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Uno, nessuno e centomila - Pirandello, LIBRO TERZO (1)

LIBRO TERZO (1)

I. Pazzie per forza

Ma voglio dirvi prima, almeno in succinto, le pazzie che cominciai a fare per scoprire tutti quegli altri Moscarda che vivevano nei miei piú vicini conoscenti, e distruggerli a uno a uno.

Pazzie per forza. Perché, non avendo mai pensato finora a costruire di me stesso un Moscarda che consistesse ai miei occhi e per mio conto in un modo d'essere che mi paresse da distinguere come a me proprio e particolare, sintende che non mi era possibile agire con una qualche logica coerenza. Dovevo a volta a volta dimostrarmi il contrario di quel che ero o supponevo d'essere in questo e in quello dei miei conoscenti, dopo essermi sforzato di comprendere la realtà che m'avevano data: meschina, per forza, labile, volubile e quasi inconsistente.

Però ecco: un certo aspetto, un certo senso, un certo valore dovevo pur averlo per gli altri, oltre che per le mie fattezze fuori della veduta mia e della mia estimativa, anche per tante cose a cui finora non avevo mai pensato.

Pensarci e sentire un impeto di feroce ribellione fu tutt'uno.

II. Scoperte

Il nome, sia: brutto fino alla crudeltà. Moscarda.

La mosca, e il dispetto del suo aspro fastidio ronzante.

Non aveva mica un nome per sé il mio spirito, né uno stato civile: aveva tutto un suo mondo dentro; e io non bollavo ogni volta di quel mio nome, a cui non pensavo affatto, tutte le cose che mi vedevo dentro e intorno. Ebbene, ma per gli altri io non ero quel mondo che portavo dentro di me senza nome, tutto intero, indiviso e pur vario. Ero invece, fuori, nel loro mondo, uno - staccato - che si chiamava Moscarda, un piccolo e determinato aspetto di realtà non mia, incluso fuori di me nella realtà degli altri e chiamato Moscarda.

Parlavo con un amico: niente di strano: mi rispondeva; lo vedevo gestire; aveva la sua solita voce, riconoscevo i suoi soliti gesti; e anch'egli, standomi a sentire se gli parlavo, riconosceva la mia voce e i miei gesti. Nulla di strano, sí, ma finché io non pensavo che il tono che aveva per me la voce del mio amico non era affatto lo stesso di quella ch'egli si conosceva, perché forse il tono della sua voce egli non se lo conosceva nemmeno, essendo quella, per lui, la sua voce; e che il suo aspetto era quale io lo vedevo, cioè quello che gli davo io, guardandolo da fuori, mentre lui, parlando, non aveva davanti alla mente, certo, nessuna immagine di se stesso, neppur quella che si dava e si riconosceva guardandosi allo specchio.

Oh Dio, e che avveniva allora di me? avveniva lo stesso della mia voce? del mio aspetto? Io non ero piú un indistinto io che parlava e guardava gli altri, ma uno che gli altri invece guardavano, fuori di loro, e che aveva un tono di voce e un aspetto ch'io non mi conoscevo. Ero per il mio amico quello che egli era per me: un corpo impenetrabile che gli stava davanti e ch'egli si rappresentava con lineamenti a lui ben noti, i quali per me non significavano nulla; tanto vero che non ci pensavo nemmeno, parlando, né potevo vedermeli né saper come fossero; mentre per lui erano tutto, in quanto gli rappresentavano me quale ero per lui, uno tra tanti: Moscarda. Possibile? E Moscarda era tutto ciò che esso diceva e faceva in quel mondo a me ignoto; Moscarda era anche la mia ombra; Moscarda se lo vedevano mangiare; Moscarda, se lo vedevano fumare; Moscarda, se andava a spasso; Moscarda, se si soffiava il naso.

Non lo sapevo, non ci pensavo, ma nel mio aspetto, cioè in quello che essi mi davano, in ogni mia parola che sonava per loro con una voce ch'io non potevo sapere, in ogni mio atto interpretato da ciascuno a suo modo, sempre c'erano per gli altri impliciti il mio nome e il mio corpo.

Se non che, ormai, per quanto potesse parermi stupido e odioso essere bollato cosí per sempre e non potermi dare un altro nome, tanti altri a piacere, che s'accordassero a volta a volta col vario atteggiarsi de' miei sentimenti e delle mie azioni; pure ormai, ripeto, abituato com'ero a portar quello fin dalla nascita, potevo non farne gran caso, e pensare che io infine non ero quel nome; che quel nome era per gli altri un modo di chiamarmi, non bello ma che avrebbe potuto tuttavia essere anche piú brutto. Non c'era forse un Sardo a Richieri che si chiamava Porcu? Sí.

«Signor Porcu...»

E non rispondeva mica con un grugnito.

«Eccomi, a servirla...»

Pulito pulito e sorridente rispondeva. Tanto che uno quasi si vergognava di doverlo chiamare cosí.

Lasciamo dunque il nome, e lasciamo anche le fattezze, benché pure - ora che davanti allo specchio mi s'era duramente chiarita la necessità di non poter dare a me stesso un'immagine di me diversa da quella con cui mi rappresentavo - anche queste fattezze sentivo estranee alla mia volontà e contrarie dispettosamente a qualunque desiderio potesse nascermi d'averne altre, che non fossero queste, cioè questi capelli cosí, di questo colore, questi occhi cosí, verdastri, e questo naso e questa bocca; lasciamo, dico, anche le fattezze, perché alla fin fine dovevo riconoscere che avrebbero potuto essere anche mostruose e avrei dovuto tenermele e rassegnarmi a esse, volendo vivere; non erano, e dunque via, dopo tutto, potevo anche accontentarmene.

Ma le condizioni? dico le condizioni mie che non dipendevano da me? le condizioni che mi determinavano, fuori di me, fuori d'ogni mia volontà? le condizioni della mia nascita, della mia famiglia? Non me l'ero mai poste davanti, io, per valutarle come potevano valutarle gli altri, ciascuno a suo modo, s'intende, con una sua particolar bilancia, a peso d'invidia, a peso d'odio o di sdegno o che so io.

M'ero creduto finora un uomo nella vita. Un uomo, cosí, e basta. Nella vita. Come se in tutto mi fossi fatto da me. Ma come quel corpo non me l'ero fatto io, come non me l'ero dato io quel nome, e nella vita ero stato messo da altri senza mia volontà; cosí, senza mia volontà, tant'altre cose m'erano venute sopra dentro intorno, da altri; tant'altre cose m'erano state fatte, date da altri, a cui effettivamente io non avevo mai pensato, mai dato immagine, l'immagine strana, nemica, con cui mi s'avventavano adesso.

La storia della mia famiglia! La storia della mia famiglia nel mio paese: non ci pensavo; ma era in me, questa storia, per gli altri; io ero uno, l'ultimo di questa famiglia; e ne avevo in me, nel corpo, lo stampo e chi sa in quante abitudini d'atti e di pensieri, a cui non avevo mai riflettuto, ma che gli altri riconoscevano chiaramente in me, nel mio modo di camminare, di ridere, di salutare. Mi credevo un uomo nella vita, un uomo qualunque, che vivesse cosí alla giornata una scioperata vita in fondo, benché piena di curiosi pensieri vagabondi; e no, e no: potevo essere per me uno qualunque, ma per gli altri no; per gli altri avevo tante sommarie determinazioni, ch'io non m'ero date né fatte e a cui non avevo mai badato; e quel mio poter credermi un uomo qualunque voglio dire quel mio stesso ozio, che credevo proprio mio, non era neanche mio per gli altri: m'era stato dato da mio padre, dipendeva dalla ricchezza di mio padre; ed era un ozio feroce, perché mio padre...

Ah, che scoperta Mio padre... La vita di mio padre...

III. Le radici

M'apparve. Alto, grasso, calvo. E nei limpidi quasi vitrei occhi azzurrini il solito sorriso gli brillava per me, d'una strana tenerezza, ch'era un po' compatimento, un po' derisione anche, ma affettuosa, come se in fondo gli piacesse ch'io fossi tale da meritarmela, quella sua derisione, considerandomi quasi un lusso di bontà che impunemente egli si potesse permettere.

Se non che, questo sorriso, nella barba folta, cosí rossa e cosí fortemente radicata che gli scoloriva le gote, questo sorriso sotto i grossi baffi un po' ingialliti nel mezzo, era a tradimento, ora, una specie di ghigno muto e frigido, lí nascosto; a cui non avevo mai badato. E quella tenerezza per me affiorando e brillando negli occhi da quel ghigno nascosto m'appariva ora orribilmente maliziosa: tante cose mi svelava a un tratto che mi fendevano di brividi la schiena. Ed ecco lo sguardo di quegli occhi vitrei mi teneva, mi teneva affascinato per impedirmi di pensare a queste cose, di cui pure era fatta la sua tenerezza per me, ma che pure erano orribili.

«Ma se tu eri e sei ancora uno sciocco... sí, un povero ingenuo sventato, che te ne vai appresso ai tuoi pensieri, senza mai fermarne uno per fermarti; e mai un proposito non ti sorge, che tu non ti ci metta a girare attorno, e tanto te lo guardi che infine ti ci addormenti, e il giorno appresso apri gli occhi, te lo vedi davanti e non sai piú come ti sia potuto sorgere se jeri c'era quest'aria e questo sole; per forza, vedi, io ti dovevo voler bene cosí. Le mani? che mi guardi?

ah, questi peli rossi qua, anche sul dorso delle dita? gli anelli... troppi? e questa grossa spilla alla cravatta, e anche la catena dell'orologio... Troppo oro? che mi guardi?

Vedevo stranamente la mia angoscia distrarsi con sforzo da quegli occhi, da tutto quell'oro e affiggersi in certe venicciuole azzurrognole che gli trasparivano serpeggianti su su per la pallida fronte con pena, sul lucido cranio contornato dai capelli rossi, rossi come i miei - cioè, i miei come i suoi - e che miei dunque, se cosí chiaramente m'erano venuti da lui? E quel lucido cranio a poco a poco, ecco, mi svaniva davanti come ingoiato nel vano dell'aria.

Mio padre!

Nel vano, ora, un silenzio esterrefatto, grave di tutte le cose insensate e informi, che stanno nell'inerzia mute e impenetrabili allo spirito.

Fu un attimo, ma l'eternità. Vi sentii dentro tutto lo sgomento delle necessità cieche, delle cose che non si possono mutare: la prigione del tempo; il nascere ora, e non prima e non poi; il nome e il corpo che ci è dato; la catena delle cause; il seme gettato da quell'uomo: mio padre senza volerlo; il mio venire al mondo, da quel seme; involontario frutto di quell'uomo; legato a quel ramo; espresso da quelle radici.

IV. Il seme

Vidi allora per la prima volta mio padre come non lo avevo mai veduto: fuori, nella sua vita; ma non com'era per sé come in sé si sentiva, ch'io non potevo saperlo; ma come estraneo a me del tutto, nella realtà che, tal quale egli ora m'appariva, potevo supporre gli dessero gli altri.

A tutti i figli sarà forse avvenuto. Notare com'alcunché d'osceno che ci mortifica, laddove è il padre per noi che si rispetta. Notare, dico, che gli altri non dànno e non possono dare a questo padre quella stessa realtà che noi gli diamo. Scoprire com'egli vive ed è uomo fuori di noi, per sé, nelle sue relazioni con gli altri, se questi altri, parlando con lui o spingendolo a parlare, a ridere, a guardare, per un momento si dimentichino che noi siamo presenti, e cosí ci lascino intravedere l'uomo ch'essi conoscono in lui, l'uomo ch'egli è per loro. Un altro. E come? Non si può sapere. Subito nostro padre ha fatto un cenno, con la mano o con gli occhi, che ci siamo noi. E quel piccolo cenno furtivo, ecco, ci ha scavato in un attimo un abisso dentro. Quello che ci stava tanto vicino, eccolo balzato lontano e intravisto là come un estraneo. E sentiamo la nostra vita come lacerata tutta, meno che in un punto per cui resta attaccata ancora a quell'uomo. E questo punto è vergognoso. La nostra nascita staccata, recisa da lui, come un caso comune, forse previsto, ma involontario nella vita di quell'estraneo, prova d'un gesto, frutto d'un atto, alcunché insomma che ora, sí, ci fa vergogna, ci suscita sdegno e quasi odio. E se non propriamente odio, un certo acuto dispetto notiamo anche negli occhi di nostro padre, che in quell'attimo si sono scontrati nei nostri. Siamo per lui, lí ritti in piedi, e con due vigili occhi ostili, ciò che egli dallo sfogo d'un suo momentaneo bisogno o piacere, non si aspettava: quel seme gettato ch'egli non sapeva, ritto ora in piedi e con due occhi fuoruscenti di lumaca che guardano a tentoni e giudicano e gl'impediscono d'essere ancora in tutto a piacer suo, libero, un altro anche rispetto a noi.

V. Traduzione d'un titolo

Non l'avevo mai finora staccato cosí da me mio padre. Sempre l'avevo pensato, ricordato come padre, qual era per me; ben poco veramente, ché morta giovanissima mia madre, fui messo in un collegio lontano da Richieri, e poi in un altro, e poi in un terzo ove rimasi fino ai diciott'anni, e andai poi all'università e vi passai per sei anni da un ordine di studii all'altro, senza cavare un pratico profitto da nessuno; ragion per cui alla fine fui richiamato a Richieri e subito, non so se in premio o per castigo, ammogliato. Due anni dopo mio padre morí senza lasciarmi di sé, del suo affetto altro ricordo piú vivo che quel sorriso di tenerezza, che era - com'ho detto - un pò compatimento, un pò derisione.

Ma ciò che era stato per sé? Moriva ora, mio padre, del tutto. Ciò che era stato per gli altri... E cosí poco per me! E gli veniva anche dagli altri, certo, dalla realtà che gli altri gli davano e ch'egli sospettava, quel sorriso per me... Ora l'intendevo e ne intendevo il perché, orribilmente.

«Che cos'è tuo padre?» mi avevano tante volte domandato in collegio i miei compagni.

E io:

«Banchiere.»

Perché mio padre, per me, era banchiere.

Se vostro padre fosse boia, come si tradurrebbe nella vostra famiglia questo titolo per accordarlo con l'amore che voi avete per lui e ch'egli ha per voi? oh, egli tanto tanto buono per voi, oh, io lo so, non c'è bisogno che me lo diciate; me lo immagino perfettamente l'amore d'un tal padre per il suo figliuolo, la tremante delicatezza delle sue grosse mani nell'abbottonargli la camicina bianca attorno al collo. E poi, feroci domani, all'alba, quelle sue mani, sul palco. Perché anche un banchiere, me lo immagino perfettamente, passa dal dieci al venti e dal venti al quaranta per cento, man mano che cresce in paese con la disistima altrui la fama della sua usura, la quale peserà domani come un'onta sul suo figliuolo che ora non sa e si svaga dietro a strani pensieri, povero lusso di bontà, che davvero se lo meritava, ve lo dico io, quel sorriso di tenerezza, mezzo compatimento e mezzo derisione.

VI. Il buon figliolo feroce

Con gli occhi pieni dell'orrore di questa scoperta, ma velato l'orrore da un avvilimento, da una tristezza che pur mi atteggiavano le labbra a un sorriso vano, nel sospetto che nessuno potesse crederli e ammetterli in me davvero, io allora mi presentai davanti a Dida mia moglie.

Se ne stava – ricordo - in una stanza luminosa, vestita di bianco e tutta avvolta entro un fulgore di sole, a disporre nel grande armadio laccato bianco e dorato a tre luci i suoi nuovi abiti primaverili.

Facendo uno sforzo, acre d'onta segreta, per trovarmi in gola una voce che non paresse troppo strana, le domandai:

«Tu lo sai, eh Dida, qual è la mia professione?»

Dida, con una gruccia in mano da cui pendeva un abito di velo color isabella, si voltò a guardarmi dapprima, come se non mi riconoscesse. Stordita, ripeté:

«La tua professione?»

E dovetti riassaporar l'agro di quell'onta per riprendere, quasi da un dilaceramento del mio spirito, la domanda che ne pendeva. Ma questa volta mi si sfece in bocca:

«Già,» dissi «che cosa faccio io?»

Dida, allora, stette un poco a mirarmi, poi scoppiò in una gran risata:

«Ma che dici, Gengè?»

Si fracassò d'un tratto allo scoppio di quella risata il mio orrore, l'incubo di quelle necessità cieche in cui il mio spirito, nella profondità delle sue indagini, s'era urtato poc'anzi, rabbrividendo.

Ah, ecco - un usurajo, per gli altri; uno stupido qua, per Dida mia moglie. Gengè io ero; uno qua, nell'animo e davanti agli occhi di mia moglie; e chi sa quant'altri Gengè, fuori, nell'animo o solamente negli occhi della gente di Richieri. Non si trattava del mio spirito, che si sentiva dentro di me libero e immune, nella sua intimità originaria, di tutte quelle considerazioni delle cose che m'erano venute, che mi erano state fatte e date dagli altri, e principalmente di questa del danaro e della professione di mio padre.

No? E di chi si trattava dunque? Se potevo non riconoscer mia questa realtà spregevole che mi davano gli altri, ahimè dovevo pur riconoscere che se anche me ne fossi data una, io, per me, questa non sarebbe stata piú vera, come realtà, di quella che mi davano gli altri, di quella in cui gli altri mi facevano consistere con quel corpo che ora, davanti a mia moglie, non poteva neanch'esso parermi mio, giacché se l'era appropriato quel Gengè suo, che or ora aveva detto una nuova sciocchezza per cui tanto ella aveva riso. Voler sapere la sua professione E che non si sapeva?

«Lusso di bontà...» feci, quasi tra me, staccando la voce da un silenzio che mi parve fuori della vita, perché, ombra davanti a mia moglie, non sapevo piú donde io - io come io - le parlassi.

«Che dici?» ripeté lei, dalla solidità certa della sua vita, con quell'abito color isabella sul braccio.

E com'io non risposi, mi venne avanti, mi prese per le braccia e mi soffiò sugli occhi, come a cancellarvi uno sguardo che non era piú di Gengè, di quel Gengè il quale ella sapeva che al pari di lei doveva fingere di non conoscere come in paese si traducesse il nome della professione di mio padre.

Ma non ero peggio di mio padre, io? Ah Mio padre almeno lavorava... Ma io! Che facevo io? Il buon figliuolo feroce. Il buon figliuolo che parlava di cose aliene (bizzarre anche): della scoperta del naso che mi pendeva verso destra: oppure dell'altra faccia della luna; mentre la cosí detta banca di mio padre, per opera dei due fidati amici Firbo e Quantorzo, seguitava a lavorare, prosperava. C'erano anche socii minori, nella banca, e anche i due fidati amici vi erano - come si dice - cointeressati, e tutto andava a gonfie vele senza ch'io me n'impicciassi punto, voluto bene da tutti quei consoci, da Quantorzo, come un figliuolo, da Firbo come un fratello; i quali tutti sapevano che con me era inutile parlar d'affari e che bastava di tanto in tanto chiamarmi a firmare; firmavo e quest'era tutto. Non tutto, perché anche di tanto in tanto qualcuno veniva a pregarmi d'accompagnarlo a Firbo o a Quantorzo con un bigliettino di raccomandazione; già e io allora gli scoprivo sul mento una fossetta che glielo divideva in due parti non perfettamente uguali, una piú rilevata di qua, una piú scempia di là.


LIBRO TERZO (1) LIBRO TRES (1) LIVRE TROIS (1) LIVRO TRÊS (1)

I. Pazzie per forza

Ma voglio dirvi prima, almeno in succinto, le pazzie che cominciai a fare per scoprire tutti quegli altri Moscarda che vivevano nei miei piú vicini conoscenti, e distruggerli a uno a uno. But I want to tell you first, at least briefly, the follies I began to do to discover all those other Moscardas who lived in my closest acquaintances, and destroy them one by one.

Pazzie per forza. Perché, non avendo mai pensato finora a costruire di me stesso un Moscarda che consistesse ai miei occhi e per mio conto in un modo d'essere che mi paresse da distinguere come a me proprio e particolare, sintende che non mi era possibile agire con una qualche logica coerenza. Because, having never thought so far of building myself a Moscarda that consisted in my eyes and on my behalf in a way of being that seemed to me to be distinguished as its own and particular to me, it sums up that it was not possible for me to act with a some logical coherence. Dovevo a volta a volta dimostrarmi il contrario di quel che ero o supponevo d'essere in questo e in quello dei miei conoscenti, dopo essermi sforzato di comprendere la realtà che m'avevano data: meschina, per forza, labile, volubile e quasi inconsistente. From time to time I had to prove to myself the opposite of what I was or supposed to be in this and in that of my acquaintances, after having tried to understand the reality they had given me: mean, necessarily, labile, fickle and almost inconsistent .

Però ecco: un certo aspetto, un certo senso, un certo valore dovevo pur averlo per gli altri, oltre che per le mie fattezze fuori della veduta mia e della mia estimativa, anche per tante cose a cui finora non avevo mai pensato.

Pensarci e sentire un impeto di feroce ribellione fu tutt'uno. Thinking about it and feeling a rush of ferocious rebellion was one and the same.

II. Scoperte

Il nome, sia: brutto fino alla crudeltà. Moscarda.

La mosca, e il dispetto del suo aspro fastidio ronzante. The fly, and the spite of its harsh humming annoyance.

Non aveva mica un nome per sé il mio spirito, né uno stato civile: aveva tutto un suo mondo dentro; e io non bollavo ogni volta di quel mio nome, a cui non pensavo affatto, tutte le cose che mi vedevo dentro e intorno. Ebbene, ma per gli altri io non ero quel mondo che portavo dentro di me senza nome, tutto intero, indiviso e pur vario. Ero invece, fuori, nel loro mondo, uno - staccato - che si chiamava Moscarda, un piccolo e determinato aspetto di realtà non mia, incluso fuori di me nella realtà degli altri e chiamato Moscarda.

Parlavo con un amico: niente di strano: mi rispondeva; lo vedevo gestire; aveva la sua solita voce, riconoscevo i suoi soliti gesti; e anch'egli, standomi a sentire se gli parlavo, riconosceva la mia voce e i miei gesti. I was talking to a friend: nothing strange: he answered me; I saw him manage; he had his usual voice, I recognized his usual gestures; and he too, listening to me if I spoke to him, recognized my voice and my gestures. Nulla di strano, sí, ma finché io non pensavo che il tono che aveva per me la voce del mio amico non era affatto lo stesso di quella ch'egli si conosceva, perché forse il tono della sua voce egli non se lo conosceva nemmeno, essendo quella, per lui, la sua voce; e che il suo aspetto era quale io lo vedevo, cioè quello che gli davo io, guardandolo da fuori, mentre lui, parlando, non aveva davanti alla mente, certo, nessuna immagine di se stesso, neppur quella che si dava e si riconosceva guardandosi allo specchio.

Oh Dio, e che avveniva allora di me? avveniva lo stesso della mia voce? del mio aspetto? Io non ero piú un indistinto io che parlava e guardava gli altri, ma uno che gli altri invece guardavano, fuori di loro, e che aveva un tono di voce e un aspetto ch'io non mi conoscevo. Ero per il mio amico quello che egli era per me: un corpo impenetrabile che gli stava davanti e ch'egli si rappresentava con lineamenti a lui ben noti, i quali per me non significavano nulla; tanto vero che non ci pensavo nemmeno, parlando, né potevo vedermeli né saper come fossero; mentre per lui erano tutto, in quanto gli rappresentavano me quale ero per lui, uno tra tanti: Moscarda. Possibile? E Moscarda era tutto ciò che esso diceva e faceva in quel mondo a me ignoto; Moscarda era anche la mia ombra; Moscarda se lo vedevano mangiare; Moscarda, se lo vedevano fumare; Moscarda, se andava a spasso; Moscarda, se si soffiava il naso.

Non lo sapevo, non ci pensavo, ma nel mio aspetto, cioè in quello che essi mi davano, in ogni mia parola che sonava per loro con una voce ch'io non potevo sapere, in ogni mio atto interpretato da ciascuno a suo modo, sempre c'erano per gli altri impliciti il mio nome e il mio corpo.

Se non che, ormai, per quanto potesse parermi stupido e odioso essere bollato cosí per sempre e non potermi dare un altro nome, tanti altri a piacere, che s'accordassero a volta a volta col vario atteggiarsi de' miei sentimenti e delle mie azioni; pure ormai, ripeto, abituato com'ero a portar quello fin dalla nascita, potevo non farne gran caso, e pensare che io infine non ero quel nome; che quel nome era per gli altri un modo di chiamarmi, non bello ma che avrebbe potuto tuttavia essere anche piú brutto. Salvo que, ahora, por estúpido y odioso que me hubiera parecido estar marcado así para siempre y no poder darme otro nombre, tantos otros como quisiera, que se ajustaran a las diversas actitudes de mis sentimientos y acciones; pero ahora, repito, acostumbrado como estaba a llevar ese nombre desde que nací, podía no darle importancia y pensar que, después de todo, yo no era ese nombre; que ese nombre era para los demás una forma de llamarme, no agradable, sino una que podría haber sido aún más fea. Non c'era forse un Sardo a Richieri che si chiamava Porcu? Sí.

«Signor Porcu...»

E non rispondeva mica con un grugnito.

«Eccomi, a servirla...» "Here I am, serving you ..."

Pulito pulito e sorridente rispondeva. Tanto che uno quasi si vergognava di doverlo chiamare cosí. So much so that one was almost ashamed of having to call him that.

Lasciamo dunque il nome, e lasciamo anche le fattezze, benché pure - ora che davanti allo specchio mi s'era duramente chiarita la necessità di non poter dare a me stesso un'immagine di me diversa da quella con cui mi rappresentavo - anche queste fattezze sentivo estranee alla mia volontà e contrarie dispettosamente a qualunque desiderio potesse nascermi d'averne altre, che non fossero queste, cioè questi capelli cosí, di questo colore, questi occhi cosí, verdastri, e questo naso e questa bocca; lasciamo, dico, anche le fattezze, perché alla fin fine dovevo riconoscere che avrebbero potuto essere anche mostruose e avrei dovuto tenermele e rassegnarmi a esse, volendo vivere; non erano, e dunque via, dopo tutto, potevo anche accontentarmene. Let us therefore leave the name, and let us also leave the features, although even - now that in front of the mirror the necessity of not being able to give myself an image of myself different from the one with which I represented myself - even these features I felt extraneous to my will and spitefully opposed to any desire that might arise for me to have others, other than this, that is, this hair like this, this color, these eyes like this, greenish, and this nose and this mouth; let us leave, I say, even the features, because in the end I had to recognize that they could also have been monstrous and I should have kept them and resigned myself to them, wanting to live; they weren't, and so away, after all, I might as well be content with them. Dejemos, pues, el nombre, y dejemos también los rasgos, aunque -ahora que la necesidad de no poder darme una imagen de mí mismo distinta de aquella con la que me representaba se me había hecho duramente clara ante el espejo- sentía también que esos rasgos eran ajenos a mi voluntad y rencorosamente contrarios a cualquier deseo que yo hubiera podido tener de tener otros rasgos que esos, es decir, este pelo de este color, estos ojos así, verdosos, y esta nariz y esta boca; dejemos, digo, incluso los rasgos, pues al final tuve que reconocer que también podrían haber sido monstruosos y que debería haberlos conservado y resignarme a ellos, queriendo vivir; no lo eran, y así lejos, después de todo, podía contentarme con ellos.

Ma le condizioni? dico le condizioni mie che non dipendevano da me? le condizioni che mi determinavano, fuori di me, fuori d'ogni mia volontà? le condizioni della mia nascita, della mia famiglia? Non me l'ero mai poste davanti, io, per valutarle come potevano valutarle gli altri, ciascuno a suo modo, s'intende, con una sua particolar bilancia, a peso d'invidia, a peso d'odio o di sdegno o che so io. I had never put them in front of me to evaluate them as the others could evaluate them, each in his own way, of course, with his own particular balance, by weight of envy, by weight of hatred or disdain or that i know.

M'ero creduto finora un uomo nella vita. Un uomo, cosí, e basta. Nella vita. Come se in tutto mi fossi fatto da me. Ma come quel corpo non me l'ero fatto io, come non me l'ero dato io quel nome, e nella vita ero stato messo da altri senza mia volontà; cosí, senza mia volontà, tant'altre cose m'erano venute sopra dentro intorno, da altri; tant'altre cose m'erano state fatte, date da altri, a cui effettivamente io non avevo mai pensato, mai dato immagine, l'immagine strana, nemica, con cui mi s'avventavano adesso. But just as I had not made that body for myself, as I had not given myself that name, and in life I had been put on by others without my will; so, without my will, so many other things had come up and around me, from others; so many other things had been done to me, given by others, which I had actually never thought of, never given an image, the strange, enemy image with which they now rushed me.

La storia della mia famiglia! La storia della mia famiglia nel mio paese: non ci pensavo; ma era in me, questa storia, per gli altri; io ero uno, l'ultimo di questa famiglia; e ne avevo in me, nel corpo, lo stampo e chi sa in quante abitudini d'atti e di pensieri, a cui non avevo mai riflettuto, ma che gli altri riconoscevano chiaramente in me, nel mio modo di camminare, di ridere, di salutare. Mi credevo un uomo nella vita, un uomo qualunque, che vivesse cosí alla giornata una scioperata vita in fondo, benché piena di curiosi pensieri vagabondi; e no, e no: potevo essere per me uno qualunque, ma per gli altri no; per gli altri avevo tante sommarie determinazioni, ch'io non m'ero date né fatte e a cui non avevo mai badato; e quel mio poter credermi un uomo qualunque voglio dire quel mio stesso ozio, che credevo proprio mio, non era neanche mio per gli altri: m'era stato dato da mio padre, dipendeva dalla ricchezza di mio padre; ed era un ozio feroce, perché mio padre...

Ah, che scoperta Mio padre... La vita di mio padre...

III. Le radici

M'apparve. Alto, grasso, calvo. E nei limpidi quasi vitrei occhi azzurrini il solito sorriso gli brillava per me, d'una strana tenerezza, ch'era un po' compatimento, un po' derisione anche, ma affettuosa, come se in fondo gli piacesse ch'io fossi tale da meritarmela, quella sua derisione, considerandomi quasi un lusso di bontà che impunemente egli si potesse permettere. And in his limpid, almost glassy blue eyes, his usual smile shone for me, with a strange tenderness, which was a little pity, a little mockery too, but affectionate, as if he liked me in the end. deserve it, his derision, considering me almost a luxury of kindness that he could afford with impunity.

Se non che, questo sorriso, nella barba folta, cosí rossa e cosí fortemente radicata che gli scoloriva le gote, questo sorriso sotto i grossi baffi un po' ingialliti nel mezzo, era a tradimento, ora, una specie di ghigno muto e frigido, lí nascosto; a cui non avevo mai badato. E quella tenerezza per me affiorando e brillando negli occhi da quel ghigno nascosto m'appariva ora orribilmente maliziosa: tante cose mi svelava a un tratto che mi fendevano di brividi la schiena. And that tenderness for me, emerging and shining in the eyes from that hidden grin, now appeared to me horribly mischievous: so many things suddenly revealed to me that shivered my back. Y aquella ternura por mí, que afloraba y brillaba en mis ojos desde aquella sonrisa oculta, aparecía ahora horriblemente traviesa: tantas cosas se me revelaron de pronto que me tembló la espalda. Ed ecco lo sguardo di quegli occhi vitrei mi teneva, mi teneva affascinato per impedirmi di pensare a queste cose, di cui pure era fatta la sua tenerezza per me, ma che pure erano orribili. Y la mirada de esos ojos vidriosos me retenía, me cautivaba para impedirme pensar en esas cosas, de las que también estaba hecha su ternura por mí, pero que también eran horribles.

«Ma se tu eri e sei ancora uno sciocco... sí, un povero ingenuo sventato, che te ne vai appresso ai tuoi pensieri, senza mai fermarne uno per fermarti; e mai un proposito non ti sorge, che tu non ti ci metta a girare attorno, e tanto te lo guardi che infine ti ci addormenti, e il giorno appresso apri gli occhi, te lo vedi davanti e non sai piú come ti sia potuto sorgere se jeri c'era quest'aria e questo sole; per forza, vedi, io ti dovevo voler bene cosí. Le mani? che mi guardi?

ah, questi peli rossi qua, anche sul dorso delle dita? gli anelli... troppi? e questa grossa spilla alla cravatta, e anche la catena dell'orologio... Troppo oro? che mi guardi?

Vedevo stranamente la mia angoscia distrarsi con sforzo da quegli occhi, da tutto quell'oro e affiggersi in certe venicciuole azzurrognole che gli trasparivano serpeggianti su su per la pallida fronte con pena, sul lucido cranio contornato dai capelli rossi, rossi come i miei - cioè, i miei come i suoi - e che miei dunque, se cosí chiaramente m'erano venuti da lui? Strangely I saw my anguish distract itself with effort from those eyes, from all that gold and sticking to certain bluish little veils that snaked up his pale forehead with pain, on the shiny skull surrounded by red hair, red like mine - that is , mine as well as his - and what then mine, if so clearly they had come to me from him? E quel lucido cranio a poco a poco, ecco, mi svaniva davanti come ingoiato nel vano dell'aria.

Mio padre!

Nel vano, ora, un silenzio esterrefatto, grave di tutte le cose insensate e informi, che stanno nell'inerzia mute e impenetrabili allo spirito.

Fu un attimo, ma l'eternità. Vi sentii dentro tutto lo sgomento delle necessità cieche, delle cose che non si possono mutare: la prigione del tempo; il nascere ora, e non prima e non poi; il nome e il corpo che ci è dato; la catena delle cause; il seme gettato da quell'uomo: mio padre senza volerlo; il mio venire al mondo, da quel seme; involontario frutto di quell'uomo; legato a quel ramo; espresso da quelle radici. Inside I felt all the dismay of blind necessities, of things that cannot be changed: the prison of time; being born now, and not before and not later; the name and the body that is given to us; the chain of causes; the seed thrown by that man: my father unwittingly; my coming into the world, from that seed; involuntary fruit of that man; tied to that branch; expressed by those roots.

IV. Il seme

Vidi allora per la prima volta mio padre come non lo avevo mai veduto: fuori, nella sua vita; ma non com'era per sé come in sé si sentiva, ch'io non potevo saperlo; ma come estraneo a me del tutto, nella realtà che, tal quale egli ora m'appariva, potevo supporre gli dessero gli altri.

A tutti i figli sarà forse avvenuto. Notare com'alcunché d'osceno che ci mortifica, laddove è il padre per noi che si rispetta. Notare, dico, che gli altri non dànno e non possono dare a questo padre quella stessa realtà che noi gli diamo. Scoprire com'egli vive ed è uomo fuori di noi, per sé, nelle sue relazioni con gli altri, se questi altri, parlando con lui o spingendolo a parlare, a ridere, a guardare, per un momento si dimentichino che noi siamo presenti, e cosí ci lascino intravedere l'uomo ch'essi conoscono in lui, l'uomo ch'egli è per loro. Un altro. E come? Non si può sapere. Subito nostro padre ha fatto un cenno, con la mano o con gli occhi, che ci siamo noi. E quel piccolo cenno furtivo, ecco, ci ha scavato in un attimo un abisso dentro. Quello che ci stava tanto vicino, eccolo balzato lontano e intravisto là come un estraneo. E sentiamo la nostra vita come lacerata tutta, meno che in un punto per cui resta attaccata ancora a quell'uomo. E questo punto è vergognoso. La nostra nascita staccata, recisa da lui, come un caso comune, forse previsto, ma involontario nella vita di quell'estraneo, prova d'un gesto, frutto d'un atto, alcunché insomma che ora, sí, ci fa vergogna, ci suscita sdegno e quasi odio. E se non propriamente odio, un certo acuto dispetto notiamo anche negli occhi di nostro padre, che in quell'attimo si sono scontrati nei nostri. Siamo per lui, lí ritti in piedi, e con due vigili occhi ostili, ciò che egli dallo sfogo d'un suo momentaneo bisogno o piacere, non si aspettava: quel seme gettato ch'egli non sapeva, ritto ora in piedi e con due occhi fuoruscenti di lumaca che guardano a tentoni e giudicano e gl'impediscono d'essere ancora in tutto a piacer suo, libero, un altro anche rispetto a noi. We are for him, standing there, and with two watchful hostile eyes, what he did not expect from the outburst of a momentary need or pleasure: that seed thrown that he did not know, standing now standing and with two the protruding eyes of a snail that groped and judge and prevent him from being still in everything at his pleasure, free, another even with respect to us.

V. Traduzione d'un titolo

Non l'avevo mai finora staccato cosí da me mio padre. Sempre l'avevo pensato, ricordato come padre, qual era per me; ben poco veramente, ché morta giovanissima mia madre, fui messo in un collegio lontano da Richieri, e poi in un altro, e poi in un terzo ove rimasi fino ai diciott'anni, e andai poi all'università e vi passai per sei anni da un ordine di studii all'altro, senza cavare un pratico profitto da nessuno; ragion per cui alla fine fui richiamato a Richieri e subito, non so se in premio o per castigo, ammogliato. Due anni dopo mio padre morí senza lasciarmi di sé, del suo affetto altro ricordo piú vivo che quel sorriso di tenerezza, che era - com'ho detto - un pò compatimento, un pò derisione. Two years later my father died without leaving me of himself, of his affection another more vivid memory than that smile of tenderness, which was - as I said - a little pity, a little derision.

Ma ciò che era stato per sé? Moriva ora, mio padre, del tutto. Ciò che era stato per gli altri... E cosí poco per me! E gli veniva anche dagli altri, certo, dalla realtà che gli altri gli davano e ch'egli sospettava, quel sorriso per me... Ora l'intendevo e ne intendevo il perché, orribilmente.

«Che cos'è tuo padre?» mi avevano tante volte domandato in collegio i miei compagni.

E io:

«Banchiere.»

Perché mio padre, per me, era banchiere.

Se vostro padre fosse boia, come si tradurrebbe nella vostra famiglia questo titolo per accordarlo con l'amore che voi avete per lui e ch'egli ha per voi? oh, egli tanto tanto buono per voi, oh, io lo so, non c'è bisogno che me lo diciate; me lo immagino perfettamente l'amore d'un tal padre per il suo figliuolo, la tremante delicatezza delle sue grosse mani nell'abbottonargli la camicina bianca attorno al collo. E poi, feroci domani, all'alba, quelle sue mani, sul palco. And then, fierce tomorrow, at dawn, those hands of hers, on stage. Perché anche un banchiere, me lo immagino perfettamente, passa dal dieci al venti e dal venti al quaranta per cento, man mano che cresce in paese con la disistima altrui la fama della sua usura, la quale peserà domani come un'onta sul suo figliuolo che ora non sa e si svaga dietro a strani pensieri, povero lusso di bontà, che davvero se lo meritava, ve lo dico io, quel sorriso di tenerezza, mezzo compatimento e mezzo derisione.

VI. Il buon figliolo feroce

Con gli occhi pieni dell'orrore di questa scoperta, ma velato l'orrore da un avvilimento, da una tristezza che pur mi atteggiavano le labbra a un sorriso vano, nel sospetto che nessuno potesse crederli e ammetterli in me davvero, io allora mi presentai davanti a Dida mia moglie. With my eyes full of the horror of this discovery, but veiled the horror by a dejection, by a sadness that even put my lips to a vain smile, in the suspicion that no one could really believe them and admit them in me, I then introduced myself in front of Dida my wife.

Se ne stava – ricordo - in una stanza luminosa, vestita di bianco e tutta avvolta entro un fulgore di sole, a disporre nel grande armadio laccato bianco e dorato a tre luci i suoi nuovi abiti primaverili. Estaba de pie -recuerdo- en una habitación luminosa, vestida de blanco y envuelta en un resplandor de sol, ordenando su ropa nueva de primavera en el gran armario blanco lacado y dorado de tres luces.

Facendo uno sforzo, acre d'onta segreta, per trovarmi in gola una voce che non paresse troppo strana, le domandai: Haciendo un esfuerzo, acre de secreta vergüenza, por encontrar una voz en mi garganta que no sonara demasiado extraña, le pregunté:

«Tu lo sai, eh Dida, qual è la mia professione?» "¿Sabes, eh Dida, cuál es mi profesión?"

Dida, con una gruccia in mano da cui pendeva un abito di velo color isabella, si voltò a guardarmi dapprima, come se non mi riconoscesse. Dida, with a hanger in her hand from which hung an Isabella-colored veil dress, turned to look at me at first, as if she did not recognize me. Dida, con una percha en la mano de la que colgaba un vestido de velo color Isabel, se volvió a mirarme al principio, como si no me reconociera. Stordita, ripeté: Atónita, repitió:

«La tua professione?»

E dovetti riassaporar l'agro di quell'onta per riprendere, quasi da un dilaceramento del mio spirito, la domanda che ne pendeva. And I had to savor the bitterness of that shame to resume, almost from a laceration of my spirit, the question that hung from it. Y tuve que saborear de nuevo la amargura de aquella desgracia para reanudar, casi desde una dilaceración de mi espíritu, la pregunta que allí pendía. Ma questa volta mi si sfece in bocca: But this time it collapsed in my mouth: Pero esta vez me salió por la boca:

«Già,» dissi «che cosa faccio io?» "Sí", dije, "¿qué hago?".

Dida, allora, stette un poco a mirarmi, poi scoppiò in una gran risata: Dida se me quedó mirando un rato y luego se echó a reír:

«Ma che dici, Gengè?»

Si fracassò d'un tratto allo scoppio di quella risata il mio orrore, l'incubo di quelle necessità cieche in cui il mio spirito, nella profondità delle sue indagini, s'era urtato poc'anzi, rabbrividendo. De pronto, mi horror, la pesadilla de aquellas ciegas necesidades en las que mi espíritu, en el fondo de sus investigaciones, acababa de estrellarse y estremecerse, se hizo añicos con el estallido de aquella risa.

Ah, ecco - un usurajo, per gli altri; uno stupido qua, per Dida mia moglie. Ah, aquí - un usurero, para otros; un tonto aquí, para Dida mi esposa. Gengè io ero; uno qua, nell'animo e davanti agli occhi di mia moglie; e chi sa quant'altri Gengè, fuori, nell'animo o solamente negli occhi della gente di Richieri. Gengè fui; uno aquí, en el alma y ante los ojos de mi mujer; y quién sabe cuántos otros Gengè, fuera, en el alma o sólo ante los ojos de la gente de Richieri. Non si trattava del mio spirito, che si sentiva dentro di me libero e immune, nella sua intimità originaria, di tutte quelle considerazioni delle cose che m'erano venute, che mi erano state fatte e date dagli altri, e principalmente di questa del danaro e della professione di mio padre. No se trataba de mi espíritu, que se sentía libre e inmune dentro de mí, en su intimidad original, de todas aquellas consideraciones de cosas que me habían llegado, que me habían hecho y dado otros, y principalmente ésta del dinero y de la profesión de mi padre.

No? E di chi si trattava dunque? Se potevo non riconoscer mia questa realtà spregevole che mi davano gli altri, ahimè dovevo pur riconoscere che se anche me ne fossi data una, io, per me, questa non sarebbe stata piú vera, come realtà, di quella che mi davano gli altri, di quella in cui gli altri mi facevano consistere con quel corpo che ora, davanti a mia moglie, non poteva neanch'esso parermi mio, giacché se l'era appropriato quel Gengè suo, che or ora aveva detto una nuova sciocchezza per cui tanto ella aveva riso. Voler sapere la sua professione E che non si sapeva?

«Lusso di bontà...» feci, quasi tra me, staccando la voce da un silenzio che mi parve fuori della vita, perché, ombra davanti a mia moglie, non sapevo piú donde io - io come io - le parlassi. "Lujo de bondad..." dije, casi para mí mismo, quebrando la voz de un silencio que me parecía fuera de la vida, porque, sombra frente a mi mujer, ya no sabía dónde -yo como yo- le hablaba.

«Che dici?» ripeté lei, dalla solidità certa della sua vita, con quell'abito color isabella sul braccio. "¿Qué dices?", repitió ella, desde la cierta solidez de su vida, con aquel vestido color Isabella en el brazo.

E com'io non risposi, mi venne avanti, mi prese per le braccia e mi soffiò sugli occhi, come a cancellarvi uno sguardo che non era piú di Gengè, di quel Gengè il quale ella sapeva che al pari di lei doveva fingere di non conoscere come in paese si traducesse il nome della professione di mio padre. Y como no le contesté, se adelantó, me cogió del brazo y me fulminó con la mirada, como para borrar una mirada que ya no era la de Gengé, ese Gengé que ella sabía que tenía que fingir que no sabía cómo se traducía en el pueblo el nombre de la profesión de mi padre.

Ma non ero peggio di mio padre, io? Ah Mio padre almeno lavorava... Ma io! Che facevo io? Il buon figliuolo feroce. Il buon figliuolo che parlava di cose aliene (bizzarre anche): della scoperta del naso che mi pendeva verso destra: oppure dell'altra faccia della luna; mentre la cosí detta banca di mio padre, per opera dei due fidati amici Firbo e Quantorzo, seguitava a lavorare, prosperava. El buen hijo que hablaba de cosas ajenas (bizarras también): del descubrimiento de mi nariz colgando a la derecha: o de la otra cara de la luna; mientras el llamado banco de mi padre, por sus dos amigos de confianza Firbo y Quantorzo, seguía funcionando, prosperaba. C'erano anche socii minori, nella banca, e anche i due fidati amici vi erano - come si dice - cointeressati, e tutto andava a gonfie vele senza ch'io me n'impicciassi punto, voluto bene da tutti quei consoci, da Quantorzo, come un figliuolo, da Firbo come un fratello; i quali tutti sapevano che con me era inutile parlar d'affari e che bastava di tanto in tanto chiamarmi a firmare; firmavo e quest'era tutto. There were also minor partners, in the bank, and even the two trusted friends were - as they say - co-interested, and everything was going well without me bothering myself, loved by all those associates, by Quantorzo , like a son, from Firbo like a brother; who all knew that it was useless to talk business with me and that from time to time it was enough to call me to sign; I signed and that was all. Non tutto, perché anche di tanto in tanto qualcuno veniva a pregarmi d'accompagnarlo a Firbo o a Quantorzo con un bigliettino di raccomandazione; già e io allora gli scoprivo sul mento una fossetta che glielo divideva in due parti non perfettamente uguali, una piú rilevata di qua, una piú scempia di là. No todo, porque de vez en cuando se me acercaba alguien y me pedía que le acompañara a Firbo o a Quantorzo con una nota de recomendación; entonces le descubría un hoyuelo en la barbilla que la dividía en dos partes no perfectamente iguales, una más prominente en este lado, la otra más apagada en el otro.