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Il Rosso e il Nero - Stendhal, VI. La noia

VI. La noia

Non so più cosa son,

Cosa facio

MOZART (FIGARO)

Con la vivacità e la grazia che le erano naturali quand'era lontana dagli sguardi degli uomini, la signora de Rênal stava uscendo dalla porta-finestra del salotto che dava sul giardino, quando vide vicino all'ingresso il viso di un giovane contadino, quasi ancora un ragazzo, estremamente pallido e che aveva appena pianto. Indossava una camicia bianchissima, e aveva sotto il braccio una giacca molto pulita di ratina viola.

La carnagione di quel contadinello era così bianca, i suoi occhi così dolci, che lo spirito un po' romantico della signora de Rênal ebbe a prima vista l'idea che poteva trattarsi di una ragazza travestita, che veniva a chiedere qualche grazia al sindaco. Provò pietà per quella povera creatura, ferma sulla soglia, e che evidentemente non osava alzare la mano fino al campanello. Si avvicinò, distratta per un momento dall'amarezza che le dava l'arrivo del precettore. Julien, rivolto verso la porta, non la vide arrivare. Trasalì quando una voce dolce gli disse, vicinissima al suo orecchio:

«Figliolo, cosa cercate?».

Julien si voltò di scatto e, colpito dalla grazia che c'era nello sguardo di quella signora, dimenticò in parte la propria timidezza. Ben presto, sorpreso dalla bellezza di lei, dimenticò tutto, anche quello che veniva a fare. La signora de Rênal aveva ripetuto la domanda.

«Vengo per fare il precettore, signora» le disse finalmente, vergognandosi molto per le lacrime che cercava di asciugarsi.

La signora de Rênal rimase interdetta; erano vicinissimi, e si guardavano. Julien non aveva mai visto una persona così ben vestita, e tanto meno una donna con un incarnato tanto smagliante, parlargli con dolcezza. Lei osservava le grosse lacrime che si erano fermate sulle guance, prima così pallide ed ora così rosee, di quel giovane contadino. Poi si mise a ridere, con la folle allegria di una fanciulla; rideva di se stessa e neanche si rendeva conto di tutta la sua gioia. Era quello il precettore che lei si era immaginata come un prete sporco e mal vestito, che veniva a sgridare e frustare i suoi figli? «E dunque, signore – gli disse, – voi sapete il latino?»

Quella parola, «signore», stupì a tal punto Julien che ebbe bisogno di riflettere un istante.

«Sì, signora» disse timidamente.

La signora de Rênal era così felice che osò dire a Julien:

«Non sgriderete troppo quei poveri bambini?».

«Io, sgridarli – disse Julien sorpreso; – e perché?»

«Sarete buono con loro, è vero, signore?» aggiunse lei dopo un breve silenzio, e con una voce sempre più commossa: «me lo promettete?».

Sentirsi di nuovo chiamare signore, così seriamente, e da una donna tanto ben vestita, era qualcosa molto al di sopra delle previsioni di Julien: in tutti i castelli in aria della sua giovinezza, aveva pensato che nessuna vera signora si sarebbe degnata di parlargli, se non quando avesse indossato una bella uniforme. La signora de Rênal, da parte sua, era proprio confusa dalla bellezza della carnagione, dai grandi occhi neri di Julien, e dai suoi bei capelli, più ricci del solito, perché il ragazzo aveva tuffato la testa nella vasca della fontana pubblica per rinfrescarsi. Con sua grande gioia, scopriva che il fatale precettore, del quale aveva tanto temuto la durezza e l'aspetto arcigno per i suoi figli, aveva l'aria timida di una fanciulla. Per l'anima tranquilla di lei, il contrasto fra i suoi timori e ciò che vedeva fu un vero avvenimento. Finalmente si riebbe dalla sorpresa. Ma fu stupita di trovarsi sulla porta di casa sua, con un giovane in maniche di camicia, e così vicina a lui.

«Entriamo, signore» gli disse con aria alquanto imbarazzata.

Mai, in vita sua, una sensazione del tutto piacevole l'aveva così profondamente emozionata, mai un'apparizione tanto gradevole aveva preso il posto dei timori più inquietanti. Dunque, i suoi cari bambini non sarebbero caduti nelle mani di un prete sudicio e brontolone. Appena entrata nel vestibolo, si voltò verso Julien, che la seguiva timidamente. La sua aria stupita, alla vista di una casa tanto bella, era una grazia in più per la signora de Rênal. Non poteva credere ai suoi occhi; le sembrava, soprattutto, che un precettore dovesse avere un abito nero.

«Ma è vero, signore? – gli disse fermandosi ancora, e con la tremenda paura di essersi sbagliata, tanta era la gioia per quella sorpresa. – Voi sapete il latino?»

Queste parole ferirono l'orgoglio di Julien e dissiparono l'incanto nel quale viveva da un quarto d'ora.

«Sì, signora – le disse cercando di assumere un'aria distaccata. – Io so il latino come il signor curato, e certe volte lui stesso ha la bontà di dire che lo so meglio di lui.»

La signora de Rênal trovò che Julien aveva assunto un'espressione molto cattiva. Il giovane si era fermato a due passi da lei, che gli si avvicinò, e gli disse a mezza voce:

«I primi giorni non frusterete i miei bambini, anche se non sapranno la lezione, è vero?».

Quel tono così dolce, e quasi supplichevole, in una signora tanto bella, fece subito dimenticare a Julien la sua reputazione di latinista. Il viso di lei era vicino al suo, sentì il profumo degli abiti estivi di una donna, e ciò era stupefacente per un giovane contadino. Julien arrossì violentemente, e disse in un sospiro, con una voce che sembrava venir meno:

«Non abbiate timore, signora, vi obbedirò in tutto».

Solo in quel momento, quando la sua preoccupazione per i figli si dissipò completamente, la signora de Rênal fu colpita dall'estrema bellezza di Julien. I suoi tratti quasi femminei e la sua aria impacciata non parvero affatto ridicoli a una donna che era a sua volta molto timida. L'aria virile, che di solito è ritenuta necessaria alla bellezza di un uomo, le avrebbe fatto paura.

«Che età avete, signore?» chiese a Julien.

«Fra poco diciannove anni.»

«Mio figlio maggiore ne ha undici – riprese lei, del tutto rassicurata. – Sarà quasi un compagno per voi, con lui potrete ragionare. Una volta suo padre ha voluto picchiarlo: il ragazzo è stato male per un'intera settimana; e non gli aveva fatto quasi niente.»

«Che differenza fra lui e me – pensò Julien. – Solo ieri mio padre mi ha picchiato. Come sono fortunati i ricchi!»

La signora de Rênal cercava già di cogliere le minime sfumature di ciò che attraversava l'animo del precettore; prese per timidezza quel momento di malinconia, e volle incoraggiarlo:

«Qual è il vostro nome, signore?» gli chiese con un tono e una grazia di cui Julien sentì tutto il fascino, pur senza rendersene conto.

«Mi chiamo Julien Sorel, signora; tremo, entrando per la prima volta in una casa di estranei; ho bisogno della vostra protezione, e che voi mi perdoniate molte cose i primi giorni. Non sono mai stato in collegio, ero troppo povero; non ho mai parlato ad altri che a un mio cugino, chirurgo militare e membro della Legion d'onore, e al curato Chélan, che potrà darvi buone informazioni su di me. I miei fratelli mi hanno sempre picchiato, e non credete loro, se vi diranno male di me. Perdonate i miei errori, signora, non saranno dovuti a cattiva intenzione.»

Durante questo lungo discorso, Julien osservava la signora e andava rassicurandosi. Tale è l'effetto di una grazia perfetta, quando è parte naturale del carattere, e quando soprattutto la persona che ne è dotata non si cura di averne; Julien, che era un ottimo conoscitore della bellezza femminile, avrebbe giurato in quell'istante che la signora de Rênal non aveva più di vent'anni. Ebbe al momento l'idea audace di baciarle la mano, ma subito quest'idea lo spaventò, e un istante dopo pensava: «Sarei un vile a non compiere un'azione che potrebbe essermi utile, e diminuire il disprezzo che questa bella signora ha, probabilmente, per un povero operaio appena strappato alla segheria». Forse Julien fu un po' incoraggiato da quelle parole, «è proprio bello», che da sei mesi sentiva ripetere da qualche ragazza alla domenica. Mentre era preso da questo contrasto interiore, la signora de Rênal gli dava qualche istruzione sul primo approccio con i suoi figli. La violenza che Julien faceva su se stesso lo rese di nuovo pallidissimo; disse, con aria impacciata:

«Signora, non picchierò mai i vostri figli; lo giuro davanti a Dio».

Dicendo queste parole, osò prenderle la mano e portarsela alle labbra. Lei fu sorpresa da quel gesto, e di riflesso ne fu urtata. Siccome faceva molto caldo, il suo braccio era nudo sotto lo scialle, e il movimento di Julien, per portare la mano di lei alle sue labbra, l'aveva scoperto completamente. Erano passati solo pochi istanti, e già si rimproverava: le sembrava di non essersi indignata prontamente.

Il marito, che aveva sentito le loro voci, uscì dal suo studio; con la stessa aria maestosa e paterna che assumeva per i matrimoni in municipio, disse a Julien:

«È necessario che vi parli prima che i ragazzi vi vedano».

Fece entrare Julien in una stanza e trattenne sua moglie, che voleva lasciarli soli. Chiusa la porta, Rênal si mise a sedere con gravità.

«Mi ha detto il curato che siete un buon soggetto; qui vi tratteranno tutti con riguardo, e se sarò contento, vi aiuterò in seguito a farvi una piccola posizione. Voglio che non vediate più né amici né parenti. I loro modi non si addicono ai miei figli. Eccovi trentasei franchi per il primo mese; ma esigo la vostra parola che non darete un soldo a vostro padre.»

Rênal ce l'aveva con il vecchio, che in quell'affare era stato più furbo di lui.

«Ora, signore – siccome per mio ordine tutti, qui, vi chiameranno signore, e voi capirete il vantaggio di essere entrato in una casa di gente come si deve, – ora, signore, non è opportuno che i ragazzi vi vedano in giacchetta. I domestici l'hanno visto?» chiese alla moglie.

«No, caro» rispose lei con aria molto pensierosa.

«Tanto meglio. Mettete questo – disse al giovane sorpreso, dandogli una sua redingote. – E adesso andiamo da Durand, il negoziante di stoffe.»

Più di un'ora dopo, quando Rênal fece ritorno con il nuovo precettore tutto vestito di nero, trovò sua moglie seduta allo stesso posto. Si sentiva tranquillizzata dalla presenza di Julien, e osservandolo si dimenticò di averne paura. Julien non pensava affatto a lei; nonostante tutta la sua diffidenza nei confronti del destino e degli uomini, in quel momento aveva l'animo di un ragazzo: gli sembrava di aver vissuto anni interi dal momento in cui, tre ore prima, era in chiesa, tutto tremante. Notò l'aria glaciale della signora e capì che era in collera perché aveva osato baciarle la mano. Ma il senso d'orgoglio che gli dava quell'abito, così diverso da quelli che era abituato a indossare, lo eccitava talmente, e desiderava tanto nascondere la propria gioia, che tutti i suoi gesti avevano qualcosa di brusco e folle. Lei lo guardava con occhi stupefatti.

«Un po' di gravità, signore – gli disse Rênal, – se volete essere rispettato dai miei figli e dai domestici.»

«Signore – rispose Julien, – mi sento impacciato in questi abiti nuovi; io, povero contadino, ho sempre portato la giacchetta; se me lo permettete, vorrei ritirarmi nella mia stanza.»

«Che te ne pare di questo nuovo acquisto?» chiese Rênal alla moglie.

Lei, per un impulso quasi istintivo, e di cui certamente non si rese conto, dissimulò la verità al marito.

«Non sono entusiasta come voi di questo contadinello; tutte le vostre premure faranno di lui un impertinente che sarete costretto a licenziare prima che sia passato un mese.»

«Ebbene, lo licenzieremo! Mi potrà costare cento franchi, e Verrières si sarà abituata a vedere un precettore per i figli del sindaco. Non avrei raggiunto questo scopo se avessi lasciato Julien vestito da operaio. Se lo manderò via, io mi terrò, si capisce, l'abito nero completo che ho appena ordinato. Gli lascerò solo quello già confezionato che ho trovato dal sarto, e che gli ho fatto indossare.»

L'ora che Julien trascorse nella sua camera parve un istante alla signora de Rênal. I ragazzi, ai quali era stato annunciato il nuovo precettore, subissarono la madre di domande. Finalmente Julien apparve. Era un altro uomo. Sarebbe improprio dire che aveva un'aria grave; era la gravità incarnata. Fu presentato ai ragazzi, ai quali parlò in un tono che stupì lo stesso Rênal.

«Sono qui, signori – disse loro terminando la sua allocuzione, – per insegnarvi il latino. Voi sapete cosa significhi recitare una lezione. Ecco la santa Bibbia – disse loro mostrando un volumetto in trentaduesimo, rilegato in nero. – Questa, in particolare, è la storia di Nostro Signore Gesù Cristo, si tratta della parte che si chiama Nuovo Testamento. Vi farò spesso recitare la vostra lezione, ora fatemi recitare la mia.»

Adolphe, il maggiore, aveva preso il libro.

«Apritelo a caso – continuò Julien, – e ditemi la prima parola di un capoverso. Reciterò a memoria il libro sacro, regola di condotta per tutti noi, fino a quando non mi fermerete.»

Adolphe aprì il libro, ne lesse una parola, e Julien recitò l'intera pagina con estrema facilità, come se avesse parlato francese. Rênal guardava sua moglie con aria di trionfo. I ragazzi, vedendo lo stupore dei loro genitori, spalancarono gli occhi. Sulla porta del salotto comparve un domestico, Julien continuava a parlare in latino. Il domestico rimase dapprima immobile e poi sparì. Subito dopo la cameriera della signora e la cuoca si avvicinarono alla porta; Adolphe aveva già aperto il libro in otto punti diversi, e Julien aveva recitato sempre con la stessa facilità.

«Ah, mio Dio, che bel pretino!» disse ad alta voce la cuoca, una brava ragazza molto devota.

L'amor proprio di Rênal era inquieto; senza minimamente pensare a esaminare il precettore, era occupatissimo a cercare nella sua memoria qualche parola di latino; finalmente riuscì a dire un verso di Orazio. Di latino, Julien, non sapeva che la Bibbia. Rispose, aggrottando un sopracciglio:

«Il santo ministero al quale mi sono votato mi ha proibito di leggere un poeta così profano.»

Rênal citò allora un buon numero di pretesi versi di Orazio. Spiegò ai suoi figli chi era Orazio; ma i ragazzi, ammiratissimi, non prestavano alcuna attenzione a ciò che diceva. Guardavano Julien.

Siccome i domestici erano ancora sulla soglia, Julien credette di dover prolungare la prova.

«E ora – disse al più piccolo, – anche il signor Stanislas-Xavier mi dovrà indicare un passo del libro santo.»

Il bambino, tutto fiero, lesse come poté la prima parola di un capoverso, e Julien disse a memoria tutta la pagina. Perché non mancasse nulla al trionfo di Rênal, mentre Julien recitava, entrarono Valenod, il proprietario dei bei cavalli normanni, e il signor Charcot de Maugiron, viceprefetto della circoscrizione. Questa scena valse a Julien il titolo di signore; neppure i domestici osarono rifiutarglielo.

La sera, tutta Verrières affluì a casa Rênal per vedere la meraviglia. Julien rispondeva a tutti con un'aria cupa che teneva a distanza. La sua gloria si diffuse così rapidamente in città che, pochi giorni dopo, Rênal, temendo che glielo portassero via, gli propose di sottoscrivere un impegno per due anni.

«No, signore – rispose freddamente Julien, – se voi voleste licenziarmi, io sarei obbligato ad andarmene. Un impegno che mi leghi senza obbligare voi a nulla non è equo, e io lo rifiuto.»

Julien seppe cavarsela così bene che, neppure un mese dopo il suo arrivo, anche il sindaco lo rispettava. E siccome il curato era in lite con Rênal e Valenod, nessuno poté rivelare l'antica passione di Julien per Napoleone; quanto a lui, ne parlava solo con orrore.


VI. La noia

Non so più cosa son,

Cosa facio

MOZART (FIGARO)

Con la vivacità e la grazia che le erano naturali quand'era lontana dagli sguardi degli uomini, la signora de Rênal stava uscendo dalla porta-finestra del salotto che dava sul giardino, quando vide vicino all'ingresso il viso di un giovane contadino, quasi ancora un ragazzo, estremamente pallido e che aveva appena pianto. Indossava una camicia bianchissima, e aveva sotto il braccio una giacca molto pulita di ratina viola.

La carnagione di quel contadinello era così bianca, i suoi occhi così dolci, che lo spirito un po' romantico della signora de Rênal ebbe a prima vista l'idea che poteva trattarsi di una ragazza travestita, che veniva a chiedere qualche grazia al sindaco. Provò pietà per quella povera creatura, ferma sulla soglia, e che evidentemente non osava alzare la mano fino al campanello. Si avvicinò, distratta per un momento dall'amarezza che le dava l'arrivo del precettore. Julien, rivolto verso la porta, non la vide arrivare. Trasalì quando una voce dolce gli disse, vicinissima al suo orecchio:

«Figliolo, cosa cercate?».

Julien si voltò di scatto e, colpito dalla grazia che c'era nello sguardo di quella signora, dimenticò in parte la propria timidezza. Ben presto, sorpreso dalla bellezza di lei, dimenticò tutto, anche quello che veniva a fare. La signora de Rênal aveva ripetuto la domanda.

«Vengo per fare il precettore, signora» le disse finalmente, vergognandosi molto per le lacrime che cercava di asciugarsi.

La signora de Rênal rimase interdetta; erano vicinissimi, e si guardavano. Madame de Rênal se quedó desconcertada; estaban muy cerca y se miraban. Julien non aveva mai visto una persona così ben vestita, e tanto meno una donna con un incarnato tanto smagliante, parlargli con dolcezza. Lei osservava le grosse lacrime che si erano fermate sulle guance, prima così pallide ed ora così rosee, di quel giovane contadino. Poi si mise a ridere, con la folle allegria di una fanciulla; rideva di se stessa e neanche si rendeva conto di tutta la sua gioia. Era quello il precettore che lei si era immaginata come un prete sporco e mal vestito, che veniva a sgridare e frustare i suoi figli? «E dunque, signore – gli disse, – voi sapete il latino?»

Quella parola, «signore», stupì a tal punto Julien che ebbe bisogno di riflettere un istante.

«Sì, signora» disse timidamente.

La signora de Rênal era così felice che osò dire a Julien:

«Non sgriderete troppo quei poveri bambini?».

«Io, sgridarli – disse Julien sorpreso; – e perché?»**

«Sarete buono con loro, è vero, signore?» aggiunse lei dopo un breve silenzio, e con una voce sempre più commossa: «me lo promettete?».

Sentirsi di nuovo chiamare signore, così seriamente, e da una donna tanto ben vestita, era qualcosa molto al di sopra delle previsioni di Julien: in tutti i castelli in aria della sua giovinezza, aveva pensato che nessuna vera signora si sarebbe degnata di parlargli, se non quando avesse indossato una bella uniforme.** La signora de Rênal, da parte sua, era proprio confusa dalla bellezza della carnagione, dai grandi occhi neri di Julien, e dai suoi bei capelli, più ricci del solito, perché il ragazzo aveva tuffato la testa nella vasca della fontana pubblica per rinfrescarsi. Con sua grande gioia, scopriva che il fatale precettore, del quale aveva tanto temuto la durezza e l'aspetto arcigno per i suoi figli, aveva l'aria timida di una fanciulla.** Per l'anima tranquilla di lei, il contrasto fra i suoi timori e ciò che vedeva fu un vero avvenimento. Finalmente si riebbe dalla sorpresa. Ma fu stupita di trovarsi sulla porta di casa sua, con un giovane in maniche di camicia, e così vicina a lui.**

«Entriamo, signore» gli disse con aria alquanto imbarazzata.

**Mai, in vita sua, una sensazione del tutto piacevole l'aveva così profondamente emozionata, mai un'apparizione tanto gradevole aveva preso il posto dei timori più inquietanti. Dunque, i suoi cari bambini non sarebbero caduti nelle mani di un prete sudicio e brontolone.** Appena entrata nel vestibolo, si voltò verso Julien, che la seguiva timidamente. La sua aria stupita, alla vista di una casa tanto bella, era una grazia in più per la signora de Rênal. Non poteva credere ai suoi occhi; le sembrava, soprattutto, che un precettore dovesse avere un abito nero.

«Ma è vero, signore? – gli disse fermandosi ancora, e con la tremenda paura di essersi sbagliata, tanta era la gioia per quella sorpresa. – Voi sapete il latino?»

Queste parole ferirono l'orgoglio di Julien e dissiparono l'incanto nel quale viveva da un quarto d'ora.

«Sì, signora – le disse cercando di assumere un'aria distaccata. – Io so il latino come il signor curato, e certe volte lui stesso ha la bontà di dire che lo so meglio di lui.»

La signora de Rênal trovò che Julien aveva assunto un'espressione molto cattiva. Il giovane si era fermato a due passi da lei, che gli si avvicinò, e gli disse a mezza voce:

«I primi giorni non frusterete i miei bambini, anche se non sapranno la lezione, è vero?».

Quel tono così dolce, e quasi supplichevole, in una signora tanto bella, fece subito dimenticare a Julien la sua reputazione di latinista. Il viso di lei era vicino al suo, sentì il profumo degli abiti estivi di una donna, e ciò era stupefacente per un giovane contadino. Julien arrossì violentemente, e disse in un sospiro, con una voce che sembrava venir meno:

«Non abbiate timore, signora, vi obbedirò in tutto».

Solo in quel momento, quando la sua preoccupazione per i figli si dissipò completamente, la signora de Rênal fu colpita dall'estrema bellezza di Julien.** I suoi tratti quasi femminei e la sua aria impacciata non parvero affatto ridicoli a una donna che era a sua volta molto timida. L'aria virile, che di solito è ritenuta necessaria alla bellezza di un uomo, le avrebbe fatto paura.**

«Che età avete, signore?» chiese a Julien.

«Fra poco diciannove anni.»

«Mio figlio maggiore ne ha undici – riprese lei, del tutto rassicurata. – Sarà quasi un compagno per voi, con lui potrete ragionare. Una volta suo padre ha voluto picchiarlo: il ragazzo è stato male per un'intera settimana; e non gli aveva fatto quasi niente.»

«Che differenza fra lui e me – pensò Julien. – Solo ieri mio padre mi ha picchiato. Come sono fortunati i ricchi!»

**La signora de Rênal cercava già di cogliere le minime sfumature di ciò che attraversava l'animo del precettore; prese per timidezza quel momento di malinconia, e volle incoraggiarlo:**

«Qual è il vostro nome, signore?» gli chiese con un tono e una grazia di cui Julien sentì tutto il fascino, pur senza rendersene conto.

«Mi chiamo Julien Sorel, signora; tremo, entrando per la prima volta in una casa di estranei; ho bisogno della vostra protezione, e che voi mi perdoniate molte cose i primi giorni. Non sono mai stato in collegio, ero troppo povero; non ho mai parlato ad altri che a un mio cugino, chirurgo militare e membro della Legion d'onore, e al curato Chélan, che potrà darvi buone informazioni su di me. I miei fratelli mi hanno sempre picchiato, e non credete loro, se vi diranno male di me. Perdonate i miei errori, signora, non saranno dovuti a cattiva intenzione.»

**Durante questo lungo discorso, Julien osservava la signora e andava rassicurandosi. Tale è l'effetto di una grazia perfetta, quando è parte naturale del carattere, e quando soprattutto la persona che ne è dotata non si cura di averne; Julien, che era un ottimo conoscitore della bellezza femminile, avrebbe giurato in quell'istante che la signora de Rênal non aveva più di vent'anni.** Ebbe al momento l'idea audace di baciarle la mano, ma subito quest'idea lo spaventò, e un istante dopo pensava: «Sarei un vile a non compiere un'azione che potrebbe essermi utile, e diminuire il disprezzo che questa bella signora ha, probabilmente, per un povero operaio appena strappato alla segheria».** Forse Julien fu un po' incoraggiato da quelle parole, «è proprio bello», che da sei mesi sentiva ripetere da qualche ragazza alla domenica. Mentre era preso da questo contrasto interiore, la signora de Rênal gli dava qualche istruzione sul primo approccio con i suoi figli.** La violenza che Julien faceva su se stesso lo rese di nuovo pallidissimo; disse, con aria impacciata:

«Signora, non picchierò mai i vostri figli; lo giuro davanti a Dio».

Dicendo queste parole, osò prenderle la mano e portarsela alle labbra. Lei fu sorpresa da quel gesto, e di riflesso ne fu urtata. Siccome faceva molto caldo, il suo braccio era nudo sotto lo scialle, e il movimento di Julien, per portare la mano di lei alle sue labbra, l'aveva scoperto completamente. Erano passati solo pochi istanti, e già si rimproverava: le sembrava di non essersi indignata prontamente.

Il marito, che aveva sentito le loro voci, uscì dal suo studio; con la stessa aria maestosa e paterna che assumeva per i matrimoni in municipio, disse a Julien:

«È necessario che vi parli prima che i ragazzi vi vedano».

Fece entrare Julien in una stanza e trattenne sua moglie, che voleva lasciarli soli. Chiusa la porta, Rênal si mise a sedere con gravità.

«Mi ha detto il curato che siete un buon soggetto; qui vi tratteranno tutti con riguardo, e se sarò contento, vi aiuterò in seguito a farvi una piccola posizione. Voglio che non vediate più né amici né parenti. I loro modi non si addicono ai miei figli. Eccovi trentasei franchi per il primo mese; ma esigo la vostra parola che non darete un soldo a vostro padre.»

Rênal ce l'aveva con il vecchio, che in quell'affare era stato più furbo di lui.

«Ora, signore – siccome per mio ordine tutti, qui, vi chiameranno signore, e voi capirete il vantaggio di essere entrato in una casa di gente come si deve, – ora, signore, non è opportuno che i ragazzi vi vedano in giacchetta.** I domestici l'hanno visto?» chiese alla moglie.

«No, caro» rispose lei con aria molto pensierosa.

«Tanto meglio.** Mettete questo – disse al giovane sorpreso, dandogli una sua redingote. – E adesso andiamo da Durand, il negoziante di stoffe.»

Più di un'ora dopo, quando Rênal fece ritorno con il nuovo precettore tutto vestito di nero, trovò sua moglie seduta allo stesso posto. Si sentiva tranquillizzata dalla presenza di Julien, e osservandolo si dimenticò di averne paura. Julien non pensava affatto a lei; nonostante tutta la sua diffidenza nei confronti del destino e degli uomini, in quel momento aveva l'animo di un ragazzo: gli sembrava di aver vissuto anni interi dal momento in cui, tre ore prima, era in chiesa, tutto tremante. Notò l'aria glaciale della signora e capì che era in collera perché aveva osato baciarle la mano. Ma il senso d'orgoglio che gli dava quell'abito, così diverso da quelli che era abituato a indossare, lo eccitava talmente, e desiderava tanto nascondere la propria gioia, che tutti i suoi gesti avevano qualcosa di brusco e folle. Lei lo guardava con occhi stupefatti.

**«Un po' di gravità, signore – gli disse Rênal, – se volete essere rispettato dai miei figli e dai domestici.»

«Signore – rispose Julien, – mi sento impacciato in questi abiti nuovi; io, povero contadino, ho sempre portato la giacchetta; se me lo permettete, vorrei ritirarmi nella mia stanza.»**

«Che te ne pare di questo nuovo acquisto?» chiese Rênal alla moglie.

Lei, per un impulso quasi istintivo, e di cui certamente non si rese conto, dissimulò la verità al marito.

«Non sono entusiasta come voi di questo contadinello; tutte le vostre premure faranno di lui un impertinente che sarete costretto a licenziare prima che sia passato un mese.»

«Ebbene, lo licenzieremo! Mi potrà costare cento franchi, e Verrières si sarà abituata a vedere un precettore per i figli del sindaco. Non avrei raggiunto questo scopo se avessi lasciato Julien vestito da operaio. Se lo manderò via, io mi terrò, si capisce, l'abito nero completo che ho appena ordinato. Gli lascerò solo quello già confezionato che ho trovato dal sarto, e che gli ho fatto indossare.»

L'ora che Julien trascorse nella sua camera parve un istante alla signora de Rênal. I ragazzi, ai quali era stato annunciato il nuovo precettore, subissarono la madre di domande. Finalmente Julien apparve. Era un altro uomo. Sarebbe improprio dire che aveva un'aria grave; era la gravità incarnata. Fu presentato ai ragazzi, ai quali parlò in un tono che stupì lo stesso Rênal.

«Sono qui, signori – disse loro terminando la sua allocuzione, – per insegnarvi il latino. Voi sapete cosa significhi recitare una lezione. Ecco la santa Bibbia – disse loro mostrando un volumetto in trentaduesimo, rilegato in nero. – Questa, in particolare, è la storia di Nostro Signore Gesù Cristo, si tratta della parte che si chiama Nuovo Testamento. Vi farò spesso recitare la vostra lezione, ora fatemi recitare la mia.»

Adolphe, il maggiore, aveva preso il libro.

«Apritelo a caso – continuò Julien, – e ditemi la prima parola di un capoverso. Reciterò a memoria il libro sacro, regola di condotta per tutti noi, fino a quando non mi fermerete.»

Adolphe aprì il libro, ne lesse una parola, e Julien recitò l'intera pagina con estrema facilità, come se avesse parlato francese. Rênal guardava sua moglie con aria di trionfo. I ragazzi, vedendo lo stupore dei loro genitori, spalancarono gli occhi.** Sulla porta del salotto comparve un domestico, Julien continuava a parlare in latino. Il domestico rimase dapprima immobile e poi sparì. Subito dopo la cameriera della signora e la cuoca si avvicinarono alla porta; Adolphe aveva già aperto il libro in otto punti diversi, e Julien aveva recitato sempre con la stessa facilità.**

«Ah, mio Dio, che bel pretino!» disse ad alta voce la cuoca, una brava ragazza molto devota.

L'amor proprio di Rênal era inquieto; senza minimamente pensare a esaminare il precettore, era occupatissimo a cercare nella sua memoria qualche parola di latino; finalmente riuscì a dire un verso di Orazio. Di latino, Julien, non sapeva che la Bibbia. Rispose, aggrottando un sopracciglio:

«Il santo ministero al quale mi sono votato mi ha proibito di leggere un poeta così profano.»

Rênal citò allora un buon numero di pretesi versi di Orazio. Spiegò ai suoi figli chi era Orazio; ma i ragazzi, ammiratissimi, non prestavano alcuna attenzione a ciò che diceva. Guardavano Julien.

**Siccome i domestici erano ancora sulla soglia, Julien credette di dover prolungare la prova.**

«E ora – disse al più piccolo, – anche il signor Stanislas-Xavier mi dovrà indicare un passo del libro santo.»

Il bambino, tutto fiero, lesse come poté la prima parola di un capoverso, e Julien disse a memoria tutta la pagina. Perché non mancasse nulla al trionfo di Rênal, mentre Julien recitava, entrarono Valenod, il proprietario dei bei cavalli normanni, e il signor Charcot de Maugiron, viceprefetto della circoscrizione. Questa scena valse a Julien il titolo di signore; neppure i domestici osarono rifiutarglielo.

La sera, tutta Verrières affluì a casa Rênal per vedere la meraviglia. Julien rispondeva a tutti con un'aria cupa che teneva a distanza. La sua gloria si diffuse così rapidamente in città che, pochi giorni dopo, Rênal, temendo che glielo portassero via, gli propose di sottoscrivere un impegno per due anni.

«No, signore – rispose freddamente Julien, – se voi voleste licenziarmi, io sarei obbligato ad andarmene. Un impegno che mi leghi senza obbligare voi a nulla non è equo, e io lo rifiuto.»

Julien seppe cavarsela così bene che, neppure un mese dopo il suo arrivo, anche il sindaco lo rispettava. E siccome il curato era in lite con Rênal e Valenod, nessuno poté rivelare l'antica passione di Julien per Napoleone; quanto a lui, ne parlava solo con orrore.