#79 – Fantozzi, un caso estremo di italiano medio
Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 10 settembre 2022.
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Quante volte ti è capitato di avere una giornata storta? Magari un giorno che l'autobus non passava o che eri fuori per strada e hai notato di avere lasciato le chiavi a casa. O semplicemente eri in giro a piedi, senza ombrello, e all'improvviso ha iniziato a piovere.
E magari ti è venuta la domanda: ma perché succedono tutte a me?
Non so se credi nella sfortuna. Io personalmente no. Credo però che nella vita le giornate storte capitano spesso, soprattutto alle persone normali. Perché se sei Berlusconi o la regina Elisabetta probabilmente non è così.
Alcune persone, per esorcizzare i momenti brutti e sfortunati, provano a pensare ad altro. Ci sono quelli che invece amano vedere e rivedere quella sfortuna, meglio se riguarda qualcun altro, per ridere senza pensieri e per sentirsi un po' meno soli. È un meccanismo un po' spiacevole forse, ma in fondo molto umano. Quello che in italiano si riassume con il detto ‘mal comune, mezzo gaudio'.
Dove vuoi andare a parare questa volta, Salvatore?
Al personaggio della cultura pop che per gli italiani e le italiane è diventato il simbolo di tutto questo. Un uomo che ha una vita mediocre, grottesca, senza grandissimi problemi ma piena di un milione di piccoli fastidi quotidiani. Costretto a fare un lavoro noioso, maltrattato dai suoi superiori, legato alla moglie più per compassione che per amore, continuamente perseguitato dalla sfortuna.
Questo personaggio ha fatto, e fa, ridere milioni di persone in Italia da quando è stato creato, ovvero dalla metà degli anni Settanta.
Uomini e donne di varie generazioni lo hanno visto come protagonista di libri, ma soprattutto di film di grandissimo successo. Hanno riso a crepapelle vedendo la sua infelicità e la sua sfortuna.
E si sono detti: ok, forse io nella mia vita ho qualche problema, ma almeno non sono Ugo Fantozzi.
Ugo Fantozzi è un personaggio di fantasia, uscito dalla penna dello scrittore e attore genovese Paolo Villaggio. Il quale non solo ha inventato Fantozzi, ma poi lo ha anche interpretato al cinema, in ben dieci film usciti tra il 1975 e il 1999.
Villaggio è stato un protagonista molto eccentrico della scena culturale e politica italiana. Dichiaratamente ateo, militante comunista e uomo molto colto, ha anche collaborato come autore di testi con il cantautore Fabrizio De André, uno degli autori più raffinati della canzone italiana. Allo stesso tempo, con i suoi prodotti culturali come scrittore e attore, si è sempre rivolto anche al pubblico più semplice e meno esigente.
Il personaggio di Fantozzi è nato quasi per caso, all'interno di alcuni racconti satirici che Paolo Villaggio scriveva negli anni '70 per una rivista all'epoca molto popolare che si chiamava L'europeo. Erano racconti in cui l'autore presentava, in modo volutamente sarcastico e grottesco, alcune sue esperienze lavorative di quando faceva l'impiegato a Genova. Si prendeva gioco delle dinamiche aziendali, delle ridicole attività di integrazione, dell'arroganza dei capi e dei direttori, ma anche del servilismo interessato degli impiegati pronti a tutto pur di soddisfare il capo e ottenere un aumento o una promozione. Al centro delle storie c'era sempre lo stesso personaggio, il povero ragioniere Ugo Fantozzi
I racconti sull'Europeo sono subito un grande successo. Il motivo è semplice. Tantissimi altri impiegati italiani di quel periodo si possono rispecchiare in quelle storie, conoscono perfettamente le emozioni che vive Fantozzi perché sono anche le loro emozioni. Certo, quelle di Fantozzi sono esagerate, grottesche, a volte inverosimili, ma partono da quella base.
Il successo dei racconti porta Paolo Villaggio a fare un passo in avanti. Raccogliere tutte le storie brevi uscite per L'Europeo e pubblicarle in un libro. Il volume è subito un best-seller.
Un paio d'anni dopo, come conseguenza naturale di tutto questo, arriva l'idea di farne un film. La regia è affidata al regista romano Luciano Salce. A interpretare il protagonista invece sarà Paolo Villaggio in persona. Del resto, ha creato lui il personaggio dalla a alla z, chi può essere Fantozzi più di lui?
Il primo film della serie arriva nelle sale nel 1975 ed è un enorme successo.
Da quel momento, Fantozzi entra nell'immaginario culturale italiano, dove si trova ancora oggi.
Abbiamo detto che il personaggio di Fantozzi ha riscosso un enorme successo proprio perché ha saputo interpretare perfettamente la vita vera, i desideri e le paure dell'italiano medio della sua generazione.
Tuttavia, non è solo l'aspetto lavorativo della sua vita a creare risate ed empatia. Ma anche tutto il resto.
Con un termine piuttosto moderno, potremmo dire che Fantozzi è uno sfigato. Non solo ha un lavoro monotono da impiegato in un'azienda dove tutti lo trattano male e approfittano di lui. È anche sposato con una donna un po' insignificante e ha una figlia bruttina e poco intelligente, e vive con loro in un appartamento piccolo e anonimo di periferia.
Non gli manca niente di essenziale, eppure la sua vita è semplicemente orribile. È priva di bellezza, di gioia, di qualcosa che lo appassioni.
Questo succede perché effettivamente Fantozzi non è un uomo dalla spiccata personalità, ma anche perché il lavoro consuma tutte le sue energie e si prende anche il tempo libero.
Come per esempio in un frammento molto famoso e citato letteralmente da tutti, che viene dal film Il secondo tragico Fantozzi.
Una sera, il nostro protagonista è a casa, nel suo salotto, in vestaglia. Davanti a lui ha un frittatone di cipolle e una bottiglia di birra Peroni ghiacciata. Di fronte, ha il televisore acceso, pronto a guardare la partita di calcio Italia-Inghilterra. Sembra tutto perfetto, e infatti non può durare. Poco prima dell'inizio della partita, a casa Fantozzi squilla il telefono. È il suo collega e compagno di disavventure, il ragioniere Filini, che lo informa che quella sera dovranno partecipare a un cineforum obbligatorio organizzato dalla loro azienda. Invece che alla partita Italia-Inghilterra assisteranno a un film cecoslovacco con sottotitoli in tedesco. Praticamente un incubo!
Fantozzi, controvoglia, deve andare. In macchina, lungo la strada, cerca di ascoltare almeno un po' la partita per radio e si mangia le mani mentre il radiocronista commenta dicendo che si tratta della partita più spettacolare di sempre, persino meglio di Italia-Germania 4-3. E tu sai di cosa sto parlando, vero?
Arrivato alla sala di proiezione, Fantozzi incontra tutti i suoi colleghi di lavoro. Tutti ugualmente infelici di essere lì. Tranne l'organizzatore, che annuncia un cambio di programma. Al posto del film cecoslovacco, guarderanno La corazzata Potemkin, film sovietico muto e in bianco e nero che negli anni Settanta era di culto nei circoli intellettuali di sinistra in Italia.
La scena finale di questa sequenza di Fantozzi è proprio una feroce satira contro la cultura di sinistra, diventata negli anni snob ed elitaria, incapace di condividere davvero i sentimenti delle persone semplici che in teoria -in quanto sinistra- dovrebbe rappresentare. Cosa succede? Che Fantozzi prende la parola dopo la proiezione per dire la sua opinione. Semplice, schietta e anche piuttosto volgare. Cito testualmente: per me la corazzata Potemkin è una cagata pazzesca. L'organizzatore della serata lo guarda disgustato, tutti gli altri applaudono entusiasti. 92 minuti di applausi, dice la voce narrante.
Quella che ho descritto è solo una scena, forse la più famosa con protagonista Fantozzi. Qualcuno la critica molto ancora oggi, dice che ha aperto la strada all'orgoglio dell'ignoranza, quello che poi sarebbe diventato un pilastro del berlusconismo. Difficile dire se sia davvero andata così. Di certo, molte persone guardando un film sovietico, muto e in bianco e nero, oggi direbbero più o meno la stessa cosa.
Fantozzi, dunque, piace anche perché è anti-intellettuale. Condivide gli stessi interessi delle persone normali. Quelle che lo guardano in tv e capiscono in ogni scena come si deve essere sentito lui.
Lo capiscono in molti anche quando Fantozzi è protagonista delle scene più spiacevoli. Ovvero quelle in cui non è mai capace di ribellarsi. I suoi capi al lavoro lo sfruttano e lo insultano, e lui accetta tutto senza fiatare. In una parola, è succube. Una volta, arriva anche al punto di frequentare lezioni di biliardo, di notte.
Il suo obiettivo è imparare a giocare. Ma non bene. Anzi, vuole imparare a giocare male. Sogna di diventare un giocatore di biliardo mediocre, per potere giocare contro il capo, perdere e farlo contento.
Quante persone, non solo in Italia, hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco sul luogo di lavoro per ottenere qualcosa in cambio?
La cosa peggiore, per Ugo Fantozzi, è che lui alla fine non ottiene un bel niente. Resta eternamente bloccato nella sua mediocrità. Sempre con lo stesso lavoro inutile, sempre con lo stesso stipendio modesto, sempre con la stessa vita familiare senza emozioni. In italiano diremmo che è impantanato. Cioè, bloccato. Come dentro un pantano, un terreno fangoso, dove è difficile camminare.
Paolo Villaggio, l'autore e interprete di Fantozzi, per la verità estremizza. Lo fa per ottenere un valore comico superiore, ma anche perché sa che le persone vogliono immedesimarsi in Fantozzi solo fino a un certo punto. In realtà, vogliono che Fantozzi sia peggiore di loro. Per pensare, almeno per un momento, che la loro vita non è poi così terribile.
Per questo, a Fantozzi succedono anche cose per niente realistiche e molto grottesche. Per esempio, la sua nuvola personale che è sempre pronta a fare piovere sulla sua testa quando ha un po' di tempo libero. O il fatto di arrivare in ufficio in ambulanza, sanguinante, dopo avere perso l'autobus.
Tutte cose che fanno ridere perché succedono solo a Fantozzi. Mentre nella vita normale no. È così, non è vero?
Per le persone più giovani, probabilmente, guardare Fantozzi oggi non è divertente come per le generazioni precedenti. Il suo umorismo a volte è sboccato e sessista, decisamente inopportuno per gli standard odierni. Inoltre, il contesto sociale e lavorativo è cambiato molto. Almeno, all'apparenza.
Di sicuro non è scomparso lo sfruttamento, non sono scomparsi i capi arroganti che vogliono la botte piena e la moglie ubriaca e che si aspettano che i loro lavoratori risolvano tutti i problemi. Non sono scomparse nemmeno le attività di integrazione che nessuno ha voglia di fare. E purtroppo non è scomparso il fatto che per molte persone il lavoro consuma tutte le energie e non lascia niente a tutto il resto.
Da questo punto di vista, Fantozzi continua a essere molto attuale.
Una volta lo scrittore siciliano Luigi Pirandello, premio Nobel per la letteratura nel 1934, ha scritto un piccolo saggio intitolato L'umorismo. Nel quale riflette sul significato della parola umorismo, e soprattutto sulla differenza tra l'effetto comico e quello umoristico.
E dice una cosa molto interessante. È comico, secondo Pirandello, qualcosa che ci fa ridere e basta. È umoristico, invece, qualcosa che all'inizio ci fa ridere ma poi ci fa riflettere e a volte può causare persino un po' di malinconia.
In questo senso, Fantozzi è l'immagine perfetta dell'umorismo. Chi lo guarda, ride di lui. Le sue disavventure sono ridicole, esagerate, impossibili.
Eppure, chi lo guarda, spesso si rivede in lui. Vede la propria vita, i propri problemi, le proprie frustrazioni. Magari non a quel livello assurdo, ma in fondo è un po' la stessa cosa. Guardare Fantozzi per molte persone è stato, ed è, un modo per pensare che in fondo siamo tutti sulla stessa barca.
Lo ha detto anche lo stesso Paolo Villaggio una volta. In un'intervista.
“Il mondo è fatto per la maggior parte da persone che nella vita hanno fallito. Con Fantozzi, ho fatto sì che non si sentissero soli”.
Comunque sia, Fantozzi è entrato a tal punto nel Dna italiano che oggi tutti i vocabolari segnalano al loro interno la parola fantozziano.
Con la definizione di sfortunato, grottesco, ma anche servile e succube.
Tutto ciò che gli italiani e le italiane attribuiscono automaticamente al personaggio di Fantozzi. E che oggi puoi fare anche tu.