#8: Tom l'americano che insegna l'italiano [1]
MICHELE: Buongiorno, buon pomeriggio e buonasera.
Io sono Michele e questo è il podcast in italiano di LingQ.
Oggi avrai il piacere di vedere una nuova intervista.
Questa volta insieme a Tom
del progetto "Weilà Tom".
Tom è un insegnante di italiano e d'inglese.
Infatti ci racconterà cosa vuol dire
insegnare due lingue così diverse tra loro.
Ma prima di iniziare, voglio consigliarti uno strumento facile e utile
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Benvenuti a un nuovo episodio del podcast in italiano di LingQ.
Oggi sono qui insieme a Tom del progetto "Weilà Tom".
Tom è un insegnante di italiano e inglese online
e con il suo canale YouTube condivide contenuti utili per l'apprendimento di queste due lingue.
Tom è americano con origini italiane
e con il tempo a perfezionato le sue competenze come insegnante
studiando e ottenendo certificati per l'insegnamento dell'italiano.
Oggi è qui con noi per raccontarci tutta la sua esperienza, chi è.
E insomma dai Tom,
possiamo già iniziare un po' con... TOM: Grande.
Certo dai, dobbiamo iniziare con il mio saluto classico,
il grande Weilà Weilà raga.
MICHELE: Ma prima di iniziare, possiamo spiegare ai nostri ascoltatori
che stanno imparando l'italiano, cosa vuol dire "weilà".
Perché magari in cui non lo sanno.
Ok? Quindi...
TOM: Sì, allora...
Ti spiego un po' la storia di "weilà". MICHELE: Anche.
TOM: Perché innanzitutto non sapevo che esistesse come parola.
Perché ho sentito "wei", ho sentito "ehilà".
Un giorno le ho messe insieme.
Ho detto "Guarda quanto sono figo io, ho creato una parola".
MICHELE: E invece...
TOM: In realtà esiste.
È praticamente slang italiano
per dire eccoti, ciao, un saluto generale così.
MICHELE: Certo, un'esclamazione che abbiamo
per salutare qualcuno, siamo contenti di vedere qualcuno.
TOM: Esatto.
MICHELE: Bel nome comunque, molto felice. TOM: Mi piace.
MICHELE: Allegro. TOM: Esatto.
TOM: Sì, perché sai che l'apprendimento delle lingue
è una cosa molto bello molto piacevole,
molto positivo.
Quindi diciamo che il nome va bene.
MICHELE: Esatto.
Ma prima di parlare un po' di te, della tua esperienza,
raccontaci un po' delle tue origini italiane.
TOM: Sì, allora io dico a tutti che i miei nonni sono italiani.
Però la prima cosa che tutti gli italiani mi dicono è:
"Ah quindi sei metà italiano".
No, quando dico "i nonni" non ho specificato perché tutti e quattro sono italiani.
Quindi io sono americano ovviamente, perché sono nato e cresciuto in America
però tutto il sangue è italiano.
E anche un po' la mentalità a dire il vero.
MICHELE: Ok, bene.
I tuoi nonni dove sono nati, dove sono cresciuti in Italia?
TOM: In un piccolo paesino in Campania, fuori Napoli.
MICHELE: Ok, quindi origini campane.
MICHELE: Ok. TOM: Esatto.
Con un po' di dialetto anche, mischiato fra l'italiano...
MICHELE: Sai un po' il dialetto campano?
MICHELE: Sì? TOM: Ma certo.
MICHELE: Ok, molto bene.
Io sono siciliano, quindi siamo vicini più o meno. TOM: Esatto.
MICHELE: Però è interessante.
E i tuoi genitori parlavano italiano, o parlano italiano?
TOM: Sì, praticamente nella famiglia i nonni hanno sempre mantenuto la lingua italiana
e anche un po' del dialetto
perché era naturale per loro.
E quindi di conseguenza io, come nipote dei miei nonni,
sono stato sempre esposto a queste lingue, questi suoni.
E infatti io dico sempre a tutti che da bimbo
io pensavo che tutti i nonni, tutti gli anziani parlassero italiano.
MICHELE: Esatto, solamente i nonni.
TOM: Esatto, solamente i nonni.
MICHELE: Una lingua per i nonni.
TOM: Esatto, una lingua per i nonni che i miei genitori conoscevano meglio di me.
Io potevo capire.
Ma non potevo riprodurre da bimbo.
Quando sono cresciuto era un po' più facile.
MICHELE: Certo, quindi dopo un po' hai iniziato anche ad apprezzare la conoscenza di questa lingua.
TOM: Assolutamente, perché è molto bello quando
i parenti vengono qui in America per visitare, o se noi andiamo in Italia,
possiamo comunicare nella stessa lingua.
Quindi ci sono i vantaggi diciamo.
MICHELE: Viaggi spesso in Italia?
Ho visto che di recente sei stato in Italia in vacanza.
TOM: Esatto, ero a Milano.
Era fantastico.
Spero di tornarci presto.
Quindi sì, stare in Italia è sempre una bella esperienza perché mi sento a casa.
Anche se in teoria non sono a casa, ma secondo me lo sono.
MICHELE: Milano così per vacanza o avevi anche qualcosa di lavoro?
TOM: Era solo per vacanza,
ma come sai noi che facciamo contenuti online
possiamo sempre unire...
qual è l'espressione?
MICHELE: L'utile al dilettevole.
TOM: Perfetto. MICHELE: Scusami se ti ho anticipato.
TOM: No, perfetto.
Quindi facciamo così perché allo stesso tempo
quando viaggi in un posto dove non sei sempre lì,
è bello fotografare tutto.
Tutto è interessante, anche una vespa per strada è wow, figo.
È grande.
MICHELE: Anche per noi italiani, quando magari tanti...
Io purtroppo non sono ancora stato in America.
però tanti mi raccontano ovviamente della vastità dell'America.
Quindi noi rimaniamo impressionati
dalla grandezza che c'è in America.
Noi non siamo abituati ad avere tutto ciò.
Le strade più larghe, più grandi, i grattacieli.
Quindi noi rimaniamo sorpresi da tutto questo.
Come anche voi rimanete sorpresi dalla storia, della cultura che abbiamo in Italia.
TOM: Precisamente.
Poi una cosa che apprezzano molti americani, quando veniamo in Italia,
è bello camminare,
fare la vita della piazza diciamo, no? MICHELE: Esatto.
TOM: È una cosa che possiamo apprezzare perché qui non esiste.
MICHELE: Sì, è diverso.
TOM: Esatto.
MICHELE: Sì perché magari c'è questa abitudine di noi italiani
di andare a fare spesso le passeggiate serali.
TOM: Esatto.
MICHELE: Un'abitudine che abbiamo tutti noi italiani,
magari un po' meno d'inverno, ma tendiamo sempre a fare una passeggiata.
TOM: Perfetto.
MICHELE: Ti piace.
TOM: Come si deve. MICHELE: Esatto.
E adesso mi piacerebbe parlare anche un po' meglio del tuo lavoro.
Diciamo tu...
Preferisci... Perché tu insegni sia in italiano, sia in inglese.
MICHELE: Giusto? TOM: Esatto.
MICHELE: Cosa preferisci insegnare, l'italiano o l'inglese?
TOM: Direi che sono due cose diverse.
Perché quando insegno l'inglese
è bello che riesco a scoprire la mia lingua
attraverso gli occhi di un'altra persona.
È quindi anche molto più semplice.
Perché io ho tutto il vocabolario qua, pronto.
MICHELE: Esatto.
Tom: Invece con l'italiano...
La cosa diversa è che io posso condividere
il mio percorso
come uno che ha imparato la lingua.
Anche se, come ti ho detto prima, ero sempre esposto.
Ma una cosa è sentire i suoni e dire le piccole cose in famiglia,
altro è fare una conversazione come stiamo facendo noi.
MICHELE: Eh sì. TOM: È un po' diverso.
Quindi è bello tenere un po' questa esperienza e portare una persona in questo giro con me.
MICHELE: Certo.
TOM: Diciamo che ci sono i pro e i contro per ogni cosa.
MICHELE: Certo, è un approccio diverso l'insegnamento della lingua madre.
Perché ovviamente la tua lingua madre è l'inglese.
L'italiano è una seconda lingua che utilizzi. TOM: Esatto.
MICHELE: Ma la utilizzi molto spesso tu?
MICHELE: Oltre a insegnare, parli spesso? TOM: Sì, sempre.
TOM: Sempre, con la famiglia, gli amici...
Poi ovviamente quando lavoro, con gli studenti, con i colleghi.
Però ci sono anche molti momenti in cui
una parola non mi viene in inglese. MICHELE: Certo.
Quindi devo sempre spiegare a qualcuno
"In italiano si dice così, però forse in inglese..."
MICHELE: Sì perché fa parte di te questa cosa.
Ed è normale.
Sicuramente sognerai in italiano anche, no? TOM: certo, esatto.
TOM: Anche certe esclamazioni mi vengono più facilmente in italiano.
Un po' come dire "che vergogna", "che peccato", "grande!".
Cose così, che hanno un altro sentimento, un altro effetto in italiano.
MICHELE: Beh sì come in tutte le lingue, no?
Ogni lingua ha la sua esclamazione, le sue particolarità.
Molto spesso anche io dico:
"Cavolo, potrebbe esistere una parola simile in italiano?"
Sicuramente lo penserai anche tu con l'inglese, no? TOM: Esatto.
TOM: Sempre così. MICHELE: Certo.
MICHELE: Questo è il bello di parlare più lingue. TOM: Esatto, è un vantaggio.
TOM: Arricchisce la vita.
MICHELE: Qual è il tuo approccio con le lezioni?
Qual è l'approccio che ti piace utilizzare quando insegni, in generale?
TOM: In inglese mi piace iniziare già con qualche piccolo contesto, alcune frasi.
Poi spieghiamo come siamo arrivati a formulare questa frase così.
Perché il bello dell'insegnare l'inglese,
la mia specialità, se possiamo dirlo così,
è insegnare l'inglese agli italiani.
E molti italiani hanno già una base d'inglese.
Quindi possiamo iniziare già da un livello intermedio, per dire.
Mentre a volte con gli americani è una storia un po' diversa.
Magari loro iniziano proprio da zero. MICHELE: Eh sì.
TOM: Quindi con gli americani o gli anglofoni
iniziamo prima con la grammatica,
che significa coniugare un verbo,
tutti i tempi verbali.
Quindi con l'italiano è un procedimento standard.
Noi abbiamo un procedimento, andiamo avanti così.
Mentre con l'italiano io posso...
fare delle cose "custom".
Ecco un esempio dove è più facile l'inglese.
MICHELE: "Customizzate", diciamo anche in italiano noi.
Abbiamo italianizzato la parola.
TOM: Perfetto.
MICHELE: Sì, quindi cerchiamo di...
È vero che l'approccio è totalmente diverso.
Perché come dici tu, noi italiani bene o male,
a scuola impariamo l'inglese.
Magari non come si deve, come si dovrebbe.
TOM: Però c'è almeno qualcosa. MICHELE: Esatto, abbiamo delle basi.
MICHELE: Diverso invece quando parliamo di un americano,
o un anglofono come dici tu,
che magari non ha mai avuto un approccio con questa lingua,
con l'italiano in questo caso,
di conseguenza partiamo dalle basi, no? TOM: Esatto.
E poi c'è una cosa che mi interessa tanto.
Dove vivo io, sulla costa est degli Stati Uniti,
dove abbiamo ricevuto molti migranti italiani.
Da più di un secolo a questo punto.
Questo è per dire che molti sono già esposti al dialetto.
E poi il dialetto è stato trasformato anche un po' in inglese.
Ti faccio un breve esempio. MICHELE: Ok, sono curioso.
TOM: Ci sono degli americani della costa est,
o che hanno guardato molti film italoamericani
che sanno dire, ad esempio,
"mozzarell".
MICHELE: Mozzarell. TOM: Esatto.
TOM: Secondo me, non so come,
ma è venuto da un dialetto forse del sud, dove dicono "a mozzarell".
MICHELE: A mozzarell, sì esatto.
TOM: Un po' così. MICHELE: Certo.
TOM: E poi in inglese... MICHELE: Cerchiamo di modificare...
MICHELE: Di unire l'inglese, il dialetto e l'italiano.
TOM: Esatto, quindi a volte è un po' difficile
perché da un lato io voglio rispettare questa cosa bella,
che figo sapere una cosa regionale.
Allo stesso tempo devo dire:
"Ma quando tu vai in Italia, devi cambiare un pochettino, eh?".
MICHELE: Certo.
Sì, perché i film hollywoodiani ci hanno presentato un dialetto non veritiero.
Basti pensare ai film di De Niro
dove in alcune scene parla proprio in italiano.
TOM: Giusto.
MICHELE: Dove non è un italiano corretto al 100%,
però noi italiani apprezziamo ogni parola di un anglofono in italiano,
noi siamo contentissimi quando sentiamo un ciao. TOM: Grande, perfetto.
TOM: Basta un ciao.
MICHELE: Ma perché capiamo anche noi la difficoltà
dell'apprendimento dell'italiano.
Perché anche per noi la materia "italiano" a scuola
è difficile, no? TOM: I congiuntivi...
MICHELE: Quindi anche per noi italiani da bambini era difficile.
TOM: Immagino.
MICHELE: Quindi apprezziamo tanto il fatto di...
sapere questa lingua, no? TOM: Grande.
MICHELE: Poi è diverso perché se parliamo dell'inglese