VII puntata
Parigi.
Primavera del 1811. Fu quello l'anno di una lunga crisi economica.
Un avvenimento che Napoleone non si aspettava proprio. Di mese in mese la situazione si faceva sempre più grave. Si dipanava uno sconfinato gomitolo di fallimenti. A marzo l'imperatore dispose la concessione di un milione di franchi ai manifatturieri di Amien e contemporanemente ordinò l'acquisto di merci per due milioni a Rouane, San Cantene e Hente. Sussidi enormi furono dati a Lione. Ma si trattava di poche gocce in un mare in tempesta.
Industriali e mercanti facevano le loro rimostranze all'Eliseo per dimostrare che il blocco dell'Inghilterra li colpiva nel portafoglio.
Ormai si trovavano senza materie prime.
La politica di sfruttamento dei popoli sottomessi aveva ristretto il potenziale di acquisto di tutta l'Europa, mentre le confische arbitrarie, l'illegalità e la sfrenata cupidigia di militari e doganieri (ma gli industriali avevano scelto parole molto meno ruvide) portavano alla fine del credito, senza di cui il commercio diventa impossibile. A Rouane la disoccupazione era mostruosa e i manufatturieri erano ormai a terra, tanto che Napoleone fu costretto a stanziare altri 15 milioni.
Gli alti funzionari ebbero il coraggio di lamentarsi. Il 7 maggio il governatore della Banca centrale chiese udienza all'Imperatore per dimostrare che i paesi sottomessi erano stati ridotti sul lastrico e che prima le merci francesi trovavano in essi un mercato di sbocco di gran lunga maggiore...
Tutta una serie di industrie tessili che occupavano fino a 12 mila operai sarebbero state costrette ad espellere gran parte del personale se Napoleone non avesse loro concesso un milione e mezzo di franchi in oro.
Si capiva che soltanto una nuova guerra avrebbe potuto salvare il paese dalla catastrofe.
Ma Alessandro I non ne era convinto fino in fondo.
Il principe Kurakin lo informa che secondo alcune voci Napoleone si apprestava a invitarlo a corte.
Secondo il protocollo inviti del genere non celavano nessun pericolo in quanto a tali incontri venivano ammessi soltanto i favoriti. Non dovrebbero esserci sorprese, eppure Alessandro è nervoso.
Corrono strane voci a corte. E se invece della carota Napoleone avesse in mano il bastone? In effetti egli sospetta di cosa potrebbe trattarsi.
Un mese prima tre mercantili erano entrati nel porto di Arcangelo carichi di coloniali arrivati dall'Inghilterra. Certo battevano bandiera americana, inoltre avevano subito ripreso il largo, ma Napoleone aveva tanti informatori e subito gli era stato riferito che la Russia, in violazione degli accordi, commerciava con gli inglesi. Alessandro sapeva che il suo ambasciatore avrebbe dovuto affrontare non poche difficoltà.
Ma contava sull'eloquenza dell'uomo che con fedeltà aveva già servito suo padre, Paolo I, e finanche la Grande Caterina che per i suoi gusti stravaganti lo aveva definito "il mio pappagallo", ma aggiungeva "il mio pappagallo intelligente". Ma chi era il principe Kurakin?
A sentire coloro che lo avevano conosciuto in età antidiluviana, era un uomo piacevolissimo. Chi lo aveva visto prendere il bagno affermava addirittura che era un Apollo. Si dice che a Parigi, durante la rappresentazione del Don Giovanni di Mozart, la giovane principessa Bagration, consorte del futuro eroe della Grande Guerra Patriottica del 1812, esclamasse convinta: "Ma è il nostro Kurakin!
E lei doveva saperne qualcosa, per l'aureola di donna fatale che la precedeva ovunque andasse. Del principe Kurakin si diceva che in gioventù avesse disseminato il suo cammino di una ventina di figli illegittimi.
In seguito col passar degli anni qualcuno aveva moltiplicato per dieci quel numero. Comunque fosse quando sorse il problema di chi dovesse rappresentare la Russia alla corte del piccolo e grande diavolo corso, fu lo stesso Napoleone a fare il nome di Kurakin.
Lui non volle mai approfondire le ragioni di quella preferenza.
I cortigiani dell'Eliseo dicevano che Napoleone, uomo di guerra, preferiva avere a che fare con i fautori della pace. E Kurakin era un uomo di pace.
Quando, anni prima, si era parlato dell'alleanza con l'Austria conclusasi con la disfatta di Austerlitz, i ministri di Alessandro I l'avevano tutti caldeggiata, ad eccezione del solo Kurakin che vi si era opposto suscitando l'indignazione dei presenti.
Adam Ciartoriiskij, ascoltato uomo politico dell'epoca, aveva gridato: "I Balcani sono minacciati, sui nostri confini meridionali preme la Turchia istigata da Parigi, nemmeno i nostri territori del Mar Nero sono più sicuri. E poi una grande potenza non può rimanere indifferente sui destini dell'Europa. Il ministro della Real Casa, Viktor Kociubej, (di lui si diceva che fosse il ministro più bello della Russia) aveva fiducia nell'alleanza con l'Inghilterra e in quella occasione Kurakin gli chiese: "Ma se abbiamo deciso di fare guerra alla Francia almeno domandiamoci se la Russia è pronta alla guerra? "E quando mai lo è stata?
- esclamò Kociubej. Non è mai successo che la Russia fosse pronta alla guerra, eppure tutto ciò non le ha mai impedito di vincere..." Napoleone sapeva questa storia e quando si dovette decidere sul nome dell'ambasciatore chiese personalmente ad Alessandro di mandare a Parigi Kurakin.
Alessandro acconsentì e non si sbagliò. Quando a Pietroburgo vennero a sapere delle audienze mattutine si sprecarono le lodi per la saggezza dimostrata dal giovane zar e per l'astuzia del vecchio cortigiano.
A proposito dell'astuzia Alessandro aveva qualcosa da dire, specialmente quando gli avevano riferito che Kurakin soleva compiacere il suo augusto interlocutore con tutta una anedottica sull'assassinio dell'imperatore Paolo.
Tanto più che Napoleone avrebbe sempre voluto sapere se veramente Alessandro era stato coinvolto in quel tragico fatto di sangue. Ma ovviamente sarebbe stato sconveniente porre delle domande in modo diretto. E chi più di Kurakin avrebbe potuto essere meglio informato?
Egli era stato amico di gioventù del futuro imperatore.
Come nipote di Nikita Panin, precettore del giovane Paolo, era stato suo compagno di studi, che lui poi avrebbe continuato all'Università di Leiden. Kurakin parlava quattro lingue.
Nell'anno in cui Mozart era un celebre ragazzo prodigio ed aveva ricevuto un riconoscimento musicale che gli conferiva dignità nobiliare Kurakin era entrato a far parte del senato. A 23 anni. Adesso questo ragazzo prodigio della politica aveva in mano i destini dell'imperatore e di tutta la Russia.
Non sarebbe stato forse meglio sostituirlo con un uomo più giovane e più flessibile?
Anche di questo si parlava a Pietroburgo.
Ma Kurakin lo ignorava. Così come ignorava, al pari di tutti gli altri, che alla guerra con la Francia mancavano 800 giorni. Avete ascoltato la VII puntata del ciclo di Dmitrij Mincenok "1812.La bufera napoleonica".