×

Utilizziamo i cookies per contribuire a migliorare LingQ. Visitando il sito, acconsenti alla nostra politica dei cookie.


image

LAO TZU - Tao Te Ching, LAO TZU - Tao Te Ching: XLII-LXI

LAO TZU - Tao Te Ching: XLII-LXI

XLII - LE TRASFORMAZIONI DEL TAO

Il Tao generò l'Uno, l'Uno generò il Due, il Due generò il Tre,

il Tre generò le diecimila creature.

Le creature voltano le spalle allo yin

e volgono il volto allo yang,

il ch'i infuso le rende armoniose. Ciò che l'uomo detesta è d'essere orfano, scarso di virtù, incapace, eppur sovrani e duchi se ne fanno appellativi.

Perciò tra le creature

taluna diminuendosi s'accresce, taluna accrescendosi si diminuisce.

Ciò che gli altri insegnano

anch'io l'insegno: quelli che fan violenza non muoiono di morte naturale.

Di questo farò l'avvio del mio insegnamento. XLIII - LO STRUMENTO UNIVERSALE

Ciò che v'è di più molle al mondo assoggetta ciò che v'è di più duro al mondo, quel che non ha esistenza

penetra là dove non sono interstizi.

Da questo so che v'è profitto nel non agire. All'insegnamento non detto, al profitto del non agire,

pochi di quelli che sono sotto il cielo arrivano.

XLIV - IL FERMO AMMONIMENTO

Tra fama e persona che è più caro?

Tra persona e beni che è più importante?

Tra acquistare e perdere che è più penoso?

Per questo

chi ardentemente brama certo assai sperpera,

chi molto accumula certo assai perde.

Chi sa accontentarsi non subisce oltraggio,

chi sa contenersi non corre pericolo

e può durare a lungo.

XLV - L'IMMENSA VIRTÙ La grande completezza è come spezzettamento

che nell'uso non si rompe, la grande pienezza è come vuotezza

che nell'uso non si esaurisce, la grande dirittura è come sinuosità,

la grande abilità è come inettitudine,

la grande eloquenza è come balbettio.

L'agitazione finisce nell'algore, la quiete finisce nel calore:

la pura quiete è la regola del mondo.

XLVI - ESSER PARCO NELLE BRAME

Quando nel mondo vige il Tao

i cavalli veloci sono mandati a concimare i campi,

quando nel mondo non vige il Tao

i cavalli da battaglia vivono ai confini.

Colpa non v'è più grande che secondar le brame,

sventura non v'è più grande che non saper accontentarsi,

difetto non v'è più grande che bramar d'acquistare. Quei che conosce la contentezza dell'accontentarsi sempre è contento.

XLVII - SCRUTARE CIÒ CHE È LONTANO

Senza uscir dalla porta

conosci il mondo,

senza guardar dalla finestra

scorgi la Via del Cielo.

Più lungi te ne vai meno conosci.

Per questo il santo

non va dattorno eppur conosce,

non vede e più discerne,

non agisce eppur completa.

XLVIII - OBLIARE LA SAPIENZA

Chi si dedica allo studio ogni dì aggiunge,

chi pratica il Tao ogni dì toglie,

toglie ed ancor toglie

fino ad arrivare al non agire:

quando non agisce nulla v'è che non sia fatto. Quei che regge il mondo

sempre lo faccia senza imprendere,

se poi imprende

non è atto a reggere il mondo.

XLIX - CONFIDARE NELLA VIRTÙ

Il santo non ha un cuore immutabile,

ha per cuore il cuore dei cento cognomi.

Per me è bene ciò che hanno di buono,

ed è bene anche ciò che hanno di non buono,

la virtù li rende buoni;

per me è sincerità ciò che hanno di sincero,

ed è sincerità anche ciò che hanno di non sincero,

la virtù li rende sinceri.

Il santo sta nel mondo tutto timoroso

e per il mondo rende promiscuo il suo cuore.

I cento cognomi in lui affiggono occhi e orecchi

e il santo li tratta come fanciulli.

L - TENERE IN PREGIO LA VITA

Uscire è vivere, entrare è morire.

Seguaci della vita sono tre su dieci,

seguaci della morte sono tre su dieci,

gli uomini che la vita

tramutano in disposizione alla morte

son pur essi tre su dieci.

Per qual motivo?

Perché vivono l'intensità della vita. Or io ho appreso che chi ben nutre la vita

va per deserti senza incontrar rinoceronti e tigri,

va tra gli eserciti senza indossar corazza e arme:

il rinoceronte non ha dove infilzare il corno,

la tigre non ha dove affondar l'artiglio, il guerriero non ha dove immergere la spada.

Per qual motivo?

Perché costui non ha disposizione alla morte.

LI – LA VIRTÙ CHE NUTRE

Il Tao le fa vivere,

la virtù le alleva,

con la materia dà loro la forma,

con le vicende dà loro la completezza.

Per questo le creature tutte

venerano il Tao e onorano la virtù:

venerare il Tao e onorare la virtù

nessuno lo comanda ma viene ognor spontaneo.

Quindi il Tao fa vivere,

la virtù alleva, fa crescere,

sviluppa, completa, matura,

nutre, ripara.

Le fa vivere ma non le tiene come sue

opera ma nulla s'aspetta, le fa crescere ma non le governa.

Questa è la misteriosa virtù.

LII - VOLGERSI ALL'ORIGINE Il mondo ebbe un principio

che fu la madre del mondo.

Chi è pervenuto alla madre

da essa conosce il figlio,

chi conosce il figlio

e torna a conservar la madre

fino alla morte non corre pericolo.

Chi ostruisce il suo varco

e chiude la sua porta

per tutta la vita non ha travaglio,

chi spalanca il suo varco

ed accresce le sue imprese

per tutta la vita non ha scampo.

Illuminazione è vedere il piccolo,

forza è attenersi alla mollezza.

Chi fa uso della vista

e torna ad introvertere lo sguardo

non abbandona la persona alla rovina.

Questo dicesi praticar l'eterno. LIII - TRARRE PROFITTO DALLE PROVE

Se avessimo grande sapienza

cammineremmo nella gran Via

e solo di agire temeremmo.

La gran Via è assai piana,

ma la gente preferisce i sentieri.

Quando il palazzo reale è troppo ben tenuto

i campi son del tutto incolti

e i granai son del tutto vuoti.

Indossar vesti eleganti e ricamate,

portare alla cintura spade acuminate,

rimpinzarsi di vivande e di bevande

e ricchezze e beni aver d'avanzo, è sfarzo da ladrone.

È contrario al Tao, Ahimè!

LIV- COLTIVARE E CONTEMPLARE

Chi ben si fonda non vien divelto,

a chi ben stringe non vien tolto:

con questa Via figli e nipoti

gli offriranno sacrifici ininterrotti.

Se la coltiva nella persona

la sua virtù è la genuinità,

se la coltiva nella famiglia

la sua virtù è la sovrabbondanza,

se la coltiva nel villaggio

la sua virtù è la reverenza,

se la coltiva nel regno

la sua virtù è la floridezza,

se la coltiva nel mondo

la sua virtù è l'universalità. Per questo

contempla le persone dalla sua persona,

contempla le famiglie dalla sua famiglia,

contempla i villaggi dal suo villaggio,

contempla i regni dal suo regno,

contempla il mondo dal suo mondo.

Come so che il mondo è così?

Da questo.

LV - IL SIMBOLO DEL MISTERO

Quei che racchiude in sé la pienezza della virtù

è paragonabile ad un pargolo,

che velenosi insetti e serpi non attoscano,

belve feroci non artigliano,

uccelli rapaci non adunghiano.

Deboli ha l'ossa e molli i muscoli eppur la sua stretta è salda,

ancor non sa dell'unione dei sessi eppur tutto si aderge:

è la perfezione dell'essenza, tutto il giorno vagisce

eppur non diviene fioco:

è la perfezione dell'armonia. Conoscer l'armonia è eternità, conoscer l'eternità è illuminazione, vivere smodatamente la vita è prodromo di sventura,

con la mente comandare al ch'i significa indurirsi. Quel che s'invigorisce allor decade: questo vuol dire che non è conforme al Tao.

Ciò che non è conforme al Tao presto finisce.

LVI - LA MISTERIOSA VIRTÙ

Quei che sa non parla,

quei che parla non sa.

Chi ostruisce il suo varco,

chiude la sua porta,

smussa le sue punte,

districa i suoi nodi,

mitiga il suo splendore,

si rende simile alla sua polvere,

dicesi accomunato col mistero.

Per questo costui

non può essere attirato

né può essere respinto,

non può essere avvantaggiato

né può essere danneggiato,

non può essere nobilitato

né può essere umiliato.

Per questo è il più nobile del mondo.

LVII - RENDERE PURI I COSTUMI

Quando con la correzione si governa il mondo

con la falsità s'adopran l'armi: il mondo si regge col non imprendere.

Da che so che è così?

Dal presente.

Più numerosi ha il sovrano

i giorni nefasti e le parole proibite

più il popolo cade in miseria,

più numerosi ha il popolo

gli strumenti profittevoli

più i regni cadono nel disordine,

più numerosi hanno gli uomini

gli artifizi e le abilità

più appaiono cose rare,

più si fa sfoggio di belle cose

più numerosi si fanno ladri e briganti.

Per questo il santo dice:

io non agisco e il popolo da sé si trasforma,

io amo la quiete e il popolo da sé si corregge,

io non imprendo e il popolo da sé s'arricchisce, io non bramo e il popolo da sé si fa semplice.

LVIII - ADATTARSI ALLE VICISSITUDINI

Quando il governo di tutto si disinteressa

il popolo è unito,

quando il governo in tutto si intromette

il popolo è frammentato.

La fortuna si origina dalla sfortuna,

la sfortuna si nasconde nella fortuna.

Chi ne conosce il culmine?

Quei che non corregge.

La correzione si converte in falsità,

il bene si converte in presagio di sventura

e ogni dì lo sconcerto del popolo

si fa più profondo e più durevole.

Per questo il santo

è quadrato ma non taglia,

è incorrotto ma non ferisce,

è diritto ma non ostenta,

è luminoso ma non abbaglia.

LIX - MANTENERSI NEL TAO

Nel governare gli uomini e nel servire il Cielo

nulla è meglio della parsimonia,

perché solo la parsimonia antepone l'ottenere. Anteporre l'ottenere significa accumulare virtù. Chi accumula virtù tutto sottomette,

quando tutto sottomette

nessuno conosce il suo culmine,

quando nessuno conosce il suo culmine

ei può possedere il regno.

Chi possiede la madre del regno

può durare a lungo.

Questo si chiama

affondare le radici e rinsaldare il tronco,

via della lunga vita e dell'eterna giovinezza. LX - STARE NELLA DIGNITÀ REGALE

Governare un gran regno

è come friggere pesciolini minuti.

Quando si sovrintende al mondo con il Tao

i mani non mostrano la potenza loro.

Non che i mani non abbiano potenza

ma la potenza loro non nuoce agli uomini,

non che la potenza loro non nuoccia agli uomini

ma il santo non nuoce agli uomini.

Questi due non si nuocciono fra loro,

per questo le virtù loro insieme confluiscono

LXI- LA VIRTÙ DELL'UMILTÀ Il gran regno che si tiene in basso

è la confluenza del mondo,

è la femmina del mondo.

La femmina sempre vince il maschio con la quiete,

poiché cheamente se ne sta sottomessa.

Per questo

il gran regno che si pone al disotto del piccolo regno

attrae il piccolo regno,

il piccolo regno che sta al disotto del gran regno

attrae il gran regno:

l'uno si abbassa per attrarre, l'altro attrae perché sta in basso. Il gran regno non ecceda

per la brama di pascere ed unire gli altri,

il piccolo regno non ecceda per la brama

d'essere accetto e servire gli altri. Affinché ciascuno ottenga ciò che brama

al grande conviene tenersi in basso.

LAO TZU - Tao Te Ching: XLII-LXI LAO TZU - Tao Te Ching: XLII-LXI LAO TZU - Tao Te Ching: XLII-LXI ЛАО ЦЗЫ - Дао дэ цзин: XLII-LXI

XLII - LE TRASFORMAZIONI DEL TAO

Il Tao generò l'Uno, l'Uno generò il Due, il Due generò il Tre,

il Tre generò le diecimila creature.

Le creature voltano le spalle allo yin

e volgono il volto allo yang,

il ch'i infuso le rende armoniose. Ciò che l'uomo detesta è d'essere orfano, scarso di virtù, incapace, eppur sovrani e duchi se ne fanno appellativi.

Perciò tra le creature

taluna diminuendosi s'accresce, taluna accrescendosi si diminuisce.

Ciò che gli altri insegnano

anch'io l'insegno: quelli che fan violenza non muoiono di morte naturale.

Di questo farò l'avvio del mio insegnamento. XLIII - LO STRUMENTO UNIVERSALE

Ciò che v'è di più molle al mondo assoggetta ciò che v'è di più duro al mondo, quel che non ha esistenza

penetra là dove non sono interstizi.

Da questo so che v'è profitto nel non agire. All'insegnamento non detto, al profitto del non agire,

pochi di quelli che sono sotto il cielo arrivano.

XLIV - IL FERMO AMMONIMENTO

Tra fama e persona che è più caro?

Tra persona e beni che è più importante?

Tra acquistare e perdere che è più penoso?

Per questo

chi ardentemente brama certo assai sperpera,

chi molto accumula certo assai perde.

Chi sa accontentarsi non subisce oltraggio,

chi sa contenersi non corre pericolo

e può durare a lungo.

XLV - L'IMMENSA VIRTÙ La grande completezza è come spezzettamento

che nell'uso non si rompe, la grande pienezza è come vuotezza

che nell'uso non si esaurisce, la grande dirittura è come sinuosità,

la grande abilità è come inettitudine,

la grande eloquenza è come balbettio.

L'agitazione finisce nell'algore, la quiete finisce nel calore:

la pura quiete è la regola del mondo.

XLVI - ESSER PARCO NELLE BRAME

Quando nel mondo vige il Tao

i cavalli veloci sono mandati a concimare i campi,

quando nel mondo non vige il Tao

i cavalli da battaglia vivono ai confini.

Colpa non v'è più grande che secondar le brame,

sventura non v'è più grande che non saper accontentarsi,

difetto non v'è più grande che bramar d'acquistare. Quei che conosce la contentezza dell'accontentarsi sempre è contento.

XLVII - SCRUTARE CIÒ CHE È LONTANO

Senza uscir dalla porta

conosci il mondo,

senza guardar dalla finestra

scorgi la Via del Cielo.

Più lungi te ne vai meno conosci.

Per questo il santo

non va dattorno eppur conosce,

non vede e più discerne,

non agisce eppur completa.

XLVIII - OBLIARE LA SAPIENZA

Chi si dedica allo studio ogni dì aggiunge,

chi pratica il Tao ogni dì toglie,

toglie ed ancor toglie

fino ad arrivare al non agire:

quando non agisce nulla v'è che non sia fatto. Quei che regge il mondo

sempre lo faccia senza imprendere,

se poi imprende

non è atto a reggere il mondo.

XLIX - CONFIDARE NELLA VIRTÙ

Il santo non ha un cuore immutabile,

ha per cuore il cuore dei cento cognomi.

Per me è bene ciò che hanno di buono,

ed è bene anche ciò che hanno di non buono,

la virtù li rende buoni;

per me è sincerità ciò che hanno di sincero,

ed è sincerità anche ciò che hanno di non sincero,

la virtù li rende sinceri.

Il santo sta nel mondo tutto timoroso

e per il mondo rende promiscuo il suo cuore.

I cento cognomi in lui affiggono occhi e orecchi

e il santo li tratta come fanciulli.

L - TENERE IN PREGIO LA VITA

Uscire è vivere, entrare è morire.

Seguaci della vita sono tre su dieci,

seguaci della morte sono tre su dieci,

gli uomini che la vita

tramutano in disposizione alla morte

son pur essi tre su dieci.

Per qual motivo?

Perché vivono l'intensità della vita. Or io ho appreso che chi ben nutre la vita

va per deserti senza incontrar rinoceronti e tigri,

va tra gli eserciti senza indossar corazza e arme:

il rinoceronte non ha dove infilzare il corno,

la tigre non ha dove affondar l'artiglio, il guerriero non ha dove immergere la spada.

Per qual motivo?

Perché costui non ha disposizione alla morte.

LI – LA VIRTÙ CHE NUTRE

Il Tao le fa vivere,

la virtù le alleva,

con la materia dà loro la forma,

con le vicende dà loro la completezza.

Per questo le creature tutte

venerano il Tao e onorano la virtù:

venerare il Tao e onorare la virtù

nessuno lo comanda ma viene ognor spontaneo.

Quindi il Tao fa vivere,

la virtù alleva, fa crescere,

sviluppa, completa, matura,

nutre, ripara.

Le fa vivere ma non le tiene come sue

opera ma nulla s'aspetta, le fa crescere ma non le governa.

Questa è la misteriosa virtù.

LII - VOLGERSI ALL'ORIGINE Il mondo ebbe un principio

che fu la madre del mondo.

Chi è pervenuto alla madre

da essa conosce il figlio,

chi conosce il figlio

e torna a conservar la madre

fino alla morte non corre pericolo.

Chi ostruisce il suo varco

e chiude la sua porta

per tutta la vita non ha travaglio,

chi spalanca il suo varco

ed accresce le sue imprese

per tutta la vita non ha scampo.

Illuminazione è vedere il piccolo,

forza è attenersi alla mollezza.

Chi fa uso della vista

e torna ad introvertere lo sguardo

non abbandona la persona alla rovina.

Questo dicesi praticar l'eterno. LIII - TRARRE PROFITTO DALLE PROVE

Se avessimo grande sapienza

cammineremmo nella gran Via

e solo di agire temeremmo.

La gran Via è assai piana,

ma la gente preferisce i sentieri.

Quando il palazzo reale è troppo ben tenuto

i campi son del tutto incolti

e i granai son del tutto vuoti.

Indossar vesti eleganti e ricamate,

portare alla cintura spade acuminate,

rimpinzarsi di vivande e di bevande

e ricchezze e beni aver d'avanzo, è sfarzo da ladrone.

È contrario al Tao, Ahimè!

LIV- COLTIVARE E CONTEMPLARE

Chi ben si fonda non vien divelto,

a chi ben stringe non vien tolto:

con questa Via figli e nipoti

gli offriranno sacrifici ininterrotti.

Se la coltiva nella persona

la sua virtù è la genuinità,

se la coltiva nella famiglia

la sua virtù è la sovrabbondanza,

se la coltiva nel villaggio

la sua virtù è la reverenza,

se la coltiva nel regno

la sua virtù è la floridezza,

se la coltiva nel mondo

la sua virtù è l'universalità. Per questo

contempla le persone dalla sua persona,

contempla le famiglie dalla sua famiglia,

contempla i villaggi dal suo villaggio,

contempla i regni dal suo regno,

contempla il mondo dal suo mondo.

Come so che il mondo è così?

Da questo.

LV - IL SIMBOLO DEL MISTERO

Quei che racchiude in sé la pienezza della virtù

è paragonabile ad un pargolo,

che velenosi insetti e serpi non attoscano,

belve feroci non artigliano,

uccelli rapaci non adunghiano.

Deboli ha l'ossa e molli i muscoli eppur la sua stretta è salda,

ancor non sa dell'unione dei sessi eppur tutto si aderge:

è la perfezione dell'essenza, tutto il giorno vagisce

eppur non diviene fioco:

è la perfezione dell'armonia. Conoscer l'armonia è eternità, conoscer l'eternità è illuminazione, vivere smodatamente la vita è prodromo di sventura,

con la mente comandare al ch'i significa indurirsi. Quel che s'invigorisce allor decade: questo vuol dire che non è conforme al Tao.

Ciò che non è conforme al Tao presto finisce.

LVI - LA MISTERIOSA VIRTÙ

Quei che sa non parla,

quei che parla non sa.

Chi ostruisce il suo varco,

chiude la sua porta,

smussa le sue punte,

districa i suoi nodi,

mitiga il suo splendore,

si rende simile alla sua polvere,

dicesi accomunato col mistero.

Per questo costui

non può essere attirato

né può essere respinto,

non può essere avvantaggiato

né può essere danneggiato,

non può essere nobilitato

né può essere umiliato.

Per questo è il più nobile del mondo.

LVII - RENDERE PURI I COSTUMI

Quando con la correzione si governa il mondo

con la falsità s'adopran l'armi: il mondo si regge col non imprendere.

Da che so che è così?

Dal presente.

Più numerosi ha il sovrano

i giorni nefasti e le parole proibite

più il popolo cade in miseria,

più numerosi ha il popolo

gli strumenti profittevoli

più i regni cadono nel disordine,

più numerosi hanno gli uomini

gli artifizi e le abilità

più appaiono cose rare,

più si fa sfoggio di belle cose

più numerosi si fanno ladri e briganti.

Per questo il santo dice:

io non agisco e il popolo da sé si trasforma,

io amo la quiete e il popolo da sé si corregge,

io non imprendo e il popolo da sé s'arricchisce, io non bramo e il popolo da sé si fa semplice.

LVIII - ADATTARSI ALLE VICISSITUDINI

Quando il governo di tutto si disinteressa

il popolo è unito,

quando il governo in tutto si intromette

il popolo è frammentato.

La fortuna si origina dalla sfortuna,

la sfortuna si nasconde nella fortuna.

Chi ne conosce il culmine?

Quei che non corregge.

La correzione si converte in falsità,

il bene si converte in presagio di sventura

e ogni dì lo sconcerto del popolo

si fa più profondo e più durevole.

Per questo il santo

è quadrato ma non taglia,

è incorrotto ma non ferisce,

è diritto ma non ostenta,

è luminoso ma non abbaglia.

LIX - MANTENERSI NEL TAO

Nel governare gli uomini e nel servire il Cielo

nulla è meglio della parsimonia,

perché solo la parsimonia antepone l'ottenere. Anteporre l'ottenere significa accumulare virtù. Chi accumula virtù tutto sottomette,

quando tutto sottomette

nessuno conosce il suo culmine,

quando nessuno conosce il suo culmine

ei può possedere il regno.

Chi possiede la madre del regno

può durare a lungo.

Questo si chiama

affondare le radici e rinsaldare il tronco,

via della lunga vita e dell'eterna giovinezza. LX - STARE NELLA DIGNITÀ REGALE

Governare un gran regno

è come friggere pesciolini minuti.

Quando si sovrintende al mondo con il Tao

i mani non mostrano la potenza loro.

Non che i mani non abbiano potenza

ma la potenza loro non nuoce agli uomini,

non che la potenza loro non nuoccia agli uomini

ma il santo non nuoce agli uomini.

Questi due non si nuocciono fra loro,

per questo le virtù loro insieme confluiscono

LXI- LA VIRTÙ DELL'UMILTÀ Il gran regno che si tiene in basso

è la confluenza del mondo,

è la femmina del mondo.

La femmina sempre vince il maschio con la quiete,

poiché cheamente se ne sta sottomessa.

Per questo

il gran regno che si pone al disotto del piccolo regno

attrae il piccolo regno,

il piccolo regno che sta al disotto del gran regno

attrae il gran regno:

l'uno si abbassa per attrarre, l'altro attrae perché sta in basso. Il gran regno non ecceda

per la brama di pascere ed unire gli altri,

il piccolo regno non ecceda per la brama

d'essere accetto e servire gli altri. Affinché ciascuno ottenga ciò che brama

al grande conviene tenersi in basso.