francamente discutibile, ma ci manca adesso lo spazio per

andare sino in fondo. L'internazionale fascista, il fascismo nato in Italia, si è poi proiettato

in Europa e anche nel mondo, lo si è visto dalla Germania a Portogallo, alla Spagna,

alla Grecia, in epoche diverse, in altri continenti, in Brasile. Lo stesso Mussolini,

da dittatore, pensava che Roma fosse un faro mondiale e poi abbiamo visto come è finita,

credita hanno lasciato. In momenti i neofascisti, pur avendo una forte componente nazionalista e

sciovinista, hanno sviluppato delle alleanze anche dentro l'Europa. Penso che li si debba

studiare senza demonizzarli, senza attribuire a loro più potere di quanti non ne hanno, per cui

non sono convinto, non mi risulta che ci sia un'efficiente internazionale nera, anche se

c'è la propensione a muoversi in questa direzione. Io ricordo ad esempio adesso un testo onoroso e

importante, uscito nei primissimi anni Sessanta da Fulcinelli, scritto da Angelo Del Bocca,

grandissimo studioso dei crimini di guerra coloniali italiani e da Mario Giovanna, un

partigiano di giustizia e libertà, che poi ha scritto libri molto importanti e sono stati

sottovalutati sulla storia della resistenza, I figli del sole, che era appunto primi anni Sessanta,

sui tentativi di dar vita a questa internazionale fascista. Allora l'interrogativo

dell'ascoltatore lo porrei come un invito a studiare in questa dimensione internazionale,

che purtroppo ha visto degli elementi che confermano questa analisi. Faccio un solo

riferimento e poi mi fermo. Un personaggio come Stefano Delle Chiaie, fondatore di Amalguada

Nazionale, un personaggio che ha svolto lavori sporchi non soltanto in Italia e in Europa,

ma anche in America Latina come consulente del piano Commodore, che era un piano di aguzzini

veramente nazifascisti per eliminare in Brasile, in Cile, in Argentina e in Uruguay ogni forma di

dissidenza. Lui ci andò per addestrare quelle polizie, l'ha passata liscia e questa sua

dimensione internazionalista, se così la vogliamo chiamare, è praticamente sconosciuta oggi.

Grazie Mimmo per essere qui nell'impresa italica e rispondere a noi in parte a tutte e tre le

sollecitazioni. Nel frattempo è arrivato uno tra gli ultimi commenti, Monica Garbelli,

che dice complimenti per il vostro lavoro di ricerca accompagnato a quello di divulgazione

e non in senso spregiativo, che anche grazie a questi incontri è riuscita a diffondere,

dando a molti la possibilità di approfondire la storia. Siamo noi a ringraziare voi per essere

stati e state qui con noi. Cogliamo l'invito di Mimmo, che mi ha convinto a cercare di non

lamentarci, a superare anzi l'amarezza, perché appunto sono state epoche ben più buie della

nostra, ma a vigilare. Nel mio e nel nostro piccolo noi vediamo un'immensa vivacità e un

enorme interesse intorno a fact-checking e in generale a tutte le operazioni che vogliono

accorciare la distanza tra senso comune e quello che la comunità degli storici ha ricostruito,

proprio anche dei territori appunto da quel mondo pulviscolare che poi va a comporre il

mondo in cui viviamo. Per cui vi siamo davvero grati per tutto quello che ci sta succedendo

intorno. Ovviamente ringraziamo Editori La Terza per pubblicare libri importanti e per aver ospitato

questa conversazione in casa La Terza. Grazie ad Ario Bassani, che non vedete ma ha organizzato e

ha fatto la regia di questo incontro. Vi invito a continuare a seguire i social di La Terza e

ovviamente faccio il check-in. Un ultimo sguardo a Mimmo Franzinelli, il fascismo è finito il 25

aprile 1945. Per continuare a riflettere anche oltre appunto la data di oggi che stiamo ancora

celebrando, vi auguro cene di festeggiamenti e ricordiamo anche con allegria la liberazione.

Grazie a tutti e a tutte e grazie soprattutto a Mimmo. Arrivederci, grazie a voi.