IX puntata.
Vi invitiamo all'ascolto della IX puntata del ciclo "1812 La bufera napoleonica " a cura di Dmitrij Mincenok.
Parigi.
15 agosto del 1811. Quel giorno ai Campi Elisi era stato indetto un grande ricevimento per il corpo diplomatico venuto a porgere gli auguri a Napoleone per il suo onomastico.
Nella sua uniforme di gala, con il sorriso stampato sulle labbra, l'imperatore passava in rassegna il fior fiore della diplomazia europea, scambiando alcune parole con i più eletti.
Il principe Kurakin, fasciato stretto in vita in ossequio alla moda del tempo, era il terzo a sinistra.
Prima di lui soltanto l'ambasciatore di Austria Metternich e il maresciallo Murat. A Metternich Napoleone si chinò a bisbigliare qualcosa all'orecchio. Poi spostò lo sguardo sull'ambasciatore russo mentre il sorriso si spegneva sulle sue labbra.
Il discorsetto con Metternich durò cinque minuti.
Napoleone sorrise compiaciuto e si avvicinò a Kurakin. Come ricordarono i contemporanei l'ambasciatore russo gli si fece incontro. E qui avvenne l'incredibile. Napoleone lo schivò e alzando la voce, senza alcuna parola preliminare, gli chiese minaccioso: "In che cosa sta sperando il vostro imperatore? Kurakin stupefatto rimase fulminato a bocca aperta, mentre Napoleone ormai gridava accusando Alessandro di infedeltà e di politica ostile.
E poi all'improvviso, propose all'ambasciatore di sottoscrivere un accordo per dirimere tutte le controversie fra la Russia e l'Impero. Agitato e intimidito Kurakin riuscì a dire soltanto che non aveva le autorizzazioni necessarie, al che Napoleone gridò : "E chiedetele allora... Io non voglio la guerra, non voglio ricostituire la Polonia, invece voi volete annettere alla Russia il principato di Polonia e Danzica... Fino a quando le mire segrete della vostra corte non mi saranno svelate non cesserò di rafforzare l'esercito di stanza in Germania!... L'Imperatore si rifiutava di ascoltare le giustificazioni di Kurakin che respingeva ogni accusa e continuava a ripetere le stesse cose.
Tornato a casa Kurakin disse ai suoi che non aveva mai pensato di poter affrontare una cosa del genere... Napoleone sapeva incutere terrore ad avversari ed amici...Però bisogna riconoscere che Kurakin era un osso duro.
A Pietroburgo e Parigi si raccontavano leggende sul coraggio di quel cortigiano sempre in parrucca e incipriato.
In una società di cinici perditempo è impossibile guadagnarsi una reputazione del genere. Quella fama gli era rimasta attaccata dopo un ben triste incidente. Dopo il vano tentativo di prendere in sposa la principessa Anna, sorella dell'imperatore Alessandro I, Napoleone era andato a nozze con Maria Luisa, figlia dell'imperatore d'Austria Francesco.
Per celebrare il lieto evento l'ambasciatore austriaco a Parigi aveva dato un ballo per tutta l'alta società della capitale. All'improvviso nel salone aveva preso fuoco una cortina di seta che propagandosi pericolosamente provocò il panico. Nella calca morirono soffocati una ventina di persone, fra cui la consorte del padrone di casa. Rimase ustionato anche il principe Kurakin che perse capelli e ciglia, e riportò gravi ferite alle braccia e alle gambe. Si dice che egli dovesse la sua salvezza alla divisa di gala coperta di oro da cima a fondo, che gli fece da scudo... Ma Kurakin rimase pure colpito nella borsa, perché nel fuggi fuggi generale perse parecchi brillanti, almeno per 70.000 franchi.
E tutto per l'innata gentilezza d'animo verso le signore.
Autentico cavaliere aveva abbandonato per ultimo il salone immerso nelle fiamme solo dopo aver accompagnato all'uscita l'ultima dama. Kurakin era stato travolto e calpestato. I segni di quelle ustioni gli rimasero per tutta la vita e lo costringevano a mostrarsi in società sempre in parrucca e in guanti bianchi.
Ma quell'eroico comportamento gli dette una fama ad altri sconosciuta. Fu allora che a Parigi si disse che durante l'incendio molte dame si erano comportate da bambine, che gli uomini come donnicciole e che soltanto i russi si erano rivelati veri uomini, benché alcuni avessero esagerato con la galanteria. E Napoleone aveva pensato di intimidire un uomo simile!
Ridicolo! Comunque, dopo quella scena nessuno in Europa dubitò che la guerra fosse ormai alle porte.
Eppure quel 15 agosto non viene visto come il giorno di inizio degli apprestamenti militari.
Vi sono precise testimonianze secondo la quale Napoleone avrebbe incominciato a riflettere ad alta voce sulla guerra e addiritura a studiarne i vari aspetti già nel gennaio del 1811, quando l'ambasciatore de Caulaincourt gli aveva inviato per conoscenza le nuove imposte doganali approvate dalla Russia. Con quell'atto la Russia aumentava drasticamente le imposte di importazione su vini, tessuti di seta e di raso, cioè su tutti i beni di lusso che costituivano la quota più cospiqua delle esportazioni francesi in Russia.
Alle sue proteste era stata opposta l'argomentazione sullo stato miserando delle finanze russe. E le nuove tariffe erano rimaste in vigore. Sempre più frequenti si erano fatte le proteste per la vendita in Russia di beni coloniali inglesi entrati su navi battenti false bandiere neutrali.
Napoleone era convinto che i russi poi rivendessero quelle merci in tutta Europa, in Germania, in Austria e in Polonia, vanificando completamente il cosiddetto blocco continentale. Napoleone l'aveva messo in conto. Per tutta il 1811 egli aveva maturato la convinzione che quell'aggrovigliato contenzioso potesse essere sciolto soltanto a Mosca sconvolgendo tutto il fragile equilibrio esistente in Europa. Difficile immaginare quale dei due colossi sarebbe rimasto in piedi. Nei suoi appartamenti il principe Kurakin inviò immediatamente un dispaccio a San Pietroburgo per illustrare il quadro terribile dell'ira imperiale.
Adesso la palla passava ad Alessandro.
Che la prese e non si mosse. Non vi fu nessuna nota di protesta. Niente di niente. Alessandro si limitò a non opporre più resistenza ai falchi di corte che volevano a tutti i costi far vedere a Napoleone chi fossero veramente i russi. Egli decise in cuor suo che gli accenni nebulosi all'influenza russa su Costantinopoli non fossero stato altro che parole... Si sentì disilluso.
Venne a cadere la chimera della pace fra i due giganti.
Se il sangue soltanto poteva risolvere il conflitto che il sangue scorresse... 387 giorni mancavano da Borodinò.