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Storia D'Italia, I pericoli di un carattere collerico (370-376) - Ep. 13 (2)

I pericoli di un carattere collerico (370-376) - Ep. 13 (2)

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Ma torniamo agli Alemanni: questi al riesplodere della guerra decisero di nominare un capo supremo per far fronte al gigantesco impero d'oltre Reno. Nominarono capo supremo un certo Makrian che si accinse a cercare di condurre la disperata difesa contro Valentiniano. L'imperatore decise che fosse utile, prima di attaccare di nuovo gli Alemanni, di trovarsi degli alleati tra i Germani. Convinse quindi i vicini settentrionali degli Alemanni, i Burgundi, ad attaccare questi ultimi. Purtroppo, non ci fu un buon coordinamento tra Romani e Burgundi, con questi ultimi che si trovarono ad attaccare gli Alemanni senza il supporto del comitatus imperiale. I Burgundi, senza il supporto dei Romani, se ne tornarono a casa.

L'anno successivo – il 370 – Valentiniano decise che era arrivato il momento di catturare Makrian e portare a termine la guerra, guerra che aveva già vinta una volta e che aveva riaperto a causa della sua insistenza a costruire una fortezza in territorio germanico. Gli Arcani o Agentes in Rebus, Il servizio segreto militare dell'Impero Romano, riferirono il luogo dove si nascondeva Makrian, a quanto pare difeso da pochi dei suoi.

Penso di aver solleticato la vostra curiosità nominando gli Arcani: è di solito l'effetto delle organizzazioni segrete. Si trattava di una unità militare specializzata con il compito di monitorare segretamente i popoli vicini: nelle parole di Ammiano il loro compito era di “sparpagliarsi in tutte le direzioni per riferire poi ai nostri generali le voci riguardanti i popoli vicini”. Come i servizi segreti moderni erano anche loro chiacchierati: Teodosio licenziò il reparto di Arcani britannici dopo la riconquista dell'isola. Forse perché non erano stati in grado di prevedere la grande cospirazione di Pitti, Scotii e Sassoni o, più probabilmente, perché sospettava che dietro la grande cospirazione ci fossero proprio loro: i servizi segreti deviati sono una tradizione, o una diceria, immortale.

Comunque sia nottetempo Valentiniano fece attraversare ad alcune truppe il Reno al comando del Conte Teodosio e li raggiunse lui stesso nella massima segretezza: ne seguì una marcia il più possibile silenziosa verso la fortezza di Wiesbaden, dove si nascondeva Makrian. I soldati però fecero troppo rumore e i Germani si accorsero dell'incursione. Questi riuscirono a far fuggire Makrian: Valentiniano se ne dovette tornare con la coda tra le gambe a Trier, dopo aver devastato le campagne Alemanniche.

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L'anno successivo, in un replay di quanto abbiamo visto con Valente, Valentiniano venne a sapere che sulla frontiera Danubiana, da lui ignorata per tutto il suo regno in quanto piuttosto tranquilla, era scoppiato il caos e guarda caso di nuovo per la politica di rafforzamento del limes portata avanti da Valentiniano.

Questi infatti aveva dato ordine di fortificare anche il limes Danubiano, in particolare facendo costruire una fortezza oltre Danubio nel territorio dei Quadi, in Pannonia – la moderna Ungheria. Valentiniano si comportava con questi ultimi come si era comportato con gli Alemanni, sostanzialmente ritenendoli sudditi Romani. Ma i Germani erano un popolo fiero e per quanto si trattasse di una lotta impari non potevano accettare una tale violazione della loro sovranità e del loro territorio: prudentemente scelsero prima di tutto di mandare ambascerie al Prefetto del Pretorio dell'Illirico, il capo dell'amministrazione civile. Questi fece interrompere i lavori in attesa che la loro petizione fosse ascoltata e giudicata dall'imperatore ma il Comes locale – vale a dire il comandante militare – fece di testa sua: nominò suo figlio Dux della provincia in questione e questi ricominciò i lavori senza autorizzazione. Di seguito c'è un episodio bizzarro che pare illogico: il duca in questione avrebbe invitato il re dei Quadi a parlamentare. Durante il banchetto il Duca avrebbe ucciso il Re dei Quadi: pare un comportamento irresponsabile e per questo mi sembra improbabile, anche se decisamente a questo mondo esistono gli idioti, e quindi non è da escludere che avvenne veramente. Sta di fatto che questo orribile delitto infiammò i Germani di comprensibile rabbia.

I Quadi e i loro vicini decisero quindi di attaccare improvvisamente il territorio romano, saccheggiandolo proprio al tempo del raccolto e facendo molti prigionieri e molto bottino: le razzie dei Quadi erano avvenute nella totale impreparazione dei Romani. Per poco non catturarono un tesoro molto più prezioso di ogni gioiello: passava di lì infatti Faustina, la figlia nata postuma di Costanzo II. Vi ricordate di lei? L'ultima volta che l'abbiamo vista Faustina era una bambinetta portata in parata da Procopio. Mi pare oramai di conoscerla: Faustina era in Pannonia perché in viaggio verso Milano, dove avrebbe spostato Graziano, il figlio di Valentiniano, unendo quindi la nuova famiglia imperiale alla dinastia dei Costantiniani.

📷

https://italiastoria.files.wordpress.com/2019/09/dsc_0804-1.jpg?w=1024" alt=""/>

La doppia città di Aquincum, sul Danubio, all'apogeo nel quarto secolo. Aquincum era la capitale della Pannonia Romana. A destra la città “civile” a sinistra l'accampamento dei militari, anch'esso oramai evolutosi in una città. Due ponti attraversano il Danubio e sono protetti sul lato opposto da grandi fortezze.

Valentiniano apprese di questo disastro nel corso dell'autunno del 374 e la primavera seguente decise di lasciare Trier e mettersi in moto per la Pannonia, peraltro la sua provincia natale. Prima di potersi muovere anche lui dovette trovare un accordo con Makrian, come Valente aveva dovuto trovarne uno con Athanaric. Imperatore e Re si incontrarono sul Reno e siglarono la pace: si poneva fine ad una guerra inutile con una pace necessaria ad affrontare un'altra guerra scoppiata per motivi futili: debbo dire che Valentiniano fu un imperatore deciso ma non si può dire che la sua amministrazione fu la più capace sul fronte diplomatico. Paradossalmente però questa apparente assenza di diplomazia è un sintomo della forza dell'impero in questo scorcio di quarto secolo: l'Impero poteva ancora concedersi il lusso di trattare i barbari con sufficienza, arroganza e irresponsabilità. Questo lusso aveva gli anni contati.

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Nel frattempo, l'intera prefettura dell'Illirico era in fiamme: ai Quadi si erano uniti i Sarmati che saccheggiavano ovunque nella provincia. La guerra aveva colto di sorpresa il Prefetto del Pretorio Probo, a capo della prefettura, che non sapeva letteralmente che pesci pigliare: i Sarmati riuscirono persino a mettere in fuga un paio di reparti romani del formidabile Comitatus. Per fortuna era Duca della Moesia – una delle province della Prefettura – il nostro Teodosio. Non il Conte Teodosio ma suo figlio, Teodosio il non-ancora-grande: anche lui aveva iniziato la sua carriera militare. Teodosio il giovane era un ragazzo di prima barba ma seppe immediatamente organizzare una difesa, tendendo agguati ai gruppi di razziatori meno numerosi e poi via via concentrando truppe per i gruppi più ostici. I superstiti si rifugiarono oltre Danubio e mandarono messaggeri per parlamentare con l'imperatore che era nel frattempo in viaggio per raggiungere la regione. Valentiniano si comportò piuttosto prudentemente e alle loro rimostranze a riguardo dell'uccisione del Re dei quadi disse che avrebbe indagato sull'accaduto ma continuò il suo viaggio fino ad Aquincum, la capitale della Pannonia che corrisponde alla moderna Budapest. Qui fece costruire un ponte di barche sul Danubio, lo attraversò e si accampò con tutto lo splendore dell'esercito imperiale letteralmente sulla soglia di casa di Quadi e Sarmati: qui restituì il favore ai barbari, bruciando e saccheggiando a volontà prima di ritirarsi verso i quartieri invernali in Pannonia.

Durante la pausa invernale, eravamo nel Novembre del 375, Quadi e Sarmati inviarono di nuovo messaggeri a Valentiniano per fare presenti le loro ragioni: non avevano mai voluto la guerra ma vi erano stati costretti dai Romani che avevano preteso di costruire una fortezza sul loro territorio e assassinare il loro Re: erano stati i romani a spingerli alla guerra.

Valentiniano era la persona sbagliata a cui fare certi ragionamenti: convinto sostenitore dell'ideologia imperiale romana non percepiva neanche la possibilità che barbari e romani fossero sullo stesso piano: i barbari dovevano piegarsi al volere di Roma di buon grado, in quanto loro superiori, e implorare la pietà e il perdono di sua Maestà Imperiale se volevano avere salva la vita. Da uomo collerico quale era andò su tutte le furie e iniziò a sbraitare contro i messaggeri, vomitandogli sopra senza dubbio un buon numero di improperi. Ma lasciamo che sia Ammiano a raccontarci cosa avvenne: “a queste affermazioni l'imperatore, in preda a violenti attacchi di ira e fuori di sé rinfacciò con parole di rimprovero a tutta la nazione dei Quadi di essere ingrata e immemore dei benefici ricevuti. Poi si placò, quasi come colpito da fulmine e ostruitosi il respiro e la circolazione, apparve di un colore rosso fuoco. Gli si era interrotta la circolazione ed era bagnato di sudore letale: per evitare che cadesse di fronte a tutti fu portato in una stanza interna dalla servitù. Qui posto a letto trasse gli ultimi respiri”. Il nostro collerico imperatore morì come era vissuto: a causa di un colpo apoplettico. Tanta fu la violenza della sua sfuriata, in quella che è certamente la più spettacolare morte di un Imperatore Romano dai tempi di Augusto. Era stato Augusto dell'Impero Romano per 11 anni, reggendolo con il pugno di ferro di un vero soldato: a Barletta, in Puglia, c'è una misteriosa statua di bronzo dall'aspetto severo e imperturbabile: non è certo che si tratti di lui, ma mi piace pensare di riconoscere in quel viso austero, inflessibile e implacabile lo sguardo di Valentiniano, primo del suo nome, augusto dell'impero d'occidente.

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Ricostruzione del palazzo del Governatore di Aquincum, dove sarebbe morto Valentiniano

Come giudicare Valentiniano? Dal mio racconto spero esca fuori l'immagine di un uomo complesso: un servitore dello stato a suo modo integerrimo, a differenza di molti suoi sottoposti. Sicuramente un militare capace e pratico, privo però dell'immaginazione e del genio di un Diocleziano, di un Costantino o di un Giuliano. Valentiniano nel corso del suo regno ebbe da superare diverse prove nel campo dell'ordine pubblico – in Britannia, in Gallia, in Africa e in Illirico – molte di queste furono esacerbate dalla sua gestione poco diplomatica delle relazioni con i popoli vicini. Ammiano e altri storici come Zosimo sostengono fosse di indole anche feroce, l'idea che mi sono fatto è di un signore irascibile e facile alla collera ma non di un tiranno. Sotto di lui per l'ultima volta ci fu una sostanziale pace e tolleranza religiosa in occidente, anche perché davvero non era il tipo da perdere tempo in cose di religione come quel damerino di Giuliano. Nell'amministrazione il suo cruccio principale fu sempre di assicurarsi i fondi per l'esercito e la sua politica di rafforzamento delle difese dell'impero, cosa che inevitabilmente non fece piacere ai contribuenti: eppure sembra che volle sempre difendere i civili dagli abusi dei militari e quando possibile diminuì le tasse. In guerra fu sempre molto accorto sia in fase offensiva che difensiva e lui come i suoi generali – il conte Teodosio su tutti – vinsero ogni guerra in cui furono coinvolti: mantenne una stretta disciplina nell'esercito che, pur diversissimo da quello alto imperiale, era sotto di lui la solita implacabile macchina da guerra. Fu anche l'ultimo imperatore a combattere sia oltre Reno che oltre Danubio. Ammiano ci riporta che nel tempo libero dipingeva e scolpiva. Ne esce fuori l'immagine di un imperatore complesso, come l'imperatore ritratto nel Colosso di Barletta: la statua ritrae un uomo austero e carismatico, duro ma giusto.

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Volto del Colosso di Barletta, forse Valentiniano I, forse Teodosio I o Teodosio II

In quel triste scorcio del 375 l'imperatore fu imbalsamato e la salma inviata a Costantinopoli, per essere sepolta nel mausoleo imperiale di Costantino a Nuova Roma.

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Con l'improvvisa morte di Valentiniano i principali capi militari dell'Impero si ritrovarono con un bel grattacapo e anche una opportunità: il grattacapo dipendeva dal fatto che i due potenziali eredi di Valentiniano erano molto lontani. Valente era in oriente e le legioni renane avevano bisogno di qualcuno che fosse presente in occidente per tenere a bada Alemanni, Sassoni, Sarmati e Quadi: la divisione dell'impero in due sfere di influenza era oramai una necessità. Ovviamente Valentiniano aveva nominato un erede, ovvero Graziano, ma questi era rimasto a Trier visto che nessuno aveva previsto che l'imperatore morisse in modo così inaspettato. Inoltre, Graziano era ancora giovane e non era considerato una personalità marziale in grado di comandare il rispetto delle legioni.

I pericoli di un carattere collerico (370-376) - Ep. 13 (2) Die Gefahren eines cholerischen Temperaments (370-376) - Ep. 13 (2) Οι κίνδυνοι της χολερικής ιδιοσυγκρασίας (370-376) - Ep. 13 (2) The dangers of a choleric temper (370-376) - Ep. 13 (2) Los peligros de un temperamento colérico (370-376) - Ep. 13 (2) Os perigos de um temperamento colérico (370-376) - Ep. 13 (2) Опасности холерического темперамента (370-376) - Эп. 13 (2)

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Ma torniamo agli Alemanni: questi al riesplodere della guerra decisero di nominare un capo supremo per far fronte al gigantesco impero d'oltre Reno. Nominarono capo supremo un certo Makrian che si accinse a cercare di condurre la disperata difesa contro Valentiniano. L'imperatore decise che fosse utile, prima di attaccare di nuovo gli Alemanni, di trovarsi degli alleati tra i Germani. Convinse quindi i vicini settentrionali degli Alemanni, i Burgundi, ad attaccare questi ultimi. Purtroppo, non ci fu un buon coordinamento tra Romani e Burgundi, con questi ultimi che si trovarono ad attaccare gli Alemanni senza il supporto del comitatus imperiale. I Burgundi, senza il supporto dei Romani, se ne tornarono a casa.

L'anno successivo – il 370 – Valentiniano decise che era arrivato il momento di catturare Makrian e portare a termine la guerra, guerra che aveva già vinta una volta e che aveva riaperto a causa della sua insistenza a costruire una fortezza in territorio germanico. Gli Arcani o Agentes in Rebus, Il servizio segreto militare dell'Impero Romano, riferirono il luogo dove si nascondeva Makrian, a quanto pare difeso da pochi dei suoi.

Penso di aver solleticato la vostra curiosità nominando gli Arcani: è di solito l'effetto delle organizzazioni segrete. Si trattava di una unità militare specializzata con il compito di monitorare segretamente i popoli vicini: nelle parole di Ammiano il loro compito era di “sparpagliarsi in tutte le direzioni per riferire poi ai nostri generali le voci riguardanti i popoli vicini”. Come i servizi segreti moderni erano anche loro chiacchierati: Teodosio licenziò il reparto di Arcani britannici dopo la riconquista dell'isola. Forse perché non erano stati in grado di prevedere la grande cospirazione di Pitti, Scotii e Sassoni o, più probabilmente, perché sospettava che dietro la grande cospirazione ci fossero proprio loro: i servizi segreti deviati sono una tradizione, o una diceria, immortale.

Comunque sia nottetempo Valentiniano fece attraversare ad alcune truppe il Reno al comando del Conte Teodosio e li raggiunse lui stesso nella massima segretezza: ne seguì una marcia il più possibile silenziosa verso la fortezza di Wiesbaden, dove si nascondeva Makrian. I soldati però fecero troppo rumore e i Germani si accorsero dell'incursione. Questi riuscirono a far fuggire Makrian: Valentiniano se ne dovette tornare con la coda tra le gambe a Trier, dopo aver devastato le campagne Alemanniche.

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L'anno successivo, in un replay di quanto abbiamo visto con Valente, Valentiniano venne a sapere che sulla frontiera Danubiana, da lui ignorata per tutto il suo regno in quanto piuttosto tranquilla, era scoppiato il caos e guarda caso di nuovo per la politica di rafforzamento del limes portata avanti da Valentiniano.

Questi infatti aveva dato ordine di fortificare anche il limes Danubiano, in particolare facendo costruire una fortezza oltre Danubio nel territorio dei Quadi, in Pannonia – la moderna Ungheria. Valentiniano si comportava con questi ultimi come si era comportato con gli Alemanni, sostanzialmente ritenendoli sudditi Romani. Ma i Germani erano un popolo fiero e per quanto si trattasse di una lotta impari non potevano accettare una tale violazione della loro sovranità e del loro territorio: prudentemente scelsero prima di tutto di mandare ambascerie al Prefetto del Pretorio dell'Illirico, il capo dell'amministrazione civile. Questi fece interrompere i lavori in attesa che la loro petizione fosse ascoltata e giudicata dall'imperatore ma il Comes locale – vale a dire il comandante militare – fece di testa sua: nominò suo figlio Dux della provincia in questione e questi ricominciò i lavori senza autorizzazione. Di seguito c'è un episodio bizzarro che pare illogico: il duca in questione avrebbe invitato il re dei Quadi a parlamentare. Durante il banchetto il Duca avrebbe ucciso il Re dei Quadi: pare un comportamento irresponsabile e per questo mi sembra improbabile, anche se decisamente a questo mondo esistono gli idioti, e quindi non è da escludere che avvenne veramente. Sta di fatto che questo orribile delitto infiammò i Germani di comprensibile rabbia.

I Quadi e i loro vicini decisero quindi di attaccare improvvisamente il territorio romano, saccheggiandolo proprio al tempo del raccolto e facendo molti prigionieri e molto bottino: le razzie dei Quadi erano avvenute nella totale impreparazione dei Romani. Per poco non catturarono un tesoro molto più prezioso di ogni gioiello: passava di lì infatti Faustina, la figlia nata postuma di Costanzo II. Vi ricordate di lei? L'ultima volta che l'abbiamo vista Faustina era una bambinetta portata in parata da Procopio. Mi pare oramai di conoscerla: Faustina era in Pannonia perché in viaggio verso Milano, dove avrebbe spostato Graziano, il figlio di Valentiniano, unendo quindi la nuova famiglia imperiale alla dinastia dei Costantiniani.

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La doppia città di Aquincum, sul Danubio, all'apogeo nel quarto secolo. Aquincum era la capitale della Pannonia Romana. A destra la città “civile” a sinistra l'accampamento dei militari, anch'esso oramai evolutosi in una città. Due ponti attraversano il Danubio e sono protetti sul lato opposto da grandi fortezze.

Valentiniano apprese di questo disastro nel corso dell'autunno del 374 e la primavera seguente decise di lasciare Trier e mettersi in moto per la Pannonia, peraltro la sua provincia natale. Prima di potersi muovere anche lui dovette trovare un accordo con Makrian, come Valente aveva dovuto trovarne uno con Athanaric. Imperatore e Re si incontrarono sul Reno e siglarono la pace: si poneva fine ad una guerra inutile con una pace necessaria ad affrontare un'altra guerra scoppiata per motivi futili: debbo dire che Valentiniano fu un imperatore deciso ma non si può dire che la sua amministrazione fu la più capace sul fronte diplomatico. Paradossalmente però questa apparente assenza di diplomazia è un sintomo della forza dell'impero in questo scorcio di quarto secolo: l'Impero poteva ancora concedersi il lusso di trattare i barbari con sufficienza, arroganza e irresponsabilità. Questo lusso aveva gli anni contati.

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Nel frattempo, l'intera prefettura dell'Illirico era in fiamme: ai Quadi si erano uniti i Sarmati che saccheggiavano ovunque nella provincia. La guerra aveva colto di sorpresa il Prefetto del Pretorio Probo, a capo della prefettura, che non sapeva letteralmente che pesci pigliare: i Sarmati riuscirono persino a mettere in fuga un paio di reparti romani del formidabile Comitatus. Per fortuna era Duca della Moesia – una delle province della Prefettura – il nostro Teodosio. Non il Conte Teodosio ma suo figlio, Teodosio il non-ancora-grande: anche lui aveva iniziato la sua carriera militare. Teodosio il giovane era un ragazzo di prima barba ma seppe immediatamente organizzare una difesa, tendendo agguati ai gruppi di razziatori meno numerosi e poi via via concentrando truppe per i gruppi più ostici. I superstiti si rifugiarono oltre Danubio e mandarono messaggeri per parlamentare con l'imperatore che era nel frattempo in viaggio per raggiungere la regione. Valentiniano si comportò piuttosto prudentemente e alle loro rimostranze a riguardo dell'uccisione del Re dei quadi disse che avrebbe indagato sull'accaduto ma continuò il suo viaggio fino ad Aquincum, la capitale della Pannonia che corrisponde alla moderna Budapest. Qui fece costruire un ponte di barche sul Danubio, lo attraversò e si accampò con tutto lo splendore dell'esercito imperiale letteralmente sulla soglia di casa di Quadi e Sarmati: qui restituì il favore ai barbari, bruciando e saccheggiando a volontà prima di ritirarsi verso i quartieri invernali in Pannonia.

Durante la pausa invernale, eravamo nel Novembre del 375, Quadi e Sarmati inviarono di nuovo messaggeri a Valentiniano per fare presenti le loro ragioni: non avevano mai voluto la guerra ma vi erano stati costretti dai Romani che avevano preteso di costruire una fortezza sul loro territorio e assassinare il loro Re: erano stati i romani a spingerli alla guerra.

Valentiniano era la persona sbagliata a cui fare certi ragionamenti: convinto sostenitore dell'ideologia imperiale romana non percepiva neanche la possibilità che barbari e romani fossero sullo stesso piano: i barbari dovevano piegarsi al volere di Roma di buon grado, in quanto loro superiori, e implorare la pietà e il perdono di sua Maestà Imperiale se volevano avere salva la vita. Da uomo collerico quale era andò su tutte le furie e iniziò a sbraitare contro i messaggeri, vomitandogli sopra senza dubbio un buon numero di improperi. Ma lasciamo che sia Ammiano a raccontarci cosa avvenne: “a queste affermazioni l'imperatore, in preda a violenti attacchi di ira e fuori di sé rinfacciò con parole di rimprovero a tutta la nazione dei Quadi di essere ingrata e immemore dei benefici ricevuti. Poi si placò, quasi come colpito da fulmine e ostruitosi il respiro e la circolazione, apparve di un colore rosso fuoco. Gli si era interrotta la circolazione ed era bagnato di sudore letale: per evitare che cadesse di fronte a tutti fu portato in una stanza interna dalla servitù. Qui posto a letto trasse gli ultimi respiri”. Il nostro collerico imperatore morì come era vissuto: a causa di un colpo apoplettico. Tanta fu la violenza della sua sfuriata, in quella che è certamente la più spettacolare morte di un Imperatore Romano dai tempi di Augusto. Era stato Augusto dell'Impero Romano per 11 anni, reggendolo con il pugno di ferro di un vero soldato: a Barletta, in Puglia, c'è una misteriosa statua di bronzo dall'aspetto severo e imperturbabile: non è certo che si tratti di lui, ma mi piace pensare di riconoscere in quel viso austero, inflessibile e implacabile lo sguardo di Valentiniano, primo del suo nome, augusto dell'impero d'occidente.

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Ricostruzione del palazzo del Governatore di Aquincum, dove sarebbe morto Valentiniano

Come giudicare Valentiniano? Dal mio racconto spero esca fuori l'immagine di un uomo complesso: un servitore dello stato a suo modo integerrimo, a differenza di molti suoi sottoposti. Sicuramente un militare capace e pratico, privo però dell'immaginazione e del genio di un Diocleziano, di un Costantino o di un Giuliano. Valentiniano nel corso del suo regno ebbe da superare diverse prove nel campo dell'ordine pubblico – in Britannia, in Gallia, in Africa e in Illirico – molte di queste furono esacerbate dalla sua gestione poco diplomatica delle relazioni con i popoli vicini. Ammiano e altri storici come Zosimo sostengono fosse di indole anche feroce, l'idea che mi sono fatto è di un signore irascibile e facile alla collera ma non di un tiranno. Sotto di lui per l'ultima volta ci fu una sostanziale pace e tolleranza religiosa in occidente, anche perché davvero non era il tipo da perdere tempo in cose di religione come quel damerino di Giuliano. Nell'amministrazione il suo cruccio principale fu sempre di assicurarsi i fondi per l'esercito e la sua politica di rafforzamento delle difese dell'impero, cosa che inevitabilmente non fece piacere ai contribuenti: eppure sembra che volle sempre difendere i civili dagli abusi dei militari e quando possibile diminuì le tasse. In guerra fu sempre molto accorto sia in fase offensiva che difensiva e lui come i suoi generali – il conte Teodosio su tutti – vinsero ogni guerra in cui furono coinvolti: mantenne una stretta disciplina nell'esercito che, pur diversissimo da quello alto imperiale, era sotto di lui la solita implacabile macchina da guerra. Fu anche l'ultimo imperatore a combattere sia oltre Reno che oltre Danubio. Ammiano ci riporta che nel tempo libero dipingeva e scolpiva. Ne esce fuori l'immagine di un imperatore complesso, come l'imperatore ritratto nel Colosso di Barletta: la statua ritrae un uomo austero e carismatico, duro ma giusto.

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Volto del Colosso di Barletta, forse Valentiniano I, forse Teodosio I o Teodosio II

In quel triste scorcio del 375 l'imperatore fu imbalsamato e la salma inviata a Costantinopoli, per essere sepolta nel mausoleo imperiale di Costantino a Nuova Roma.

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