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Alberto Moravia (Graded Reader), 8. Quant'è caro (Racconti romani)

8. Quant'è caro (Racconti romani)

Dicono che gli amici si vedono nelle difficoltà, [...]. Io dico, invece, che gli amici li vedi nella fortuna, quando le cose ti vanno bene [...]. Allora lo vedi, l'amico. Se ti è veramente amico, lui è contento della tua fortuna, come tua madre, come tua moglie. Ma, se non ti è veramente amico, l'invidia gli entra nel cuore e lo consuma in modo che presto o tardi non resiste più e te lo lascia vedere. Eh, è molto più difficile non essere invidioso dell'amico fortunato che generoso con quello sfortunato. [...]

Quand'è che le cose mi sono cominciate ad andare bene? Posso dirlo con precisione, dal momento che mio suocero ha deciso di aiutarmi e così ho potuto aprire una macelleria in quelle parti nuove, vicino a via Angelo Emo.

Ora quand'è che Arturo ha cominciato ad avere, almeno quando stava con me, quel viso falso, quel sorriso non sincero, quella voce poco naturale che pareva sempre dire le cose a mezza bocca [...]? Proprio verso la stessa epoca.

Dopo aver lavorato in segreto tutta l'estate per sistemare la macelleria, uno di quei giorni gli ho detto: – Ahò, Arturo, ho una sorpresa per te. [...] vieni con me e lo saprai.

Ci siamo trovati al bar di piazza Farnese, in quel quartiere vecchio dove abitavamo tutti e due e dove lui ci aveva il negozietto di cartoleria, nero-nero, proprio un buco [...].

Arriviamo in via Angelo Emo, prendo una di quelle strade nuove verso un bel palazzone bianco, con una fila di negozi ancora sfitti a pianterreno. Gli indico il mio negozio, anch'esso chiuso, ma con l'insegna parlante: “Luigi Proietti. Macelleria” e faccio: – Che ne dici?

Lui guarda e risponde: – Ah, questa era la sorpresa –, a denti stretti.

Sempre pieno d'entusiasmo, vado al negozio, [...] apro la porta ed entro. Ora, chiunque, di fronte a una macelleria come quella, con le pareti di marmo bianco, [...] il pavimento di marmo, il frigorifero grande [...] avrebbe esclamato: «Oh quanto è bello... Gigi hai una macelleria che è proprio un sogno... sono felice per te». Chiunque, ma non Arturo. [...]

Ci sono rimasto male e ho insistito, stupidamente: – Macellerie come queste a Roma ce ne sono poche.

E lui: – Bisognerà vedere come andrà in seguito.

È stato quel giorno che ho cominciato a dar ragione a Iole, mia moglie, la quale da tempo mi ripeteva: – Arturo, un amico? [...] quello, caro mio, non ti è amico..., non lo vedi che non ti può sopportare? [...]

Basta: Arturo in fondo aveva ragione; i negozi prima di tutto devono andar bene; ma il mio quasi subito è andato benissimo. [...]

È venuto l'inverno; [...] ho deciso di farmi la macchina. Iole subito mi ha avvertito: – Comprala, ma non andarci la prima volta con Arturo. Quello, con l'invidia che si ritrova, è capace di gettarci sopra il malocchio.

Le ho risposto, come le rispondevo sempre quando mi parlava male di Arturo: – Questi sono aff ari miei. Arturo è un amico... tu non ti mettere in mezzo. – Però ero rimasto colpito dalle sue parole, anche se non lo mostravo.

A ogni modo, vado da Arturo, alla cartoleria e gli dico: – Vieni con me all'agenzia... vediamo insieme le macchine... voglio comprarmene una.

Lui fa: – Anche la macchina? [...] Voglio dire che mi sembra che spendi un po' troppo... la macchina è una grossa spesa. – Insomma siamo andati all'agenzia e lì c'erano le macchine, grandi e piccole, in serie e fuoriserie, [...].

Arturo faceva la solita faccetta storta, e poi ha detto con una vocetta senza gioia: – Non dici sempre che gli aff ari ti vanno tanto bene? Non dici che non sai dove mettere i soldi? Ecco, mettili in questa fuoriserie –. Tutto questo con un tono tanto antipatico che ho avuto paura, pensando che forse voleva spingermi a fare una spesa superiore alle mie possibilità e subito, lì per lì, invece della fuoriserie, ho scelto una utilitaria come tutte le altre, grigia e marrone. [...]

È passato un anno, gli aff ari continuavano ad andarmi bene, mi è nato un bambino; e in quest'occasione, bisogna dire che Arturo ha saputo vincere l'invidia che lo consumava e si è mostrato gentile, con sincerità, [...]. Ma Iole non si fidava: – Aspetta a cantar vittoria..., negli aff ari, devi vederlo..., figli lui ne ha, anche troppi... sono i soldi che gli mancano.

Di lì a qualche mese, sempre con l'aiuto di mio suocero, ho acquistato un appartamento nuovo in un palazzo poco lontano dalla macelleria. [...] Anche questa volta ho voluto fare ad Arturo la sorpresa: l'ho invitato per una serata a casa mia, [...]. Sono passato in macchina alla cartoleria a prendere lui e la moglie, e lui: – Siamo a due passi... che bisogno c'è della macchina?

Non ho risposto nulla e sono andato dritto, [...]. Lui, allora, comprendendo non ha parlato più; e io ho detto: – Ma non lo sapevi che non stiamo più a via Monserrato? Credevo di avertelo detto. Ho comprato un piccolo appartamento vicino al negozio.

Lui ha fatto a bassa voce: – Mi fa piacere... proprio tanto.

Come siamo arrivati, per prima cosa gli ho mostrato l'appartamento [...], la faccia d'Arturo diventava sempre più scura. [...]

Ci siamo messi a tavola [...]. Eravamo tutti molto allegri, tranne Arturo [...]. Ma il più allegro di tutti ero proprio io [...]. Così un po' per la soddisfazione, un po' perché avevo bevuto, ho dimenticato Arturo e la sua invidia e, alla frutta, mi sono alzato, il bicchiere in mano, e ho cantato una canzoncina che avevo composto per l'occasione: – Fiori benedetti, macellerie ce ne sono a Roma, ma la migliore è quella di Proietti.

Era uno scherzo e aspettavo la risposta di Arturo, come d'abitudine, anche lui con una canzoncina, che improvvisava lì per lì. Invece lui è restato zitto; e mentre alzavo il bicchiere per bere alla salute di tutti, l'ho sentito dire a bassa voce, tra i denti: – Quant'è caro.

Avete capito: quant'è caro. Come dire: “Quando la fi nisce?”. Confesso che, a un tratto, anche perché avevo bevuto, ho perso il controllo e mi sono arrabbiato. Mi sono girato verso Arturo e, nel silenzio, l'ho accusato: – Tu hai detto: “Quant'è caro”.

– Ma vattene, io non ho detto nulla.

– Sì, tu hai detto: quant'è caro. E lo sai perché l'hai detto? [...] Perché sei invidioso e ti dispiace che le cose mi vanno bene.

– Ma tu sei scemo... Invidioso io? E perché mai?

Insomma è finita male. Con Iole che, esprimendo finalmente la sua antipatia, gridava ad Arturo: – Invidia crepa. [...]

Lui sembrava il più arrabbiato di tutti. [...] mi ha gridato in faccia tutto il male che pensava di me da anni [...]

Se n' è andato, finalmente; e io ho capito che la fortuna mi aveva fatto perdere il solo amico che avevo. Per questo ho detto più tardi a Iole: – La colpa è tutta mia... m'accorgo adesso di averlo provocato..., la fortuna bisogna saperla nascondere.

Lei rispose: – Ascoltami bene: i soli amici veri sono i soldi. Gli altri vanno e vengono.

8. Quant'è caro (Racconti romani) 8. Quant'è caro (Römische Märchen) 8. How expensive it is (Roman Tales) 8. Quant'è caro (Cuentos romanos) 8. Quant'è caro (Contes romains) 8.クント・エ・キャロ(ローマ物語) 8. Quant'è caro (Римські казки)

Dicono che gli amici si vedono nelle difficoltà, \[...\]. They say friends are seen in difficulties, \. Io dico, invece, che gli amici li vedi nella fortuna, quando le cose ti vanno bene \[...\]. Allora lo vedi, l'amico. Se ti è veramente amico, lui è contento della tua fortuna, come tua madre, come tua moglie. Ma, se non ti è veramente amico, l'invidia gli entra nel cuore e lo consuma in modo che presto o tardi non resiste più e te lo lascia vedere. Eh, è molto più difficile non essere invidioso dell'amico fortunato che generoso con quello sfortunato. \[...\]

Quand'è che le cose mi sono cominciate ad andare bene? Posso dirlo con precisione, dal momento che mio suocero ha deciso di aiutarmi e così ho potuto aprire una macelleria in quelle parti nuove, vicino a via Angelo Emo.

Ora quand'è che Arturo ha cominciato ad avere, almeno quando stava con me, quel viso falso, quel sorriso non sincero, quella voce poco naturale che pareva sempre dire le cose a mezza bocca \[...\]? Proprio verso la stessa epoca.

Dopo aver lavorato in segreto tutta l'estate per sistemare la macelleria, uno di quei giorni gli ho detto: – Ahò, Arturo, ho una sorpresa per te. \[...\] vieni con me e lo saprai.

Ci siamo trovati al bar di piazza Farnese, in quel quartiere vecchio dove abitavamo tutti e due e dove lui ci aveva il negozietto di cartoleria, nero-nero, proprio un buco \[...\].

Arriviamo in via Angelo Emo, prendo una di quelle strade nuove verso un bel palazzone bianco, con una fila di negozi ancora sfitti a pianterreno. Gli indico il mio negozio, anch'esso chiuso, ma con l'insegna parlante: “Luigi Proietti. Macelleria” e faccio: – Che ne dici?

Lui guarda e risponde: – Ah, questa era la sorpresa –, a denti stretti.

Sempre pieno d'entusiasmo, vado al negozio, \[...\] apro la porta ed entro. Ora, chiunque, di fronte a una macelleria come quella, con le pareti di marmo bianco, \[...\] il pavimento di marmo, il frigorifero grande \[...\] avrebbe esclamato: «Oh quanto è bello... Gigi hai una macelleria che è proprio un sogno... sono felice per te». Chiunque, ma non Arturo. \[...\]

Ci sono rimasto male e ho insistito, stupidamente: – Macellerie come queste a Roma ce ne sono poche.

E lui: – Bisognerà vedere come andrà in seguito.

È stato quel giorno che ho cominciato a dar ragione a Iole, mia moglie, la quale da tempo mi ripeteva: – Arturo, un amico? \[...\] quello, caro mio, non ti è amico..., non lo vedi che non ti può sopportare? \[...\]

Basta: Arturo in fondo aveva ragione; i negozi prima di tutto devono andar bene; ma il mio quasi subito è andato benissimo. \[...\]

È venuto l'inverno; \[...\] ho deciso di farmi la macchina. Iole subito mi ha avvertito: – Comprala, ma non andarci la prima volta con Arturo. Quello, con l'invidia che si ritrova, è capace di gettarci sopra il malocchio.

Le ho risposto, come le rispondevo sempre quando mi parlava male di Arturo: – Questi sono aff ari miei. Arturo è un amico... tu non ti mettere in mezzo. – Però ero rimasto colpito dalle sue parole, anche se non lo mostravo.

A ogni modo, vado da Arturo, alla cartoleria e gli dico: – Vieni con me all'agenzia... vediamo insieme le macchine... voglio comprarmene una.

Lui fa: – Anche la macchina? \[...\] Voglio dire che mi sembra che spendi un po' troppo... la macchina è una grossa spesa. – Insomma siamo andati all'agenzia e lì c'erano le macchine, grandi e piccole, in serie e fuoriserie, \[...\].

Arturo faceva la solita faccetta storta, e poi ha detto con una vocetta senza gioia: – Non dici sempre che gli aff ari ti vanno tanto bene? Non dici che non sai dove mettere i soldi? Ecco, mettili in questa fuoriserie –. Tutto questo con un tono tanto antipatico che ho avuto paura, pensando che forse voleva spingermi a fare una spesa superiore alle mie possibilità e subito, lì per lì, invece della fuoriserie, ho scelto una utilitaria come tutte le altre, grigia e marrone. \[...\]

È passato un anno, gli aff ari continuavano ad andarmi bene, mi è nato un bambino; e in quest'occasione, bisogna dire che Arturo ha saputo vincere l'invidia che lo consumava e si è mostrato gentile, con sincerità, \[...\]. Ma Iole non si fidava: – Aspetta a cantar vittoria..., negli aff ari, devi vederlo..., figli lui ne ha, anche troppi... sono i soldi che gli mancano.

Di lì a qualche mese, sempre con l'aiuto di mio suocero, ho acquistato un appartamento nuovo in un palazzo poco lontano dalla macelleria. \[...\] Anche questa volta ho voluto fare ad Arturo la sorpresa: l'ho invitato per una serata a casa mia, \[...\]. Sono passato in macchina alla cartoleria a prendere lui e la moglie, e lui: – Siamo a due passi... che bisogno c'è della macchina?

Non ho risposto nulla e sono andato dritto, \[...\]. Lui, allora, comprendendo non ha parlato più; e io ho detto: – Ma non lo sapevi che non stiamo più a via Monserrato? Credevo di avertelo detto. Ho comprato un piccolo appartamento vicino al negozio.

Lui ha fatto a bassa voce: – Mi fa piacere... proprio tanto.

Come siamo arrivati, per prima cosa gli ho mostrato l'appartamento \[...\], la faccia d'Arturo diventava sempre più scura. \[...\]

Ci siamo messi a tavola \[...\]. Eravamo tutti molto allegri, tranne Arturo \[...\]. Ma il più allegro di tutti ero proprio io \[...\]. Così un po' per la soddisfazione, un po' perché avevo bevuto, ho dimenticato Arturo e la sua invidia e, alla frutta, mi sono alzato, il bicchiere in mano, e ho cantato una canzoncina che avevo composto per l'occasione: – Fiori benedetti, macellerie ce ne sono a Roma, ma la migliore è quella di Proietti.

Era uno scherzo e aspettavo la risposta di Arturo, come d'abitudine, anche lui con una canzoncina, che improvvisava lì per lì. Invece lui è restato zitto; e mentre alzavo il bicchiere per bere alla salute di tutti, l'ho sentito dire a bassa voce, tra i denti: – Quant'è caro.

Avete capito: quant'è caro. Come dire: “Quando la fi nisce?”. Confesso che, a un tratto, anche perché avevo bevuto, ho perso il controllo e mi sono arrabbiato. Mi sono girato verso Arturo e, nel silenzio, l'ho accusato: – Tu hai detto: “Quant'è caro”.

– Ma vattene, io non ho detto nulla.

– Sì, tu hai detto: quant'è caro. E lo sai perché l'hai detto? \[...\] Perché sei invidioso e ti dispiace che le cose mi vanno bene.

– Ma tu sei scemo... Invidioso io? E perché mai?

Insomma è finita male. Con Iole che, esprimendo finalmente la sua antipatia, gridava ad Arturo: – Invidia crepa. \[...\]

Lui sembrava il più arrabbiato di tutti. \[...\] mi ha gridato in faccia tutto il male che pensava di me da anni \[...\]

Se n' è andato, finalmente; e io ho capito che la fortuna mi aveva fatto perdere il solo amico che avevo. Per questo ho detto più tardi a Iole: – La colpa è tutta mia... m'accorgo adesso di averlo provocato..., la fortuna bisogna saperla nascondere.

Lei rispose: – Ascoltami bene: i soli amici veri sono i soldi. Gli altri vanno e vengono.