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Ragazzi di Vita - Pasolini, I. IL FERROBEDO (3)

I. IL FERROBEDO (3)

Il Tevere trascinava la barca verso Ponte Garibaldi come una delle cassette di legno o delle carcasse che filavano sul pelo della corrente; e sotto Ponte Garibaldi si vedeva l'acqua spumeggiare e vorticare tra le secche e gli scogli dell'Isola Tiberina. Il Guaione se n'era accorto, e continuava a strillare con la sua vociaccia arrugginita dallo zatterone: la barchetta ormai era giunta all'altezza del gallinaro dove, dentro il recinto di pali, sguazzavano i maschietti che non sapevano nuotare. Richiamati dalle grida del Guaione sortirono dalla baracca centrale Orazio e qualche altro mollacchione a guardarsi la scena. Pure Orazio cominciò a gesticolare: i giovanotti ridevano. Il Riccetto stava a guardare Marcello con le ciglia tirate su e le braccia incrociate. - Mo ce fai fà sta magra? - disse. Ma Marcello stava riprendendosi. La barca puntava adesso abbastanza regolarmente verso l'altra sponda, e i remi riuscivano a far presa sulla corrente. - Namo de llà, - disse allora Agnoletto. - E che sto a ffà? - gli rispose disgustato Marcello, che spandeva sudore come una fontanella.

Quanto la riva del Ciriola era investita dal sole, altrettanto questa era piena di un'ombra grigia e fiacca: sopra gli scoglietti neri, coperti di due dita di grasso, crescevano sterpaglie e piccoli rovi verdi, e l'acqua, qua e là, ristagnava piena di rifiuti che si muovevano appena. Finalmente la toccarono, rasentando gli scogli, e siccome lì non c'era quasi corrente, Marcello ce la fece a spingere la barca in su verso Ponte Sisto. Però il remo a mancina, così, andava a intruppare contro gli scogli, e Marcello era tutto occupato a maneggiarlo in modo che non si spezzasse o gli scivolasse via sull'acqua. - Annamo in mezzo, e cche è, - ripeteva il Riccetto senza badare per niente agli sforzi di Marcello. Gli piaceva d'andare al centro del fiume per sentirsi proprio in mezzo all'acqua, al largo, e gli faceva rabbia che alzando appena un po' gli occhi si vedesse lì a due passi Ponte Sisto grigio contro lo specchio sbarbagliante dell'acqua, e il Gianicolo, e il Cupolone di San Pietro, grosso e bianco come un nuvolone. Arrivarono piano piano sotto Ponte Sisto: lì, sotto il pilone di destra, il fiume s'allargava e stagnava, profondo, verde e sporco. Siccome in quel punto non c'era pericolo d'esser portati via dalla corrente, Agnolo volle provare a remare lui, ma col cavolo che ce la faceva: i remi sbattevano in aria oppure colpivano l'acqua facendo certi schizzi che riempivano tutta la barca. -Vaffan..., - gridava il Riccetto, indignato, mentre Marcello, morto di stanchezza, s'era sbragato lungo sulle due dita d'acqua tiepida ch'empiva lo scafo. Vedendo Agnolo, che si sderenava per niente, due ragazzini, scesi giù a pescare con una canna dalla scaletta dalla parte del Fontanone, cominciarono a sfotterlo e a ridere fra di loro. Agnolo col fiatone gli urlò:

- Ma che volete da me! - Quelli se ne stettero un po' zitti, e poi:

- Chi t'ha imparato a remà? Ma nun lo vedi che fai ride pure li muri?

- Chi m'ha imparato a remàaa? - ribatté Agnolo. - Sto c...!

- Te lo metti ar ...! - fecero pronti quelli.

- Vostro! - strillò Agnolo rosso come un peperoncino.

- A stronzo! - gridarono i ragazzini.

- A fiji de na bocch...! - gridò Agnolo.

Intanto continuava a sderenarsi a remare senza che la barca andasse avanti di un centimetro. Sull'altro pilone, a sinistra, c'erano degli altri fiji de na bona donna: stavano distesi tra le scanellature della pietra, come lucertoloni a prendersi il sole mezzi appennicati. Le grida dei ragazzini li risvegliarono. S'alzarono in piedi tutti bianchi di polvere, e si radunarono sull'orlo del pilone verso la barca. - A barcaroliii, - uno gridava, -aspettatece! - Mo che vole quello? - fece insospettito il Riccetto. Un secondo s'arrampicò per gli anelli fino a metà pilone, e con un urlo, fece il caposotto: gli altri si tuffarono da dove si trovavano, e tutti cominciarono a attraversare nuotando a mezzobraccetto il fiume. Dopo pochi minuti erano lì coi capelli sugli occhi, le facce paragule, e le mani strette ai bordi della barca. - Che volete? - fece Marcello. - Venì in barca, fecero quelli, -perché, nun ce vorresti? - Erano tutti più grossi, e gli altri si dovettero tenere la cica. Salirono, e senza perder tempo uno disse a Agnolo: - Da' -e gli prese i remi. - Annamo de là der ponte, - aggiunse, guardando fisso Agnolo negli occhi come per dirgli: «Te va bbene?» - Annamo de là der ponte, - disse Agnolo. Subito quello si mise a remare a tutta callara: ma sotto il pilone la corrente era forte, e la barca era carica. Per fare quei pochi metri ci volle più d'un quarto d'ora.

Borgo antico

dai tetti grigi sotto il cielo opaco

io t'invoco...

cantavano i quattro di vicolo del Bologna, sbragati sulla barca, a voce più alta che potevano per farsi sentire dai passanti di Ponte Sisto e dei lungoteveri. La barca, troppo piena, andava avanti affondando nell'acqua fino all'orlo.

Il Riccetto continuava a starsene disteso, senza dar retta ai nuovi venuti, ammusato, sul fondo allagato della barca, con la testa appena fuori dal bordo: e continuava sempre a far finta di essere al largo, fuori dalla vista della terraferma. - Ecco li pirata! - gridava con le mani a imbuto sulla sua vecchia faccia di ladro uno dei trasteverini, in piedi in pizzo alla barca: gli altri continuavano scatenati a cantare. A un tratto il Riccetto si rivoltò su un gomito, per osservare meglio qualcosa che aveva attratto la sua attenzione, sul pelo dell'acqua, presso la riva, quasi sotto le arcate di Ponte Sisto. Non riusciva a capir bene che fosse. L'acqua tremolava, in quel punto, facendo tanti piccoli cerchi come se fosse sciacquata da una mano: e difatti nel centro vi si scorgeva come un piccolo straccio nero.

- Che d'è, - disse allora rizzandosi in piedi il Riccetto. Tutti guardarono da quella parte, nello specchio d'acqua quasi ferma, sotto l'ultima arcata. - E na rondine, vaffan..., - disse Marcello. Ce n'erano tante di rondinelle, che volavano rasente i muraglioni, sotto gli archi del ponte, sul fiume aperto, sfiorando l'acqua con il petto. La corrente aveva ritrascinato un poco la barca indietro, e si vide infatti ch'era proprio una rondinella che stava affogando. Sbatteva le ali, zompava. Il Riccetto era in ginocchioni sull'orlo della barca, tutto proteso in avanti. - A stronzo, nun vedi che ce fai rovescià? - gli disse Agnolo. - An vedi, - gridava il Riccetto, - affoga!

- Quello dei trasteverini che remava restò coi remi alzati sull'acqua e la corrente spingeva piano la barca indietro verso il punto dove la rondine si stava sbattendo. Però dopo un po' perdette la pazienza e ricominciò a remare. - Aòh, a moro, - gli gridò il Riccetto puntandogli contro la mano, - chi t'ha detto de remà? - L'altro fece schioccare la lingua con disprezzo e il più grosso disse: - E che te frega -. Il Riccetto guardò verso la rondine, che si agitava ancora, a scatti, facendo frullare di botto le ali. Poi senza dir niente si buttò in acqua e cominciò a nuotare verso di lei. Gli altri si misero a gridargli dietro e a ridere: ma quello dei remi continuava a remare contro corrente, dalla parte opposta. Il Riccetto s'allontanava, trascinato forte dall'acqua: lo videro che rimpiccioliva, che arrivava a bracciate fin vicino alla rondine, sullo specchio d'acqua stagnante, e che tentava d'acchiapparla. - A Riccettooo, - gridava Marcello con quanto fiato aveva in gola, - perché nun la piji? - Il Riccetto dovette sentirlo, perché si udì appena la sua voce che gridava: - Me pùncica! - Li mortacci tua, - gridò ridendo Marcello. Il Riccetto cercava di acchiappare la rondine, che gli scappava sbattendo le ali e tutti due ormai erano trascinati verso il pilone dalla corrente che lì sotto si faceva forte e piena di mulinelli. - A Riccetto, - gridarono i compagni dalla barca, - e lassala perde! - Ma in quel momento il Riccetto s'era deciso ad acchiapparla e nuotava con una mano verso la riva. - Tornamo indietro, daje, - disse Marcello a quello che remava. Girarono. Il Riccetto li aspettava seduto sull'erba sporca della riva, con la rondine tra le mani. - E che l'hai sarvata a ffà, - gli disse Marcello, - era così bello vedella che se moriva! - Il Riccetto non gli rispose subito.

- E tutta fracica, - disse dopo un po', - aspettamo che s'asciughi! - Ci volle poco perché s'asciugasse: dopo cinque minuti era là che rivolava tra le compagne, sopra il Tevere, e il Riccetto ormai non la distingueva più dalle altre.


I. IL FERROBEDO (3) I. THE FERROBEDO (3) I. EL FERROBEDO (3)

Il Tevere trascinava la barca verso Ponte Garibaldi come una delle cassette di legno o delle carcasse che filavano sul pelo della corrente; e sotto Ponte Garibaldi si vedeva l'acqua spumeggiare e vorticare tra le secche e gli scogli dell'Isola Tiberina. Il Guaione se n'era accorto, e continuava a strillare con la sua vociaccia arrugginita dallo zatterone: la barchetta ormai era giunta all'altezza del gallinaro dove, dentro il recinto di pali, sguazzavano i maschietti che non sapevano nuotare. Richiamati dalle grida del Guaione sortirono dalla baracca centrale Orazio e qualche altro mollacchione a guardarsi la scena. Pure Orazio cominciò a gesticolare: i giovanotti ridevano. Il Riccetto stava a guardare Marcello con le ciglia tirate su e le braccia incrociate. - Mo ce fai fà sta magra? - disse. Ma Marcello stava riprendendosi. La barca puntava adesso abbastanza regolarmente verso l'altra sponda, e i remi riuscivano a far presa sulla corrente. - Namo de llà, - disse allora Agnoletto. - E che sto a ffà? - gli rispose disgustato Marcello, che spandeva sudore come una fontanella.

Quanto la riva del Ciriola era investita dal sole, altrettanto questa era piena di un'ombra grigia e fiacca: sopra gli scoglietti neri, coperti di due dita di grasso, crescevano sterpaglie e piccoli rovi verdi, e l'acqua, qua e là, ristagnava piena di rifiuti che si muovevano appena. Finalmente la toccarono, rasentando gli scogli, e siccome lì non c'era quasi corrente, Marcello ce la fece a spingere la barca in su verso Ponte Sisto. Però il remo a mancina, così, andava a intruppare contro gli scogli, e Marcello era tutto occupato a maneggiarlo in modo che non si spezzasse o gli scivolasse via sull'acqua. - Annamo in mezzo, e cche è, - ripeteva il Riccetto senza badare per niente agli sforzi di Marcello. Gli piaceva d'andare al centro del fiume per sentirsi proprio in mezzo all'acqua, al largo, e gli faceva rabbia che alzando appena un po' gli occhi si vedesse lì a due passi Ponte Sisto grigio contro lo specchio sbarbagliante dell'acqua, e il Gianicolo, e il Cupolone di San Pietro, grosso e bianco come un nuvolone. Arrivarono piano piano sotto Ponte Sisto: lì, sotto il pilone di destra, il fiume s'allargava e stagnava, profondo, verde e sporco. Siccome in quel punto non c'era pericolo d'esser portati via dalla corrente, Agnolo volle provare a remare lui, ma col cavolo che ce la faceva: i remi sbattevano in aria oppure colpivano l'acqua facendo certi schizzi che riempivano tutta la barca. -Vaffan..., - gridava il Riccetto, indignato, mentre Marcello, morto di stanchezza, s'era sbragato lungo sulle due dita d'acqua tiepida ch'empiva lo scafo. Vedendo Agnolo, che si sderenava per niente, due ragazzini, scesi giù a pescare con una canna dalla scaletta dalla parte del Fontanone, cominciarono a sfotterlo e a ridere fra di loro. Agnolo col fiatone gli urlò:

- Ma che volete da me! - Quelli se ne stettero un po' zitti, e poi:

- Chi t'ha imparato a remà? Ma nun lo vedi che fai ride pure li muri?

- Chi m'ha imparato a remàaa? - ribatté Agnolo. - Sto c...!

- Te lo metti ar ...! - fecero pronti quelli.

- Vostro! - strillò Agnolo rosso come un peperoncino.

- A stronzo! - gridarono i ragazzini.

- A fiji de na bocch...! - gridò Agnolo.

Intanto continuava a sderenarsi a remare senza che la barca andasse avanti di un centimetro. Sull'altro pilone, a sinistra, c'erano degli altri fiji de na bona donna: stavano distesi tra le scanellature della pietra, come lucertoloni a prendersi il sole mezzi appennicati. Le grida dei ragazzini li risvegliarono. S'alzarono in piedi tutti bianchi di polvere, e si radunarono sull'orlo del pilone verso la barca. - A barcaroliii, - uno gridava, -aspettatece! - Mo che vole quello? - fece insospettito il Riccetto. Un secondo s'arrampicò per gli anelli fino a metà pilone, e con un urlo, fece il caposotto: gli altri si tuffarono da dove si trovavano, e tutti cominciarono a attraversare nuotando a mezzobraccetto il fiume. Dopo pochi minuti erano lì coi capelli sugli occhi, le facce paragule, e le mani strette ai bordi della barca. - Che volete? - fece Marcello. - Venì in barca, fecero quelli, -perché, nun ce vorresti? - Erano tutti più grossi, e gli altri si dovettero tenere la cica. Salirono, e senza perder tempo uno disse a Agnolo: - Da' -e gli prese i remi. - Annamo de là der ponte, - aggiunse, guardando fisso Agnolo negli occhi come per dirgli: «Te va bbene?» - Annamo de là der ponte, - disse Agnolo. Subito quello si mise a remare a tutta callara: ma sotto il pilone la corrente era forte, e la barca era carica. Per fare quei pochi metri ci volle più d'un quarto d'ora.

Borgo antico

dai tetti grigi sotto il cielo opaco

io t'invoco...

cantavano i quattro di vicolo del Bologna, sbragati sulla barca, a voce più alta che potevano per farsi sentire dai passanti di Ponte Sisto e dei lungoteveri. La barca, troppo piena, andava avanti affondando nell'acqua fino all'orlo.

Il Riccetto continuava a starsene disteso, senza dar retta ai nuovi venuti, ammusato, sul fondo allagato della barca, con la testa appena fuori dal bordo: e continuava sempre a far finta di essere al largo, fuori dalla vista della terraferma. - Ecco li pirata! - gridava con le mani a imbuto sulla sua vecchia faccia di ladro uno dei trasteverini, in piedi in pizzo alla barca: gli altri continuavano scatenati a cantare. A un tratto il Riccetto si rivoltò su un gomito, per osservare meglio qualcosa che aveva attratto la sua attenzione, sul pelo dell'acqua, presso la riva, quasi sotto le arcate di Ponte Sisto. Non riusciva a capir bene che fosse. L'acqua tremolava, in quel punto, facendo tanti piccoli cerchi come se fosse sciacquata da una mano: e difatti nel centro vi si scorgeva come un piccolo straccio nero.

- Che d'è, - disse allora rizzandosi in piedi il Riccetto. Tutti guardarono da quella parte, nello specchio d'acqua quasi ferma, sotto l'ultima arcata. - E na rondine, vaffan..., - disse Marcello. Ce n'erano tante di rondinelle, che volavano rasente i muraglioni, sotto gli archi del ponte, sul fiume aperto, sfiorando l'acqua con il petto. La corrente aveva ritrascinato un poco la barca indietro, e si vide infatti ch'era proprio una rondinella che stava affogando. Sbatteva le ali, zompava. Il Riccetto era in ginocchioni sull'orlo della barca, tutto proteso in avanti. - A stronzo, nun vedi che ce fai rovescià? - gli disse Agnolo. - An vedi, - gridava il Riccetto, - affoga!

- Quello dei trasteverini che remava restò coi remi alzati sull'acqua e la corrente spingeva piano la barca indietro verso il punto dove la rondine si stava sbattendo. Però dopo un po' perdette la pazienza e ricominciò a remare. - Aòh, a moro, - gli gridò il Riccetto puntandogli contro la mano, - chi t'ha detto de remà? - L'altro fece schioccare la lingua con disprezzo e il più grosso disse: - E che te frega -. Il Riccetto guardò verso la rondine, che si agitava ancora, a scatti, facendo frullare di botto le ali. Poi senza dir niente si buttò in acqua e cominciò a nuotare verso di lei. Gli altri si misero a gridargli dietro e a ridere: ma quello dei remi continuava a remare contro corrente, dalla parte opposta. Il Riccetto s'allontanava, trascinato forte dall'acqua: lo videro che rimpiccioliva, che arrivava a bracciate fin vicino alla rondine, sullo specchio d'acqua stagnante, e che tentava d'acchiapparla. - A Riccettooo, - gridava Marcello con quanto fiato aveva in gola, - perché nun la piji? - Il Riccetto dovette sentirlo, perché si udì appena la sua voce che gridava: - Me pùncica! - Li mortacci tua, - gridò ridendo Marcello. Il Riccetto cercava di acchiappare la rondine, che gli scappava sbattendo le ali e tutti due ormai erano trascinati verso il pilone dalla corrente che lì sotto si faceva forte e piena di mulinelli. - A Riccetto, - gridarono i compagni dalla barca, - e lassala perde! - Ma in quel momento il Riccetto s'era deciso ad acchiapparla e nuotava con una mano verso la riva. - Tornamo indietro, daje, - disse Marcello a quello che remava. Girarono. Il Riccetto li aspettava seduto sull'erba sporca della riva, con la rondine tra le mani. - E che l'hai sarvata a ffà, - gli disse Marcello, - era così bello vedella che se moriva! - Il Riccetto non gli rispose subito.

- E tutta fracica, - disse dopo un po', - aspettamo che s'asciughi! - Ci volle poco perché s'asciugasse: dopo cinque minuti era là che rivolava tra le compagne, sopra il Tevere, e il Riccetto ormai non la distingueva più dalle altre.