Un nerd come soldato (355-357) - Ep. 5 (2)
Il nostro timido, sensibile, intelligente nerd dell'antichità era diventato dunque Cesare dell'Impero Romano. Di fronte a lui si prospettava un impegno gravoso: riportare l'ordine sulla frontiera Renana mentre il cugino Costanzo II volgeva la sua attenzione verso l'oriente. Giuliano Non poté trastullarsi e lasciò Milano già il 1° Dicembre, penso con l'obiettivo di andarsene prima che Costanzo cambiasse idea.
Giuliano, dalle pagine di Ammiano Marcellino, mi dà l'impressione di un giovane fortemente impressionato dalla enorme responsabilità affidatagli, un giovane che certamente non era nato né per fare il politico né per fare il comandante di un vasto esercito da campo. Ma Giuliano era anche testardo e con uno stoico senso del dovere. L'esempio migliore di una vita onesta e perfetta era per lui Marco Aurelio, l'imperatore stoico che nelle sue memorie dimostra più volte di non amare il mestiere d'imperatore ma di avere una titanica e incrollabile determinazione a farlo al meglio delle sue forze. Giuliano decise che lui non sarebbe stato da meno.
Dopo un breve viaggio arrivò a Vienne, città vicino Lione, tra il giubilo della popolazione locale, probabilmente felice di vedere finalmente una porpora imperiale in Gallia. Lì passò l'inverno, in attesa di poter fare qualcosa / e passando il tempo a studiare manuali militari e a esercitarsi a fare il soldato. Alla fine dell'inverno era un soldato passabile ed era arrivato al punto di non farsi ammazzare subito in caso di un improbabile corpo a corpo. Credo che smaniasse di prendere l'iniziativa ma va detto che i suoi poteri erano comunque limitati, visto che l'esercito da campo della Gallia restava sotto gli ordini del Magister Equitum della Gallia, un carneade. Costanzo aveva dato del potere al cugino, ma fino ad un certo punto. Credo vivesse con il motto “fidarsi è bene, non fidarsi è molto meglio”
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Mentre era a Vienne Giuliano ricevette la terribile notizia che Colonia, la principale base militare del nord della Germania, era caduta nelle mani dei Franchi. La situazione peggiorava e in primavera Giuliano lasciò Vienne e attraversò velocemente la Gallia con un piccolo seguito in una pericolosa marcia a tappe forzate. Evitando le bande di barbari che razziavano le campagne Giuliano si ricongiunse con l'esercito delle Gallie acquartierato a Reims, nello Champagne. Da notare come l'esercito avesse abbandonato praticamente del tutto la frontiera renana ritirandosi nel cuore della Gallia e come ci fossero razziatori Alemanni e Franchi a centinaia di chilometri dal reno: la situazione era cupa, anche se come al solito le grandi città romane, dotate di cinte murarie imponenti e di macchine da assedio, erano in genere ben posizionate per resistere alle procelle.
Giuliano non aderì al copione previsto dagli alti papaveri dell'esercito: immagino che il Magister Equitum pensasse che Giuliano sarebbe stato solo il comandante di facciata dell'esercito mentre la guerra vera veniva condotta dai professionisti, cioè da lui. No, Giuliano prese immediatamente il comando dell'esercito e decise che occorreva rompere l'alleanza tra Franchi e Alemanni. Elesse di concentrarsi come prima cosa sui Franchi, che avevano conquistato Colonia e il Belgio. Riuscì nel suo intento e riprese Colonia e stipulò una pace con i franchi, dividendo in due gli invasori in modo da dedicare tutti gli sforzi contro i ben più temibili Alemanni, che vivevano nella Germania sudoccidentale, in quello che oggi è il laender del Baden-Württemberg. Per l'inverno, Giuliano decise di svernare a Sens, una città dell'interno della Gallia. Gli Alemanni non avevano però nessuna intenzione di lasciarlo tranquillo e lo assalirono lungo il tragitto, fu sconfitto e posto sotto assedio da parte di un forte esercito. Le mura e le difese tennero per un lungo mese di assedio, ma questo fu certamente il momento più buio per Giuliano in Gallia: va detto che il nostro carneade capo dell'esercito delle Gallie non alzò un dito per aiutare Giuliano, nonostante fosse lì vicino e con un esercito abbastanza forte da sollevare l'assedio. Credo fosse offeso perché Giuliano lo aveva sopravanzato nel comando dell'esercito. Durante l'inverno Carneade provò anche a tramare per estromettere Giuliano ma Costanzo confermò la fiducia nel nuovo Cesare e anzi esautorò Carneade: il comando passò a un militare più esperto e molto fedele a Giuliano.
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Finito l'inverno la corte di Costanzo sviluppò un nuovo piano per risollevare la situazione in Gallia: Barbazione, il comandante dell'esercito d'Italia, sarebbe arrivato sull'alto Danubio con 25 mila uomini mentre Giuliano con 15 mila uomini avrebbe attaccato gli Alemanni dal fronte del Reno. Si trattava di una tipica manovra a tenaglia, ma solo una delle tenaglie era destinata ad essere efficace. Giuliano mosse il suo esercito sul reno e rioccupò l'Alsazia dedicandosi anche a ricostruire una importante fortezza romana che era stata distrutta dagli Alemanni. Il suo obiettivo era chiaramente di riportare Roma al confine Renano.
Nel frattempo però su lato di Barbazione avvennero a quanto pare un bel po' di cose strane: Barbazione ricevette da Giuliano la richiesta di alcune barche e un pontone / per attraversare meglio il Reno. Barbazione però decise di dare fuoco a quanto aveva pur di non darle a Giuliano. Quando una carovana di salmerie destinate a rifornire l'esercito di Giuliano passò dalle sue parti, Barbazione le fece requisire e bruciare. Infine Barbazione fu attaccato dal leader degli Alamanni Chnodomar e – secondo Marcellino – fu messo in fuga con il suo esercito e fu costretto a ritirarsi a Milano, lasciando solo Giuliano.
Tutta questa storia è sospetta: Marcellino, la nostra fonte principale, aveva forse qualche sassolino da togliersi con Barbazione. Il comandante di Marcellino sarà infatti il successore di Barbazione. Eppure questa storia è compatibile con quello che successe poi, ovvero l'attacco di tutto l'esercito combinato degli Alemanni contro Giuliano, attacco che avrebbe dovuto spazzare via dalla terra l'esercito di Giuliano e che sarebbe stato difficile senza aver già regolato l'altro esercito romano. Ma se Barbazione davvero si comportò in modo così palesemente ostativo nei confronti di Giuliano, si può dire che Costanzo non ne fosse a conoscenza? Marcellino dice “Circolava dappertutto la voce che Giuliano fosse stato eletto Cesare non per liberare le Gallie dal loro male ma perché trovasse la morte in guerre durissime, dato che lo si riteneva inesperto di cose militari”. L'idea che mi sono fatto è che è improbabile che il comandante dell'esercito da campo dell'Italia operasse senza il diretto avvallo di Costanzo.
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Comunque sia Chnodomar non aveva ancora terminata la sua stagione campale e mosse il suo esercito contro gli oramai tredici mila soldati di Giuliano, l'ultimo importante esercito romano da campo disponibile a nord delle alpi. Chnodomar non aveva lasciato nulla al caso e aveva chiamato alle armi tutte le spade disponibili e anche rinforzi da altre tribù germaniche. Probabilmente aveva al suo comando tra i 25 e i 35 mila uomini, quest'ultima è la dimensione dell'esercito di Chnodomar data da Ammiano Marcellino. Chnodomar non era un ingenuo o il tipico barbaro della propaganda romana, ma un grande stratega che aveva battuto più volte i romani ed era riuscito nell'impresa di unificare gli Alemanni. Chnodomar aveva delle chiare mire sui territori di confine dell'Alsazia e della Svizzera, riteneva anzi che fossero già sue per diritto di guerra grazie alle sue vittorie. Aveva appena sconfitto il più grande dei due eserciti da campo romani sul teatro di guerra, sarebbe bastato un altro piccolo sforzo per installare il suo popolo al di là del Reno.
Lo scontro avvenne nei pressi di Strasburgo. Prima della battaglia Chnodomar intimò al Cesare di ritirarsi e abbandonare l'Alsazia agli Alemanni. Giuliano e il suo entourage avevano una decisione difficile da prendere: affrontare la battaglia in chiara inferiorità numerica, pur con il vantaggio della superiore organizzazione e professionalità romana, o ritirarsi e sperare di ricevere maggiori aiuti nel nuovo anno dall'Italia. L'esercito però voleva combattere: i soldati aveva iniziato a riprendere la fiducia in sé stessi dopo una serie di vittorie minori al comando di Giuliano, e i generali sapevano che se non avessero dato battaglia ci sarebbe stato il rischio perfino di una sommossa. Così i comandanti decisero di dare battaglia.
L'esercito di Giuliano era sì molto più piccolo di quello degli avversari ma comprendeva alcune delle migliori unità dell'esercito romano tardo imperiale. I soldati romani erano in più professionisti della guerra a differenza degli Alemanni. Una percentuale notevole delle truppe era di origine barbarica, per lo più germanica: di questi molti erano probabilmente anche loro Alemanni o discendenti di soldati alemanni. e qui possiamo iniziare a sfatare il mito dei “barbari” non fedeli a Roma, di cui abbiamo parlato un paio di episodi fa: è questa la teoria della caduta dell'impero a causa dei barbari a guardia delle porte. La maggior parte dei soldati germanici tra le file romane mostrarono di essere estremamente leali alle proprie unità, come dimostrato dalla rapidità con cui le truppe di Giuliano ingaggiarono il nemico e dalla determinazione con la quale combatterono la battaglia: tre dei quattro tribuni caduti a Strasburgo avevano nomi barbarici. Parleremo altrove dell'esercito tardoimperiale ma iniziamo subito con il dire che i Romani, che avevano sempre preferito la fanteria, nel tardo impero avevano sviluppato anche una forte cavalleria il cui nerbo era composto da unità di catafratti, ovvero di cavalieri pesantemente armati con un'armatura di acciaio che copriva anche i cavalli. Questa era una innovazione che avevano appreso dai persiani. In questo periodo la cavalleria romana era decisamente superiore in qualità – ma non in quantità – a quella degli alemanni, una cosa che penso vi stupirà visto che non fa parte dell'immaginario comune.
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Chnodomar era arrivato per primo in posizione e aveva scelto accuratamente il luogo dello scontro, posizionando la fanteria al di sopra di una collina, in modo da attaccare in discesa e proteggersi per quanto possibile dai temibili catafratti. la sua cavalleria era sul lato sinistro. Chnodomar aveva segretamente inframezzato tra i cavalieri dei fanti in modo da dare manforte ai cavalieri Alemanni contro i catafratti romani. Aveva infine nascosto parte dei suoi fanti nell'erba alta sul lato destro del suo schieramento. Da tutti questi accorgimenti spero si capisca che i germani avevano ben appreso dai romani la strategia e avevano ben chiaro come cercare di sfruttare il terreno a loro vantaggio: di nuovo, l'immagine dei selvaggi barbari a cavallo è quanto di più possibile distante dalla realtà.
Ammiano scrive “mentre splendevano già i raggi del sole, al suono delle trombe di guerra, le fanterie uscivano a lento passo dagli accampamenti ed ai loro fianchi si univano gli squadroni di cavalleria con i catafratti e gli arcieri”. La battaglia poteva avere inizio. La prima mossa fu della cavalleria romana che caricò i cavalieri germanici. lo stratagemma di Chnodomar ebbe un notevole successo: i fanti che aveva inframmezzato tagliarono le gambe ai cavalli dei Romani e uccisero i catafratti a terra. L'unità di punta dell'esercito ne fu così sconcertata che si fece cogliere dal panico e fuggì, infrangendosi con il peso dei suoi cavalli corazzati sulla fanteria romana sul fianco destro. Ecco, questa sarebbe potuta essere la fine e probabilmente lo sarebbe stata con un esercito meno professionista e un comandante meno energico: Pompeo aveva perso la guerra con Cesare in una condizione molto simile. Ma la fanteria romana resse grazie alla disciplina delle unità di élite dell'esercito e la cavalleria romana si rifugiò dietro alle linee. lì fu raggiunta di tutta fretta da Giuliano che si spostò dal centro dello schieramento appena vide cosa stesse succedendo. Quando vide i cavalieri li spronò a riformare i ranghi e tornare all'assalto. Fu questo probabilmente l'unico vero contributo, ma decisivo, di Giuliano.
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A sinistra i romani non si fecero attrarre nell'imboscata dei germani e rimasero fermi, mentre al centro del fronte la fanteria alemannica caricò ripetutamente e frontalmente i ranghi serrati dei Romani, contando di romperli grazie alla loro superiorità numerica. La prima linea romana tenne la propria posizione per lungo tempo ma ad un certo punto un gruppo dei migliori guerrieri germanici caricò e con uno sforzo disperato riuscì a perforare la prima linea romana. La situazione si era fatta potenzialmente disastrosa per i Romani, per la seconda volta.