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Bartebly, lo Scrivano - Herman Melville, Bartleby (7) FINE

Bartleby (7) FINE

Quando varcai di nuovo la soglia dello studio, ecco sulla mia scrivania un messaggio del padron di casa. Lo aprii con mani tremanti. Mi informava che lo scrivente aveva fatto intervenire la polizia e condurre Bartleby alle Tombe per vagabondaggio. Siccome io su di lui ne sapevo più di ogni altro, mi pregava di recarmi in quel luogo e fare un'adeguata deposizione dei fatti. Questi ragguagli ebbero su di me reazioni contrastanti. Dapprima ne fui sdegnato, ma, alla fine, giunsi quasi ad approvare la decisione. Il temperamento sbrigativo ed energico del padron di casa lo aveva indotto ad adottare una procedura che non credo mi sarei mai deciso a seguire, eppure, estremo rimedio in quelle circostanze tanto insolite, sembrava l'unica soluzione.

Come appresi più tardi, il povero scrivano, avvertito che doveva essere tradotto alle Tombe, non aveva opposto la minima resistenza, ma vi si era adeguato con la sua pallida, imperturbabile mansuetudine.

Alcuni presenti, per compassione e curiosità, si erano uniti al gruppo e, capeggiato da un poliziotto a braccetto di Bartleby, il silenzioso corteo aveva sfilato attraverso le concitate strade in mezzo al frastuono e al caldo e all'allegria di mezzogiorno.

Lo stesso giorno in cui ricevetti quel messaggio, mi recai alle Tombe, ovvero, per esprimermi con precisione, al carcere giudiziario. Cercato il funzionario competente, dichiarai lo scopo della mia visita e venni a sapere che di fatto l'individuo descritto era lì trattenuto. Assicurai allora il funzionario che Bartleby era un uomo di assoluta probità, da commiserare profondamente, seppur eccentrico al di là di ogni dire. Esposi tutto quello che sapevo e conclusi suggerendo di tenerlo in reclusione con tutta l'indulgenza possibile, finché non si fosse trovata una soluzione meno aspra, sebbene invero non sapessi quale potesse essere. Se poi non si fosse deciso niente, lo avrebbe accolto l'ospizio dei poveri. Chiesi quindi di parlargli.

Non essendo imputato di nessun grave reato e avendo sempre un'aria docile e innocua, gli avevano concesso di aggirarsi liberamente per la prigione e soprattutto nei cortili erbosi interni. Fu quindi lì che lo trovai, da solo, in piedi nell'angolo più tranquillo, con il volto verso un alto muro, mentre tutto intorno, attraverso le strette feritoie delle finestre della prigione, mi parve di scorgere gli occhi di ladri e assassini che sbirciavano.

"Bartleby! "

"La conosco", disse senza voltarsi, "non ho nulla da dirle".

"Non sono stato io a portarla qui, Bartleby", dissi profondamente addolorato dall'implicito sospetto. "E per lei questo non dovrebbe essere un posto tanto abbietto. Non le viene imputata nessuna azione riprovevole per trovarsi qui. E guardi: non è poi così triste come si potrebbe pensare. Guardi: c'è il cielo, c'è l'erba".

"So dove mi trovo", rispose, ma non volle aggiungere altro, e così lo lasciai.

Mentre imboccavo di nuovo il corridoio, un omaccione dall'aria sanguigna, con un grembiule, mi si avvicinò e, indicando con il pollice sopra la sua spalla, disse: "E un suo amico?"

"Sì".

"Vuole morire di fame? Se sì, basta dargli la razione che passa il carcere, ed è fatta".

"Lei, chi è? ", chiesi non sapendo come catalogare una persona che in un tale posto parlava in modo così poco ufficiale.

"Sono il vivandiere. I signori qui che hanno amici mi pagano, così io gli porto cose buone da mangiare".

"è vero? ", chiesi volgendomi verso il secondino.

Lo confermò.

"Allora", dissi facendo scivolare qualche moneta d'argento nelle mani del vivandiere (perché così lo chiamavano), "le chiedo di prestare particolare attenzione al mio amico qui. Gli faccia avere il miglior pranzo che riesce a trovare. E con lui sia più gentile che può".

"Che ne dice di presentarmi? ", chiese il vivandiere guardandomi con un'espressione che sembrava significare l'impazienza di mostrarmi le sue buone maniere.

Pensando che potesse giovare allo scrivano, accondiscesi e, chiedendo al vivandiere come si chiamasse, mi avvicinai con lui a Bartleby.

"Bartleby, ecco un amico. Vedrà che le sarà molto utile".

"Servitor suo, signore, servitor suo", disse il vivandiere con un profondo inchino dietro il suo grembiule. "Spero che sarà di suo gusto qui, signore. Bel giardino… locali freschi… spero che rimarrà con noi per un po'… cercherò di renderglielo piacevole. Cosa vuole per pranzo oggi?"

"Preferisco non pranzare oggi", disse Bartleby voltandosi dall'altra parte. "Mi farebbe male, non sono abituato a pranzare". Così dicendo, si portò lentamente sul lato opposto del cortile e si mise davanti al muro cieco.

"Cosa vuoi dire? ", disse il vivandiere rivolgendosi a me con sguardo attonito. "E un po' tocco, vero? "

"Penso che sia un po' dissennato", dissi con tristezza.

"Dissennato? Dissennato, dice? Beh, parola mia, ecco cosa pensavo: che quel suo amico lì era un falsario. Sempre pallidi e con l'aria da signori, quelli, i falsari. Mi fanno pena, signore, non posso farne a meno. Conosceva Monroe Edwards? ", aggiunse in tono mesto e tacque. Quindi, appoggiando la mano sulla mia spalla con gesto accorato, sospirò: "è morto tisico a Sing-Sing. Così non conosceva Monroe?"

"No, non ho mai frequentato falsari. Ma non posso restare oltre. Abbia cura del mio amico laggiù. Non ci perderà. Arrivederla".

Alcuni giorni dopo, di nuovo ammesso alle Tombe, percorsi i corridoi alla ricerca di Bartleby, ma senza trovarlo.

"L'ho visto da poco uscire dalla sua cella", disse un secondino, "forse se n'è andato a gironzolare in cortile".

Mi avviai in quella direzione.

"Cerca l'uomo che non parla? ", chiese un altro secondino superandomi. "è disteso laggiù… dorme nel cortile. Non sono neanche venti minuti che l'ho visto sdraiarsi".

Il cortile, tranquillissimo, era precluso ai detenuti comuni. Le mura intorno, straordinariamente spesse, lo isolavano da ogni suono esterno. Lo stile egizio del complesso mi incombeva addosso con il suo cupore. Ma sotto i piedi cresceva una soffice erbetta prigioniera. Il cuore delle piramidi eterne - sembrava - dove, all'interno, per qualche strano incantesimo, attraverso le fenditure, dai semi lasciati cadere dagli uccelli fosse germogliata l'erba.

Rannicchiato in una strana posa ai piedi del muro, con le ginocchia piegate, disteso sul fianco, la testa appoggiata sulle pietre fredde, vidi il devastato Bartleby. Non si muoveva nulla. Mi fermai, quindi mi accostai a lui, mi chinai e vidi che i suoi occhi opachi erano aperti; per il resto, sembrava immerso in un sonno profondo. Qualcosa mi spinse a toccarlo. Tastai la mano e un brivido pungente mi guizzò su per il braccio e giù per la schiena fino ai piedi.

Il faccione rotondo del vivandiere sbucò dietro di me. "Il suo pranzo è pronto. Neanche oggi vuoi mangiare, eh? E che? Vive senza mangiare?"

"Vive senza mangiare", dissi e gli chiusi gli occhi.

"Ehi! Dorme, eh?"

"Con i re e i consiglieri", mormorai.

Non occorrerebbe dire molto di più in questa storia. L'immaginazione può facilmente dare l'idea dello spoglio rituale del seppellimento del povero Bartleby. Ma prima di accomiatarmi dal lettore, lasciatemi dire che, se questo racconto ha suscitato la curiosità di sapere chi fosse Bartleby e che vita avesse condotto prima che lo conoscesse il presente narratore, posso soltanto rispondere che io pienamente condivido tale curiosità, ma sono del tutto incapace di soddisfarla. Eppure a questo punto sono incerto se divulgare l'eco di una diceria che giunse al mio orecchio alcuni mesi dopo la morte dello scrivano. Su quali basi poggiasse non sono mai riuscito ad accertare; quindi, non sono in grado di dire quanto ci sia di vero. Ma poiché questa vaga notizia, comunque riportata, non mi sembra priva di una sua suggestione, forse lo stesso parrà agli altri; così ne farò un breve cenno. Ecco la notizia: Bartleby era stato un impiegato subalterno nell'ufficio delle lettere smarrite a Washington, dal quale era stato all'improvviso licenziato per un cambiamento nell'amministrazione. Quando penso a questa diceria, a fatica riesco a esprimere le emozioni che mi pervadono. Lettere smarrite, lettere morte! Non suona come uomini morti? Pensate a un uomo, per natura e sventura, incline a una languida disperazione: esiste un lavoro più adatto ad accentuarla che maneggiare continuamente queste lettere morte e metterle in ordine per darle alle fiamme? Ogni anno ne vengono bruciate a carrettate. Qualche volta dal foglio piegato il pallido impiegato estrae un anello - il dito al quale era destinato, forse, imputridisce nella tomba; una banconota inviata in un moto di pronta carità… e colui che ne avrebbe tratto sollievo non mangia più e non soffre più la fame; parole di perdono per coloro che morirono nello sconforto; di speranza per coloro che morirono disperati; buone nuove per coloro che morirono soffocati da sventure inconsolabili. Apportatrici di vita, queste lettere rovinano verso la morte.

O Bartleby! O umanità!

FINE.


Bartleby (7) FINE Bartleby (7) END Bartleby (7) FIN Bartleby (7) END

Quando varcai di nuovo la soglia dello studio, ecco sulla mia scrivania un messaggio del padron di casa. Lo aprii con mani tremanti. Mi informava che lo scrivente aveva fatto intervenire la polizia e condurre Bartleby alle Tombe per vagabondaggio. Siccome io su di lui ne sapevo più di ogni altro, mi pregava di recarmi in quel luogo e fare un'adeguata deposizione dei fatti. Questi ragguagli ebbero su di me reazioni contrastanti. Dapprima ne fui sdegnato, ma, alla fine, giunsi quasi ad approvare la decisione. Il temperamento sbrigativo ed energico del padron di casa lo aveva indotto ad adottare una procedura che non credo mi sarei mai deciso a seguire, eppure, estremo rimedio in quelle circostanze tanto insolite, sembrava l'unica soluzione.

Come appresi più tardi, il povero scrivano, avvertito che doveva essere tradotto alle Tombe, non aveva opposto la minima resistenza, ma vi si era adeguato con la sua pallida, imperturbabile mansuetudine. Όπως έμαθα αργότερα, ο φτωχός γραφέας, έχοντας προειδοποιήσει ότι έπρεπε να μεταφραστεί στους Τάφους, δεν είχε προβάλει την παραμικρή αντίσταση, αλλά είχε προσαρμοστεί σε αυτό με τη χλωμή, αδιατάρακτη πραότητα του.

Alcuni presenti, per compassione e curiosità, si erano uniti al gruppo e, capeggiato da un poliziotto a braccetto di Bartleby, il silenzioso corteo aveva sfilato attraverso le concitate strade in mezzo al frastuono e al caldo e all'allegria di mezzogiorno.

Lo stesso giorno in cui ricevetti quel messaggio, mi recai alle Tombe, ovvero, per esprimermi con precisione, al carcere giudiziario. Cercato il funzionario competente, dichiarai lo scopo della mia visita e venni a sapere che di fatto l'individuo descritto era lì trattenuto. Assicurai allora il funzionario che Bartleby era un uomo di assoluta probità, da commiserare profondamente, seppur eccentrico al di là di ogni dire. Esposi tutto quello che sapevo e conclusi suggerendo di tenerlo in reclusione con tutta l'indulgenza possibile, finché non si fosse trovata una soluzione meno aspra, sebbene invero non sapessi quale potesse essere. Se poi non si fosse deciso niente, lo avrebbe accolto l'ospizio dei poveri. Chiesi quindi di parlargli.

Non essendo imputato di nessun grave reato e avendo sempre un'aria docile e innocua, gli avevano concesso di aggirarsi liberamente per la prigione e soprattutto nei cortili erbosi interni. Fu quindi lì che lo trovai, da solo, in piedi nell'angolo più tranquillo, con il volto verso un alto muro, mentre tutto intorno, attraverso le strette feritoie delle finestre della prigione, mi parve di scorgere gli occhi di ladri e assassini che sbirciavano.

"Bartleby! "

"La conosco", disse senza voltarsi, "non ho nulla da dirle".

"Non sono stato io a portarla qui, Bartleby", dissi profondamente addolorato dall'implicito sospetto. "E per lei questo non dovrebbe essere un posto tanto abbietto. Non le viene imputata nessuna azione riprovevole per trovarsi qui. E guardi: non è poi così triste come si potrebbe pensare. Guardi: c'è il cielo, c'è l'erba".

"So dove mi trovo", rispose, ma non volle aggiungere altro, e così lo lasciai. "I know where I am," he replied, but he didn't want to say more, and so I left him.

Mentre imboccavo di nuovo il corridoio, un omaccione dall'aria sanguigna, con un grembiule, mi si avvicinò e, indicando con il pollice sopra la sua spalla, disse: "E un suo amico?"

"Sì".

"Vuole morire di fame? Se sì, basta dargli la razione che passa il carcere, ed è fatta".

"Lei, chi è? ", chiesi non sapendo come catalogare una persona che in un tale posto parlava in modo così poco ufficiale.

"Sono il vivandiere. "I'm the sitter. I signori qui che hanno amici mi pagano, così io gli porto cose buone da mangiare".

"è vero? ", chiesi volgendomi verso il secondino.

Lo confermò.

"Allora", dissi facendo scivolare qualche moneta d'argento nelle mani del vivandiere (perché così lo chiamavano), "le chiedo di prestare particolare attenzione al mio amico qui. Gli faccia avere il miglior pranzo che riesce a trovare. E con lui sia più gentile che può".

"Che ne dice di presentarmi? ", chiese il vivandiere guardandomi con un'espressione che sembrava significare l'impazienza di mostrarmi le sue buone maniere.

Pensando che potesse giovare allo scrivano, accondiscesi e, chiedendo al vivandiere come si chiamasse, mi avvicinai con lui a Bartleby.

"Bartleby, ecco un amico. Vedrà che le sarà molto utile".

"Servitor suo, signore, servitor suo", disse il vivandiere con un profondo inchino dietro il suo grembiule. "Spero che sarà di suo gusto qui, signore. Bel giardino… locali freschi… spero che rimarrà con noi per un po'… cercherò di renderglielo piacevole. Cosa vuole per pranzo oggi?"

"Preferisco non pranzare oggi", disse Bartleby voltandosi dall'altra parte. "Mi farebbe male, non sono abituato a pranzare". Così dicendo, si portò lentamente sul lato opposto del cortile e si mise davanti al muro cieco.

"Cosa vuoi dire? ", disse il vivandiere rivolgendosi a me con sguardo attonito. "E un po' tocco, vero? " "And a little touch, right?"

"Penso che sia un po' dissennato", dissi con tristezza.

"Dissennato? "Insane? Dissennato, dice? Beh, parola mia, ecco cosa pensavo: che quel suo amico lì era un falsario. Sempre pallidi e con l'aria da signori, quelli, i falsari. Mi fanno pena, signore, non posso farne a meno. Conosceva Monroe Edwards? ", aggiunse in tono mesto e tacque. Quindi, appoggiando la mano sulla mia spalla con gesto accorato, sospirò: "è morto tisico a Sing-Sing. Così non conosceva Monroe?"

"No, non ho mai frequentato falsari. Ma non posso restare oltre. Abbia cura del mio amico laggiù. Non ci perderà. Arrivederla".

Alcuni giorni dopo, di nuovo ammesso alle Tombe, percorsi i corridoi alla ricerca di Bartleby, ma senza trovarlo.

"L'ho visto da poco uscire dalla sua cella", disse un secondino, "forse se n'è andato a gironzolare in cortile".

Mi avviai in quella direzione.

"Cerca l'uomo che non parla? ", chiese un altro secondino superandomi. "è disteso laggiù… dorme nel cortile. Non sono neanche venti minuti che l'ho visto sdraiarsi".

Il cortile, tranquillissimo, era precluso ai detenuti comuni. Le mura intorno, straordinariamente spesse, lo isolavano da ogni suono esterno. Lo stile egizio del complesso mi incombeva addosso con il suo cupore. Ma sotto i piedi cresceva una soffice erbetta prigioniera. Il cuore delle piramidi eterne - sembrava - dove, all'interno, per qualche strano incantesimo, attraverso le fenditure, dai semi lasciati cadere dagli uccelli fosse germogliata l'erba.

Rannicchiato in una strana posa ai piedi del muro, con le ginocchia piegate, disteso sul fianco, la testa appoggiata sulle pietre fredde, vidi il devastato Bartleby. Crouched in a strange pose at the foot of the wall, with his knees bent, lying on his side, his head resting on the cold stones, I saw the devastated Bartleby. Non si muoveva nulla. Mi fermai, quindi mi accostai a lui, mi chinai e vidi che i suoi occhi opachi erano aperti; per il resto, sembrava immerso in un sonno profondo. Qualcosa mi spinse a toccarlo. Tastai la mano e un brivido pungente mi guizzò su per il braccio e giù per la schiena fino ai piedi. I felt my hand and a stinging shiver darted up my arm and down my back to my feet.

Il faccione rotondo del vivandiere sbucò dietro di me. "Il suo pranzo è pronto. Neanche oggi vuoi mangiare, eh? E che? Vive senza mangiare?"

"Vive senza mangiare", dissi e gli chiusi gli occhi.

"Ehi! Dorme, eh?"

"Con i re e i consiglieri", mormorai.

Non occorrerebbe dire molto di più in questa storia. L'immaginazione può facilmente dare l'idea dello spoglio rituale del seppellimento del povero Bartleby. Ma prima di accomiatarmi dal lettore, lasciatemi dire che, se questo racconto ha suscitato la curiosità di sapere chi fosse Bartleby e che vita avesse condotto prima che lo conoscesse il presente narratore, posso soltanto rispondere che io pienamente condivido tale curiosità, ma sono del tutto incapace di soddisfarla. Eppure a questo punto sono incerto se divulgare l'eco di una diceria che giunse al mio orecchio alcuni mesi dopo la morte dello scrivano. Su quali basi poggiasse non sono mai riuscito ad accertare; quindi, non sono in grado di dire quanto ci sia di vero. Ma poiché questa vaga notizia, comunque riportata, non mi sembra priva di una sua suggestione, forse lo stesso parrà agli altri; così ne farò un breve cenno. Ecco la notizia: Bartleby era stato un impiegato subalterno nell'ufficio delle lettere smarrite a Washington, dal quale era stato all'improvviso licenziato per un cambiamento nell'amministrazione. Quando penso a questa diceria, a fatica riesco a esprimere le emozioni che mi pervadono. Lettere smarrite, lettere morte! Non suona come uomini morti? Pensate a un uomo, per natura e sventura, incline a una languida disperazione: esiste un lavoro più adatto ad accentuarla che maneggiare continuamente queste lettere morte e metterle in ordine per darle alle fiamme? Ogni anno ne vengono bruciate a carrettate. Cartloads of them are burned every year. Qualche volta dal foglio piegato il pallido impiegato estrae un anello - il dito al quale era destinato, forse, imputridisce nella tomba; una banconota inviata in un moto di pronta carità… e colui che ne avrebbe tratto sollievo non mangia più e non soffre più la fame; parole di perdono per coloro che morirono nello sconforto; di speranza per coloro che morirono disperati; buone nuove per coloro che morirono soffocati da sventure inconsolabili. Apportatrici di vita, queste lettere rovinano verso la morte.

O Bartleby! O umanità!

FINE.