X puntata
Vi invitiamo all'ascolto della X puntata del ciclo "1812.
La bufera napoleonica" a cura di Dmitrij Mincenok. Dopo le taglienti parole con cui Napoleone aveva apostrofato il principe Kurakin dinanzi agli occhi di tutti i presenti alla cerimonia degli auguri per il suo genetliaco, nessuno in Europa poteva ormai dubitare che una nuova guerra fosse inevitabile.
Il corso aveva voluto lanciare un messaggio e far capire ad Alessandro che la sua pazienza era ormai agli sgoccioli.
Le due maggiori potenze dell'epoca erano entrate in contrasto sul Granducato di Polonia. Entrambe avevano bisogno di uno stato polacco vassallo che potesse fare da cuscinetto fra la Russia e la restante Europa. Nel 1812, a fine marzo, l'ambasciatore di Russia a Vienna inviò ad Alessandro un dispaccio segreto per annunciargli la firma di un accordo franco-austriaco col quale Vienna si impegnava a fornire un aiuto a Napoleone nella misura di 30 mila uomini.
In cambio prometteva che avrebbe sottratto alla Russia la Moldavia e la Valacchia, oggi regione a sud della Romania. Garantiva inoltre la Galizia o qualsiasi altra equivalente compensazione territoriale. Nel contempo l'ambasciatore aggiungeva che i generali austriaci lo avevano informato, confidenzialmente, che in caso di guerra le loro truppe non sarebbero entrate in profondità nei territori russi, ma che si sarebbero limitate ad operare nelle terre slave meridionali.
Uno dei consiglieri di Alessandro più ascoltati, il principe Kociubej, sosteneva che le alleanze di Napoleone con la Prussia e l'Austria, servivano non tanto a rimpolpare una armata già così grande, quanto a distrarre gli eserciti russi dalla direttrice principale della futura offensiva: Kovno, Vilnus, Vitebsk, Smolensk, Mosca, aprendo un diversivo a nord e a sud.
La Prussia si impegnava a mettere a disposizione 20 mila uomini e l'Austria 30 mila.
Ma Alessandro temporeggiava. Egli non voleva credere che la guerra fosse inevitabile. "Sono i polacchi - egli diceva, - che vogliono confondere le acque. Ma io so come tenerli a freno..." Il 6 marzo del 1812, il comandante in capo della I Armata, Barclay de Tolly, informò a Vilnus il Gran Principe Costantino, al quale si sarebbe voluto dare il trono di Bisanzio, che secondo i suoi informatori, il colonello Turskij, comandante delle truppe di Varsavia, sarebbe entrato a Kovno per una ricognizione alla frontiera russa.
Per tutta risposta Costantino "ordinò di trasferire a Pskov i dispacci segreti, la cassa dello stato e quella parte dell'archivio comprendente i dati riguardanti la Lettonia e le carte geografiche".
Nelle terre abitate prevalentemente da polacchi e lituani apparvero dei volantini per chiamare la popolazione all'insurrezione contro la dominazione russa.
Napoleone certamente sapeva del malcontento esistente nei governatorati occidentali, ma era veramente così grave la questone polacca?
Dal canto suo Alessandro si rendeva conto che i polacchi non avrebbero mai accettato la perdita dell'indipendenza.
Nella storia di quel periodo le pagine più oscure riguardano proprio i piani per la rinascita della Polonia.
In una lettera del 31 gennaio 1811, l'imperatore Alessandro così scriveva al principe Ciartoriskij: "Per rinascita della Polonia io intendo la riunificazione di tutto ciò che prima le apparteneva, con l'aggiunta di alcune regioni russe, ma senza la Bielorussia, per fissare un confine che passi per i fiumi Dvina, Beresina e Dnepr.
Egli inoltre cullava l'idea di ricreare il Principato di Lituania, indipendente, ma vassallo della Russia.
Di esso sarebbero entrate far parte i governatorati di Grodno, Vilensk, Minsk, Kiev e Podolskij, con l'aggiunta di Belostok, oggi regione della Polonia, e di Tarnopol, territorio dell'attuale Ucraina. Nel 1811 il conte Oghinskij presentò sull'argomento alcuni memorandum. La guerra impedì poi di portare avanti queste riforme così innovative per la storia della Russia.
Ma veramente Alessandro avrebbe voluto riforme così radicali ai confini occidentali del suo impero?
O era soltanto un omaggio alla congiuntura del momento? Alessandro sapeva che la nobiltà polacca più di una volta si era appellata a Napoleone perché ricostituisse il Granducato di Varsavia, vassallo della Francia, ottenendo in cambio soltanto delle vaghe promesse.
Non era quindi possibile che per attrarre dalla sua parte le simpatie polacche Alessandro avesse deciso di fare lo stesso gioco?
Tanto più che le vicende polacche toccavano molto più la Russia che la Francia. Era importante gettare i semi di alcune speranze, bloccare sul nascere una aperta resistenza, indipendentemente dalla voglia di trasformarle in realtà. In questa direzione si andò anche oltre. A poco piu di tre mesi dalla guerra, Alessandro ordinò di conferire al Collegio gesuita di Polozk la dignità di Accademia, con tutti i privilegi e i diritti che ne scaturivano. Il decreto fu firmato il 1 marzo del 1812.
Ingenti sussidi furono assegnati all'Università di Vilen. Ma erano allo studio altre misure.
Alquanto dubbioso che le sue disposizioni venissero rispettate pienamente e temendo sgradevoli sorprese sempre possibili in un paese che con una popolazione etnicamente così varia, in momenti critici, potevano dar vita a movimenti politici e a separatismi, Alessandro decise di recarsi nelle regioni occidentali dell'impero, presso l'armata al comando di De Tolli.
In un pranzo a Pietroburgo alcuni giorni prima della partenza, egli si rivolse così agli alti ufficiali presenti: "Abbiamo combattuto due guerre contro i francesi e possiamo ritenere di aver fatto il nostro dovere nei confronti degli alleati austriaci.
Adesso è venuto il momento di difendere i nostri diritti e non quelli altrui, per cui confidando in Dio , nutro la speranza che ognuno di voi farà fronte ai suoi impegni e che non oscureremo la gloria militare da noi conquistata". Alla partenza, nella Cattedrale di Sant'Isacco fu celebrata una liturgia augurale e l'imperatore lasciò Pietroburgo il 9 aprile.
Quel giorno stesso il conte Rumjanzev, cancelliere dell'impero, fece chiamare l'ambasciatore francese Loriston, subentrato al marchese De Caulaincourt, per dirgli che l'imperatore a Vilnus come a Pietroburgo rimaneva sempre amico e alleato fedele di Napoleone, che ripudiava la guerra e che avrebbe fatto di tutto per evitarla. La partenza per Vilnus era stata provocata dalla notizia che le truppe francesi erano in prossimità di Konisberg, per cui era opportuno impedire che i generali potessero prendere delle iniziative foriere di una rottura. Quel viaggio si svolgeva nella massima semplicità.
Seguito ridotto al minimo, nessun bagaglio ingombrante, nemmeno la cucina da campo. Ne erano al corrente soltanto tre corrieri di stato che precedevano l'imperatore. Alessandro era in carrozza con il suo bagaglio personale, senza scorta. Era accompagnato dal principe Volkonskij, Generale della Real Casa e da un maggiordomo. C'era ancora parecchia neve e fu necessario effettuare diversi cambi.
Il cammino era impervio e seguiva la vecchia strada che passava per Pskov, Dvinsk, Svenziany. Ma si avanzava rapidamente e al quarto giorno l'imperatore era già a Vilnus. Alla Grande Guerra Patriottica del 1812 rimanevano 77 giorni.
Avete ascoltato la X puntata del ciclo "1812.
La bufera napoleonica" a cura di Dmitrij Mincenok.