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Podcast in Italia, Dove eravamo rimasti

Dove eravamo rimasti

Ciao, sono Sara Poma.

Scusa se interrompo il tuo ascolto.

Volevo dirti che è appena uscito il mio nuovo podcast.

Si chiama Figlie e racconta di un viaggio nella memoria.

La memoria di una madre sparita nel nulla durante la dittatura argentina.

Puoi ascoltarlo ora solo su RaiPlay Sound.

Cora

Sono Luca Pizzarri.

Questo è un podcast di Cora Media e si chiama Non hanno un amico.

C'è stato un periodo in cui essere famosi era una condizione riservata a pochissime persone.

Ora siamo tutti famosi, tutti conosciuti.

Non importa cosa tu faccia, che tu abbia o meno dei talenti.

Per essere famosi puoi saper recitare, risolvere il cubo di Rubik in tre secondi,

avere una faccia buffa, cantare una, basta una, bella canzone, avere un bel culo

o semplicemente avere tre anni e una mamma col telefonino sempre in mano.

Ed ecco lì, sei famoso.

Adoro le stelle, poi le pepe, i gatti e poi la buccia e la finella.

Oltretutto adesso c'è una fama selettiva.

Ci sono personaggi che sono famosi tra i più giovani, ma che gli adulti non conoscono

e altri che incontrano il pubblico maturo, ma che gli adolescenti non considerano minimamente.

Negli anni 80 di italiani famosi ce n'erano 40, 50.

Sicuramente uno dei più famosi, degli italiani più conosciuti da tutti, dai 3 ai 100 anni,

si chiamava Enzo Tortora, un signore nato a Genova.

Come spesso capita ai grandi della storia, che scriveva e conduceva un programma che si chiamava Portobello.

Una specie di miscela di tutti i format che negli anni a seguire avrebbero fatto la fortuna della TV.

Dentro Portobello c'era tutto, i freak che proponevano invenzioni assurde.

Che cosa intende per spianare il passo del turpino? Abbassarlo fino al livello del mare.

Lo scapolo che cercava moglie, c'era chi l'ha visto e uomini e donne, c'erano le telefoniste e il pappagallo parlante.

Un filmuto questo.

Coraggio.

Portobello.

Portobello.

Portobello.

Portobello.

L'ha detto! L'ha detto! L'ha detto!

E Tortora era bravo, era molto bravo.

E lo guardavano tutti, se non altro perché non c'era altro da guardare, ma piaceva a tutti.

Per spiegare un po' i numeri, la finale del Festival di Sanremo viene vista più o meno da 13-14 milioni di persone.

Ecco, la prima stagione di Portobello veniva vista da 28 milioni di persone, così magari è più chiaro.

Ecco, il 17 giugno del 1983, 40 anni fa, Tortora venne arrestato una mattina alle 4 con l'accusa di essere un camorrista.

Così, out of the blue, direbbero quelli di Milano. Come se domani mattina arrestassero Fedez.

No, di più. Fedez più Cabilame più Maria De Filippi, ecco.

Enzo Tortora. Ma stavolta non lo vediamo davanti alle telecamere che lo hanno reso famoso,

bensì tra i carabinieri del reparto operativo di Roma che lo hanno arrestato questa notte all'Hotel Plaza della Capitale.

Da lì cominciò un calvario che portò Tortora ad essere condannato, poi definitivamente assolto,

e la sua storia diventò il simbolo di tutti gli errori giudiziari. I suoi accusatori fecero naturalmente una grande carriera.

Lui, forse anche distrutto dalla fatica di quel calvario per dimostrare un'innocenza cristallina, morì purtroppo poco dopo.

Perché io sono debole, signor procuratore generale. Debole è chi non lo sarebbe dopo tre anni e tre mesi di questo tormento.

Ogni volta che ricordo questa storia, mi viene sempre in mente mia madre che come tantissimi italiani, anzi come quasi tutti gli italiani,

in quei giorni diceva, beh, se l'hanno arrestato qualcosa avrà combinato.

E mi chiedo cosa sarebbe successo se allora ci fossero stati i social.

Penso con terrore se Tortora fosse stato arrestato ai tempi di Twitter.

Madonna mia!

Se si fosse dovuto confrontare anche con il tribunale degli indignati, dei giusti, dei vergogna.

In un momento come questo, in cui la cronaca è diventata come Netflix, puro intrattenimento, con un bonus in più,

quello di poter giudicare, emettere delle condanne, non sospendere mai il giudizio morale, per citare uno leggermente più bravo di me,

giudicare di continuo tutto e tutti, giudicare prima di e senza aver capito.

E Milan Kundera, eh? Mica fra cazzo da Velletri.

Il caso Tortora, a pensarci bene, fu un po' l'inizio di tutto questo.

Furono pochissimi a schierarsi dalla sua parte.

Mi ricordo Piero Angela.

Caro Enzo, so che ci stai ascoltando.

Vittorio Feltri.

Insomma, si contavano sulle dita di due mani.

Ma la gente comune, noi, forse lì per la prima volta cominciammo a dare il peggio.

Ricordo la brama con la quale si aspettava che uscissero le foto di Tortora rasato a zero, in carcere.

Quel malcelato godimento che molti avevano nel vedere un uomo di successo caduto in disgrazia, nel trovare conforto dentro la tragedia altrui.

Fu lì che cominciammo a sentirci migliori, ad avere la certezza di poterci permettere di condannare o assolvere.

Ed è stata una crescita fino a oggi, fino al signore che l'altro giorno mi ha scritto

non scagliare la prima pietra ha un po' rotto il cazzo.

Non capendo l'enormità di questo, come dire, concetto.

Perché tutti la vogliono scagliare quella pietra.

Anzi, se è la prima è meglio, fa più like, più condivisioni.

40 anni fa non solo venne arrestato un uomo innocente, e quello è un dramma personale,

ma venne alla luce una società superficiale, avida di carcasse sulle quali sfogare i propri istinti.

E quello fu, ed è, un dramma collettivo, che mi porta a pensare che c'è un solo motivo

per il quale oggi nessuno propone di reintrodurre la pena di morte in Italia.

Perché non si sono ancora resi conto che chi lo farà guadagnerà un sacco di voti.

Io sono innocente, io spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi.

A domani.

Non hanno un amico è un podcast di Cora News prodotto da Cora Media.

È scritto da Luca Bizzarri con Ugo Ripamonti.

La cura editoriale è di Francesca Milano.

La supervisione del suono e della musica è di Luca Micheli.

La post-produzione e il montaggio sono di Filippo Mainardi.

Il producer è Alex Peverengo.

Le fonti dei contributi audio sono indicate nella sinossi.


Dove eravamo rimasti Wo wir waren Where were we Dónde estábamos Onde estivemos 我们刚刚说到哪了

Ciao, sono Sara Poma.

Scusa se interrompo il tuo ascolto.

Volevo dirti che è appena uscito il mio nuovo podcast.

Si chiama Figlie e racconta di un viaggio nella memoria.

La memoria di una madre sparita nel nulla durante la dittatura argentina.

Puoi ascoltarlo ora solo su RaiPlay Sound.

Cora

Sono Luca Pizzarri.

Questo è un podcast di Cora Media e si chiama Non hanno un amico.

C'è stato un periodo in cui essere famosi era una condizione riservata a pochissime persone.

Ora siamo tutti famosi, tutti conosciuti.

Non importa cosa tu faccia, che tu abbia o meno dei talenti.

Per essere famosi puoi saper recitare, risolvere il cubo di Rubik in tre secondi,

avere una faccia buffa, cantare una, basta una, bella canzone, avere un bel culo

o semplicemente avere tre anni e una mamma col telefonino sempre in mano.

Ed ecco lì, sei famoso.

Adoro le stelle, poi le pepe, i gatti e poi la buccia e la finella.

Oltretutto adesso c'è una fama selettiva.

Ci sono personaggi che sono famosi tra i più giovani, ma che gli adulti non conoscono

e altri che incontrano il pubblico maturo, ma che gli adolescenti non considerano minimamente.

Negli anni 80 di italiani famosi ce n'erano 40, 50.

Sicuramente uno dei più famosi, degli italiani più conosciuti da tutti, dai 3 ai 100 anni,

si chiamava Enzo Tortora, un signore nato a Genova.

Come spesso capita ai grandi della storia, che scriveva e conduceva un programma che si chiamava Portobello.

Una specie di miscela di tutti i format che negli anni a seguire avrebbero fatto la fortuna della TV.

Dentro Portobello c'era tutto, i freak che proponevano invenzioni assurde.

Che cosa intende per spianare il passo del turpino? Abbassarlo fino al livello del mare.

Lo scapolo che cercava moglie, c'era chi l'ha visto e uomini e donne, c'erano le telefoniste e il pappagallo parlante.

Un filmuto questo.

Coraggio.

Portobello.

Portobello.

Portobello.

Portobello.

L'ha detto! L'ha detto! L'ha detto!

E Tortora era bravo, era molto bravo.

E lo guardavano tutti, se non altro perché non c'era altro da guardare, ma piaceva a tutti.

Per spiegare un po' i numeri, la finale del Festival di Sanremo viene vista più o meno da 13-14 milioni di persone.

Ecco, la prima stagione di Portobello veniva vista da 28 milioni di persone, così magari è più chiaro.

Ecco, il 17 giugno del 1983, 40 anni fa, Tortora venne arrestato una mattina alle 4 con l'accusa di essere un camorrista.

Così, out of the blue, direbbero quelli di Milano. Come se domani mattina arrestassero Fedez.

No, di più. Fedez più Cabilame più Maria De Filippi, ecco.

Enzo Tortora. Ma stavolta non lo vediamo davanti alle telecamere che lo hanno reso famoso,

bensì tra i carabinieri del reparto operativo di Roma che lo hanno arrestato questa notte all'Hotel Plaza della Capitale.

Da lì cominciò un calvario che portò Tortora ad essere condannato, poi definitivamente assolto,

e la sua storia diventò il simbolo di tutti gli errori giudiziari. I suoi accusatori fecero naturalmente una grande carriera.

Lui, forse anche distrutto dalla fatica di quel calvario per dimostrare un'innocenza cristallina, morì purtroppo poco dopo.

Perché io sono debole, signor procuratore generale. Debole è chi non lo sarebbe dopo tre anni e tre mesi di questo tormento.

Ogni volta che ricordo questa storia, mi viene sempre in mente mia madre che come tantissimi italiani, anzi come quasi tutti gli italiani,

in quei giorni diceva, beh, se l'hanno arrestato qualcosa avrà combinato.

E mi chiedo cosa sarebbe successo se allora ci fossero stati i social.

Penso con terrore se Tortora fosse stato arrestato ai tempi di Twitter.

Madonna mia!

Se si fosse dovuto confrontare anche con il tribunale degli indignati, dei giusti, dei vergogna.

In un momento come questo, in cui la cronaca è diventata come Netflix, puro intrattenimento, con un bonus in più,

quello di poter giudicare, emettere delle condanne, non sospendere mai il giudizio morale, per citare uno leggermente più bravo di me,

giudicare di continuo tutto e tutti, giudicare prima di e senza aver capito.

E Milan Kundera, eh? Mica fra cazzo da Velletri.

Il caso Tortora, a pensarci bene, fu un po' l'inizio di tutto questo.

Furono pochissimi a schierarsi dalla sua parte.

Mi ricordo Piero Angela.

Caro Enzo, so che ci stai ascoltando.

Vittorio Feltri.

Insomma, si contavano sulle dita di due mani.

Ma la gente comune, noi, forse lì per la prima volta cominciammo a dare il peggio.

Ricordo la brama con la quale si aspettava che uscissero le foto di Tortora rasato a zero, in carcere.

Quel malcelato godimento che molti avevano nel vedere un uomo di successo caduto in disgrazia, nel trovare conforto dentro la tragedia altrui.

Fu lì che cominciammo a sentirci migliori, ad avere la certezza di poterci permettere di condannare o assolvere.

Ed è stata una crescita fino a oggi, fino al signore che l'altro giorno mi ha scritto

non scagliare la prima pietra ha un po' rotto il cazzo.

Non capendo l'enormità di questo, come dire, concetto.

Perché tutti la vogliono scagliare quella pietra.

Anzi, se è la prima è meglio, fa più like, più condivisioni.

40 anni fa non solo venne arrestato un uomo innocente, e quello è un dramma personale,

ma venne alla luce una società superficiale, avida di carcasse sulle quali sfogare i propri istinti.

E quello fu, ed è, un dramma collettivo, che mi porta a pensare che c'è un solo motivo

per il quale oggi nessuno propone di reintrodurre la pena di morte in Italia.

Perché non si sono ancora resi conto che chi lo farà guadagnerà un sacco di voti.

Io sono innocente, io spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi.

A domani.

Non hanno un amico è un podcast di Cora News prodotto da Cora Media.

È scritto da Luca Bizzarri con Ugo Ripamonti.

La cura editoriale è di Francesca Milano.

La supervisione del suono e della musica è di Luca Micheli.

La post-produzione e il montaggio sono di Filippo Mainardi.

Il producer è Alex Peverengo.

Le fonti dei contributi audio sono indicate nella sinossi.