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Il giornalino di Gian Burrasca - Vamba, Capitolo 27

Capitolo 27

11 febbraio

Ieri sera nulla di nuovo. Dal mio osservatorio vidi il Direttore e la Direttrice traversare la sala del venerato Pierpaolo, lentamente silenziosamente, e andarsene nella loro camera dopo aver rivolto verso il ritratto una timida occhiata, come per dire: - A domani sera, e che Dio ce la mandi buona! - Gigino Balestra, mentre scrivo, è là nel suo lettuccio che mi guarda e sorride...

Oggi, durante l'ora di ricreazione, c'è stata l'elezione del presidente della nostra Società segreta. Tutti i soci avevano già scritto il nome scelto in pezzetti di carta che ripiegati sono stati messi in un berretto. Gigino Balestra che è il socio più piccino (ha due mesi e mezzo meno di me) ha fatto lo squittinio ed è risultato eletto presidente Mario Michelozzi. Anche io ho votato per lui perché se lo merita, e perché se da qualche giorno nel collegio non si mangia più la solita minestra di riso si deve a lui. Abbiamo discusso su quello che si deve preparare per la seduta spiritica di domani sera. Ciascuno aveva la sua idea, ma è stata approvata quella di Carlino Pezzi. Carlo Pezzi, che è quel ragazzo che ha la specialità della topografia, mentre cercava di stabilire su quale stanza dava il mio osservatorio, fece conoscenza con un ragazzo che serve da manovale ai muratori addetti ai lavori di riparazione nel collegio. Servendosi di questa sua amicizia egli spera di poter penetrare nel salone del ritratto di Pierpaolo e fare una cosa, che se riesce, avrà un effetto straordinario sui tre spiritisti... E poi... e poi... ma non voglio scrivere di quel che abbiamo progettato e complottato. Dirò solo che se quel che abbiamo pensato di fare riuscirà noi saremo finalmente vendicati di tanti bocconi amari che abbiam dovuto ingozzare... compresi quelli della famosa minestra di magro fatta con la rigovernatura dei nostri piatti, e quel che è peggio di quelli del signor Stanislao e della signora Geltrude.

12 febbraio

Dio, quanti avvenimenti si accumulano per stanotte! A pensarci mi va via la testa e mi pare d'essere il protagonista d'uno di quei romanzi russi dove tutto, anche le cose più semplici come sarebbe quella di mettersi le dita del naso, acquista una grande aria di tenebroso mistero. Intanto registrerò qui due notizie importanti. Prima: oggi Carlino Pezzi, mentre il Direttore e la Direttrice erano a pranzo, ha trovato modo per mezzo di quel suo amico manovale, di entrare nel salone di Pierpaolo dove l'imbianchino aveva lasciato una lunga scala che gli era servita per ritoccare la riquadratura del soffitto. In un attimo il Pezzi ha drizzato la scala al ritratto di Pierpaolo e, arrampicatosi fin lassù, con un temperino gli ha fatto due buchi negli occhi. Così tutto è stato felicemente preparato per il grande spettacolo di stanotte. Seconda notizia. Ho visto Tito Barozzo che era già stato messo a parte del nostro progetto e che mi ha detto: - Senti, Stoppani. Devi sapere che, dal giorno in cui ebbi a patire nella stanza del Direttore la grande umiliazione che tu sai e che ha annientato nell'anima mia ogni slancio di ribellione contro le ingiustizie e i soprusi che si commettono in questo collegio dove io sono tenuto per compassione, un solo pensiero, uno solo, capisci? mi ha dato la forza finora di resistere, ed è questo: la fuga. - Io ho fatto un atto di sorpresa e di dolore all'idea di perdere un amico così simpatico e così amato da tutti; ma egli ha soggiunto subito: - È inutile, credi, ogni argomento che mi si potesse portare in contrario. Della mia miserabile condizione qui dentro non posso esser giudice che io, e io ti so dire che essa è intollerabile e che, se si dovesse prolungare, finirebbe con l'uccidermi. Perciò ho deciso di scappare, e nulla potrà rimuovermi da questa mia risoluzione. - E dove andrai? - Il Barozzo s'è stretto nelle spalle allargando le braccia. - Non lo so: anderò per il mondo che è così grande e dove io sarò libero e non soffrirò mai che nessun mio simile ardisca umiliarmi come hanno ardito il mio tutore e il Direttore del collegio. - A queste parole pronunziate con nobile alterezza l'ho guardato con ammirazione e poi ho esclamato con entusiasmo: - Scappo anch' io con te!... - Egli mi ha guardato con uno sguardo pieno d'affetto che non scorderò mai e nel quale ho letto la gratitudine e il ricambio di tutto il bene ch'io gli voglio. Poi con accento grave nel quale ho sentito tutta la sua superiorità su me, ha soggiunto: - No, caro amico mio. Tu non puoi né devi scappare di qui perché tu sei in condizioni molto diverse dalle mie. Tu stai qui con tutti i tuoi diritti e puoi insorgere ogni volta che qualcuno te li contesti con l'inganno o con la violenza. E poi tu hai una mamma e un babbo che soffrirebbero molto della tua scomparsa... mentre io non ho che un tutore il quale non piangerà certo ignorando le mie notizie!... - E nel dir così il povero Barozzo ha avuto un sorriso così triste e così amaro che m'ha fatto venir le lacrime agli occhi e in un impeto di affetto e di pietà l'ho abbracciato stretto stretto esclamando: - Povero Tito!... - E l'ho baciato bagnandolo del mio pianto. Egli ha avuto un singhiozzo, mi ha stretto forte forte sul petto; e poi scostandomi e passandomi una mano sugli occhi ha ripreso: - Dunque senti, Stoppani. Quello che avete combinato per stanotte, può favorire splendidamente il mio progetto. Vorrete aiutarmi? È l'ultimo atto di solidarietà fraterna che chiedo ai miei compagni della Società segreta... - Figurati! - Allora sta' bene attento. Quando il Direttore, la Direttrice e il cuoco saranno sopraffatti dagli spiriti, tu andrai nella stanzina dei lumi a petrolio che tu conosci, l'aprirai con questa chiave e, attaccata alla porta dalla parte interna, troverai una chiave molto grossa che prenderai teco. Quella è la chiave del portone d'ingresso del collegio con la quale esso è chiuso ogni sera per di dentro. Vieni con questa chiave nel corridoio a pian terreno... Lì ci sarò io. - In così dire Tito Barozzo mi afferrò la destra, me la strinse e si allontanò in fretta. Sono sopraffatto dagli avvenimenti che si preparano per stanotte... Come andrà?


Capitolo 27

11 febbraio

Ieri sera nulla di nuovo. Dal mio osservatorio vidi il Direttore e la Direttrice traversare la sala del venerato Pierpaolo, lentamente silenziosamente, e andarsene nella loro camera dopo aver rivolto verso il ritratto una timida occhiata, come per dire: - A domani sera, e che Dio ce la mandi buona! - Gigino Balestra, mentre scrivo, è là nel suo lettuccio che mi guarda e sorride...

Oggi, durante l'ora di ricreazione, c'è stata l'elezione del presidente della nostra Società segreta. Tutti i soci avevano già scritto il nome scelto in pezzetti di carta che ripiegati sono stati messi in un berretto. Gigino Balestra che è il socio più piccino (ha due mesi e mezzo meno di me) ha fatto lo squittinio ed è risultato eletto presidente Mario Michelozzi. Anche io ho votato per lui perché se lo merita, e perché se da qualche giorno nel collegio non si mangia più la solita minestra di riso si deve a lui. Abbiamo discusso su quello che si deve preparare per la seduta spiritica di domani sera. Ciascuno aveva la sua idea, ma è stata approvata quella di Carlino Pezzi. Carlo Pezzi, che è quel ragazzo che ha la specialità della topografia, mentre cercava di stabilire su quale stanza dava il mio osservatorio, fece conoscenza con un ragazzo che serve da manovale ai muratori addetti ai lavori di riparazione nel collegio. Servendosi di questa sua amicizia egli spera di poter penetrare nel salone del ritratto di Pierpaolo e fare una cosa, che se riesce, avrà un effetto straordinario sui tre spiritisti... E poi... e poi... ma non voglio scrivere di quel che abbiamo progettato e complottato. Dirò solo che se quel che abbiamo pensato di fare riuscirà noi saremo finalmente vendicati di tanti bocconi amari che abbiam dovuto ingozzare... compresi quelli della famosa minestra di magro fatta con la rigovernatura dei nostri piatti, e quel che è peggio di quelli del signor Stanislao e della signora Geltrude.

12 febbraio

Dio, quanti avvenimenti si accumulano per stanotte! A pensarci mi va via la testa e mi pare d'essere il protagonista d'uno di quei romanzi russi dove tutto, anche le cose più semplici come sarebbe quella di mettersi le dita del naso, acquista una grande aria di tenebroso mistero. Intanto registrerò qui due notizie importanti. Prima: oggi Carlino Pezzi, mentre il Direttore e la Direttrice erano a pranzo, ha trovato modo per mezzo di quel suo amico manovale, di entrare nel salone di Pierpaolo dove l'imbianchino aveva lasciato una lunga scala che gli era servita per ritoccare la riquadratura del soffitto. In un attimo il Pezzi ha drizzato la scala al ritratto di Pierpaolo e, arrampicatosi fin lassù, con un temperino gli ha fatto due buchi negli occhi. Così tutto è stato felicemente preparato per il grande spettacolo di stanotte. Seconda notizia. Ho visto Tito Barozzo che era già stato messo a parte del nostro progetto e che mi ha detto: - Senti, Stoppani. Devi sapere che, dal giorno in cui ebbi a patire nella stanza del Direttore la grande umiliazione che tu sai e che ha annientato nell'anima mia ogni slancio di ribellione contro le ingiustizie e i soprusi che si commettono in questo collegio dove io sono tenuto per compassione, un solo pensiero, uno solo, capisci? mi ha dato la forza finora di resistere, ed è questo: la fuga. - Io ho fatto un atto di sorpresa e di dolore all'idea di perdere un amico così simpatico e così amato da tutti; ma egli ha soggiunto subito: - È inutile, credi, ogni argomento che mi si potesse portare in contrario. Della mia miserabile condizione qui dentro non posso esser giudice che io, e io ti so dire che essa è intollerabile e che, se si dovesse prolungare, finirebbe con l'uccidermi. Perciò ho deciso di scappare, e nulla potrà rimuovermi da questa mia risoluzione. - E dove andrai? - Il Barozzo s'è stretto nelle spalle allargando le braccia. - Non lo so: anderò per il mondo che è così grande e dove io sarò libero e non soffrirò mai che nessun mio simile ardisca umiliarmi come hanno ardito il mio tutore e il Direttore del collegio. - A queste parole pronunziate con nobile alterezza l'ho guardato con ammirazione e poi ho esclamato con entusiasmo: - Scappo anch' io con te!... - Egli mi ha guardato con uno sguardo pieno d'affetto che non scorderò mai e nel quale ho letto la gratitudine e il ricambio di tutto il bene ch'io gli voglio. Poi con accento grave nel quale ho sentito tutta la sua superiorità su me, ha soggiunto: - No, caro amico mio. Tu non puoi né devi scappare di qui perché tu sei in condizioni molto diverse dalle mie. Tu stai qui con tutti i tuoi diritti e puoi insorgere ogni volta che qualcuno te li contesti con l'inganno o con la violenza. E poi tu hai una mamma e un babbo che soffrirebbero molto della tua scomparsa... mentre io non ho che un tutore il quale non piangerà certo ignorando le mie notizie!... - E nel dir così il povero Barozzo ha avuto un sorriso così triste e così amaro che m'ha fatto venir le lacrime agli occhi e in un impeto di affetto e di pietà l'ho abbracciato stretto stretto esclamando: - Povero Tito!... - E l'ho baciato bagnandolo del mio pianto. Egli ha avuto un singhiozzo, mi ha stretto forte forte sul petto; e poi scostandomi e passandomi una mano sugli occhi ha ripreso: - Dunque senti, Stoppani. Quello che avete combinato per stanotte, può favorire splendidamente il mio progetto. Vorrete aiutarmi? È l'ultimo atto di solidarietà fraterna che chiedo ai miei compagni della Società segreta... - Figurati! - Allora sta' bene attento. Quando il Direttore, la Direttrice e il cuoco saranno sopraffatti dagli spiriti, tu andrai nella stanzina dei lumi a petrolio che tu conosci, l'aprirai con questa chiave e, attaccata alla porta dalla parte interna, troverai una chiave molto grossa che prenderai teco. Quella è la chiave del portone d'ingresso del collegio con la quale esso è chiuso ogni sera per di dentro. Vieni con questa chiave nel corridoio a pian terreno... Lì ci sarò io. - In così dire Tito Barozzo mi afferrò la destra, me la strinse e si allontanò in fretta. Sono sopraffatto dagli avvenimenti che si preparano per stanotte... Come andrà?