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Ragazzi di Vita - Pasolini, II. IL RICCETTO (1)

II. IL RICCETTO (1)

Estate 1946. All'angolo di via delle Zoccolette, sotto la pioggia, il Riccetto vede un gruppo di persone, e piano piano ci s'accosta. In mezzo al gruppo di tredici o quattordici persone e gli ombrelli lucidi, era aperto un ombrello molto più grande del comune, nero, con sopra messe in fila tre carte, l'asso di denari, l'asso di coppe e un sei. Le mescolava un napoletano, e la gente puntava sulle carte cinquecento, mille e anche duemila lire. Il Riccetto se ne rimase lì per una mezzoretta a guardare il gioco; un signore, che giocava accanito, perdeva a ogni puntata, mentre degli altri, napoletani pure loro, ora perdevano e ora vincevano. Quando quel primo treppio si sciolse, era già verso tardi. Il Riccetto s'accostò al napoletano che stava a mescolare le carte e gli fece:

- Aòh, permetti na parola? - Sì, - rispose l'altro allungando la scucchia.

- Che, sei de Napoli?

- Sì.

- Sto ggioco 'o fate a Napoli?

- Sì.

- E come se fa sto ggioco?

- Mbè... è difficile, ma in un po' de tempo se impara.

- 'O impari pure a mme?

- Sì, - fece il napoletano, - ma...

Si mise a ridere con l'aria di uno che sta combinando un affare, e pensa fra di sé: «Aòh, mettèmise d'accordo, che t'ho da ddì!» S'asciugò la faccia bagnata di pioggia, giovane e tutta rugosa, coi labbroni che gli pendevano a culo di gallina. Guardò il Riccetto negli occhi. - Mbè te lo imparo, come no, - disse lui, visto che l'altro taceva, - ma vojo na ricompenza - Come, no, - rispose serio il Riccetto. Ma intanto intorno all'ombrello stava per formarsi un nuovo gruppo di persone; tra questi c'erano sempre i napoletani di prima. - Mo aspetta, - fece strizzando l'occhio il napoletano, mentre rimetteva in fila le carte sull'ombrello. Il Riccetto si mise in un canto, e ricominciò a guardare il gioco. Passarono due ore, cominciò a spiovere e ormai era quasi buio. Il napoletano finalmente decise di staccare, chiuse l'ombrello, mise le carte in saccoccia e diede un'occhiata ai suoi compagni: erano due, uno biondo e mezzo sdentato, un altro bassetto con un tre quarti scozzese a scacchi, come un giudio, questi ascoltarono cordiali il loro compagno che gli diceva che aveva da fare, e, allegri, se ne andarono coi loro arnesi, facendo un cenno di saluto pure al Riccetto. -Namo, - fece il napoletano. Il Riccetto era ingranato, presero il tram, scesero al Ponte Bianco, e con quattro passi furono a Donna Olimpia. La madre del Riccetto, seduta in mezzo all'unica stanza che formava la sua casa, con quattro letti agli angoli delle pareti, che non erano nemmeno pareti ma tramezzi, guardò i due e fece: - Chi è questo? - N'amico mio, -rispose secco il Riccetto, senza filarla per niente, tutto autoritario. Ma siccome lei continuava a star lì a rompere il c..., e era un'impicciona che non finiva mai, il Riccetto guardò nella stanza successiva, ch'era quella dove stava Agnolo con la sua famiglia, se non c'era nessuno dei grossi. Difatti c'erano solo due o tre dei più piccoletti che facevano la lagna, con il moccio sotto il naso. Lui e il napoletano andarono di là, e si misero a sedere sul letto di Agnolo e dei fratelli piccoli, che dormivano da piedi, accomodandosi sulla coperta tutta bruciacchiata dal ferro da stiro. Il napoletano cominciò la lezione: - Noi siamo in cinque, - fece, - uno fa la cartina e gli altri se mettono intorno facendo finta di essere dei passanti. Io, mettiamo, sono quello che fa la cartina e comincio il gioco, e i compari, mettendosi intorno all'ombrello, formano il treppio. La gente comincia ad accostarsi e a quel punto un compare si toglie per aprire il treppio, e un passante prende il posto suo... Dapprincipio è incerto se gioca o no. Il compare invece gioca: punta mille, duemila, secondo, come gli pare a lui; mentre lui caccia i soldi, quello che fa la cartina, io, mettiamo gli cambio la carta, però la carta che gli cambio, gli metto quella buona al compare, e quella cattiva la mando in mezzo. Allora tu che non capisci il gioco non vedi che l'ho cambiata, e punti pure te. Ma io faccio: «Se perde te a me non me ne interessa niente», e il compare invece insiste, no che vincemo, no che perdemo, no che vincemo, no che perdemo. «Be, alzate le carte tutt'e due». Così il compare vince, e quello perde. Quando il gaggio ha già perso parecchio, il compare rigioca e punta mettiamo mille... - Il napoletano andò avanti per un pezzo a spiegare com'era quel gioco, e il Riccetto stava lì ad ascoltare che chiacchierava, chiacchierava, e non ci capiva una madonna. Quand'ebbe finito, gli fece: - Aòh, a moro, bada ch'io nun t'ho capito, sa! Doveressi da esse così gentile da ricomincià daccapo, sempre si nun te dispiace, eh! - Ma in quel momento arrivò la madre di Agnolo. -Scusate, a sora Celeste, - fece il Riccetto tagliando, seguito dall'altro, -dovevo da dì na parola a st'amico mio! - Sora Celeste, nera e pelosa come un cespuglietto di porcacchia, non disse niente, e i due compari scesero giù di fretta, andandosi a mettere seduti sugli scalini della scuola Franceschi. Il napoletano lì ricominciò con la spiegazione, riscaldandosi nel chiacchierare e diventando rosso in faccia come un piatto di fettuccine: s'alzava, davanti al Riccetto che faceva sempre di sì, guardandolo negli occhi con un'espressione quasi incazzata mentre parlava, parlava, e lo guardava più fisso ancora quando che s'azzittava un momento per dar più peso a quello che aveva detto, tra interrogativo e ispirato, stando piegato sulle ginocchia, con le gambe larghe, la pancia in avanti, e le mani sospese e aperte come un portiere quando sta ad aspettare una palla spiovente.

Poi faceva «pct» coi suoi labbroni di morto di fame di Porta Capuana, come se il pensiero profondo e illuminante che gli passava attraverso il cervello dovesse rischiarare pure il Riccetto.

Tutto questo lo faceva per guadagnare mezzo sacco. Il Riccetto manco stavolta ci capì un c... Intanto veniva buio, le migliaia di file e di diagonali di finestre e balconi dei Grattacieli s'erano illuminate, delle radio andavano a tutta callara e da dentro le cucine si sentiva rumore di piatti e voci di donne che strillavano, litigavano o cantavano. Lì davanti al gradino dov'erano seduti i due compari, c'erano file di gente che andava pei fatti suoi, chi tornando tutto zozzo dallo sgobbo, chi riuscendo di casa già acchittato, per andarsene a spasso cogli amici.

- Namo a beve un goccio, daje, - disse allora generoso il Riccetto, come un uomo di trent'anni, conoscendo il suo pollo, e immaginando, giustamente, che avesse la gola secca. A quella proposta, l'altro si sentì tutto rimettere al mondo, e, preso dall'entusiasmo, dopo aver detto, a proposito del goccio, semplicemente e quasi indifferente - Namo, -cominciò a parlare di nuovo come se niente fosse successo, e mentre che camminavano verso Monteverde Nuovo, al fianco del Riccetto, faceva tutta una gran moina per mostrare come si comportava quello che faceva la cartina in mezzo al treppio sull'ombrello aperto, o il compare che puntava ora vincendo ora perdendo, oppure il gaggio, un tipo fesso, ma abbastanza ingranato e perciò rispettabile, che tra tutti quelli del treppio, decideva di giocare, e con grandezza puntava mille, duemila... Il napoletano - che era un salernitano - imitava i suoi gesti e la sua faccia alla perfezione e con una certa deferenza.

Andavano a Monteverde Nuovo, perché il Riccetto non voleva far sapere gli affari suoi a Donna Olimpia, dove tutti erano degli impiccioni che facevano schifo. - 'A ggente che vede pare che guardi, - fece esperto al napoletano, per giustificare quella camminata su per la scesa, prima per un pezzo di strada tutta a montarozzi e croste di asfalto, e poi per un sentiero tra dei prati pestati con in alto le casermette degli sfrattati. Anche là e poi a Monteverde Nuovo, tutta una gran confusione, una gran allegria, la caciara del sabato sera. I due se ne andarono in un'osteriuccia proprio sul gran piazzale del mercato e del capolinea del tram, poco oltre il Delle Terrazze. L'osteriuccia aveva un pergolato e un recinto di canne intrecciate, dov'era già buio. Si sedettero sulle panche scassate e ordinarono mezzo litro di Frascati. Dopo le prime sorsate erano già mezzi attoppati. Il napoletano ricominciò per la quarta volta con la spiegazione; ma ormai il Riccetto s'era rotto il c..., e non gli andava più di stare ad ascoltare. E pure il napoletano s'era stufato di ridire le stesse cose. Il Riccetto mentre l'altro parlava lo guardava con un sorrisetto un po' rassegnato, un po' sarcastico, e l'altro un poco per volta lasciò perdere; così, tutti contenti, cominciarono a parlare d'altro. Erano due dritti, tutt'e due, e ne avevano cose da raccontarsi, sulla vita a Roma e a Napoli, sugli Italiani e sugli Americani, con molto rispetto reciproco e concedendosi molto credito, mentre che nel tempo stesso, sotto sotto, appena potevano, si davano qualche bottarella, e, nel fondo della sua coscienza, uno considerava l'altro un fesso, tutto soddisfatto quando parlava lui, scocciato quando doveva stare ad ascoltare.


II. IL RICCETTO (1) II. THE URCHIN (1) II. EL ERIZO (1) II. O OURIÇO (1)

Estate 1946. All'angolo di via delle Zoccolette, sotto la pioggia, il Riccetto vede un gruppo di persone, e piano piano ci s'accosta. At the corner of via delle Zoccolette, in the rain, Riccetto sees a group of people, and slowly approaches us. In mezzo al gruppo di tredici o quattordici persone e gli ombrelli lucidi, era aperto un ombrello molto più grande del comune, nero, con sopra messe in fila tre carte, l'asso di denari, l'asso di coppe e un sei. In the middle of the group of thirteen or fourteen people and the shiny umbrellas, a much larger than usual black umbrella was open, lined up with three cards, the ace of diamonds, the ace of cups and a six. Le mescolava un napoletano, e la gente puntava sulle carte cinquecento, mille e anche duemila lire. A Neapolitan shuffled them, and people bet five hundred, one thousand and even two thousand lire on the cards. Il Riccetto se ne rimase lì per una mezzoretta a guardare il gioco; un signore, che giocava accanito, perdeva a ogni puntata, mentre degli altri, napoletani pure loro, ora perdevano e ora vincevano. Riccetto stayed there for half an hour watching the game; a gentleman, who played hard, lost at every bet, while the others, who were also Neapolitans, now lost and now won. Quando quel primo treppio si sciolse, era già verso tardi. By the time that first treppio broke up, it was already late. Il Riccetto s'accostò al napoletano che stava a mescolare le carte e gli fece: Riccetto approached the Neapolitan who was shuffling the cards and said:

- Aòh, permetti na parola? - Aòh, allow a word? - Sì, - rispose l'altro allungando la scucchia. "Yes," replied the other, extending his spoon.

- Che, sei de Napoli? - What, are you from Naples?

- Sì.

- Sto ggioco 'o fate a Napoli? - Am I playing or are you in Naples?

- Sì.

- E come se fa sto ggioco?

- Mbè... è difficile, ma in un po' de tempo se impara.

- 'O impari pure a mme?

- Sì, - fece il napoletano, - ma...

Si mise a ridere con l'aria di uno che sta combinando un affare, e pensa fra di sé: «Aòh, mettèmise d'accordo, che t'ho da ddì!» S'asciugò la faccia bagnata di pioggia, giovane e tutta rugosa, coi labbroni che gli pendevano a culo di gallina. He laughed with the air of one who is making a deal, and thinks to himself: "Aòh, he agreed, I've got you from ddì!" He wiped his face wet with rain, young and all wrinkled, with his lips hanging like a hen's ass. Guardò il Riccetto negli occhi. - Mbè te lo imparo, come no, - disse lui, visto che l'altro taceva, - ma vojo na ricompenza - Come, no, - rispose serio il Riccetto. "Mbè I'll learn it, right," he said, seeing that the other was silent, "but vojo na reward." Ma intanto intorno all'ombrello stava per formarsi un nuovo gruppo di persone; tra questi c'erano sempre i napoletani di prima. But meanwhile a new group of people was about to form around the umbrella; among these there were always the former Neapolitans. - Mo aspetta, - fece strizzando l'occhio il napoletano, mentre rimetteva in fila le carte sull'ombrello. - Mo wait, - the Neapolitan winked, as he put the cards back on the umbrella. Il Riccetto si mise in un canto, e ricominciò a guardare il gioco. Riccetto took up a corner and began to watch the game again. Passarono due ore, cominciò a spiovere e ormai era quasi buio. Two hours passed, it began to rain and it was almost dark now. Il napoletano finalmente decise di staccare, chiuse l'ombrello, mise le carte in saccoccia e diede un'occhiata ai suoi compagni: erano due, uno biondo e mezzo sdentato, un altro bassetto con un tre quarti scozzese a scacchi, come un giudio, questi ascoltarono cordiali il loro compagno che gli diceva che aveva da fare, e, allegri, se ne andarono coi loro arnesi, facendo un cenno di saluto pure al Riccetto. The Neapolitan finally decided to switch off, closed his umbrella, put the papers in his pocket and took a look at his companions: there were two of them, one blond and half toothless, another basset with a three-quarter Scottish checkered, like a jude, they listened cordially to their companion who told him he was busy, and joyfully went away with their tools, waving to Riccetto as well. -Namo, - fece il napoletano. Il Riccetto era ingranato, presero il tram, scesero al Ponte Bianco, e con quattro passi furono a Donna Olimpia. La madre del Riccetto, seduta in mezzo all'unica stanza che formava la sua casa, con quattro letti agli angoli delle pareti, che non erano nemmeno pareti ma tramezzi, guardò i due e fece: - Chi è questo? - N'amico mio, -rispose secco il Riccetto, senza filarla per niente, tutto autoritario. Ma siccome lei continuava a star lì a rompere il c..., e era un'impicciona che non finiva mai, il Riccetto guardò nella stanza successiva, ch'era quella dove stava Agnolo con la sua famiglia, se non c'era nessuno dei grossi. Difatti c'erano solo due o tre dei più piccoletti che facevano la lagna, con il moccio sotto il naso. Lui e il napoletano andarono di là, e si misero a sedere sul letto di Agnolo e dei fratelli piccoli, che dormivano da piedi, accomodandosi sulla coperta tutta bruciacchiata dal ferro da stiro. Il napoletano cominciò la lezione: - Noi siamo in cinque, - fece, - uno fa la cartina e gli altri se mettono intorno facendo finta di essere dei passanti. Io, mettiamo, sono quello che fa la cartina e comincio il gioco, e i compari, mettendosi intorno all'ombrello, formano il treppio. La gente comincia ad accostarsi e a quel punto un compare si toglie per aprire il treppio, e un passante prende il posto suo... Dapprincipio è incerto se gioca o no. Il compare invece gioca: punta mille, duemila, secondo, come gli pare a lui; mentre lui caccia i soldi, quello che fa la cartina, io, mettiamo gli cambio la carta, però la carta che gli cambio, gli metto quella buona al compare, e quella cattiva la mando in mezzo. Allora tu che non capisci il gioco non vedi che l'ho cambiata, e punti pure te. Ma io faccio: «Se perde te a me non me ne interessa niente», e il compare invece insiste, no che vincemo, no che perdemo, no che vincemo, no che perdemo. «Be, alzate le carte tutt'e due». Così il compare vince, e quello perde. Quando il gaggio ha già perso parecchio, il compare rigioca e punta mettiamo mille... - Il napoletano andò avanti per un pezzo a spiegare com'era quel gioco, e il Riccetto stava lì ad ascoltare che chiacchierava, chiacchierava, e non ci capiva una madonna. Quand'ebbe finito, gli fece: - Aòh, a moro, bada ch'io nun t'ho capito, sa! Doveressi da esse così gentile da ricomincià daccapo, sempre si nun te dispiace, eh! - Ma in quel momento arrivò la madre di Agnolo. -Scusate, a sora Celeste, - fece il Riccetto tagliando, seguito dall'altro, -dovevo da dì na parola a st'amico mio! - Sora Celeste, nera e pelosa come un cespuglietto di porcacchia, non disse niente, e i due compari scesero giù di fretta, andandosi a mettere seduti sugli scalini della scuola Franceschi. Il napoletano lì ricominciò con la spiegazione, riscaldandosi nel chiacchierare e diventando rosso in faccia come un piatto di fettuccine: s'alzava, davanti al Riccetto che faceva sempre di sì, guardandolo negli occhi con un'espressione quasi incazzata mentre parlava, parlava, e lo guardava più fisso ancora quando che s'azzittava un momento per dar più peso a quello che aveva detto, tra interrogativo e ispirato, stando piegato sulle ginocchia, con le gambe larghe, la pancia in avanti, e le mani sospese e aperte come un portiere quando sta ad aspettare una palla spiovente.

Poi faceva «pct» coi suoi labbroni di morto di fame di Porta Capuana, come se il pensiero profondo e illuminante che gli passava attraverso il cervello dovesse rischiarare pure il Riccetto.

Tutto questo lo faceva per guadagnare mezzo sacco. Il Riccetto manco stavolta ci capì un c... Intanto veniva buio, le migliaia di file e di diagonali di finestre e balconi dei Grattacieli s'erano illuminate, delle radio andavano a tutta callara e da dentro le cucine si sentiva rumore di piatti e voci di donne che strillavano, litigavano o cantavano. Lì davanti al gradino dov'erano seduti i due compari, c'erano file di gente che andava pei fatti suoi, chi tornando tutto zozzo dallo sgobbo, chi riuscendo di casa già acchittato, per andarsene a spasso cogli amici.

- Namo a beve un goccio, daje, - disse allora generoso il Riccetto, come un uomo di trent'anni, conoscendo il suo pollo, e immaginando, giustamente, che avesse la gola secca. A quella proposta, l'altro si sentì tutto rimettere al mondo, e, preso dall'entusiasmo, dopo aver detto, a proposito del goccio, semplicemente e quasi indifferente - Namo, -cominciò a parlare di nuovo come se niente fosse successo, e mentre che camminavano verso Monteverde Nuovo, al fianco del Riccetto, faceva tutta una gran moina per mostrare come si comportava quello che faceva la cartina in mezzo al treppio sull'ombrello aperto, o il compare che puntava ora vincendo ora perdendo, oppure il gaggio, un tipo fesso, ma abbastanza ingranato e perciò rispettabile, che tra tutti quelli del treppio, decideva di giocare, e con grandezza puntava mille, duemila... Il napoletano - che era un salernitano - imitava i suoi gesti e la sua faccia alla perfezione e con una certa deferenza.

Andavano a Monteverde Nuovo, perché il Riccetto non voleva far sapere gli affari suoi a Donna Olimpia, dove tutti erano degli impiccioni che facevano schifo. - 'A ggente che vede pare che guardi, - fece esperto al napoletano, per giustificare quella camminata su per la scesa, prima per un pezzo di strada tutta a montarozzi e croste di asfalto, e poi per un sentiero tra dei prati pestati con in alto le casermette degli sfrattati. Anche là e poi a Monteverde Nuovo, tutta una gran confusione, una gran allegria, la caciara del sabato sera. I due se ne andarono in un'osteriuccia proprio sul gran piazzale del mercato e del capolinea del tram, poco oltre il Delle Terrazze. L'osteriuccia aveva un pergolato e un recinto di canne intrecciate, dov'era già buio. Si sedettero sulle panche scassate e ordinarono mezzo litro di Frascati. Dopo le prime sorsate erano già mezzi attoppati. Il napoletano ricominciò per la quarta volta con la spiegazione; ma ormai il Riccetto s'era rotto il c..., e non gli andava più di stare ad ascoltare. E pure il napoletano s'era stufato di ridire le stesse cose. Il Riccetto mentre l'altro parlava lo guardava con un sorrisetto un po' rassegnato, un po' sarcastico, e l'altro un poco per volta lasciò perdere; così, tutti contenti, cominciarono a parlare d'altro. Erano due dritti, tutt'e due, e ne avevano cose da raccontarsi, sulla vita a Roma e a Napoli, sugli Italiani e sugli Americani, con molto rispetto reciproco e concedendosi molto credito, mentre che nel tempo stesso, sotto sotto, appena potevano, si davano qualche bottarella, e, nel fondo della sua coscienza, uno considerava l'altro un fesso, tutto soddisfatto quando parlava lui, scocciato quando doveva stare ad ascoltare.