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Interviste di Beppe Grillo, Gaber e la partecipazione - Guido Harari

Gaber e la partecipazione - Guido Harari

Intervista a Guido Harari, fotografo e autore di "Quando parla Gaber" : Gaber oggi Guido Harari - Sono Guido Harari, fotografo, autore di libri, l'ultimo che ho realizzato si intitola “ Quando parla Gaber ” ed è una sintesi del suo pensiero, soprattutto civile sviluppato per temi. Blog - Oggi Gaber è ancora vivo nella cultura, nella politica, nella vita sociale? Guido Harari - Gaber è vivo come desiderio di resistenza e di indignazione e di provocazione, è un cane sciolto, e come tale lui diceva che era il terzo partito, come tale non si allinea alla religione della politica, conseguentemente non lo vedo molto presente né nella vita politica, né nella coscienza civile, ma varrebbe la pena che venisse riscoperto e soprattutto meditato. Blog - Cosa penserebbe oggi Gaber se fosse vivo dell'Italia? Guido Harari - Penso che avrebbe ottimo materiale per continuare le riflessioni de “ La mia generazione ha perso ”, della razza in estinzione e di “ Io non mi sento italiano ”, i suoi ultimi due dischi che ormai risalgono a quasi 10 anni fa, diciamo che c'è stata una picchiata verticale sotto tutti gli aspetti, morale soprattutto, e conseguentemente non c'è un segnale di ripresa. Penso che Gaber oggi avrebbe ottimo materiale per proseguire le sue riflessioni “ pessimistiche ", forse gli avvenimenti degli ultimi giorni, i risultati di queste elezioni amministrative potrebbero rappresentare un piccolo segnale di apertura, di speranza, Il Teatro Canzone è nato con Gaber ed è finito con Gaber. Gaber è un personaggio particolare, unico nel panorama italiano della canzone o dello spettacolo perché ha avuto in verità più di una vita, ha avuto negli anni '60 tra la fine del '50 e il '60 un successo che è stato più che musicale, addirittura mediatico, perché è diventato un animale televisivo e come tale ha avuto una grandissima popolarità, però proprio in quegli anni ha frequentato degli intellettuali, da Umberto Simonetta, poi Sandro Luporini che è stato poi il suo partner per trent'anni del Teatro Canzone, c'è stato un processo di sensibilizzazione per quanto riguarda l' impegno civile che poi ha prodotto sull'onda anche della tensione morale del 1968 la nascita del Teatro Canzone. Gaber a un certo momento ha voltato le spalle al suo successo, alla televisione e ha cominciato a confrontarsi, scegliendo il teatro, direttamente con il suo pubblico, anno dopo anno, spettacolo dopo spettacolo proprio perché sentiva il bisogno di dire delle cose che nessuno in quel momento diceva. Blog - C'è qualcuno che le ha dette dopo di lui? Guido Harari - C'è qualcuno che le ha dette mentre le diceva anche lui, Pasolini, Pasolini e Gaber sono veramente le due coscienze civili del secondo '900. C'è sicuramente memoria di Gaber perché c'è bisogno di ritrovare una voce fuori dal coro , quella che chiamo una voce dell'intelligenza nella palude della politica della vita civile italiana , vedo che anche i più giovani cercano e desiderano scoprire Gaber, soprattutto questo è stato l'intento del libro attraverso il suo pensiero, non soltanto le sue canzoni o i brani teatrali, oggi il teatro di Gaber si può apprezzare solo in DVD, ma il suo pensiero si può anche leggerlo attraverso le sue interviste, i suoi manoscritti e è molto importante ribadire proprio questo, che è possibile saltare tutte le tagliole che ci troviamo davanti ogni giorno, per arrivare a una ricerca di verità che non è di parte , non ha un colore, se non quello, io continuo a dire, dell'intelligenza. Gaber e la partecipazione Blog - Libertà e partecipazione… Guido Harari - “ La libertà ”, questo è il titolo corretto della canzone, è sicuramente uno dei brani più ricordati di Gaber, lui aveva fatto una riflessione su questa canzone che ha avuto successo da tutte le parti dell'arco politico, sosteneva che nel momento in cui si fa un'affermazione, questa diventa buona per tutti e la cosa non gli era piaciuta, infatti aveva anche corretto il tiro dicendo che forse avrebbe dovuto scrivere “ La libertà è spazio di incidenza ”, però non sembrava un verso particolarmente brillante. Il problema è proprio l'appropriazione indebita delle parole di un Gaber o di un De Andrè da parte di chiunque, quando vedo un assessore di destra a Roma decantare De Andrè all'inaugurazione di una mostra a lui dedicata, dicendo che lui a 17/18 anni conosceva a memoria le canzoni di De Andrè che strimpellava con gli amici, mi verrebbe da chiedergli cosa abbia imparato da quelle canzoni, non perché sia personalmente contrario al fatto che De Andrè o Gaber vengano graditi e fruiti da tutte le parti, però le parole di questi due artisti devono lasciare una traccia, non sono parole da poco, quindi se dei messaggi così importanti, così a volte provocatori, taglienti vengono ridotti a estetica, evidentemente c'è un problema! Il Teatro Canzone ha un'unicità lui vuole confrontarsi con il pubblico direttamente, non c'è una virtualità, non c'erano i blog, con c'erano i siti, non c'erano ancora i videoclip, quindi bisognava andare in prima linea e lo fa con una temerarietà che non ha pari, nel senso che arrivava anche a provocare il pubblico, a insultarlo, a spiazzare, a spiazzare i compagni che pensavano di avere trovato un cantore, un alfiere di questa o quella causa e che si sentono poi magari accusati di essere dei grigi compagni del PC , ci sono provocazioni fortissime anche in “ Io se fossi Dio ” in un'invettiva lunghissima in cui, subito dopo l'assassinio di Moro, Gaber dice delle cose fortissime come il fatto di essere stato assassinato non toglieva a Moro le responsabilità dello sfascio in cui ci si trovava. Quindi è un mettersi in prima linea che non tutti hanno il coraggio di affrontare e penso che anche chi ripropone oggi Gaber, lo ripropone dal punto di vista affettivo, sentimentale, ma non ne ha assolutamente la statura, che era anche data dalla sua fisicità. Nel momento in cui Gaber riempie la scena da solo senza neanche un complesso che lo accompagni con dei nastri e è un corpo in movimento che trascina e coinvolge buttando queste parole, queste provocazioni al pubblico, veramente assistiamo a un caso unico, penso a Fo da un punto di vista un po' diverso perché Fo è più militante di Gaber. Gaber punta più a una libertà, libertà di visione, con una visione grandangolata sui sentimenti, su tutto, sull'economia, Chiesa, coppia, il sesso, il consumismo, l' omologazione culturale di cui parlava già Pasolini negli anni '60 e questo è veramente un caso unico, non ho spiegazioni sul fatto che sia rimasto un fatto unico. Gaber e la politica Blog - Tu hai un ricordo personale di Gaber, una cosa che ti ricordi più di altre che ti riguarda direttamente? Guido Harari - Una cosa che mi viene così… sono cose che fanno riflettere nel momento in cui ti incontri una persona di questo calibro, ricordo che aveva una curiosità infinita nell'incontrare il pubblico, le persone, non si risparmiava, incontrava il pubblico prima dello spettacolo, dopo lo spettacolo, accettava di partecipare a delle manifestazioni alle quali non si sarebbe immaginato di trovarlo dal Festival di Re Nudo al Parco Lambro, al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, però c'era questa voglia di capire chi è l'altro, chi è l'altro diverso da sé, infatti diceva, all'epoca del '68 “ Ci dicevano che non bisognava parlare con i fascisti e io sono sempre rimasto con l'idea di non sapere cosa pensano i fascisti perché non ci potevi parlare! ”. Quindi era questa sua curiosità, questo essere sempre slanciato verso l'altro e quando ricordo una volta Giovanni Rabboni su Il Corriere della Sera lo accusò di leghismo estetico , eravamo ai primi anni '90 perché Gaber aveva individuato nei primi passi della Lega un movimento di cambiamento su cui poi si è ricreduto, ma era un momento così di molta attenzione su questo nuovo fenomeno, lui disse: “Non è il momento di avere stupide questioni di stupido principio ” che secondo me è la regola aurea in tutto, riuscire a vedere tutte le angolazioni, a capire, a valutare ogni posizione per trovare la via, la via, lui poteva dire della verità, ma quantomeno una via senza condizionamenti. Gaber sicuramente sentirebbe di vivere nella nuova spinta dei giovani e nei nuovi movimenti che nascono come i movimenti per l'acqua , nei movimenti che portano avanti le istanze del referendum che avremo il 12/13 giugno, quindi una spinta dal basso, un' attenzione ai problemi locali senza perdersi nelle grandi cause nella concretezza e soprattutto qui si potrebbe recuperare il concetto dell'utopia che era molto caro a Gaber e a Luporini, Gaber nell'arco della sua carriera, dei 30 anni del Teatro Canzone è passato dall'utopia massimalista, quella dei grandi movimenti globali, quella del " vogliamo il mondo e lo vogliamo ora ", a " un'utopia più di responsabilità ", più legata all'individuo, partire da cause concrete, da battaglie mirate su cui si può effettivamente incidere, Gaber secondo me vive in questo e può essere di ispirazione anche per altre battaglie in questo senso.


Gaber e la partecipazione - Guido Harari

Intervista a Guido Harari, fotografo e autore di "Quando parla Gaber" : Gaber oggi Guido Harari - Sono Guido Harari, fotografo, autore di libri, l'ultimo che ho realizzato si intitola “ Quando parla Gaber ” ed è una sintesi del suo pensiero, soprattutto civile sviluppato per temi. Blog - Oggi Gaber è ancora vivo nella cultura, nella politica, nella vita sociale? Guido Harari - Gaber è vivo come desiderio di resistenza e di indignazione e di provocazione, è un cane sciolto, e come tale lui diceva che era il terzo partito, come tale non si allinea alla religione della politica, conseguentemente non lo vedo molto presente né nella vita politica, né nella coscienza civile, ma varrebbe la pena che venisse riscoperto e soprattutto meditato. Blog - Cosa penserebbe oggi Gaber se fosse vivo dell'Italia? Guido Harari - Penso che avrebbe ottimo materiale per continuare le riflessioni de “ La mia generazione ha perso ”, della razza in estinzione e di “ Io non mi sento italiano ”, i suoi ultimi due dischi che ormai risalgono a quasi 10 anni fa, diciamo che c'è stata una picchiata verticale sotto tutti gli aspetti, morale soprattutto, e conseguentemente non c'è un segnale di ripresa. Penso che Gaber oggi avrebbe ottimo materiale per proseguire le sue riflessioni “ pessimistiche ", forse gli avvenimenti degli ultimi giorni, i risultati di queste elezioni amministrative potrebbero rappresentare un piccolo segnale di apertura, di speranza, Il Teatro Canzone è nato con Gaber ed è finito con Gaber. Gaber è un personaggio particolare, unico nel panorama italiano della canzone o dello spettacolo perché ha avuto in verità più di una vita, ha avuto negli anni '60 tra la fine del '50 e il '60 un successo che è stato più che musicale, addirittura mediatico, perché è diventato un animale televisivo e come tale ha avuto una grandissima popolarità, però proprio in quegli anni ha frequentato degli intellettuali, da Umberto Simonetta, poi Sandro Luporini che è stato poi il suo partner per trent'anni del Teatro Canzone, c'è stato un processo di sensibilizzazione per quanto riguarda l' impegno civile che poi ha prodotto sull'onda anche della tensione morale del 1968 la nascita del Teatro Canzone. Gaber a un certo momento ha voltato le spalle al suo successo, alla televisione e ha cominciato a confrontarsi, scegliendo il teatro, direttamente con il suo pubblico, anno dopo anno, spettacolo dopo spettacolo proprio perché sentiva il bisogno di dire delle cose che nessuno in quel momento diceva. Blog - C'è qualcuno che le ha dette dopo di lui? Guido Harari - C'è qualcuno che le ha dette mentre le diceva anche lui, Pasolini, Pasolini e Gaber sono veramente le due coscienze civili del secondo '900. C'è sicuramente memoria di Gaber perché c'è bisogno di ritrovare una voce fuori dal coro , quella che chiamo una voce dell'intelligenza nella palude della politica della vita civile italiana , vedo che anche i più giovani cercano e desiderano scoprire Gaber, soprattutto questo è stato l'intento del libro attraverso il suo pensiero, non soltanto le sue canzoni o i brani teatrali, oggi il teatro di Gaber si può apprezzare solo in DVD, ma il suo pensiero si può anche leggerlo attraverso le sue interviste, i suoi manoscritti e è molto importante ribadire proprio questo, che è possibile saltare tutte le tagliole che ci troviamo davanti ogni giorno, per arrivare a una ricerca di verità che non è di parte , non ha un colore, se non quello, io continuo a dire, dell'intelligenza. Gaber e la partecipazione Blog - Libertà e partecipazione… Guido Harari - “ La libertà ”, questo è il titolo corretto della canzone, è sicuramente uno dei brani più ricordati di Gaber, lui aveva fatto una riflessione su questa canzone che ha avuto successo da tutte le parti dell'arco politico, sosteneva che nel momento in cui si fa un'affermazione, questa diventa buona per tutti e la cosa non gli era piaciuta, infatti aveva anche corretto il tiro dicendo che forse avrebbe dovuto scrivere “ La libertà è spazio di incidenza ”, però non sembrava un verso particolarmente brillante. Il problema è proprio l'appropriazione indebita delle parole di un Gaber o di un De Andrè da parte di chiunque, quando vedo un assessore di destra a Roma decantare De Andrè all'inaugurazione di una mostra a lui dedicata, dicendo che lui a 17/18 anni conosceva a memoria le canzoni di De Andrè che strimpellava con gli amici, mi verrebbe da chiedergli cosa abbia imparato da quelle canzoni, non perché sia personalmente contrario al fatto che De Andrè o Gaber vengano graditi e fruiti da tutte le parti, però le parole di questi due artisti devono lasciare una traccia, non sono parole da poco, quindi se dei messaggi così importanti, così a volte provocatori, taglienti vengono ridotti a estetica, evidentemente c'è un problema! Il Teatro Canzone ha un'unicità lui vuole confrontarsi con il pubblico direttamente, non c'è una virtualità, non c'erano i blog, con c'erano i siti, non c'erano ancora i videoclip, quindi bisognava andare in prima linea e lo fa con una temerarietà che non ha pari, nel senso che arrivava anche a provocare il pubblico, a insultarlo, a spiazzare, a spiazzare i compagni che pensavano di avere trovato un cantore, un alfiere di questa o quella causa e che si sentono poi magari accusati di essere dei grigi compagni del PC , ci sono provocazioni fortissime anche in “ Io se fossi Dio ” in un'invettiva lunghissima in cui, subito dopo l'assassinio di Moro, Gaber dice delle cose fortissime come il fatto di essere stato assassinato non toglieva a Moro le responsabilità dello sfascio in cui ci si trovava. Quindi è un mettersi in prima linea che non tutti hanno il coraggio di affrontare e penso che anche chi ripropone oggi Gaber, lo ripropone dal punto di vista affettivo, sentimentale, ma non ne ha assolutamente la statura, che era anche data dalla sua fisicità. Nel momento in cui Gaber riempie la scena da solo senza neanche un complesso che lo accompagni con dei nastri e è un corpo in movimento che trascina e coinvolge buttando queste parole, queste provocazioni al pubblico, veramente assistiamo a un caso unico, penso a Fo da un punto di vista un po' diverso perché Fo è più militante di Gaber. Gaber punta più a una libertà, libertà di visione, con una visione grandangolata sui sentimenti, su tutto, sull'economia, Chiesa, coppia, il sesso, il consumismo, l' omologazione culturale di cui parlava già Pasolini negli anni '60 e questo è veramente un caso unico, non ho spiegazioni sul fatto che sia rimasto un fatto unico. Gaber e la politica Blog - Tu hai un ricordo personale di Gaber, una cosa che ti ricordi più di altre che ti riguarda direttamente? Guido Harari - Una cosa che mi viene così… sono cose che fanno riflettere nel momento in cui ti incontri una persona di questo calibro, ricordo che aveva una curiosità infinita nell'incontrare il pubblico, le persone, non si risparmiava, incontrava il pubblico prima dello spettacolo, dopo lo spettacolo, accettava di partecipare a delle manifestazioni alle quali non si sarebbe immaginato di trovarlo dal Festival di Re Nudo al Parco Lambro, al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, però c'era questa voglia di capire chi è l'altro, chi è l'altro diverso da sé, infatti diceva, all'epoca del '68 “ Ci dicevano che non bisognava parlare con i fascisti e io sono sempre rimasto con l'idea di non sapere cosa pensano i fascisti perché non ci potevi parlare! ”. Quindi era questa sua curiosità, questo essere sempre slanciato verso l'altro e quando ricordo una volta Giovanni Rabboni su Il Corriere della Sera lo accusò di leghismo estetico , eravamo ai primi anni '90 perché Gaber aveva individuato nei primi passi della Lega un movimento di cambiamento su cui poi si è ricreduto, ma era un momento così di molta attenzione su questo nuovo fenomeno, lui disse: “Non è il momento di avere stupide questioni di stupido principio ” che secondo me è la regola aurea in tutto, riuscire a vedere tutte le angolazioni, a capire, a valutare ogni posizione per trovare la via, la via, lui poteva dire della verità, ma quantomeno una via senza condizionamenti. Gaber sicuramente sentirebbe di vivere nella nuova spinta dei giovani e nei nuovi movimenti che nascono come i movimenti per l'acqua , nei movimenti che portano avanti le istanze del referendum che avremo il 12/13 giugno, quindi una spinta dal basso, un' attenzione ai problemi locali senza perdersi nelle grandi cause nella concretezza e soprattutto qui si potrebbe recuperare il concetto dell'utopia che era molto caro a Gaber e a Luporini, Gaber nell'arco della sua carriera, dei 30 anni del Teatro Canzone è passato dall'utopia massimalista, quella dei grandi movimenti globali, quella del " vogliamo il mondo e lo vogliamo ora ", a " un'utopia più di responsabilità ", più legata all'individuo, partire da cause concrete, da battaglie mirate su cui si può effettivamente incidere, Gaber secondo me vive in questo e può essere di ispirazione anche per altre battaglie in questo senso.