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Podcast in Italia, La Svizzera ha votato per salvare i suoi ghiacciai

La Svizzera ha votato per salvare i suoi ghiacciai

Dalla redazione di Internazionale, io sono Giulia Zoli.

Io sono Claudio Rossi Marcelli e questo è Il Mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo di un referendum sul clima in Svizzera e dell'oppositore russo Alexei

Navalny.

E poi di una causa contro Facebook in Kenya e di una mostra a Roma.

È martedì 20 giugno 2023.

Il 18 giugno in Svizzera è stata approvata tramite referendum del Partito Democratico

di Svizzera, una legge che chiede al governo di raggiungere entro il 2050 la neutralità

climatica, cioè di portare a zero le emissioni nette di gas serra del paese.

Nell'aulio che avete sentito, il Tg del canale svizzero RTS dava il resoconto delle percentuali

di voto nei vari cantoni e città.

La Svizzera non è il primo paese a darsi questo obiettivo, ma la vittoria schiacciante

del Sia referendum fa capire che gli svizzeri sono preoccupati per gli effetti del cambiamento

climatico sul delicato ecosistema alpino.

Ne parliamo con Gabriele Crescente, editor di Ambiente ed Internazionale.

Al referendum del 18 giugno il 59% dei partecipanti ha approvato la legge sul clima che prevede

appunto di adottare l'impegno vincolante a zerare le emissioni nette di gas serra entro

il 2050.

Ed è un evento significativo perché è la prima volta che questo impegno, che è già

stato sottoscritto a diversi Stati, viene sottoposto a un voto diretto da parte degli

elettori.

La legge stabilisce che per arrivare a questo obiettivo bisognerà ridurre l'uso dei combustibili

fossili nei riscaldamenti, incentivare la transizione delle industrie a metodi produttivi

meno impattanti e ampliare il parco di fonti rinnovabili della Svizzera, che è molto meno

sviluppato di quello dei paesi vicini.

Questo anche per ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia, che in Svizzera è

al 70% e che è risultato particolarmente evidente negli ultimi mesi con la crisi energetica

dovuta alla guerra in Ucraina, in cui la Svizzera si è trovata improvvisamente a dover compensare

la perdita delle importazioni e il rincaro dei prezzi sui mercati globali.

Per tutti questi obiettivi saranno stanziati circa 3,2 miliardi di euro nei prossimi 10

anni.

La proposta di legge era sostenuta da tutti i principali partiti della politica svizzera,

tranne che dall'Unione Democratica di centro, un partito populista di destra che è però

la forza più rappresentata in Parlamento e che aveva convocato il referendum proprio

per mettere in discussione la proposta di legge che era stata avanzata dal governo

in materia, che a sua volta era il ridimensionamento di una iniziativa ancora più radicale che

era stata proposta da una serie di associazioni ambientaliste nel 2021 che avrebbe chiesto

di interrompere del tutto l'uso dei combustibili fossili.

Alla base della vittoria del Sì a questo referendum sembra esserci una particolare

sensibilità dell'elettorato svizzero nei confronti dell'ambiente.

Perché la questione climatica è così sentita in Svizzera?

Principalmente perché la Svizzera si trova sulle Alpi, che sono una delle zone d'Europa

e del mondo dove gli effetti del cambiamento climatico si stanno avvertendo in modo più

evidente e allarmante.

La questione è apparsa in tutta la sua gravità l'anno scorso quando i chiacciai svizzeri

hanno registrato una riduzione nel volume di addirittura del 6%, ovviamente già a un

livello del 2% era considerato allarmante.

Rispetto al 2001 i chiacciai della Svizzera hanno perso già un terzo del loro volume,

ma dopo il 2100 gli studi prevedono che potrebbero perdere l'80% del loro volume, quindi molti

di essi potrebbero scomparire del tutto.

Questo ovviamente per un paese che ha nella sua identità alpina un elemento molto forte

della sua autopercezione ha creato un'ondata di sgomento senza precedenti, anche perché

l'importanza dei chiacciai non è solo legata agli ecosistemi ma anche ha un ruolo importantissimo

per l'economia di un paese interamente montano, dato che mette in discussione tutte le sue

fonti di approvvigionamento di acqua e elementi cruciali della sua economia come l'allevamento

e il turismo.

Ma i pericoli del cambiamento climatico non si limitano al scioglimento degli acciai ma

riguardano tutto il territorio svizzero che è esposto in maniera enorme per esempio allo

scioglimento del permafrost che causa frane e in generale al dissesto dovuto agli eventi

estremi.

Per esempio nei giorni scorsi il paesino di Brinz nei Grigioni è dovuto essere completamente

evacuato perché minacciato da una frana che lo ha mancato di pochissimo e che secondo

gli esperti potrebbe essere stata causata dalle piogge estreme registrate nei giorni

precedenti.

A seguito al risultato di questo referendum ora il governo svizzero dovrà raggiungere

la neutralità climatica.

Ci spieghi esattamente che cos'è e come si raggiunge?

La neutralità carbonica o climatica non significa l'azzeramento totale delle emissioni come

a volte si pensa ma l'azzeramento delle emissioni nette, cioè significa portare a zero la somma

tra le emissioni positive e quelle negative, cioè tra la quantità di gas erba immessa

nell'atmosfera principalmente a causa delle attività umane come l'uso dei combustibili

fossili e l'assorbimento degli stessi gas erba tramite diversi metodi.

Attualmente il principale metodo di assorbimento di gas erba è naturale, cioè tramite gli

ecosistemi, soprattutto tramite la fotosintesi da parte delle piante sia terrestre che marine.

Nel piano della Svizzera figurano anche metodi tecnologici come la cattura e lo stoccaggio

tramite metodi che sono ancora molto indietro nello sviluppo e che sono ancora molto costosi.

Secondo gli accordi di Parigi sul clima, zerare le emissioni nette globali entro la metà

del secolo è fondamentale per mantenere l'obiettivo principale di limitare l'aumento delle temperature

medie a meno di 2°. Questo obiettivo è diventato uno dei requisiti politici più pressanti

per i paesi che vogliono dimostrare di fare qualcosa contro il cambiamento climatico,

ma allo stesso tempo è stato criticato da molti ambientalisti perché i calcoli su cui

si basa questo bilancio delle emissioni possono essere facilmente manipolati e perché possono

tenere conto di queste fantomatiche soluzioni tecnologiche che a tutt'oggi non hanno ancora

dimostrato l'alore efficace. Abbiamo detto che la Svizzera non è il primo paese a darsi

questo obiettivo. Come si stanno comportando gli altri paesi, soprattutto quelli più industrializzati?

Molte economie emergenti hanno preso impegni meno ambiziosi, sostenendo che la loro parte

di emissioni storiche è molto inferiore rispetto a quella dei paesi occidentali che quindi hanno

un diritto implicito a emettere più buone diride carbonica nei prossimi anni. Il caso della Cina,

che è il paese che attualmente ha le emissioni più alte, che ha fissato il 2060 l'obiettivo,

ma anche della Russia, mentre l'India, paese che in futuro avrà un ruolo fondamentale

nell'andamento delle emissioni a causa del suo vasto sviluppo, ha fissato questa data al 2070,

perché la transizione all'azzeramento è un processo costoso e che può limitare le opzioni

di sviluppo di un paese. Questo non è però automaticamente vero, dato che altri paesi non

europei hanno preso obiettivi molto più ambiziosi, come l'Uruguay e l'Etiopia,

che hanno fissato la scadenza al 2030, soprattutto a questione di volontà politica.

Invece l'Italia, che è allineata alla scadenza dell'Unione Europea,

ha preso qualche iniziativa individuale?

No, l'Italia è rimasta allineata all'obiettivo collettivo dell'Unione Europea, cioè al 2050.

Negli ultimi anni ci sono state varie iniziative per anticipare questo target e azzerare prima le

emissioni nette del blocco, ma sono state tutte fermate dall'opposizione di alcuni paesi,

soprattutto quelli dell'Europa orientale, che sono ancora dipendenti dal carbone in modo

preponderante. Alcuni paesi virtuosi hanno deciso di andare per la loro strada anticipando

individualmente il loro impegno, è il caso della Germania che l'ha portata al 2045,

dell'Austria che l'ha anticipata al 2040, della Finlandia che l'ha addirittura anticipata al

2035. Certo l'Italia avrebbe potuto fare qualcosa di simile anche perché non è tra i paesi più

indietro nella transizione a una proporzione di energie rinnovabili abbastanza alta rispetto

alla media europea, ma è stato scelto di rimanere sull'obiettivo del 2050.

Grazie Gabriele Crescente.

Grazie a voi.

Francesca Sibani, editor di Africa ed Internazionale, racconta un articolo uscito sull'ultimo numero.

Il futuro dei lavoratori del settore tecnologico potrebbe giocarsi in Africa. In Kenya quasi 200

moderatori dei contenuti che lavoravano sulle piattaforme del colosso tecnologico Meta,

quindi parliamo di Facebook, Whatsapp e Instagram, si sono unite per fare caso all'azienda,

sostenendo di essere state licenziate ingiustamente e, soprattutto, che sono stati violati i loro diritti

umani. In un articolo uscito sull'ultimo numero di Internazionale, il Financial Times fa parlare

giovani come il sudafricano Trevin Brownie. Il suo lavoro consisteva nell'esaminare ogni 55 secondi

un nuovo video per giudicare se i contenuti fossero accettabili o da rimuovere. Così gli è capitato

di vedere di tutto, pedopornografia, necrofilia, violenze di ogni tipo, con tutti i traumi che

possono derivarne. Il Financial Times spiega perché le cause intentate in Kenya contro la Meta,

che sono in tutto tre, sono molto importanti e potrebbero riguardare anche i lavoratori nel

resto del mondo e, soprattutto, potrebbero costringere l'azienda a fare molto di più

per limitare la violenza, l'istigazione all'odio e la disinformazione che circolano online.

Il mio lavoro è la mia campagna. Durante la mia campagna, ho passato ogni quinto giorno in prigione.

Quindi ora mi sono abituato a questo. Non c'è nulla di nuovo. È diventato una routine della mia vita.

Queste persone cercano di robarmi il mio paese e io disaguro con questo. Non sarò

una persona speezelesse per staiore nel momento presente, porto sempre loca.

47 anni, avvocato di formazione, figura controversa in passato per le sue posizioni nazionaliste,

candidato nel 2013 alle elezioni comunali di Mosca e fondatore del partito Russia del Futuro,

per anni ha denunciato la corruzione dell'elite russa sui social network.

Ne parliamo con Andrea Gullotta, docente di lingua e letteratura russa all'Università di Palermo

e presidente di Memorial Italia, che fa parte dell'Associazione Russa per la difesa dei diritti umani Memorial.

L'ennesimo tentativo di mettere ulteriormente in silenzio una voce scomoda

è il principale, probabilmente oppositore, di Putin, che è già in carcere,

si trova in carcere ormai dal 2021 e a cui adesso vengono rivolte altre accuse

di aver creato un'associazione terroristica, accuse di aver finanziato un'associazione estremista,

accuse di riabilitazione del nazismo, che è un'accusa tipica in questo momento contro gli oppositori

e un'accusa che fa riferimento a dei minori.

Per tutto questo insieme di accuse, adesso Navalny, che già sconta una condanna a 11 anni,

rischia di essere condannato a 30 anni.

Dove si svolgerà questo processo?

Il processo si svolge nel luogo in cui Navalny è già detenuto,

in un posto chiamato Melikhovo, in una regione di Vladimir.

Si sta svolgendo, peraltro, praticamente a porte chiuse,

perché una delle accuse riguarda i minori e quindi non viene concesso l'accesso alla sala ai giornalisti

e non viene neanche data la possibilità di assistere a una videotrasmissione del processo,

come capita in altri casi.

Questa è una cosa già successa, ad esempio, con il caso di Dmitriev, un attivista in Memorial,

siccome le accuse avevano a che fare con i minori,

non è stato concesso l'accesso alla sala a nessun giornalista per tutta la durata del processo.

Come dicevi, Navalny è in carcere già dal 2021 perché sta scontando un'altra condanna.

Ci ricordi la vicenda che ha portato a quel processo?

Sì, Navalny aveva avuto già in passato diverse condanne.

Poi, una delle ultime condanne è stata quella di Vrosché, cioè una condanna per frode.

Durante questo periodo lui è stato avvelenato, è andato a finire a Berlino per essere curato

su richiesta del suo entourage, Navalny ha voluto rientrare in Russia,

subito appena rientrato è stato arrestato per aver infranto i termini di custode

che richiedevano ogni due settimane di presentarsi a un posto di polizia a Mosca.

Una volta in carcere è stata fatta un'altra accusa di frode e è stato condannato

in base a questa accusa di frode a 11 anni.

Tutti questi arresti e tutte queste accuse sono evidentemente politicamente motivati,

uso la parola evidentemente perché c'è anche una sentenza della Corte Europea di Diritti Umani

che ha condannato la Russia a risarcire Navalny perché i processi sono evidentemente non giusti

e basati su accuse infondate.

Navalny è considerato il più importante e popolare oppositore di Putin.

Sicuramente è stato uno dei pochi attivisti in grado di mobilitare

grandi masse di persone in Russia contro il governo.

Alcuni però lo considerano un nazionalista che per molto tempo ha pensato solo ai suoi interessi.

Da cosa nascono queste due visioni così diverse? Chi è Alexei Navalny?

Navalny è un po' tutto quello che è stato detto adesso, nel senso che ha una storia

soprattutto abbastanza lontana, fra virgolette, che risale ai suoi inizi dell'attività politica

di nazionalista, di xenofobo, ci sono video in cui ha fatto dichiarazioni molto negative

nei confronti dei migranti, ha partecipato all'organizzazione di manifestazioni con forze di estrema destra.

Da un certo punto in poi, soprattutto grazie all'attività con il blog Contro la Corruzione

che di fatto gli ha dato la fama in Russia, lo ha reso estremamente popolare

fino a diventare poi la figura politica principale dell'opposizione russa,

ha cambiato notevolmente passo e più sono arrivate le repressioni da parte dello Stato

e più ha cambiato la sua linea, diventando di fatto una specie di paladino della democrazia

e della libertà d'opinione.

Chiaramente è difficile fare un giudizio definitivo su Navalny, quello che sicuramente si può dire

è che sta affrontando il suo percorso da dissidente in maniera assolutamente convincente,

dopo l'ultimo avvelenamento che lo ha portato a essere curato a Berlino

quando ha subito sintomi di avvelenamento su un aereo, aveva benissimo la possibilità

di restare all'estero al sicuro, invece ha voluto rientrare sapendo benissimo di essere arrestato

e questa sua forza, questa sua capacità di esporsi e di pagare in prima persona

questo tipo di repressioni ne hanno fatto inevitabilmente una figura carismatica,

un leader in cui molte persone si riconoscono e poi va detto anche che Navalny

ha un seguito di persone che non per forza si riconoscono in lui e nelle sue idee.

Essendo diventato poi la figura principale dell'opposizione russa, ha fatto un po' da catalizzatore

di tutta una serie di forze di opposizione, di persone che sono scese in piazza ad esempio

quando non era possibile, nelle manifestazioni a favore di Navalny,

semplicemente per il fatto di voler rappresentare fisicamente la propria contrarietà al potere.

Navalny non è l'unico oppositore di Putin in carcere, dall'invasione dell'Ucraina

la repressione del dissenso è aumentata in Russia e nel caso di alcuni oppositori come Navalny

le condanne si accumulano.

Stiamo assistendo a un'escalation, sta succedendo molto spesso che gli oppositori

vengono arrestati, spesso con pretesti, le condanne stanno aumentando sempre di più,

abbiamo visto il caso del giornalista Safronov che è andato a 22 anni,

Karamurza a 25, adesso Navalny rischia 30 anni, forse anche più.

Il ripetersi di sentenze anche di persone già incarcerate è una cosa che ricordo un pochino

quello che succedeva nell'Unione Sovietica quando le persone pur stando dentro il carcere

venivano riarrestate, nel caso dell'Unione Sovietica spesso fucilate.

È difficile capire il perché di questo sistema adesso in Russia,

chiaramente qualcosa che sarà valutato poi quando avremo possibilità di vedere documenti

che in questo momento chiaramente non sono disponibili, però forse se vogliamo provare

a dare un'interpretazione è quella di sottolineare e intensificare l'immagine negativa

agli occhi dell'opinione pubblica interna da parte del potere che nel caso di Navalny

ad esempio può dimostrare che è questo oppositore politico non solo responsabile di frode,

ma mentre in carcere continua ad agire e a tramare contro gli interessi della nazione.

Questa è un'ipotesi chiaramente interpretativa, vedremo poi col tempo che cosa ci sarà dietro questo fenomeno.

Navalny continua a comunicare sui social network tramite i suoi avvocati

e ad aprile si è parlato di un suo presunto avvelenamento in carcere.

Che cosa sappiamo delle sue condizioni fisiche oggi?

È difficile dire per certo quali sono le sue condizioni fisiche,

lo staff l'entoraci di Navalny si è lamentato molte volte delle condizioni in cui Navalny viene tenuto,

ha denunciato un tentativo di avvelenamento,

chiaramente però non abbiamo accesso a fonti indipendenti per avere certezza al 100%

che ci sia stato un avvelenamento.

Quello che è evidente anche dai video e dalle fotografie che circolano

è che è una persona deperita, in difficoltà fisicamente,

il suo entoraci parla di gravi difficoltà di salute in generale,

addirittura a un certo punto si è detto che potesse essere affetto a tubercolosi

e addirittura che rischiasse di morire in ogni momento,

questo ha provocato come reazione la possibilità di stare in ospedale per un po' di tempo per guarire.

Certo colpisce che una persona che di fatto è sotto gli occhi dell'opinione pubblica mondiale

come oppositore venga trattata in questo modo,

purtroppo in questo momento abbiamo anche diversi report dalle colonie penali,

dalle carceri russe di maltrattamenti, torture e problemi con la salute dei detenuti,

è come se in questo momento questo tipo di personaggi,

gli oppositori politici non godono neanche di quella generica tutela che si riceve

quando si diventa personaggi di fama mondiale,

questa è una cosa estremamente preoccupante.

Grazie Andrea Cullotta.

Grazie a voi.

Gea Polimen in Bastoni, che collabora all'organizzazione dei festival di Internazionale,

consiglia una mostra a Roma.

Ci sono molti modi di abitare una casa e l'arte può essere uno di questi.

Una presenza insolita se la consideriamo come unica abitante,

ma allo stesso tempo spiazzante e significativa.

A Roma Sud, nella zona del Quadraro, c'è un appartamento in cui non vive nessuno,

che è diventato un contenitore per l'arte contemporanea.

Si chiama Casa Vuota, è letteralmente spoglia di ogni arredamento

e si riempie periodicamente con opere diverse.

Dal 2017 a oggi i curatori Francesco Paolo del Re e Sabino De Nicilo

hanno ospitato oltre 30 mostre di artiste e artisti italiani e internazionali

che molto spesso non sono stati esposti in altri luoghi della capitale, quindi in anteprima.

Sabato 24 giugno, a partire dalle 19, Casa Vuota apre le porte

inaugurando la mostra omaggio all'artista pugliese Cristiano De Gaetano, a 10 anni dalla sua morte.

Il progetto espositivo si intitola Biglietti agli amici

e mette insieme dipinti, fotografie, sculture, disegni, feticci, ritratti e autoritratti

eseguiti da lui e da altri artisti suoi amici.

Casa Vuota si trova al numero 12 di Via Maia, a due passi dalla fermata della metro Porta Furba.

Per informazioni Casa Vuota è su Instagram.

Sottotitoli e revisione a cura di QTSS


La Svizzera ha votato per salvare i suoi ghiacciai Die Schweiz hat für die Rettung ihrer Gletscher gestimmt Switzerland voted to save its glaciers Suiza vota para salvar sus glaciares A Suíça votou para salvar os seus glaciares Schweiz röstade för att rädda sina glaciärer 瑞士投票拯救冰川

Dalla redazione di Internazionale, io sono Giulia Zoli.

Io sono Claudio Rossi Marcelli e questo è Il Mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo di un referendum sul clima in Svizzera e dell'oppositore russo Alexei

Navalny.

E poi di una causa contro Facebook in Kenya e di una mostra a Roma.

È martedì 20 giugno 2023.

Il 18 giugno in Svizzera è stata approvata tramite referendum del Partito Democratico

di Svizzera, una legge che chiede al governo di raggiungere entro il 2050 la neutralità

climatica, cioè di portare a zero le emissioni nette di gas serra del paese.

Nell'aulio che avete sentito, il Tg del canale svizzero RTS dava il resoconto delle percentuali

di voto nei vari cantoni e città.

La Svizzera non è il primo paese a darsi questo obiettivo, ma la vittoria schiacciante

del Sia referendum fa capire che gli svizzeri sono preoccupati per gli effetti del cambiamento

climatico sul delicato ecosistema alpino.

Ne parliamo con Gabriele Crescente, editor di Ambiente ed Internazionale.

Al referendum del 18 giugno il 59% dei partecipanti ha approvato la legge sul clima che prevede

appunto di adottare l'impegno vincolante a zerare le emissioni nette di gas serra entro

il 2050.

Ed è un evento significativo perché è la prima volta che questo impegno, che è già

stato sottoscritto a diversi Stati, viene sottoposto a un voto diretto da parte degli

elettori.

La legge stabilisce che per arrivare a questo obiettivo bisognerà ridurre l'uso dei combustibili

fossili nei riscaldamenti, incentivare la transizione delle industrie a metodi produttivi

meno impattanti e ampliare il parco di fonti rinnovabili della Svizzera, che è molto meno

sviluppato di quello dei paesi vicini.

Questo anche per ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia, che in Svizzera è

al 70% e che è risultato particolarmente evidente negli ultimi mesi con la crisi energetica

dovuta alla guerra in Ucraina, in cui la Svizzera si è trovata improvvisamente a dover compensare

la perdita delle importazioni e il rincaro dei prezzi sui mercati globali.

Per tutti questi obiettivi saranno stanziati circa 3,2 miliardi di euro nei prossimi 10

anni.

La proposta di legge era sostenuta da tutti i principali partiti della politica svizzera,

tranne che dall'Unione Democratica di centro, un partito populista di destra che è però

la forza più rappresentata in Parlamento e che aveva convocato il referendum proprio

per mettere in discussione la proposta di legge che era stata avanzata dal governo

in materia, che a sua volta era il ridimensionamento di una iniziativa ancora più radicale che

era stata proposta da una serie di associazioni ambientaliste nel 2021 che avrebbe chiesto

di interrompere del tutto l'uso dei combustibili fossili.

Alla base della vittoria del Sì a questo referendum sembra esserci una particolare

sensibilità dell'elettorato svizzero nei confronti dell'ambiente.

Perché la questione climatica è così sentita in Svizzera?

Principalmente perché la Svizzera si trova sulle Alpi, che sono una delle zone d'Europa

e del mondo dove gli effetti del cambiamento climatico si stanno avvertendo in modo più

evidente e allarmante.

La questione è apparsa in tutta la sua gravità l'anno scorso quando i chiacciai svizzeri

hanno registrato una riduzione nel volume di addirittura del 6%, ovviamente già a un

livello del 2% era considerato allarmante.

Rispetto al 2001 i chiacciai della Svizzera hanno perso già un terzo del loro volume,

ma dopo il 2100 gli studi prevedono che potrebbero perdere l'80% del loro volume, quindi molti

di essi potrebbero scomparire del tutto.

Questo ovviamente per un paese che ha nella sua identità alpina un elemento molto forte

della sua autopercezione ha creato un'ondata di sgomento senza precedenti, anche perché

l'importanza dei chiacciai non è solo legata agli ecosistemi ma anche ha un ruolo importantissimo

per l'economia di un paese interamente montano, dato che mette in discussione tutte le sue

fonti di approvvigionamento di acqua e elementi cruciali della sua economia come l'allevamento

e il turismo.

Ma i pericoli del cambiamento climatico non si limitano al scioglimento degli acciai ma

riguardano tutto il territorio svizzero che è esposto in maniera enorme per esempio allo

scioglimento del permafrost che causa frane e in generale al dissesto dovuto agli eventi

estremi.

Per esempio nei giorni scorsi il paesino di Brinz nei Grigioni è dovuto essere completamente

evacuato perché minacciato da una frana che lo ha mancato di pochissimo e che secondo

gli esperti potrebbe essere stata causata dalle piogge estreme registrate nei giorni

precedenti.

A seguito al risultato di questo referendum ora il governo svizzero dovrà raggiungere

la neutralità climatica.

Ci spieghi esattamente che cos'è e come si raggiunge?

La neutralità carbonica o climatica non significa l'azzeramento totale delle emissioni come

a volte si pensa ma l'azzeramento delle emissioni nette, cioè significa portare a zero la somma

tra le emissioni positive e quelle negative, cioè tra la quantità di gas erba immessa

nell'atmosfera principalmente a causa delle attività umane come l'uso dei combustibili

fossili e l'assorbimento degli stessi gas erba tramite diversi metodi.

Attualmente il principale metodo di assorbimento di gas erba è naturale, cioè tramite gli

ecosistemi, soprattutto tramite la fotosintesi da parte delle piante sia terrestre che marine.

Nel piano della Svizzera figurano anche metodi tecnologici come la cattura e lo stoccaggio

tramite metodi che sono ancora molto indietro nello sviluppo e che sono ancora molto costosi.

Secondo gli accordi di Parigi sul clima, zerare le emissioni nette globali entro la metà

del secolo è fondamentale per mantenere l'obiettivo principale di limitare l'aumento delle temperature

medie a meno di 2°. Questo obiettivo è diventato uno dei requisiti politici più pressanti

per i paesi che vogliono dimostrare di fare qualcosa contro il cambiamento climatico,

ma allo stesso tempo è stato criticato da molti ambientalisti perché i calcoli su cui

si basa questo bilancio delle emissioni possono essere facilmente manipolati e perché possono

tenere conto di queste fantomatiche soluzioni tecnologiche che a tutt'oggi non hanno ancora

dimostrato l'alore efficace. Abbiamo detto che la Svizzera non è il primo paese a darsi

questo obiettivo. Come si stanno comportando gli altri paesi, soprattutto quelli più industrializzati?

Molte economie emergenti hanno preso impegni meno ambiziosi, sostenendo che la loro parte

di emissioni storiche è molto inferiore rispetto a quella dei paesi occidentali che quindi hanno

un diritto implicito a emettere più buone diride carbonica nei prossimi anni. Il caso della Cina,

che è il paese che attualmente ha le emissioni più alte, che ha fissato il 2060 l'obiettivo,

ma anche della Russia, mentre l'India, paese che in futuro avrà un ruolo fondamentale

nell'andamento delle emissioni a causa del suo vasto sviluppo, ha fissato questa data al 2070,

perché la transizione all'azzeramento è un processo costoso e che può limitare le opzioni

di sviluppo di un paese. Questo non è però automaticamente vero, dato che altri paesi non

europei hanno preso obiettivi molto più ambiziosi, come l'Uruguay e l'Etiopia,

che hanno fissato la scadenza al 2030, soprattutto a questione di volontà politica.

Invece l'Italia, che è allineata alla scadenza dell'Unione Europea,

ha preso qualche iniziativa individuale?

No, l'Italia è rimasta allineata all'obiettivo collettivo dell'Unione Europea, cioè al 2050.

Negli ultimi anni ci sono state varie iniziative per anticipare questo target e azzerare prima le

emissioni nette del blocco, ma sono state tutte fermate dall'opposizione di alcuni paesi,

soprattutto quelli dell'Europa orientale, che sono ancora dipendenti dal carbone in modo

preponderante. Alcuni paesi virtuosi hanno deciso di andare per la loro strada anticipando

individualmente il loro impegno, è il caso della Germania che l'ha portata al 2045,

dell'Austria che l'ha anticipata al 2040, della Finlandia che l'ha addirittura anticipata al

2035. Certo l'Italia avrebbe potuto fare qualcosa di simile anche perché non è tra i paesi più

indietro nella transizione a una proporzione di energie rinnovabili abbastanza alta rispetto

alla media europea, ma è stato scelto di rimanere sull'obiettivo del 2050.

Grazie Gabriele Crescente.

Grazie a voi.

Francesca Sibani, editor di Africa ed Internazionale, racconta un articolo uscito sull'ultimo numero.

Il futuro dei lavoratori del settore tecnologico potrebbe giocarsi in Africa. In Kenya quasi 200

moderatori dei contenuti che lavoravano sulle piattaforme del colosso tecnologico Meta,

quindi parliamo di Facebook, Whatsapp e Instagram, si sono unite per fare caso all'azienda,

sostenendo di essere state licenziate ingiustamente e, soprattutto, che sono stati violati i loro diritti

umani. In un articolo uscito sull'ultimo numero di Internazionale, il Financial Times fa parlare

giovani come il sudafricano Trevin Brownie. Il suo lavoro consisteva nell'esaminare ogni 55 secondi

un nuovo video per giudicare se i contenuti fossero accettabili o da rimuovere. Così gli è capitato

di vedere di tutto, pedopornografia, necrofilia, violenze di ogni tipo, con tutti i traumi che

possono derivarne. Il Financial Times spiega perché le cause intentate in Kenya contro la Meta,

che sono in tutto tre, sono molto importanti e potrebbero riguardare anche i lavoratori nel

resto del mondo e, soprattutto, potrebbero costringere l'azienda a fare molto di più

per limitare la violenza, l'istigazione all'odio e la disinformazione che circolano online.

Il mio lavoro è la mia campagna. Durante la mia campagna, ho passato ogni quinto giorno in prigione.

Quindi ora mi sono abituato a questo. Non c'è nulla di nuovo. È diventato una routine della mia vita.

Queste persone cercano di robarmi il mio paese e io disaguro con questo. Non sarò

una persona speezelesse per staiore nel momento presente, porto sempre loca.

47 anni, avvocato di formazione, figura controversa in passato per le sue posizioni nazionaliste,

candidato nel 2013 alle elezioni comunali di Mosca e fondatore del partito Russia del Futuro,

per anni ha denunciato la corruzione dell'elite russa sui social network.

Ne parliamo con Andrea Gullotta, docente di lingua e letteratura russa all'Università di Palermo

e presidente di Memorial Italia, che fa parte dell'Associazione Russa per la difesa dei diritti umani Memorial.

L'ennesimo tentativo di mettere ulteriormente in silenzio una voce scomoda

è il principale, probabilmente oppositore, di Putin, che è già in carcere,

si trova in carcere ormai dal 2021 e a cui adesso vengono rivolte altre accuse

di aver creato un'associazione terroristica, accuse di aver finanziato un'associazione estremista,

accuse di riabilitazione del nazismo, che è un'accusa tipica in questo momento contro gli oppositori

e un'accusa che fa riferimento a dei minori.

Per tutto questo insieme di accuse, adesso Navalny, che già sconta una condanna a 11 anni,

rischia di essere condannato a 30 anni.

Dove si svolgerà questo processo?

Il processo si svolge nel luogo in cui Navalny è già detenuto,

in un posto chiamato Melikhovo, in una regione di Vladimir.

Si sta svolgendo, peraltro, praticamente a porte chiuse,

perché una delle accuse riguarda i minori e quindi non viene concesso l'accesso alla sala ai giornalisti

e non viene neanche data la possibilità di assistere a una videotrasmissione del processo,

come capita in altri casi.

Questa è una cosa già successa, ad esempio, con il caso di Dmitriev, un attivista in Memorial,

siccome le accuse avevano a che fare con i minori,

non è stato concesso l'accesso alla sala a nessun giornalista per tutta la durata del processo.

Come dicevi, Navalny è in carcere già dal 2021 perché sta scontando un'altra condanna.

Ci ricordi la vicenda che ha portato a quel processo?

Sì, Navalny aveva avuto già in passato diverse condanne.

Poi, una delle ultime condanne è stata quella di Vrosché, cioè una condanna per frode.

Durante questo periodo lui è stato avvelenato, è andato a finire a Berlino per essere curato

su richiesta del suo entourage, Navalny ha voluto rientrare in Russia,

subito appena rientrato è stato arrestato per aver infranto i termini di custode

che richiedevano ogni due settimane di presentarsi a un posto di polizia a Mosca.

Una volta in carcere è stata fatta un'altra accusa di frode e è stato condannato

in base a questa accusa di frode a 11 anni.

Tutti questi arresti e tutte queste accuse sono evidentemente politicamente motivati,

uso la parola evidentemente perché c'è anche una sentenza della Corte Europea di Diritti Umani

che ha condannato la Russia a risarcire Navalny perché i processi sono evidentemente non giusti

e basati su accuse infondate.

Navalny è considerato il più importante e popolare oppositore di Putin.

Sicuramente è stato uno dei pochi attivisti in grado di mobilitare

grandi masse di persone in Russia contro il governo.

Alcuni però lo considerano un nazionalista che per molto tempo ha pensato solo ai suoi interessi.

Da cosa nascono queste due visioni così diverse? Chi è Alexei Navalny?

Navalny è un po' tutto quello che è stato detto adesso, nel senso che ha una storia

soprattutto abbastanza lontana, fra virgolette, che risale ai suoi inizi dell'attività politica

di nazionalista, di xenofobo, ci sono video in cui ha fatto dichiarazioni molto negative

nei confronti dei migranti, ha partecipato all'organizzazione di manifestazioni con forze di estrema destra.

Da un certo punto in poi, soprattutto grazie all'attività con il blog Contro la Corruzione

che di fatto gli ha dato la fama in Russia, lo ha reso estremamente popolare

fino a diventare poi la figura politica principale dell'opposizione russa,

ha cambiato notevolmente passo e più sono arrivate le repressioni da parte dello Stato

e più ha cambiato la sua linea, diventando di fatto una specie di paladino della democrazia

e della libertà d'opinione.

Chiaramente è difficile fare un giudizio definitivo su Navalny, quello che sicuramente si può dire

è che sta affrontando il suo percorso da dissidente in maniera assolutamente convincente,

dopo l'ultimo avvelenamento che lo ha portato a essere curato a Berlino

quando ha subito sintomi di avvelenamento su un aereo, aveva benissimo la possibilità

di restare all'estero al sicuro, invece ha voluto rientrare sapendo benissimo di essere arrestato

e questa sua forza, questa sua capacità di esporsi e di pagare in prima persona

questo tipo di repressioni ne hanno fatto inevitabilmente una figura carismatica,

un leader in cui molte persone si riconoscono e poi va detto anche che Navalny

ha un seguito di persone che non per forza si riconoscono in lui e nelle sue idee.

Essendo diventato poi la figura principale dell'opposizione russa, ha fatto un po' da catalizzatore

di tutta una serie di forze di opposizione, di persone che sono scese in piazza ad esempio

quando non era possibile, nelle manifestazioni a favore di Navalny,

semplicemente per il fatto di voler rappresentare fisicamente la propria contrarietà al potere.

Navalny non è l'unico oppositore di Putin in carcere, dall'invasione dell'Ucraina

la repressione del dissenso è aumentata in Russia e nel caso di alcuni oppositori come Navalny

le condanne si accumulano.

Stiamo assistendo a un'escalation, sta succedendo molto spesso che gli oppositori

vengono arrestati, spesso con pretesti, le condanne stanno aumentando sempre di più,

abbiamo visto il caso del giornalista Safronov che è andato a 22 anni,

Karamurza a 25, adesso Navalny rischia 30 anni, forse anche più.

Il ripetersi di sentenze anche di persone già incarcerate è una cosa che ricordo un pochino

quello che succedeva nell'Unione Sovietica quando le persone pur stando dentro il carcere

venivano riarrestate, nel caso dell'Unione Sovietica spesso fucilate.

È difficile capire il perché di questo sistema adesso in Russia,

chiaramente qualcosa che sarà valutato poi quando avremo possibilità di vedere documenti

che in questo momento chiaramente non sono disponibili, però forse se vogliamo provare

a dare un'interpretazione è quella di sottolineare e intensificare l'immagine negativa

agli occhi dell'opinione pubblica interna da parte del potere che nel caso di Navalny

ad esempio può dimostrare che è questo oppositore politico non solo responsabile di frode,

ma mentre in carcere continua ad agire e a tramare contro gli interessi della nazione.

Questa è un'ipotesi chiaramente interpretativa, vedremo poi col tempo che cosa ci sarà dietro questo fenomeno.

Navalny continua a comunicare sui social network tramite i suoi avvocati

e ad aprile si è parlato di un suo presunto avvelenamento in carcere.

Che cosa sappiamo delle sue condizioni fisiche oggi?

È difficile dire per certo quali sono le sue condizioni fisiche,

lo staff l'entoraci di Navalny si è lamentato molte volte delle condizioni in cui Navalny viene tenuto,

ha denunciato un tentativo di avvelenamento,

chiaramente però non abbiamo accesso a fonti indipendenti per avere certezza al 100%

che ci sia stato un avvelenamento.

Quello che è evidente anche dai video e dalle fotografie che circolano

è che è una persona deperita, in difficoltà fisicamente,

il suo entoraci parla di gravi difficoltà di salute in generale,

addirittura a un certo punto si è detto che potesse essere affetto a tubercolosi

e addirittura che rischiasse di morire in ogni momento,

questo ha provocato come reazione la possibilità di stare in ospedale per un po' di tempo per guarire.

Certo colpisce che una persona che di fatto è sotto gli occhi dell'opinione pubblica mondiale

come oppositore venga trattata in questo modo,

purtroppo in questo momento abbiamo anche diversi report dalle colonie penali,

dalle carceri russe di maltrattamenti, torture e problemi con la salute dei detenuti,

è come se in questo momento questo tipo di personaggi,

gli oppositori politici non godono neanche di quella generica tutela che si riceve

quando si diventa personaggi di fama mondiale,

questa è una cosa estremamente preoccupante.

Grazie Andrea Cullotta.

Grazie a voi.

Gea Polimen in Bastoni, che collabora all'organizzazione dei festival di Internazionale,

consiglia una mostra a Roma.

Ci sono molti modi di abitare una casa e l'arte può essere uno di questi.

Una presenza insolita se la consideriamo come unica abitante,

ma allo stesso tempo spiazzante e significativa.

A Roma Sud, nella zona del Quadraro, c'è un appartamento in cui non vive nessuno,

che è diventato un contenitore per l'arte contemporanea.

Si chiama Casa Vuota, è letteralmente spoglia di ogni arredamento

e si riempie periodicamente con opere diverse.

Dal 2017 a oggi i curatori Francesco Paolo del Re e Sabino De Nicilo

hanno ospitato oltre 30 mostre di artiste e artisti italiani e internazionali

che molto spesso non sono stati esposti in altri luoghi della capitale, quindi in anteprima.

Sabato 24 giugno, a partire dalle 19, Casa Vuota apre le porte

inaugurando la mostra omaggio all'artista pugliese Cristiano De Gaetano, a 10 anni dalla sua morte.

Il progetto espositivo si intitola Biglietti agli amici

e mette insieme dipinti, fotografie, sculture, disegni, feticci, ritratti e autoritratti

eseguiti da lui e da altri artisti suoi amici.

Casa Vuota si trova al numero 12 di Via Maia, a due passi dalla fermata della metro Porta Furba.

Per informazioni Casa Vuota è su Instagram.

Sottotitoli e revisione a cura di QTSS