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Il Rosso e il Nero - Stendhal, III. Il bene dei poveri (2)

III. Il bene dei poveri (2)

Era una donna alta, ben fatta, che era stata la bellezza del paese, come si dice tra quelle montagne. Aveva una cert'aria di semplicità, e un passo giovanile; a un parigino, quella grazia naturale, vivace e piena d'innocenza, avrebbe potuto anche richiamare dei pensieri di dolce voluttà. Se avesse saputo di poter avere questo tipo di successo, se ne sarebbe certo vergognata. Né la civetteria né l'affettazione si erano mai accostate al suo cuore. Si diceva che Valenod, il ricco direttore del ricovero, le avesse fatto la corte, ma senza successo, cosa che dava una particolare luce alla sua virtù. Infatti questo Valenod, giovane di alta statura, ben piantato, con un volto colorito e grossi favoriti neri, era uno di quegli esseri rozzi, sfrontati e rumorosi, che in provincia si definiscono begli uomini.

La signora de Rênal, timidissima e di carattere in apparenza molto mutevole, era soprattutto urtata dal continuo agitarsi e dal vociare di Valenod. L'avversione che aveva per ciò che a Verrières si definisce gioia, le era valsa la reputazione di essere molto orgogliosa della sua nascita. Lei non ci pensava affatto, ma era stata molto contenta di vedere che gli abitanti della città avevano diradato le visite a casa sua. Non terremo nascosto che passava per una sciocca agli occhi delle loro mogli, poiché, agendo senza nessuna «politica» con suo marito, si lasciava sfuggire le migliori occasioni per farsi comperare dei bei cappelli a Parigi o a Besançon. Purché la lasciassero sola a passeggiare nel suo bel giardino, non si lamentava mai.

Era un'anima ingenua, che non aveva mai osato giudicare suo marito o confessare a se stessa che la annoiava. Supponeva, senza dirselo, che tra marito e moglie non potessero esistere rapporti più dolci dei loro. Le piaceva Rênal soprattutto quando le parlava dei suoi progetti per i figli, uno dei quali voleva destinare alla carriera militare, l'altro alla magistratura, e il terzo alla Chiesa. Insomma, trovava il marito molto meno noioso di tutti gli altri uomini che conosceva.

Questo giudizio coniugale era ragionevole. Il sindaco di Verrières doveva la sua reputazione di uomo di spirito e soprattutto di buon gusto a una mezza dozzina di battute che aveva ereditato da uno zio. Il vecchio capitano de Rênal prestava servizio, prima della rivoluzione, nel reggimento di fanteria del duca d'Orléans, e, quando andava a Parigi, era ammesso nei salotti del principe, nei quali aveva incontrato Madame de Montesson, la famosa Madame de Genlis, e Ducrest, l'ideatore del Palais-Royal. Questi personaggi riapparivano molto spesso negli aneddoti del signor de Rênal. Ma poco a poco il ricordo di queste cose tanto delicate da raccontare era diventato per lui molto faticoso, e, da qualche tempo, ripeteva solo nelle grandi occasioni i suoi aneddoti sulla casa di Orléans. Essendo d'altronde di modi assai compiti, tranne quando parlava di denaro, era considerato il personaggio più aristocratico di Verrières.


III. Il bene dei poveri (2)

Era una donna alta, ben fatta, che era stata la bellezza del paese, come si dice tra quelle montagne. Aveva una cert'aria di semplicità, e un passo giovanile; a un parigino, quella grazia naturale, vivace e piena d'innocenza, avrebbe potuto anche richiamare dei pensieri di dolce voluttà. Se avesse saputo di poter avere questo tipo di successo, se ne sarebbe certo vergognata. Né la civetteria né l'affettazione si erano mai accostate al suo cuore. Si diceva che Valenod, il ricco direttore del ricovero, le avesse fatto la corte, ma senza successo, cosa che dava una particolare luce alla sua virtù.** Infatti questo Valenod, giovane di alta statura, ben piantato, con un volto colorito e grossi favoriti neri, era uno di quegli esseri rozzi, sfrontati e rumorosi, che in provincia si definiscono begli uomini.

La signora de Rênal, timidissima e di carattere in apparenza molto mutevole, era soprattutto urtata dal continuo agitarsi e dal vociare di Valenod. L'avversione che aveva per ciò che a Verrières si definisce gioia, le era valsa la reputazione di essere molto orgogliosa della sua nascita. Lei non ci pensava affatto, ma era stata molto contenta di vedere che gli abitanti della città avevano diradato le visite a casa sua. Non terremo nascosto che passava per una sciocca agli occhi delle loro mogli, poiché, agendo senza nessuna «politica» con suo marito, si lasciava sfuggire le migliori occasioni per farsi comperare dei bei cappelli a Parigi o a Besançon. Purché la lasciassero sola a passeggiare nel suo bel giardino, non si lamentava mai.

**Era un'anima ingenua, che non aveva mai osato giudicare suo marito o confessare a se stessa che la annoiava. Supponeva, senza dirselo, che tra marito e moglie non potessero esistere rapporti più dolci dei loro.** Le piaceva Rênal soprattutto quando le parlava dei suoi progetti per i figli, uno dei quali voleva destinare alla carriera militare, l'altro alla magistratura, e il terzo alla Chiesa. Insomma, trovava il marito molto meno noioso di tutti gli altri uomini che conosceva.

Questo giudizio coniugale era ragionevole. Il sindaco di Verrières doveva la sua reputazione di uomo di spirito e soprattutto di buon gusto a una mezza dozzina di battute che aveva ereditato da uno zio. Il vecchio capitano de Rênal prestava servizio, prima della rivoluzione, nel reggimento di fanteria del duca d'Orléans, e, quando andava a Parigi, era ammesso nei salotti del principe, nei quali aveva incontrato Madame de Montesson, la famosa Madame de Genlis, e Ducrest, l'ideatore del Palais-Royal. Questi personaggi riapparivano molto spesso negli aneddoti del signor de Rênal. Ma poco a poco il ricordo di queste cose tanto delicate da raccontare era diventato per lui molto faticoso, e, da qualche tempo, ripeteva solo nelle grandi occasioni i suoi aneddoti sulla casa di Orléans. Essendo d'altronde di modi assai compiti, tranne quando parlava di denaro, era considerato il personaggio più aristocratico di Verrières.