Parte Secunda: Capitolo II
Dopo il dottore giunse Dolly.
Sapeva che in quel giorno si sarebbe tenuto il consulto e, pur avendo di recente lasciato il letto (aveva dato alla luce una bambina alla fine dell'inverno), pur avendo molte pene e affanni da parte sua, lasciata la neonata e una bambina che si era ammalata, era venuta per sapere della sorte di Kitty che in quel giorno si decideva. — E allora?
— chiese, entrando nel salotto e togliendosi il cappello. — Siete tutti di buon umore. Probabilmente, va bene? Provarono a riferirle quello che aveva detto il dottore, ma si accorsero che, sebbene il dottore avesse parlato diffusamente e a lungo, in nessun modo si riusciva a ripetere quello che aveva detto.
Risultava chiaro solo il fatto che era stato deciso di andare all'estero. Dolly sospirò involontariamente.
La sua amica migliore, la sorella, partiva. E la sua vita non era allegra. I rapporti con Stepan Arkad'ic, dopo la riconciliazione, erano divenuti umilianti. La saldatura fatta da Anna era risultata precaria, e l'accordo familiare si era spezzato di nuovo nello stesso preciso punto. Non v'era nulla di concreto, ma Stepan Arkad'ic non era mai in casa; e quasi mai c'era denaro, e i sospetti delle infedeltà tormentavano continuamente Dolly, ed ella li allontanava, temendo le pene già provate della gelosia. Il primo accesso di gelosia, una volta superato, non poteva più ripetersi, e anche la scoperta di un'altra infedeltà non avrebbe prodotto su di lei lo stesso effetto della prima. Una scoperta di questo genere avrebbe soltanto sconvolto le sue abitudini familiari, e perciò si lasciava ingannare, disprezzando lui e più di tutto se stessa per la propria debolezza. Oltre a questo, le cure di una famiglia numerosa la tormentavano incessantemente: ora l'allattamento della neonata non andava bene, ora la balia si licenziava, ora infine, come in quel momento, s'ammalava uno dei bambini. — Bè, come stanno i tuoi?
— chiese la madre. — Ah, maman , di pena da noi ce n'è sempre tanta.
Lily s'è ammalata e io temo che sia scarlattina. Sono venuta solo ad informarmi, ma poi mi chiuderò in casa senza più uscire se, Dio ne liberi, dovesse essere scarlattina. Il vecchio principe, dopo che il dottore se ne era andato, era uscito anche lui dal suo studio e, dopo aver offerta la guancia a Dolly e aver parlato con lei, si era rivolto alla moglie:
— Cosa è stato deciso, allora, andate?
Bè, e di me che ne volete fare? — Io ritengo che tu debba restare, Aleksandr — disse la moglie.
— Maman , e perché papà non può venire con noi?
— disse Kitty. — E per lui e per noi sarà più piacevole. Il vecchio principe si alzò e carezzò con la mano i capelli di Kitty.
Ella aveva sollevato il viso e, sorridendo forzatamente, lo guardava. Le sembrava sempre ch'egli la capisse meglio degli altri in famiglia, benché parlasse poco con lei. Come ultima figlia era la preferita del padre, e a lei sembrava che quel grande affetto lo rendesse perspicace. E quando il suo sguardo incontrò quei suoi buoni occhi azzurri che la guardavano fissi, le sembrò ch'egli la vedesse da parte a parte e che capisse tutto il tormento che avveniva in lei. Arrossendo si protese verso di lui, aspettando un bacio, ma egli le batté soltanto sui capelli e disse: — Questi stupidi chignons !
Non carezzi i capelli di tua figlia, ma quelli di femmine già morte. Bè, Dolin'ka, che fa il tuo bel tomo? — Nulla, papà — rispose Dolly, comprendendo che l'allusione si riferiva al marito.
— È sempre fuori e non lo vedo quasi — aggiunse con un sorriso ironico. — E che, non è ancora partito per la campagna a vendere il legname?
— No, si prepara sempre.
— Ecco — disse il principe.
— Così allora anch'io devo prepararmi? Ai vostri ordini, signora — disse alla moglie, sedendosi. — E tu, ecco cosa devi fare, Katja — aggiunse, rivolgendosi alla figlia minore: — un bel mattino, quando parrà a te, svegliati e di' a te stessa: ecco io sto perfettamente bene e sono di ottimo umore; andiamo di nuovo con papà a spasso sul ghiaccio di buon'ora. Eh? Sembrava molto semplice quello che diceva il padre, ma Kitty a queste parole si confuse e si smarrì, come un delinquente colto in fallo.
“Sì, egli sa tutto, capisce tutto e con queste parole mi dice che, per quanto sia vergognoso quello che mi è accaduto, tuttavia bisogna sopravvivere alla propria vergogna”. Non riuscì a riprendersi per rispondere qualcosa. Stava incominciando quando improvvisamente scoppiò a piangere e scappò via dalla stanza. — Ecco, tu con i tuoi scherzi — disse la principessa, investendo il marito.
— Sei sempre... — e cominciò a rimproverarlo. Il principe ascoltò a lungo le recriminazioni della principessa e tacque, ma il viso gli si faceva sempre più scuro.
— Fa tanta pena, la poveretta, tanta pena, e tu non ti accorgi che le fa male ogni accenno a quello che ne è la causa.
Ah, sbagliarsi così sul conto della gente! — disse la principessa e, dal cambiamento di tono, Dolly e il principe capirono che alludeva a Vronskij. — Non capisco come non vi siano delle leggi contro esseri così disgustosi e ignobili. — Ah, se aveste dato retta a me!
— esclamò cupo il principe, alzandosi dalla poltrona e desiderando andarsene; ma, fermandosi poi sulla porta: — Le leggi! ci sono, matuška , e giacché tu mi stai provocando, ti dirò che la colpa di tutto questo è tua, tua, tua soltanto. Leggi contro questi bellimbusti ci sono sempre state e ci sono. Sissignora; se non ci fosse stato da parte vostra quello che non ci sarebbe dovuto essere, io, anche vecchio, l'avrei sfidato a duello, quel cascamorto. Sì: e adesso curate pure la ragazza, fate venire in casa questi ciarlatani. Il principe sembrava avesse da dire ancora molte cose, ma non appena la principessa sentì il tono irato di lui, si calmò e si pentì subito come accadeva sempre nelle questioni serie.
— Alexandre, Alexandre — mormorava, agitandosi e scoppiando in pianto.
Non appena cominciò a piangere, anche il principe si calmò e le si avvicinò.
— Su, basta, basta!
Anche per te è penoso, lo so. Che fare? Non è un grosso guaio. Dio è misericordioso... grazie... — disse, non sapendo già più neppur lui cosa dire e, rispondendo al bacio umido di lei sulla sua mano, uscì dalla stanza. Già da quando Kitty in lacrime era uscita dalla stanza, Dolly, con la sua esperienza materna, aveva sentito subito che c'era un'opera femminile da compiere, e si era accinta a compierla.
Si levò il cappello e, rimboccate moralmente le maniche, si preparò ad agire. Durante l'aggressione materna contro il padre, aveva cercato di trattenere la madre per quanto lo consentiva il suo rispetto filiale. Durante lo scoppio d'ira del padre aveva taciuto, provando vergogna per la madre e tenerezza per il padre, per quella sua bontà immediatamente sopraggiunta; ma appena il padre fu uscito, si apprestò a fare la cosa più urgente: andare da Kitty a calmarla. — Ve lo volevo dire da tempo, maman .
Sapete che Levin voleva far domanda di matrimonio a Kitty, quando è stato qui l'ultima volta? L'ha detto a Stiva. — E allora?
Non capisco... — Allora, forse, Kitty l'avrà respinto.
Non ve ne ha parlato? — No, non ha detto niente né di questo né dell'altro: è troppo orgogliosa.
Ma io lo so che tutto dipende dal fatto che... — Certamente.
Immaginate... se ha detto di no a Levin... e non l'avrebbe mai respinto se non ci fosse stato l'altro, lo so... E invece poi l'altro l'ha ingannata così orribilmente. La principessa si sentiva sgomenta a pensare quanto ella fosse colpevole verso la figlia, e montò in collera.
— Ah, non capisco più nulla!
Oggigiorno vogliono fare di testa loro, non dicono nulla alla mamma, e poi, ecco... — Maman , io vado da lei.
— Va', te lo proibisco forse?
– disse la madre.