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Storia D'Italia, Il nuovo vescovo di Milano (383-392) - Ep. 19 (2)

Il nuovo vescovo di Milano (383-392) - Ep. 19 (2)

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In questa atmosfera va vista l'azione di Teodosio che già nel 381 mosse ad affrontare la minaccia ariana: mentre la tempesta Gotica era ancora in corso ci si sarebbe potuto aspettare che il nostro imperatore si concentrasse su faccende più terrene. Penso però che abbiate capito la mentalità Romana – tra l'altro perfettamente in linea con quella dei tempi della Repubblica. La questione Ariana era una questione di sicurezza pubblica oltre che religiosa: andava ristabilita l'alleanza dei Romani con Dio, sopprimendo l'eresia che gli era così chiaramente invisa: solo allora i Romani avrebbero potuto trionfare sui Goti.

Il primo atto di Teodosio su questo fronte che considerava fondamentale fu il celeberrimo editto di Tessalonica, emanato il 27 febbraio del 380 nei giorni più bui della guerra Gotica. E' un testo breve quindi se non vi spiace ve lo declamo in tutta la sua importanza: «Vogliamo che tutti i popoli che ci degniamo di tenere sotto il nostro dominio seguano la religione che san Pietro apostolo ha insegnato ai Romani, oggi professata dal Pontefice Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria; cioè che, conformemente all'insegnamento apostolico e alla dottrina evangelica si creda nell'unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Chi segue questa fede sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno considerati stolti eretici; alle loro riunioni non attribuiremo il nome di chiesa. Costoro saranno condannati anzitutto dal castigo divino, poi anche dalla punizione della nostra autorità terrena, come Dio vuole”.

La cosa che mi stupisce di questo editto è che è sempre stato interpretato come un editto che ufficializza la religione cristiana come religione di stato, bandendo i culti pagani: in ciò è spesso contrapposto al supposto editto di libertà religiosa di Costantino, l'editto di Milano. È una interpretazione che mi pare del tutto semplicistica: dopo l'editto di Milano non ci fu nessuna libertà religiosa, i culti pagani furono limitati, depotenziati e spesso proprio perseguitati. Allo stesso tempo l'editto di Tessalonica non riguarda invece quasi per nulla i pagani: finirà per farlo, di qui a qualche anno, ma leggendo il testo e conoscendo la situazione è chiaro che l'editto di Tessalonica non dichiara il cristianesimo come religione ufficiale. il Cristianesimo era de facto la religione “ufficiale” dell'impero – qualunque cosa questo voglia dire – almeno dai tempi del concilio di Nicea. I pagani non sono neanche il vero obiettivo dell'editto: è ovvio che quello a cui Teodosio si riferisce è la supremazia del credo trinitario niceno su quello ariano: gli ariani non sono più considerati chiesa e saranno perseguitati da Dio e dalla autorità costituita dell'imperatore.

Il Concilio di Costantinopoli

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L'anno seguente Teodosio fece seguito all'editto e indisse un concilio della chiesa d'oriente, pochi mesi prima del concilio di Aquileia di Ambrogio: una tale coincidenza mi fa pensare che l'azione fosse concertata. Teodosio seguì infatti per tutta la vita le istruzioni religiose di Ambrogio: aveva un rispetto per il vescovo di Milano quasi superstizioso ed era un convinto Niceno, assai più di qualunque precedente imperatore Romano. Il primo concilio di Costantinopoli, come passerà alla storia, è un concilio fondamentale tanto da essere considerato oggi il secondo concilio ecumenico, cioè di tutta la chiesa: ha anche la distinzione di essere l'unico concilio, assieme a quello di Nicea, che è accettato da tutte le confessioni cristiane ancora oggi. Va detto che, come a Nicea, il ruolo del papato fu pressoché nullo nel determinarne le deliberazioni. Ancora nel 381 il papato non è una istituzione al di sopra delle altre nella chiesa: è poco più di un vescovato importante dell'occidente e perfino lì è sul sedile posteriore dell'auto alla cui guida c'è il vescovo di Milano.

Cosa decise il concilio? Si occupò di condannare l'arianesimo in ogni sua forma e declinazione, in modo incontrovertibile e definitivo: con questo concilio la chiesa Romana d'oriente viene definitivamente purgata degli ariani e questo fu un atto assai più rivoluzionario che in occidente, visto che in molte città gli ariani erano la maggioranza. Il concilio modificò inoltre il credo niceno, soprattutto sul punto dello spirito santo che era stato abbastanza ignorato a Nicea: il credo niceno-costantinopolitano – come è conosciuto – è quello che viene letto ancora oggi a messa, ogni domenica. Oltre a diversi punti minori fu trattato un argomento importante, quello dello status del vescovo della capitale nella gerarchia ecclesiastica.

Come ho già accennato altrove la Chiesa dell'Impero era organizzata in vescovati, come d'altronde anche oggi, a loro volta però facenti capo a diversi patriarcati, ovvero vescovi con un ruolo regionale di coordinamento. Questo ruolo gli era stato conferito con il tempo e a causa dell'importanza del loro seggio vescovile, visto che si trattava delle città più importanti dell'Impero, ma anche perché percepite come chiese “apostoliche” ovvero fondate dagli apostoli di Gesù.

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I patriarchi erano originariamente quattro: Alessandria, per l'Egitto e i paesi africani a sud, Gerusalemme per ovvi motivi di precedenza apostolica ma in realtà con un ruolo limitato relativo solo alla Palestina, Antiochia a capo delle diocesi dell'oriente Romano e infine Roma, a cui facevano capo tutte le diocesi dell'impero d'occidente più la Grecia e la Macedonia: Roma non aveva concorrenti in occidente perché la sua dimensione era fuori misura rispetto a tutte le altre città occidentali ma anche perché la popolazione cristiana era stata inizialmente meno densa in occidente e non aveva richiesto più di un patriarcato.

Avete notato chi manca? Ma ovviamente Costantinopoli, la nuova capitale dell'Impero. La vecchia Bisanzio era una città minore e quindi non aveva ricevuto un ruolo importante quando la chiesa si era strutturata. Il vescovo della capitale era un semplice vescovo, in teoria sottoposto ad Antiochia anche se in realtà molto indipendente. Tra i patriarchi c'era anche un ordine non scritto di precedenza: un primato di “primus inter pares” era riconosciuto al patriarca di Roma, il papa, seguivano poi Alessandria e Antiochia (considerate molto vicine a Roma) e infine Gerusalemme.

Il concilio di Costantinopoli, guarda caso svoltosi proprio sulle rive del Bosforo, stravolse questa gerarchia: decise di elevare il rango del Vescovo della capitale, che non si chiamerà patriarca ancora per qualche anno ma che lo sarà da questo momento di fatto. Non solo: il vescovo di Costantinopoli, in quanto vescovo di “Nuova Roma” fu elevato al di sopra di ogni altro patriarca con l'esclusione di quello di Roma. Antiochia e Alessandria, che avevano sempre guardato dall'alto in basso Costantinopoli, si ritrovarono retrocesse. Può sembrare un punto minore ma avrà un ruolo colossale nello sviluppo del cristianesimo, soprattutto orientale: da questo momento in poi Costantinopoli governerà la chiesa d'oriente. Il patriarca di Costantinopoli avrà sempre un vicino ingombrante nell'imperatore, a pochi passi di distanza. Una vicinanza che il papato non avrà praticamente mai: cosa che avrà importanti conseguenze nell'evoluzione del cristianesimo orientale e occidentale. Ancora oggi il patriarca di Costantinopoli è considerato il patriarca ecumenico della chiesa ortodossa: ovvero con il ruolo di “primus inter pares” riconosciuto a Roma e a cui, da un punto di vista ortodosso, Roma rinuncerà quando si arriverà allo scisma tra le due chiese.

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Roma non accolse per nulla bene questa parte del concilio di Costantinopoli, ritenendolo una forzatura dell'ordine precostituito. Ci vorranno decenni prima che Roma si rassegni ad accettare il concilio, ma lo accettò e quindi tutt'ora gli atti del concilio di Teodosio sono considerati normativi per la chiesa Cattolica e tutte le chiese orientali. Nuova Roma aveva conquistato il suo posto al sole.

La tempesta si accumula in occidente

Mentre tra Milano e Costantinopoli si riscriveva la storia religiosa della cristianità ai confini estremi dell'impero un uomo ribolliva di rabbia: Magno Massimo, uno dei più capaci luogotenenti oltre che nipote del conte Teodosio, era stato lasciato a marcire in Britannia mentre i suoi ex colleghi facevano carriera, soprattutto quel damerino di suo cugino, l'ormai imperatore Teodosio. Credo abbia sentito inoltre che stava arrivando il suo momento: Graziano – ci riferiscono le nostre fonti – era diventato impopolare. Per giustificare questa impopolarità Zosimo e Orosio dicono che l'imperatore si era affezionato troppo ad una unità di Alani che Graziano avrebbe stimato al di sopra di ogni altro soldato imperiale, irritandoli. Una storia che ricorda troppo quella di Costante per essere credibile.

Graziano era stato popolare solo pochi anni prima, intorno al 380. Aveva vinto una grande battaglia nel 378, contro gli Alamanni. Cosa poteva essere davvero cambiato per rendere Graziano impopolare, soprattutto (come vedremo) tra i suoi soldati, per lo più Franchi e per lo più pagani? Bè io credo che la responsabilità vada cercata nella sua politica religiosa: una cosa era adottare una politica antipagana in oriente – e Teodosio per ora si era ben guardato dal farlo, pur avendo una popolazione pagana molto più limitata – altra cosa era farlo in occidente, soprattutto quando l'esercito del fu Giuliano era ancora lì, a guardia della frontiera del Reno. Magno Massimo non era un pagano ma credo che ebbe sentore che Graziano non fosse così popolare come un tempo.

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Sta di fatto che nel 383 Magno Massimo si ribellò e fu acclamato imperatore dalle legioni della Britannia, contente di essere finalmente al centro dell'azione. Magno Massimo prese il nerbo delle truppe britanniche e le portò sul continente. Sbarcato a Boulogne affrontò nei dintorni di Parigi l'esercito di Graziano: esercito che però non aveva nessuna voglia di morire in una guerra civile che avrebbe solo indebolito l'impero e la frontiera renana. Dopo alcuni giorni di alterchi tra i soldati, più scena che altro, Merobaude abbandonò Graziano e passò con tutti i suoi uomini dalla parte di Magno Massimo: come si può notare le guerre civili romane avevano tutto l'aspetto di improprie elezioni effettuate dai soldati e dai loro generali.

Una volta che ci fu la prima defezione questa fu seguita da molte altre e presto Graziano capì che era finita: si mise in fuga, probabilmente per raggiungere Milano o Teodosio in oriente ma fu raggiunto a Lione da uno dei comandanti di Magno Massimo e messo sbrigativamente a morte. Finiva così, violentemente, il regno di un imperatore che, nelle parole di Ammiano Marcellino, aveva dimostrato molto potenziale ma che si era poi perso per strada.

Ambrogio, imperatore de facto

A Milano immagino che la corte fu presa dal panico. l'Augusta Giustina aveva però un perfetto candidato per il trono. Anzi: era già l'Augusto dell'impero, anche se fino ad ora solo di nome. Si trattava ovviamente di suo figlio Valentiniano II che a questo punto aveva 12 anni. Giustina fece inviare messaggeri a Teodosio, ricordandogli i suoi vincoli di amicizia con la famiglia di Valentiniano I. Questi inviò il generale Bauto in Italia alla testa di un consistente esercito con l'obiettivo di difendere il diritto di Valentiniano al trono.

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Valentiniano II

La corte di Milano, ora in una posizione negoziale più forte, inviò da Magno Massimo un ambasciatore per trattare. E chi poteva essere, se non il nostro vescovo di Milano? Ambrogio trattò con Magno Massimo un accordo con il quale l'impero – che restava ovviamente unitario – veniva diviso tra i tre augusti. Valentiniano e Teodosio avrebbero riconosciuto la legittimità di Magno Massimo a governare: a quest'ultimo sarebbe andato il regno delle Gallie, la Spagna e la Britannia. In cambio Magno Massimo avrebbe lasciato in pace Valentiniano II lasciandogli i domini sull'Italia e l'Africa. Va da sé che l'oriente restava a Teodosio.

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A Milano iniziò quindi una nuova coabitazione tra il cattolicissimo Ambrogio e l'augusta Giustina, ariana e oramai la figura più importante della corte. Giustina chiese, a nome di suo figlio l'imperatore, che due chiese della capitale fossero allocate al culto ariano, tra queste la Basilica Portiana, identificata con l'attuale San Lorenzo alle Colonne, una chiesa amata da tutti i Milanesi e la più antica della città. Ambrogio ovviamente si rifiutò categoricamente: per questo fu condotto manu militari di fronte al consiglio imperiale. Ambrogio rimase però inamovibile anche di fronte al suo imperatore. Il giorno dopo il Prefetto della corte gli chiese di cedere almeno la basilica portiana: era quasi Pasqua e le maestà imperiali chiedevano una chiesa nella quale celebrare la più importante festa cristiana. Quando ufficiali della corte furono inviati a prendere possesso della chiesa Ambrogio incitò con un sermone infuocato la popolazione di Milano a resistere: i milanesi cattolici si barricarono dentro la chiesa e Ambrogio, alla testa del popolo armato, ebbe la sua vittoria: Giustina non avrebbe mai avuto una chiesa per gli infedeli. Non solo: Ambrogio divenne tutore – con l'imperatrice Giustina – del giovane imperatore Valentiniano II e quindi de facto co-reggente dell'Italia: il vescovo, per la prima volta, aveva battuto il potere civile. Non sarà l'ultima.

Il nuovo vescovo di Milano (383-392) - Ep. 19 (2) Der neue Bischof von Mailand (383-392) - Ep. 19 (2) Ο νέος επίσκοπος του Μιλάνου (383-392) - Ep. 19 (2) The new bishop of Milan (383-392) - Ep. 19 (2) O novo bispo de Milão (383-392) - Ep. 19 (2)

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In questa atmosfera va vista l'azione di Teodosio che già nel 381 mosse ad affrontare la minaccia ariana: mentre la tempesta Gotica era ancora in corso ci si sarebbe potuto aspettare che il nostro imperatore si concentrasse su faccende più terrene. Penso però che abbiate capito la mentalità Romana – tra l'altro perfettamente in linea con quella dei tempi della Repubblica. La questione Ariana era una questione di sicurezza pubblica oltre che religiosa: andava ristabilita l'alleanza dei Romani con Dio, sopprimendo l'eresia che gli era così chiaramente invisa: solo allora i Romani avrebbero potuto trionfare sui Goti.

Il primo atto di Teodosio su questo fronte che considerava fondamentale fu il celeberrimo editto di Tessalonica, emanato il 27 febbraio del 380 nei giorni più bui della guerra Gotica. E' un testo breve quindi se non vi spiace ve lo declamo in tutta la sua importanza: «Vogliamo che tutti i popoli che ci degniamo di tenere sotto il nostro dominio seguano la religione che san Pietro apostolo ha insegnato ai Romani, oggi professata dal Pontefice Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria; cioè che, conformemente all'insegnamento apostolico e alla dottrina evangelica si creda nell'unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Chi segue questa fede sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno considerati stolti eretici; alle loro riunioni non attribuiremo il nome di chiesa. Costoro saranno condannati anzitutto dal castigo divino, poi anche dalla punizione della nostra autorità terrena, come Dio vuole”.

La cosa che mi stupisce di questo editto è che è sempre stato interpretato come un editto che ufficializza la religione cristiana come religione di stato, bandendo i culti pagani: in ciò è spesso contrapposto al supposto editto di libertà religiosa di Costantino, l'editto di Milano. È una interpretazione che mi pare del tutto semplicistica: dopo l'editto di Milano non ci fu nessuna libertà religiosa, i culti pagani furono limitati, depotenziati e spesso proprio perseguitati. Allo stesso tempo l'editto di Tessalonica non riguarda invece quasi per nulla i pagani: finirà per farlo, di qui a qualche anno, ma leggendo il testo e conoscendo la situazione è chiaro che l'editto di Tessalonica non dichiara il cristianesimo come religione ufficiale. il Cristianesimo era de facto la religione “ufficiale” dell'impero – qualunque cosa questo voglia dire – almeno dai tempi del concilio di Nicea. I pagani non sono neanche il vero obiettivo dell'editto: è ovvio che quello a cui Teodosio si riferisce è la supremazia del credo trinitario niceno su quello ariano: gli ariani non sono più considerati chiesa e saranno perseguitati da Dio e dalla autorità costituita dell'imperatore.

Il Concilio di Costantinopoli

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L'anno seguente Teodosio fece seguito all'editto e indisse un concilio della chiesa d'oriente, pochi mesi prima del concilio di Aquileia di Ambrogio: una tale coincidenza mi fa pensare che l'azione fosse concertata. Teodosio seguì infatti per tutta la vita le istruzioni religiose di Ambrogio: aveva un rispetto per il vescovo di Milano quasi superstizioso ed era un convinto Niceno, assai più di qualunque precedente imperatore Romano. Il primo concilio di Costantinopoli, come passerà alla storia, è un concilio fondamentale tanto da essere considerato oggi il secondo concilio ecumenico, cioè di tutta la chiesa: ha anche la distinzione di essere l'unico concilio, assieme a quello di Nicea, che è accettato da tutte le confessioni cristiane ancora oggi. Va detto che, come a Nicea, il ruolo del papato fu pressoché nullo nel determinarne le deliberazioni. Ancora nel 381 il papato non è una istituzione al di sopra delle altre nella chiesa: è poco più di un vescovato importante dell'occidente e perfino lì è sul sedile posteriore dell'auto alla cui guida c'è il vescovo di Milano.

Cosa decise il concilio? Si occupò di condannare l'arianesimo in ogni sua forma e declinazione, in modo incontrovertibile e definitivo: con questo concilio la chiesa Romana d'oriente viene definitivamente purgata degli ariani e questo fu un atto assai più rivoluzionario che in occidente, visto che in molte città gli ariani erano la maggioranza. Il concilio modificò inoltre il credo niceno, soprattutto sul punto dello spirito santo che era stato abbastanza ignorato a Nicea: il credo niceno-costantinopolitano – come è conosciuto – è quello che viene letto ancora oggi a messa, ogni domenica. Oltre a diversi punti minori fu trattato un argomento importante, quello dello status del vescovo della capitale nella gerarchia ecclesiastica.

Come ho già accennato altrove la Chiesa dell'Impero era organizzata in vescovati, come d'altronde anche oggi, a loro volta però facenti capo a diversi patriarcati, ovvero vescovi con un ruolo regionale di coordinamento. Questo ruolo gli era stato conferito con il tempo e a causa dell'importanza del loro seggio vescovile, visto che si trattava delle città più importanti dell'Impero, ma anche perché percepite come chiese “apostoliche” ovvero fondate dagli apostoli di Gesù.

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I patriarchi erano originariamente quattro: Alessandria, per l'Egitto e i paesi africani a sud, Gerusalemme per ovvi motivi di precedenza apostolica ma in realtà con un ruolo limitato relativo solo alla Palestina, Antiochia a capo delle diocesi dell'oriente Romano e infine Roma, a cui facevano capo tutte le diocesi dell'impero d'occidente più la Grecia e la Macedonia: Roma non aveva concorrenti in occidente perché la sua dimensione era fuori misura rispetto a tutte le altre città occidentali ma anche perché la popolazione cristiana era stata inizialmente meno densa in occidente e non aveva richiesto più di un patriarcato.

Avete notato chi manca? Ma ovviamente Costantinopoli, la nuova capitale dell'Impero. La vecchia Bisanzio era una città minore e quindi non aveva ricevuto un ruolo importante quando la chiesa si era strutturata. Il vescovo della capitale era un semplice vescovo, in teoria sottoposto ad Antiochia anche se in realtà molto indipendente. Tra i patriarchi c'era anche un ordine non scritto di precedenza: un primato di “primus inter pares” era riconosciuto al patriarca di Roma, il papa, seguivano poi Alessandria e Antiochia (considerate molto vicine a Roma) e infine Gerusalemme.

Il concilio di Costantinopoli, guarda caso svoltosi proprio sulle rive del Bosforo, stravolse questa gerarchia: decise di elevare il rango del Vescovo della capitale, che non si chiamerà patriarca ancora per qualche anno ma che lo sarà da questo momento di fatto. Non solo: il vescovo di Costantinopoli, in quanto vescovo di “Nuova Roma” fu elevato al di sopra di ogni altro patriarca con l'esclusione di quello di Roma. Antiochia e Alessandria, che avevano sempre guardato dall'alto in basso Costantinopoli, si ritrovarono retrocesse. Può sembrare un punto minore ma avrà un ruolo colossale nello sviluppo del cristianesimo, soprattutto orientale: da questo momento in poi Costantinopoli governerà la chiesa d'oriente. Il patriarca di Costantinopoli avrà sempre un vicino ingombrante nell'imperatore, a pochi passi di distanza. Una vicinanza che il papato non avrà praticamente mai: cosa che avrà importanti conseguenze nell'evoluzione del cristianesimo orientale e occidentale. Ancora oggi il patriarca di Costantinopoli è considerato il patriarca ecumenico della chiesa ortodossa: ovvero con il ruolo di “primus inter pares” riconosciuto a Roma e a cui, da un punto di vista ortodosso, Roma rinuncerà quando si arriverà allo scisma tra le due chiese.

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Roma non accolse per nulla bene questa parte del concilio di Costantinopoli, ritenendolo una forzatura dell'ordine precostituito. Ci vorranno decenni prima che Roma si rassegni ad accettare il concilio, ma lo accettò e quindi tutt'ora gli atti del concilio di Teodosio sono considerati normativi per la chiesa Cattolica e tutte le chiese orientali. Nuova Roma aveva conquistato il suo posto al sole.

La tempesta si accumula in occidente

Mentre tra Milano e Costantinopoli si riscriveva la storia religiosa della cristianità ai confini estremi dell'impero un uomo ribolliva di rabbia: Magno Massimo, uno dei più capaci luogotenenti oltre che nipote del conte Teodosio, era stato lasciato a marcire in Britannia mentre i suoi ex colleghi facevano carriera, soprattutto quel damerino di suo cugino, l'ormai imperatore Teodosio. Credo abbia sentito inoltre che stava arrivando il suo momento: Graziano – ci riferiscono le nostre fonti – era diventato impopolare. Per giustificare questa impopolarità Zosimo e Orosio dicono che l'imperatore si era affezionato troppo ad una unità di Alani che Graziano avrebbe stimato al di sopra di ogni altro soldato imperiale, irritandoli. Una storia che ricorda troppo quella di Costante per essere credibile.

Graziano era stato popolare solo pochi anni prima, intorno al 380. Aveva vinto una grande battaglia nel 378, contro gli Alamanni. Cosa poteva essere davvero cambiato per rendere Graziano impopolare, soprattutto (come vedremo) tra i suoi soldati, per lo più Franchi e per lo più pagani? Bè io credo che la responsabilità vada cercata nella sua politica religiosa: una cosa era adottare una politica antipagana in oriente – e Teodosio per ora si era ben guardato dal farlo, pur avendo una popolazione pagana molto più limitata – altra cosa era farlo in occidente, soprattutto quando l'esercito del fu Giuliano era ancora lì, a guardia della frontiera del Reno. Magno Massimo non era un pagano ma credo che ebbe sentore che Graziano non fosse così popolare come un tempo.

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Una volta che ci fu la prima defezione questa fu seguita da molte altre e presto Graziano capì che era finita: si mise in fuga, probabilmente per raggiungere Milano o Teodosio in oriente ma fu raggiunto a Lione da uno dei comandanti di Magno Massimo e messo sbrigativamente a morte. Finiva così, violentemente, il regno di un imperatore che, nelle parole di Ammiano Marcellino, aveva dimostrato molto potenziale ma che si era poi perso per strada.

Ambrogio, imperatore de facto

A Milano immagino che la corte fu presa dal panico. l'Augusta Giustina aveva però un perfetto candidato per il trono. Anzi: era già l'Augusto dell'impero, anche se fino ad ora solo di nome. Si trattava ovviamente di suo figlio Valentiniano II che a questo punto aveva 12 anni. Giustina fece inviare messaggeri a Teodosio, ricordandogli i suoi vincoli di amicizia con la famiglia di Valentiniano I. Questi inviò il generale Bauto in Italia alla testa di un consistente esercito con l'obiettivo di difendere il diritto di Valentiniano al trono.

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Valentiniano II

La corte di Milano, ora in una posizione negoziale più forte, inviò da Magno Massimo un ambasciatore per trattare. E chi poteva essere, se non il nostro vescovo di Milano? Ambrogio trattò con Magno Massimo un accordo con il quale l'impero – che restava ovviamente unitario – veniva diviso tra i tre augusti. Valentiniano e Teodosio avrebbero riconosciuto la legittimità di Magno Massimo a governare: a quest'ultimo sarebbe andato il regno delle Gallie, la Spagna e la Britannia. In cambio Magno Massimo avrebbe lasciato in pace Valentiniano II lasciandogli i domini sull'Italia e l'Africa. Va da sé che l'oriente restava a Teodosio.

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A Milano iniziò quindi una nuova coabitazione tra il cattolicissimo Ambrogio e l'augusta Giustina, ariana e oramai la figura più importante della corte. Giustina chiese, a nome di suo figlio l'imperatore, che due chiese della capitale fossero allocate al culto ariano, tra queste la Basilica Portiana, identificata con l'attuale San Lorenzo alle Colonne, una chiesa amata da tutti i Milanesi e la più antica della città. Ambrogio ovviamente si rifiutò categoricamente: per questo fu condotto manu militari di fronte al consiglio imperiale. Ambrogio rimase però inamovibile anche di fronte al suo imperatore. Il giorno dopo il Prefetto della corte gli chiese di cedere almeno la basilica portiana: era quasi Pasqua e le maestà imperiali chiedevano una chiesa nella quale celebrare la più importante festa cristiana. Quando ufficiali della corte furono inviati a prendere possesso della chiesa Ambrogio incitò con un sermone infuocato la popolazione di Milano a resistere: i milanesi cattolici si barricarono dentro la chiesa e Ambrogio, alla testa del popolo armato, ebbe la sua vittoria: Giustina non avrebbe mai avuto una chiesa per gli infedeli. Non solo: Ambrogio divenne tutore – con l'imperatrice Giustina – del giovane imperatore Valentiniano II e quindi de facto co-reggente dell'Italia: il vescovo, per la prima volta, aveva battuto il potere civile. Non sarà l'ultima.