3. Purgatorio e Paradiso, con Paolo Di Paolo
Uscito dall'inferno, Dante è sconvolto, probabilmente ha sudato freddo milioni di
volte, ha avuto paura di non farcela. Tante volte ci dice in questo poema che lui non
ce la fa veramente, che non riesce a trovare nemmeno qualche volta le parole per dire cosa
ha visto. Un po' meno angosciante è il secondo regno che lui attraversa, che è il
Purgatorio. È un regno di mezzo, perché se l'inferno era un cono rovesciato, invece
il Purgatorio è un monte, quindi dovete immaginarlo come un cono messo così, in cui Dante comincia
a muoversi sempre circolarmente ma ascendendo, cioè andando verso l'alto. Qui sembra veramente
un po' un videogioco, perché deve fare un cerchio, poi un altro cerchio, poi un altro
cerchio, anzi diventa quasi uno scalatore, diventa quasi uno che avete presente quelli
che poi con la piccozza oppure si aggrappano alle pareti, che sono veri e propri scalatori.
Lui ogni tanto ha paura addirittura di cadere nel vuoto, perché vede che intorno c'è
il dirupo, c'è un burrone, c'è il niente e deve proprio quasi aggrapparsi in certi
momenti per appunto continuare a salire. Ma questo movimento del salire è più confortante
che lo scendere, scendere significa arrivare, come gli accade, al cuore della terra, al
centro incandescente della terra, dove c'è il più demoniaco degli angeli caduti, c'è
Satana appunto, che era un angelo che poi ha tradito Dio ed è diventato il demonio,
il diavolo. Mentre nel momento in cui sale, pur avendo timore di cadere, sente che sta
comunque staccandosi da quel regno dell'inferno e infatti il Purgatorio è una terra in cui
le anime sono anime che hanno peccato ma che si sono pentite, che hanno fatto in tempo prima
di morire a pentirsi, a chiedere perdono alle persone a cui avevano fatto il male ma soprattutto
a Dio. E dunque queste anime del Purgatorio hanno una speranza, possono sperare di uscire
di lì. Mentre nell'inferno è impossibile uscire, mentre sei nell'inferno condannato
per sempre a vivere quel castigo, nel Purgatorio puoi sperare. E questo tema della speranza
è fondamentale perché è come se uno potesse davvero attendere, magari attenderà decine
di anni, però può guardare a quella speranza, può alimentarla, può sperare che un giorno
non sarà più lì. Sono anime che hanno commesso gli stessi peccati delle anime dell'inferno,
sono stati troppo cattivi, sono stati omicidi, cioè persone che hanno ucciso qualcuno, sono
stati capaci appunto di dire il male, di fare il male in tanti modi, anche a volte contro
se stessi, punendo se stessi. Però appunto hanno avuto anche la forza di chiedere perdono.
E dunque le loro pene, che sono simili, i loro castighi che sono simili a quelli che
si hanno nell'inferno, sono castighi un po' più tenui, cioè un po' più leggeri, leggermente
meno crudi e forti e violenti. E soprattutto il paesaggio, non è quello di un incendio
appunto che non si spegne, non è fatto di fuliggine, di cenere, di polvere, di fiamme,
ma è fatto di tinte, di colori che sembrano quelli di un paesaggio di collina italiano.
Non so se siete mai stati in Umbria o in Toscana, ma anche in certe zone del Piemonte, nel
Monferrato, nelle Langhe e magari in autunno avete fatto una passeggiata da quelle parti
e c'è questo colore tra il verde scuro e il marrone, la terra, gli arbusti, le piante,
l'erba, così è il purgatorio, qualcosa che somiglia molto al paesaggio della nostra
vita, della vita reale. Lì a Dante capita più spesso di incontrare persone che conosceva,
in particolare gli capita di incontrare a un certo punto un musicista, una persona che
musicava le sue poesie, perché accadeva nel Medioevo, come accadeva anche in epoche precedenti,
perché chi scriveva poesie come Dante fosse spesso accompagnato dalla musica quando le
recitava in pubblico. Venivano proprio accompagnate da una base musicale, diremmo oggi, come le
canzoni appunto, e incontra a un certo punto questo musicista che si chiama Casella, un
suo amico, e quando lo riconosce naturalmente lo stupore, la meraviglia che si legge negli
occhi di entrambi è fortissima, perché Dante non si aspettava di trovare lì Casella e
Casella non si aspettava di ritrovare lì Dante, ed è un episodio bellissimo tra i
tanti del Purgatorio in cui c'è come un incontro d'amicizia tra persone che si sono
volute bene nella vita e che non potevi certo sperare di rincontrare lì, ma Dante se ne
va con una speranza molto bella, cioè che Casella possa appunto uscire di lì, uscire
dal Purgatorio e magari un giorno trovarsi in Paradiso. Poi gli fa una piccola richiesta
di cantare, di suonare, come faceva appunto quando erano amici, quando erano tutti e
due sulla terra, e lì c'è un momento meraviglioso in cui si sente che appunto questo amore di
Dante per la poesia era anche soprattutto un amore per la musica, perché non dobbiamo
dimenticarci che questo poema, questo racconto è scritto in versi, che sono versi bellissimi,
versi che hanno come una loro musica interna, appunto voi conoscete bene il meccanismo ormai
della rima, e queste rime intrecciate che Dante costruisce sono come un esercizio musicale,
la commedia si potrebbe cantare, si potrebbe dire a memoria, come facevano magari i nonni
o i bisnonni che ne imparavano interi canti appunto a mente e sapevano ridirli. Ecco,
succedono tante cose nel Purgatorio che riportano Dante alla sua vita terrena e soprattutto
a certi passaggi anche molto dolorosi della sua vita, perché era stato un uomo molto
discusso, soprattutto a Firenze, la sua città, oltre ad essere un poeta in qualche modo era
anche un uomo politico che aveva preso parte alla vita pubblica della sua città e a un
certo punto era stato bandito, cioè c'era stato al potere una parte politica a lui avversa
che l'aveva poi cacciato da Firenze e il Purgatorio è un momento di riflessione su
questo esilio, di nostalgia, perché forse è proprio tutto una cantica, si dice così,
sarebbe il segmento del racconto, la cantica dell'inferno, la cantica del Purgatorio,
la cantica del Paradiso. Appunto qui Dante ha nostalgia di Firenze, ha nostalgia della
sua città e se la ricorda e vorrebbe tornare, ma purtroppo non riuscirà più a tornare. Alla
fine del Purgatorio Dante è pronto per l'impresa più ardua, quella che lo metterà a dura prova
ancora più che l'inferno, perché dovrà fare qualcosa che nessun essere umano ha mai fatto,
dovrà appunto vedere Dio. E qui cambia completamente il racconto, cambia anche il
colore, il tono del racconto, si passa da quei colori terreni che vi dicevo a una sorta di luce
intensa, violentissima, come in una giornata di sole pieno in cui tu però cerchi di tenere gli
occhi fissi al sole, guardi intensamente, ma se lo facessi anche con la lampada che ho qui sopra,
io mi sentirei accecato. E Dante si sente spesso accecato da tutta questa luce, perché è un luogo
di meraviglia, un luogo di pace, un luogo di stupore, è un luogo di benessere, è un luogo
in cui si sentono dei canti bellissimi, è un luogo in cui appunto c'è una folla di angeli,
le anime sono felici, le anime sono felici perché sono nella pace eterna, nella pace vera,
nella pienezza della visione appunto di Dio e sono state anime buone, anime che hanno fatto il bene,
anime che non hanno fatto soffrire nessuno, che magari hanno sofferto loro ma non hanno fatto di
quel dolore il pretesto appunto per fare il male a qualcun altro. Cambia anche il movimento che
Dante fa, perché gli succede una cosa stranissima, che è quella sensazione misteriosa e magica di
perdere peso, come se cominciasse a levitare, si dice, a fare questo movimento in su. Avete presente
quel gas che si mette nei palloncini alle feste che si chiama elio, che appunto consente al
palloncino di alzarsi? Benissimo, è come se Dante fosse gonfiato con l'elio, perché a un certo punto
lui stesso si accorge che il suo corpo è diventato leggerissimo e che lui non deve volare perché non
ha ali, ma sta ascendendo, cioè sta salendo verticalmente verso l'alto, ancora una volta,
di cerchio in cerchio fino a raggiungere il punto più alto del cielo che è Dio, che è la prossimità
di chi ha creato il mondo, del creatore del mondo. E qui succede una cosa straordinaria,
dopo che Dante ha incontrato tante figure di santi, di beati, di persone che appunto hanno
fatto il bene, incontra San Francesco, incontra San Bernardo, incontra persone che sono state
addirittura capaci di santità, come non succede quasi a nessuno evidentemente nella vita,
di votarsi interamente al bene, sente che finalmente è arrivato vicino alla sua amata
Beatrice. Tutto questo viaggio l'ha fatto per lei, l'aveva quasi promesso, io farò un viaggio,
lo racconterò, e sarà un viaggio che nessuno ha fatto per una donna, per te lo fa, lo fa dicendolo
a Beatrice, lo fa per lei. E appunto finalmente la incontra, a quel punto non c'è più la sua guida,
la guida che era stata fin lì ad accompagnarlo, cioè Virgilio, ma sarà Beatrice a fargli fare
questo viaggio così importante verso Dio. E quello che gli succede è proprio di avere un
momento di accecamento dalla troppa luce che gli arriva, perché quando tu sei vicino a chi ha
creato il mondo arriva una luce che non puoi sostenere con i tuoi occhi. Ripeto, è come quando
uno anche solo per guardare un eclissi, per fare delle osservazioni, si accorge che non può
fissare con queste pupille il sole, deve mettere uno schermo, una lente, deve mettere qualcosa,
deve proteggersi. Dante si accorge che i suoi occhi non ce la fanno a vedere tutta quella luce,
ad accettare, a cogliere tutta quella luce. E Beatrice gli parla, lui sposta il suo volto,
guarda Beatrice, guarda Beatrice che gli sorride, e quel sorriso è come se desse alla sua vista un
potere magico, quello appunto di fissare un punto di luce fortissima che è Dio. Dio, Dante, non se lo
immagina come un uomo con la barba, come spesso viene rappresentato Dio, cioè un vecchio signore,
vecchissimo, saggissimo, con un bastone, una barba. Se lo immagina come un punto piccolissimo,
ma di luce intensissima, quasi accecante. E questa è un'invenzione incredibile,
noi non dobbiamo credere a quello che Dante ci racconta, è un racconto fantastico,
però è meravigliosa l'idea che quel punto di luce sia Dio. Ma non basta, c'è ancora una cosa più
importante da dire, che quando riesce a fissare in quel punto, lui dentro quel punto vede tutto
l'universo. Dovete immaginarvi che quando riesce a metterlo a fuoco, è come se in quel punto ci
fosse, dice così il verso, tutto ciò che per l'universo si squaderna. Squadernare significa
come aprire di colpo un quaderno, fare così. Lo hai aperto di colpo e dentro hai visto in un
attimo tutto. Quando dico tutto, significa tutto, dal filo d'erba che ho appena fuori qui magari in
un giardino, a tutti gli animali che esistono, a tutti i luoghi del mondo, a tutte le persone che
in questo momento sono vive nel mondo, alle stelle, ai pianeti, al firmamento, tutto in un
unico punto. Ed è come se in un istante lui cogliesse tutto quello che esiste. Questa è la
visione di Dio che Dante racconta nella Divina Commedia, che è questo incredibile poema scritto
appunto da questo signore morto 700 anni fa, che è finito sulle monete da due euro, che è il padre
della nostra lingua e che soprattutto è l'autore di un racconto fantasy, scritto però sette secoli
fa, quindi molto tempo fa. Forse pochissimi poeti sono riusciti a superare la forza della sua
immaginazione, tanto è vero che come vi ho già detto sentirete parlare di Dante molte volte
andando avanti nella vostra vita, non solo studiando, perché per almeno due ragioni dobbiamo
ringraziarlo. La prima è avere scritto questa incredibile storia, averla immaginata, perché
questa è una storia che parla della vita, della morte, che parla della paura, del coraggio, del
perdono, del peccato, della passione, dell'amore, di tutti i sentimenti che esistono, dell'amicizia,
del tormento di andarsene da un luogo che ci è caro, c'è tutto, non c'è una sola cosa che lui
non sfiori delle passioni umane, dei sentimenti umani. Ma l'altra cosa è che ci ha donato una
lingua, questa lingua che io sto parlando in questo momento, in qualche modo esiste anche
grazie a questo signore appunto, a Dante Alighieri. L'ultimo verso di questo poema dice
l'amor che muove il sole e le altre stelle, cioè l'amore che muove il sole e le altre
stelle, perché in fondo questo viaggio è soprattutto un viaggio d'amore.