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Impact Girl di Cecilia Sardeo, Imprenditrici si Diventa: e non è troppo tardi! - YouTube

Imprenditrici si Diventa: e non è troppo tardi! - YouTube

Ciao sono Cecilia Sardeo, fondatrice di BizAcademy. Ti do come sempre il benvenuto ad un'altra

puntata di Impact Girl. Questa puntata è ideale per te se stai pensando di lanciare

la tua attività imprenditoriale ma non ti senti proprio all'altezza. Prima di entrare nel

cuore della nostra puntata ti ricordo come sempre di iscriverti al canale YouTube, se stai guardando

questo video da YouTube, soprattutto cliccando sulla solita campanellina che trovi accanto

al pulsante Iscriviti, oppure via mail, se stai guardando il podcast dalla pagina

Biz-Academy.it/podcast Mi raccomando solo in questo modo potrai evitare

di perderti tutti i più preziosi aggiornamenti di Impact Girl, cominciamo [Musica]

C: Benvenute ad una nuovissima puntata di Impact Girl, il podcast italiano dedicato

alla crescita professionale tutta al femminile. Oggi ragazze scopriremo che imprenditrici si diventa

e andremo a sfatare il mito secondo il quale noi donne non siamo fatte per questo mondo.

Lo faremo insieme a Margherita Pagani, fondatrice di Impact On, Ciao Margherita e benvenuta!

M: Grazie mille Cecilia, è un piacere mio essere qui!

C: Tu Margherita sei la massima espressione, mi piace definirti, di una donna ad alto impatto

e infatti con Impact On hai fondato -ce l'ho qui davanti- un'organizzazione che si concentra

solo ed esclusivamente sul trovare, analizzare e selezionare progetti d'impatto sociale ambientale

esistenti che siano anche efficaci, mettendoli poi a disposizione di altre realtà in tutto

il mondo, quindi perché possano replicarle in modo più rapido e veloce. E la tua intuizione

è funzionata al punto che nel 2018 finisci niente di meno che tra gli italiani under

thirty di maggior talento, gli italiani under 30 di maggior talento, su Forbes, però il

tuo background è molto variegato. Tu hai giocato a pallavolo credo a livelli notevoli,hai

studiato arte.. non sei quindi partita forse con questa idea di diventare un'imprenditrice

quando avevi cinque anni a un'idea che è arrivata nel tempo e quindi aiutaci a capire

da dove sei partita, che domande ti sei fatta in maniera tale che chi ci sta ascoltando

e sta pensando “vorrei partire ma non so da dove” possa avere una sorta di gps.

M: Allora tutto verissimo! Il mio background, la mia traiettoria, diciamo che non segue

le linee ufficiali infatti soprattutto in contesti internazionali e quando mi chiedono

che cosa ho studiato io rispondo “Fine Arts, Belle Arti” loro mi chiedono “Finance?” no no no “Fine Art”

ho veramente studiato Belle Arti a Brera e ho giocato a pallavolo fino

in B1 ho giocato 12 anni e definitivamente non arrivo da una famiglia dove il fare impresa

o l'essere imprenditori sia mai stato un riferimento particolare quindi per me è stato particolarmente

difficile quando negli anni mi sono resa conto che ero interessata al fare impresa, era interessata

a creare dei progetti miei ma tutte le realtà intorno a me mi dicevano che o mi mancava un

titolo o non era per donne o la tecnologia era tutta male first e quindi ci sono state tante

domande che ho iniziato ad ascoltare nella mia stessa testa prima che nella realtà che

mi circondava e che in qualche modo mi stavano frenando quindi ho iniziato tu mi chiedevi

"dove sei partita?" credo che chiunque voglia avere un progetto proprio e chiunque lo voglia

fare soprattutto rispondendo a un'urgenza personale della cosa, della situazione che

vogliamo creare si debba partire da se stessi. Quindi nel mio caso per partire la mia stessa

devo per forza a sedermi di fronte allo specchio sulla mia serie di fronte una pagina bianca

e capire quali domande avevo dentro e che cosa realmente ne stanno dicendo con rispetto

ai miei stessi pensieri e alle mie stesse paure. Per esempio una che è sempre stata

e a volte nei giorni difficili continua a essere un po un problema: “perché io perché

io ce la posso fare perché io posso fare questo progetto perché io dovrei avere successo

perché io” e quando ho iniziato a capire che tutte le domande io le potevo girare a

mio favore per esempio il perché io è diventato “perché no?” il famoso“why not “ perché

alla fine ci sono due cose molto importanti che negli anni ho imparato,scoperto, che le

persone mi hanno aiutato a scoprire. La prima per esempio che i riferimenti che abbiamo

ancora è stato e le storie di successo purtroppo per fortuna sono sempre un pò dei soliti

noti quindi il profilo pop o il profilo che riusciamo a ricondurre ai nostri è semplice

e anche quello che fondamentalmente mediaticamente chiama più l'attenzione o richiama un pò

più le attenzioni delle persone ma questo non significa che siano gli unici esempi esistenti

assolutamente no. Quindi hanno accordi o iniziasse chiedermi perché non io perché non una studentessa

di belle arti caso ho fatto pallavolo che la prima volta che ha sentito parlare di un

business plan era cinque anni fa e ha sentito per edin visita nella prima cosa che ho chiesto

è “perchè fate questa cosa? Non è più importante parlare con le persone sul territorio

a capire se quello che si vuole fare veramente ha un senso invece di passare 37 agendo con

merito un finanziatore?” Ma l'altra molto importante per esempio è un pò più si collega

diciamo un po di più alle mie passioni viene da alcune anche nozioni di neurologia in europa

la siccità noi sappiamo che il nostro cervello è è molto plastico soprattutto nei primi

20-25 anni di vita ma poi continua a essere plastico, soprattutto in personalità e le

persone che ricercano modi di apprendere sempre o imparare cose nuove o creare cose nuove.

E da un punto di vista neurologico e neuroplastico la cosa interessante è che quello che ci

diciamo, quello che ci chiediamo, è un pò come se settassimo nel nostro cervello una

notifica. Noi diciamo ok io non posso. Noi stiamo dicendo il nostro cervello di confermarci

e trovare tutte le conferme possibile nostra nella nostra realtà o sui media piuttosto

che, del perché io non posso. Se invece rigiriamo quella domanda e iniziamo a chiederci che

il perché non io il cervello inizierà a cercare da un punto di vista litri frontal

cortex perché sì, quali sono tutti gli altri elementi tutti gli altri esempi che invece

confermano che si noi possiamo. Quindi una delle domande resta quella e ho iniziato a

girarla al contrario proprio perché mi sono resa conto che non volevo più dare quei cerchi

comandi non voleva più avere l'attenzione sul fatto che non si può. Sì che si può

e se mancano i tragitti..spianeremo quello che ci sarà da spianare per creare quei cammini.

C: Mi piace moltissimo questa questa questo cambio di prospettiva che mi fa venire in

mente come la mente non faccia distinzione fra quello che è reale e quello che è immaginato

quindi che è un po quello che dici che ci stava dicendo pochi secondi fa, per cui le

reazioni chimiche sono le stesse sta a noi poi decidere se vogliamo crogiolarsi nella

nell'idea che possiamo farcela o piangerci addosso e affondare nell'idea che invece non

siamo portate per riuscirci. E in effetti senza queste fondamenta non c'è finanziatore

o business plan che vecchio possa tenere.

M: Esattamente oppure sì però lì dove troviamo a queste persone ma che si autoconvincono

così tanto che devono fare qualcosa per dimostrare il loro valore ad altri e seguendo lo scripto

il formato o la ricetta di altre persone, che quelle stesse domande interne o quegli

stessi dialoghi interni si trasformano nelle voci di altre persone che realmente oa livello

immaginario ci dicono o noi pensiamo che vogliano, che non si vada in una direzione piuttosto

che un'altra. Quindi assolutamente, per il nostro cervello, per il nostro sistema operativo,qualunque

cosa noi ci diciamo ma anche qualunque cosa noi decidiamo di ascoltare e di assumere come

verità intoccabile decide i livelli di energia e i livelli di capacità che otterremo per

poter fare una certa cosa piuttosto che un'altra.

C: Potentissima questa cosa. Poi è però una volta che hai gettato le fondamenta e

con un certo allenamento perché non è una cosa che fai dal giorno alla notte, ma devi

continuare a praticarla ti convinci il senso realistico perché poi hai detto ok adesso

dobbiamo spianare la strada a capire cosa devo fare, come farlo da dove partire.. Ti

convinci che ce la puoi fare, che cosa ti ha portato poi a scegliere quello che stai

facendo oggi? Come hai scelto a che cosa dedicarti, a quale progetto dedicare tutta la tua attenzione?

M: è stato decisamente un percorso interessante perché ho sempre avuto interessi molto diversi

tra loro. Quando giocavo a pallavolo ero la pecora nera perché facevo Belle Arti invece

di avere un day job che semplicemente mi permettesse giocare a pallavolo quando ero a Belle Arti

ero la pecora nera perché entravo parlando di politica, di movimenti sociali alla Occupy

Wall Street, quindi c'è voluto un pò per capire che è arrivato per me il momento,e

sentivo m questa necessità, di invece di stare spilucchiando qua e là cercando stimoli

da diverse parti fece ritrovare il mio posto nel mondo, ero arrivata a un livello di maturazione

o a una stagione mia personale per cui volevo dedicare o riunire queste cose in un progetto

mio, che oggi si chiama appunto Tecnologia ad Impatto Sociale o un progetto che a che

fare con quello che si chiama lo sviluppo sostenibile a livello internazionale come

tu dicevi anche prima. E per me, ci ho pensato poi negli anni e ci ho pensato anche prepararmi

a questa intervista, in realtà ho capito che io per primi otto anni di liceo scientifico

artistico, poi Belle Arti Brera poi vari anni facendo ricerca se questioni psicologiche,di

comunicazione, di neurologia e così via, mi sono resa conto che i miei riferimenti

non sono mai stati appunto il finanziatore o il business plan o il Zuckerberg di turno,ma

sono stati i filosofi e pensatori, i creativi, i pittori, i poeti, gli innovatori che hanno

fatto da un punto di vista culturale un movimento che poi ha portato allo sviluppo della nostra

società perché se ci pensiamo dal Rinascimento per esempio ma anche nell'Antica Grecia non

c'era questa separazione tra politica, scienza e innovazione e correnti di pensiero perché

tutte quante parlavano o rappresentavano le nostre narrative individuali e collettive

e ovviamente quando la sfera dello sviluppo individuale e la sfera dello sviluppo collettivo

si incontra, e quello è automatico che sia così, nessuno di noi vive in una scatolavuota

o isolamento totale quando la sfida dello sviluppo rurale e la sfera dello sviluppo

collettivo si incontrano lì è dove a seconda delle narrative noi possiamo creare una certa

realtà o un'altra. E oggi per esempio si parla di impatto sociale ma non è nulla di

diverso realmente, stiamo parlando di quali sono i diritti di un individuo, quali sono

le capacità o gli strumenti che noi diamo a disposizione a tutti gli individui del mondo

per esempio quasi fosse appunto un diritto umano e quali sono gli narrative di successo

collettive alle quali stiamo puntando. Di nuovo ai nostri cervelli che cosa stiamo dicendo

che è possibile o impossibile? Stiamo dicendo che per avere successo bisogna fare terra

bruciata intorno a noi, in modo tale che nessuno ci possa minacciare o nessuno ci possa contrastare

o competere con noi o stiamo cercando di creare una realtà dove veramente la prosperità

possa essere condivisa dove certi sistemi verticali e di sfruttamento dell'altro abbiamo

capito che se non ci servono più? E quindi oggi io mi dedico a casa l'impatto sociale

perché la mia più grande passione è questa cosa succede quando la sfera individuale incontra

quella collettiva, cosa cosa c'è lì in mezzo e quali sono i nostri modelli di riferimento,

per quello Impact On, come dicevi tu, è questa libreria a volte quando parlo italiano di

questo Giallo Zafferano delle ricette d'impatto. Invece di essere ricette di cibo che noi possiamo

cucinare a modo nostro e dandoli il nostro touch personale in tutto il mondo sono ricette

l'impatto sociale che hanno bisogno assolutamente del nostro contributo, della nostra prospettiva

e delle nostre individuale forma di crearle nella nostra proprio contesto ma che non è

molto diversa da quello che faremo per cucinare una cena. Quindi da lì arriva, dal concetto

di Rinascimento. Anzi dopo tanti anni all'estero credo che non ci sia mai stato un momento

storico più importante per iniziare a chiederci se non sia il caso di avere un altro Rinascimento

Italiano, se non possa essere ancora la nostra bella Italia o il nostro Sud Europa a sollevarsi

e alzarsi da questi tempi abbastanza oscuri da un punto di vista intellettuale e culturale

e dire che cos'altro è possibile esattamente come i nostri Ancestors hanno fatto quando

sono lentamente vitale loro appaia decimata dalle piaghe. Quindi mi sembra che sia lì

un pò dove dove io ritrovo le radici del perché faccio quello che faccio.

C: Quindi sei partita chiedendoti “Perché non io?” poi hai proseguito con “ok è

che cosa posso fare?”, da dove sei partita una volta che era chiaro quello che potevi

fare?

M: Allora sono partita e la mia più grande difficoltà è stato il fatto che quando ho

iniziato a capire che lo volevo fare non sentivo in Italia la possibilità o lo spazio per

farlo. Ovviamente, guardando la prospettiva bisogna ricordarci che nel 2011-2012 l'Italia

era nel suo peggior momento dopo il picco della crisi economica. Quindi non è una questione

né del mio essere donna, ne del mio nel contesto italiano ci sono molti fattori che hanno giocato

a favore o contro questa mia prospettiva. Quindi la prima cosa che ho fatto per me è

che sentite importante trovare il modo di distanziare vediamo contesto in cui sentivo

di non poter pensare in modo sano. Amo l'Italia sono italiana tutto quello che faccio lo faccio

chiaramente dalle mie radici italianissime anche se all'estero pensano sempre che sia

olandese, altissima bionda giraffa, quindi nel mio caso è stato veramente nella necessità

di trovare uno spazio dove io potessi pensare in modo un pò più sano, quindi prendere

le distanze da quelle che io sentivo come pressioni o come domande o richieste o esigenze

dall'esterno, per poter trovare la mia propria voce, in tutto quel gran coro di voci che

sentiamo sempre nella nostra testa. Nel mio caso sono andata in Latino America la mia

storia include quasi cinque anni in LatinoAmerica a partire dal 2014. Quindi ho iniziato a cercare

non solo quello spazio più sano e diverso stimolante anche è assolutamente una sfida

perché comunque stiamo parlando di un contesto molto diverso da quello europeo e l'intento

trovare riferimenti diversi. Io non avevo esempi di qualcuno che ce l'avesse fatta senza

seguire il sentiero comune o il sentiero che tutti sentiamo parlare quindi non potevo rimanere

un contesto dove l'unica narrativa possibile, o l'unica conversazione che si potesse avere

dovesse per forza essere quella.

C: Quindi possiamo dire che poi questi viaggi sono stati un catalizzatore per lo sviluppo

del tuo progetto anche perché ti hanno dato la possibilità di vedere dei progetti di

impatto sociale e ambientale esistenti e da lì poi l'idea di replicarli altrove o come

come è nato poi tutta l'idea di scalabilità del progetto ecco?

M: Quella storia ha molto a che fare con l'Italia in realtà perché io ho iniziato a pensare

a questa cosa dei blue print o delle ricette ad impatto sociale che altri potessero usare

in qualunque parte del mondo tra il 2015 e il 2016. Io ero in Cile, ero già in Latino

America, stavo già dicendo a me stessa ok andiamo a toglierci questa sete di curiosità,

andiamo a vedere altre realtà, anche locali a mio proprio rischio e pericolo perché non

avevo nessun tipo di in rete ho nessun tipo di materasso sul quale cadere in Cile e in

Latino America. nel 2015 per me è stato un pò momento c'è un primo e solo dopo per

me perché il 2015 noi come Europa e come Italia abbiamo iniziato a vedere la crisi

i rifugiati quindi un incremento delle crisi umanitarie più importanti e più pesanti

degli ultimi anni arrivare alle nostre spiagge allevare a casa nostra e ci siamo dovuti scontrare,

e soprattutto la nostra generazione di millennial,con l'ennesima e forse definitiva conferma dell'incapacità

istituzionale di rispondere a questo tipo di crisi in modo onorevole. Perché non sto

dicendo che non ci sono stati tentativi non sto dicendo che non ci siano stati migliaia

di persone di europei che hanno voluto prendere un certo tipo tipo sistemi in ma fondamentalmente

da un punto di vista di prospettiva più ampia abbiamo fallito e continuiamo a fallire. E

non perché non ci interessa ma forse per l'incapacità di rivedere che gli strumenti

che stiamo usando nostro più con i corretti o i più efficaci. Quindi nel 2015 quando

ero letteralmente nei paesi più lontani possibile dall'Italia perché il Cile è più o meno

15.000 km ho iniziato a vedere l'Europa crollare sotto il peso di questa crisi e ho sentito

un richiamo personale molto importante come “con il tornare a casa”. Ripeto, io non

ho un background in scienze sociali non ha fatto scienze politiche internazionali quindi

nessuno o immagine su una fondazione o nessun corpo delle nazioni unite ne avrebbe presa

come volontaria. Con gli anni scoperto che realtà questo ha giocato a mio favore perché

come volontaria ti permettono di stare solo tre settimane in un certo territorio, quindi

nel momento in cui ti rendi conto di cose che non hai fatto bene ti chiedo di andartene.

Quindi la mia indipendenza non voler fare le cose un po più a modo mio a parte essere

un po un filo conduttore di tutta la mia vita si è si è confermato essere cosa che ha

giocato in vantaggio. Quindi nel 2015 quando iniziato avere questa grande urgenza ho deciso

di tornare in Europa. Sono stata in Grecia,sono stata alla frontiera tra la Grecia e i Balcani,

un filo l'Ex Macedonia e sono stata poi in Italia, per cercare di capire perché tante

persone volessero fare qualcosa per questa crisi e volessero onestamente essere porto

sicuro per queste persone e perché non ce la fa non ce lo stavamo facendo e da lì era

soprattutto in Grecia, nel giorno mio compleanno, mi ricordo -3 ai domini è un gran casino

internazionale per la questione della Germania quando Angela Merkel ha deciso di ritrattare

una questione di programma rifugiati,mi ricordo che alcuni dei cittadini locali dei villaggi

nei paesini che sono vicino alla frontiera con Ex Macedonia hanno iniziato a chiedermi,

era riconosciuta come ragazza da Latino America, hanno iniziato a chiedermi se ci fossero dei

progetti che io conoscevo del Latino America che stessero funzionando in Favelas o in settlements

quindi in contesti vulnerabili che si potessero semplicemente replicare e adattare lì dov'erano

loro. Emi ricordo chiedere “Perché? Perché non possiamo creare qualcosa noi?” e la

loro risposta è stata “Perchè è tutto così pesante e complesso che non possiamo

pensare”.Quindi poter contare su un modello o bluprint, o una ricetta come oggi lo chiamiamo

noi in Impact On, ci permetterebbe quell'aspetto di passaggio e di sblocco al non posso, non

so come fare, non so come iniziare al sì posso, capisco questa ricetta, immediatamente

vedo come posso fare nel mio proprio territorio. Quindi tra la fine 2015-2016 è stato per

me un pò un momento di epifania dove ho capito che forse quelle narrative intellettuali filosofiche

e veramente di sviluppo individuale-collettivo oggi uno dei formati che si potrebbero usare

sono anche di progetti dove le persone si possono ritrovare non solo con tutte le capacità

per rispondere alle sfide che vedono intorno a loro ma capire che lo possono fare anche

meglio e in modo ancora più efficace delle ricette che hanno avuto come riferimento.

C: Diventa quasi una sorta di gara virtuosa, ok prendo il tuo modello però provo a farlo

meglio bellissimo questo perché una delle domande che avevo per terra proprio se l'idea

di proporre dei modelli da altri paesi fosse magari stata accolta con un certo scetticismo

da quelli in cui venivano portati, della serie “ah! ha funzionato per loro ma per noi,per

tutta una serie di ragioni non può funzionare!”. Quindi se avessi fatto i conti con un atteggiamento

un pò fatalista ma invece sono stati loro stessi a proporti, a farti questa domanda.

M: In quel caso sì. In realtà uno dei miei timori principali quando ho iniziato a fare

questo progetto è proprio il fatto che da ambedue le parti ci potessero essere le resistenze.

Da una parte “perché dovrei condividere il mio progetto con qualcuno in altro territorio”,quindi

un pò il modello e gol tra egocentrico che conosciamo da un punto di vista prettamente

imprenditoriale nel senso negativo, l'imprenditoria non è negativa di per sé ovviamente. E dall'altra“perché

dovrei usare una ricetta che arriva dal Messico e io sono in Vietnam” quindi in realtà

quelli erano timori che anche dal punto di vista puramente sociologico - psicologico

io sicuramente avevo, che però non si sono rivelati così forti come io magari mi aspettavo.Mi

sono chiesta e credo che mi chiedo al giorno d'oggi, quale sia il cambio forse di coscienza

a cui stiamo in qualche modo che ci stiamo trovando davanti perché sicuramente chi ha

creato un progetto e magari ha investito tre cinque dieci anni il progetto sicuramente

vuole un riconoscimento, vuole un credito, vuole un ritorno economico, ci possono essere

diverse cose. Ma io credo che chiunque oggi decida di fare un progetto per il benessere

proprio degli altri a un certo punto a qualche livello dentro di sé c'è un'urgenza maggiore

a permettere a tutti virtualmente di poterlo usare piuttosto che “è il mio lo tengo

io le voglio fare io”. Anche perché onestamente un progetto quasi sempre non può scalare

da una località a tutte località dove è necessario, soprattutto se stiamo parlando

di impatto sociale perché la struttura di costi perché logistica, perché culture diverse,perché

lingua diversa. Quindi credo che ci sia un click interno che stiamo avendo a livello

collettivo rispetto al fatto di dire “ok, questa cosa funziona per me, questa ricetta

mi è piaciuta, lo facciamo tutti con la questione del cibo, lo facciamo tutti con la questione

di pratiche di benessere”. Se ha fatto bene ma fondamentalmente infondo a me vorrei che

facesse bene anche agli altri. Chiaramente se si può trovare un win-win è meglio, credo

che quello un pò il gran cambio collettivo a cui stiamo arrivando da un punto di vista

proprio filosofico quasi.

C: Al quale siamo finalmente pronti, mi verrebbe da dire. Ascolta Margherita tu mi dicevi che

non hai chiesto finanziamenti quindi la domanda mi sorge spontanea: con che risorse sei partita,

come le hai trovate, come le continui a trovare?

M: Si è stato decisamente una scelta dura perché purtroppo o per fortuna la narrativa

del fatto che noi donne stiamo entrando e stiamo diventando sempre più attive nel mondo

dell'imprenditoria oggi fa sì che un'impresa fondata da una donna con un team quasi tutto

al femminile diventa un pò un unicorno, diventa un pò un unicorno che gli investitori o altre

istituzioni vogliono più per una pressione di comunicazione di branding, che effettivamente

perché sono interessati a capire cosa vogliamo fare e come lo vogliamo fare e essere parte

di quella avventura con noi. Ovviamente queste sono state anche le mie esperienze, nel senso

che la scelta di non prendere finanziamenti è stata una scelta anche di ideali per poter

dare priorità a una libertà nostra del team rispetto a una volontà di un finanziatore.Un

finanziatore nel momento in cui tira fuori i soldi ed entra in equity nella tua impresa

ha un obiettivo e può essere e ci sono tantissimi finanziatori lungimiranti con ottimi valori

e che possono essere partiti ovviamente di progetti e di avventure bellissime, ma nel

momento in cui finanziatori entra con un interesse di ritorno economico quella sarà la sua priorità.

E questo progetto per me è nato ripeto da un background dalle Arti, della pallavolo,una

necessità che si possa avere e creare una realtà migliore individualmente in modo collettivo

quindi la mia priorità non sarà mai profit invece che d'impatto. Ovviamente la stiamo

facendo funzionare come impresa ovviamente siamo interessati a generare sempre di più

un valore anche economico ma se dovessi scegliere a qualcosa che fa il bene alle persone verso

o contro un aspetto economico non sarei a mio agio dovendo litigare o dovendo avere

un contrasto non risolvibile con qualcuno che invece vorrebbe dare priorità alla parte

economica. Quindi nel nostro caso è stata una scelta durissima come nel caso di chiunque

prenda delle posizioni simili alle nostre e alle mie di fondatrice del progetto, e quello

che abbiamo fatto è stato, nel mio caso, rimanere per esempio più tempo in Latino

America poter abbassare quello che si chiama il board rates, il tuo costo al mese o il

tuo costo all'anno, in modo tale che ti possa con meno risorse economiche fare lo stesso

tipo di lavoro o anche di più proprio per il fatto che non è così tanta urgenza, quindi

quello da una parte e dall'altra uscire un pò della narrativa start up tech, che ti

dice di avere i finanziamenti al secondo anno devi averne un altro e al terzo devi averne

un altro, perché quello è un copione o è uno script che funziona solo per certi progetti

ed è un copione che ovviamente è molto conosciuto, se ne parla molto ma soprattutto perché secondo

me riprende un pò il concetto di successo quasi americano, è tipico della Silicon Valley

e ci dobbiamo assolutamente ricordare è quasi un obbligo morale ricordarci che non è necessariamente

un ottimale per qualunque tipo di progetto con qualunque tipo di contesto socio culturale.Invece

che avere finanziamenti da 3 milioni, 20 milioni, 400 milioni ogni due anni che gli amici se

vogliamo che questo progetto sia indipendente, da un punto è stato dato intellettuale e

lui deve funzione con un'impresa, se deve funzione che un'impresa deve avere clienti

magari all'inizio faremo un prezzo troppo basso o ingresso rapporto ci diranno di no

o staremo cercando clienti in un posto invece in un altro posto. Quindi nel nostro caso

è stato un abbassare il burn rate e andare in posti dove questo processo di validazione

un processo di test potesse comunque funzionare potesse comunque essere fatto, senza dover

per forza sottostare alle volontà di fondamentalmente un partner economico che oggi da un punto

di vista legale, purtroppo, avrebbe molto più potrete nuovi nel dire che cosa si fa.

C: Nel momento in cui fatto questa scelta, ma probabilmente sarebbe accaduto comunque,ci

sono delle competenze che ti sei trovata a dover acquisire con fatica cioè nel senso

competenze per le quali essere donna si è rivelato uno svantaggio, che insomma hai faticato

ad acquisire?

M: Sicuramente ci sono stati tantissimi strumenti,metodologie, terminologie anche da un punto vista di posture

che sicuramente non erano familiari per me, che ho dovuto acquisire nel tempo e che in

un certo senso non volevo acquisire, perché non mi sono mai sembrate necessariamente sane.

Possiamo parlare dalla verticalità del pensare a certi sistemi in modo piramidale. Possiamo

parlare al fatto che appunto nel business “as usual” il profit va prima, il profit

è la priorità assoluta e non necessariamente d'impatto. O il fatto che per esempio noi

oggi parliamo di impatto sociale, di imprese con impatto sociale, pochissimi sanno che

è un modello che è stato creato in Italia, è stato solo ufficializzato in Inghilterra

ma noi italiani facciamo impresa sociale da ben prima che si chiamasse impresa sociale,

nel vero senso del termine.. e vedere come per esempio in molti ambiti in molti eventi,

in molti pannel,in molti gala di fund raising, il fare impatto era prima questione il branding

o di comunicazione piuttosto che una reale urgenza interna di realmente fare le cose

in modo diverso, di realmente mettere strumenti a disposizione della collettività in modo

tale che si possono creare realtà che sostenibili. Tutte queste mentalità finanziarie o del

business o dell'establishment della filantropia, per esempio, sono tutte posture o modelli

o valori che erano particolarmente lontani non solo dalla mia formazione ma dai miei

valori personali che ho dovuto recentemente a cui seguirà il tempo e ho visto essere

soprattutto posture maschili. Con questo non voglio dire che siano un maschi contro femmine,

con questo non voglio dire che non ci siano assolutamente e soprattutto nella filantropia

moltissime donne e fondazioni che mantengono quel sistema in piedi però so che mi sono

trovata dal punto di vista tecnologico o della finanza molto spesso e ti direi quasi troppo

spesso in pannel, in eventi o in stage solo di uomini e con questa particolare postura

di contrasto, di io contro te, noi contro loro, con vincere significa vincere contro

un altro, non c'è un concetto di quello che io chiamo di “Sisterhood”, non c'è un

concetto di possiamo vincere tutti se le cose vengono disegnate in un certo modo.

C: E quindi tu sei riuscita in qualche modo ad acquisire, più che ad acquisire, a conoscere

ecco quello che è appunto era un mondo che non necessario di cui non necessariamente

condividevi le dinamiche ed è stata quella conoscenza giusto condividevi come prima della

registrazione che ti ha permesso poi di proporre un modello alternativo giusto?

M: Si per me devo assolutamente fare una menzione il fatto che tutti noi o tutte noi nel momento

in cui decidiamo di fare un percorso di questo tipo bisogna per forza aspettarci che ci scontreremo

con qualche parete. Nel senso nel mio caso non è stato facile capire che quelle erano

le regole del gioco che quelle erano i valori di base che quel sistema era costruito con

solo quei valori e qualunque voce esterno normalmente veniva allontanata o spenta. Quindi

per me si è stato importante arrivare al punto ok voglio imparare veramente con funzione

queste regole del gioco ma quel momento è venuto dopo un gran un grande scontro è una

grande delusione personale nel non trovare le cose che per me dentro di meno erano in

qualche modo quasi ovvie. Quello prima, e poi appunto capire, una volta ritrovate le

forze, dopo il grande incontro con la parete nel mio caso cilena, soprattutto, un capire

che se confermavo con me stessa, come poi ho fatto ovviamente, la volontà e la necessità

di creare un'alternativa, quelle regole del gioco le dovevo imparare per due ragioni:

primo perché volevo essere nell'arena e per essere in quell'arena assolutamente devi capire

le regole del gioco almeno per capire come muoverti e come sopravvivere, come essere

parte della conversazione. Ma poi capire le regole gioco per cambiarle. E non necessariamente

per cambiarle con la stessa mentalità con cui magari possiamo pensare ai cambia le regole

del gioco perché non l'arrivo del gioco per poi sconfiggere tutti gli altri. Quello dipende

molto dal tipo di realtà che vogliamo creare se noi stiamo decidendo di creare un ponte

o una transizione verso un modello che veda vincere la collettività invece che un individuo

o pochi eletti, dobbiamo per forza impararele regole gioco perché quel tipo di gioco quel

tipo di obiettivo avrei bisogno di creare un'alternativa dove quelle stesse persone

sono coinvolte. Quindi imparare le regole del gioco è quasi come imparare una lingua

nuova e capire come avere la conversazione come comunque sederci allo stesso tavolo come

comunque avere quel tipo di confronti, da un punto di vista di confronto non distruttivo,

un confronto che viene da una chiarezza interna e da una postura estremamente ferma, estremamente

anche severa con certi valori che vogliamo difendere ma senza ricadere nell quindi devo

annullare l'altro ho quindi non ci voglio parlare, che è un po il grande problema della

grande polarità culturale e intellettuale che stiamo riconoscendo oggi, l'incapacità

di apprendere una lingua diversa, delle regole in gioco diverse per poter poi accompagnare

la trasformazione. Per me è stato fondamentale.

C: Quindi possiamo dire che alcune caratteristiche tipicamente femminili, poi qui non vogliamo

appunto fare polarismi, però tipicamente femminili che possono essere l'empatia possono

essere la sensibilità, ti sono venute incontro nel momento in cui dopo aver conosciuto le

regole del gioco hai cominciato a creare un ponte, un ponte comunicativo.

M: Assolutamente, la l'empatia la capacità di aggiustarci a diversi ambienti la residenza

il fatto che non ho ancora conosciuto nessuna donna che messe una situazione di pericolo

o messa una situazione d'emergenza, non sia riuscita tira fuori dalla borsa o dal cappello

magico cose con cui creare una soluzione dal nulla, quindi quell'aspetto creativo, l'aspetto

resiliente quell'aspetto del comunque si può fare quell aspetto dei in qualche modo ce

la facciamo ma anche e soprattutto quell'aspetto di Sisterhood fuori quell'aspetto di sorellanza

veramente unica che chiaramente ha il suo alto basso non come sempre come noi donne

possiamo essere veramente imbattibile quando ci vediamo che siamo anche essere estremamente

crudeli quando decidiamo di essere una contro l'altra. Nessuno estremo è buono e tutto

quello che ha una buona potenzialità per qualcosa di molto luminoso molto positivo

chiaramente può essere molto negativo se viene gestito male. Da un punto di vista didonne

credo che noi, non così spesso come mi piacerebbe, riconosciamo a noi stesse questa capacità

di essere resilienti e creative in un modo unico, che se oltretutto lo sommiamo al fatto

che possiamo esserlo insieme e fare fronte comune in un modo unico, che non conosce cultura

non conosce frontiere e non conosce nessun tipo di barriere, quello è il tipo di forza

che ho automaticamente incontrato nelle mie vene e che so che tutte le ascoltatrici in

questo momento che ci stanno ascoltando assolutamente hanno e assolutamente possono usare e che

giocano a nostro vantaggio.

C: Questo pensiero ti ti aiuta anche a così ritrovare la motivazione quando le cose non

vanno come previsto?

M: Si è ovviamente sì anche quale narrative che dicono che i vincitori non hanno mai dei

punti bassi nel loro percorso ci farà mai non è assolutamente vero. Credo che da qualche

anno ha finalmente si parli un po di più di del fatto che i fallimenti gli errori e

le scivolate sono parte di un percorso. Credo che noi donne siamo particolarmente brave

ad essere dure con noi stesse forse perché la realtà è sempre stata dura come stesse

da vari millenni e quindi non riusciamo ancora a distinguere le due cose ad avere una prospera

un pò più amorevole. Nel mio caso, oltretutto allenata come appunto atleta professionista,è

stato particolarmente difficile allenarmi invece nell'essere un pò più morbida, nell'essere

un pò più appunto amorevole e gentile con me stessa. Però sicuramente nei miei momenti

o nelle mie giornate un pò più buie quando cammino con questa nube nera in testa e ovviamente

si vede benissimo quando sono in queste situazioni o momenti, questa resilienza questa sorellanza,il

ricordarmi quante volte io con altri, con altre e grazie a altri e altre sono riuscita

a sollevarmi, a rialzarmi, è sicuramente un aspetto molto importante, perché a volte

ci dimentichiamo che non credo tu l'abbia detto, non è necessariamente quante volte

cadi ma quante volte ti rialzi, giusto?

C: Giustissimo! Hai anche una un suggerimento pratico da mettere nella cassetta degli attrezzi

per che ti senti di dare soprattutto alle donne imprenditrici o aspiranti tali quando

le cose non vanno come previsto?

M: Sicuramente sicuramente. Io credo che nessun progetto creativo imprenditoriale esista senza

che ci siano intoppi, resistenze, rifiuti e dei grandi no, che a volte bruciano tanto,perché

a volte arrivano veramente da realtà o da persone che non ti aspettavi avrebbero o avrebbero

assunto una certa postura. C'è un concetto molto importante che ho trovato particolarmente

Imprenditrici si Diventa: e non è troppo tardi! - YouTube Women Entrepreneurs Become: and it's not too late! - YouTube Las mujeres empresarias se convierten: ¡y no es demasiado tarde! - YouTube Kobiety stają się przedsiębiorcami: i nie jest za późno! - YouTube

Ciao sono Cecilia Sardeo, fondatrice di BizAcademy. Ti do come sempre il benvenuto ad un'altra

puntata di Impact Girl. Questa puntata è ideale per te se stai pensando di lanciare

la tua attività imprenditoriale ma non ti senti proprio all'altezza. Prima di entrare nel

cuore della nostra puntata ti ricordo come sempre di iscriverti al canale YouTube, se stai guardando

questo video da YouTube, soprattutto cliccando sulla solita campanellina che trovi accanto

al pulsante Iscriviti, oppure via mail, se stai guardando il podcast dalla pagina

Biz-Academy.it/podcast Mi raccomando solo in questo modo potrai evitare

di perderti tutti i più preziosi aggiornamenti di Impact Girl, cominciamo [Musica]

C: Benvenute ad una nuovissima puntata di Impact Girl, il podcast italiano dedicato

alla crescita professionale tutta al femminile. Oggi ragazze scopriremo che imprenditrici si diventa

e andremo a sfatare il mito secondo il quale noi donne non siamo fatte per questo mondo.

Lo faremo insieme a Margherita Pagani, fondatrice di Impact On, Ciao Margherita e benvenuta!

M: Grazie mille Cecilia, è un piacere mio essere qui!

C: Tu Margherita sei la massima espressione, mi piace definirti, di una donna ad alto impatto

e infatti con Impact On hai fondato -ce l'ho qui davanti- un'organizzazione che si concentra

solo ed esclusivamente sul trovare, analizzare e selezionare progetti d'impatto sociale ambientale

esistenti che siano anche efficaci, mettendoli poi a disposizione di altre realtà in tutto

il mondo, quindi perché possano replicarle in modo più rapido e veloce. E la tua intuizione

è funzionata al punto che nel 2018 finisci niente di meno che tra gli italiani under

thirty di maggior talento, gli italiani under 30 di maggior talento, su Forbes, però il

tuo background è molto variegato. Tu hai giocato a pallavolo credo a livelli notevoli,hai

studiato arte.. non sei quindi partita forse con questa idea di diventare un'imprenditrice

quando avevi cinque anni a un'idea che è arrivata nel tempo e quindi aiutaci a capire

da dove sei partita, che domande ti sei fatta in maniera tale che chi ci sta ascoltando

e sta pensando “vorrei partire ma non so da dove” possa avere una sorta di gps.

M: Allora tutto verissimo! Il mio background, la mia traiettoria, diciamo che non segue

le linee ufficiali infatti soprattutto in contesti internazionali e quando mi chiedono

che cosa ho studiato io rispondo “Fine Arts, Belle Arti” loro mi chiedono “Finance?” no no no “Fine Art”

ho veramente studiato Belle Arti a Brera e ho giocato a pallavolo fino

in B1 ho giocato 12 anni e definitivamente non arrivo da una famiglia dove il fare impresa

o l'essere imprenditori sia mai stato un riferimento particolare quindi per me è stato particolarmente

difficile quando negli anni mi sono resa conto che ero interessata al fare impresa, era interessata

a creare dei progetti miei ma tutte le realtà intorno a me mi dicevano che o mi mancava un

titolo o non era per donne o la tecnologia era tutta male first e quindi ci sono state tante

domande che ho iniziato ad ascoltare nella mia stessa testa prima che nella realtà che

mi circondava e che in qualche modo mi stavano frenando quindi ho iniziato tu mi chiedevi

"dove sei partita?" credo che chiunque voglia avere un progetto proprio e chiunque lo voglia

fare soprattutto rispondendo a un'urgenza personale della cosa, della situazione che

vogliamo creare si debba partire da se stessi. Quindi nel mio caso per partire la mia stessa

devo per forza a sedermi di fronte allo specchio sulla mia serie di fronte una pagina bianca

e capire quali domande avevo dentro e che cosa realmente ne stanno dicendo con rispetto

ai miei stessi pensieri e alle mie stesse paure. Per esempio una che è sempre stata

e a volte nei giorni difficili continua a essere un po un problema: “perché io perché

io ce la posso fare perché io posso fare questo progetto perché io dovrei avere successo

perché io” e quando ho iniziato a capire che tutte le domande io le potevo girare a

mio favore per esempio il perché io è diventato “perché no?” il famoso“why not “ perché

alla fine ci sono due cose molto importanti che negli anni ho imparato,scoperto, che le

persone mi hanno aiutato a scoprire. La prima per esempio che i riferimenti che abbiamo

ancora è stato e le storie di successo purtroppo per fortuna sono sempre un pò dei soliti

noti quindi il profilo pop o il profilo che riusciamo a ricondurre ai nostri è semplice

e anche quello che fondamentalmente mediaticamente chiama più l'attenzione o richiama un pò

più le attenzioni delle persone ma questo non significa che siano gli unici esempi esistenti

assolutamente no. Quindi hanno accordi o iniziasse chiedermi perché non io perché non una studentessa

di belle arti caso ho fatto pallavolo che la prima volta che ha sentito parlare di un

business plan era cinque anni fa e ha sentito per edin visita nella prima cosa che ho chiesto

è “perchè fate questa cosa? Non è più importante parlare con le persone sul territorio

a capire se quello che si vuole fare veramente ha un senso invece di passare 37 agendo con

merito un finanziatore?” Ma l'altra molto importante per esempio è un pò più si collega

diciamo un po di più alle mie passioni viene da alcune anche nozioni di neurologia in europa

la siccità noi sappiamo che il nostro cervello è è molto plastico soprattutto nei primi

20-25 anni di vita ma poi continua a essere plastico, soprattutto in personalità e le

persone che ricercano modi di apprendere sempre o imparare cose nuove o creare cose nuove.

E da un punto di vista neurologico e neuroplastico la cosa interessante è che quello che ci

diciamo, quello che ci chiediamo, è un pò come se settassimo nel nostro cervello una

notifica. Noi diciamo ok io non posso. Noi stiamo dicendo il nostro cervello di confermarci

e trovare tutte le conferme possibile nostra nella nostra realtà o sui media piuttosto

che, del perché io non posso. Se invece rigiriamo quella domanda e iniziamo a chiederci che

il perché non io il cervello inizierà a cercare da un punto di vista litri frontal

cortex perché sì, quali sono tutti gli altri elementi tutti gli altri esempi che invece

confermano che si noi possiamo. Quindi una delle domande resta quella e ho iniziato a

girarla al contrario proprio perché mi sono resa conto che non volevo più dare quei cerchi

comandi non voleva più avere l'attenzione sul fatto che non si può. Sì che si può

e se mancano i tragitti..spianeremo quello che ci sarà da spianare per creare quei cammini.

C: Mi piace moltissimo questa questa questo cambio di prospettiva che mi fa venire in

mente come la mente non faccia distinzione fra quello che è reale e quello che è immaginato

quindi che è un po quello che dici che ci stava dicendo pochi secondi fa, per cui le

reazioni chimiche sono le stesse sta a noi poi decidere se vogliamo crogiolarsi nella

nell'idea che possiamo farcela o piangerci addosso e affondare nell'idea che invece non

siamo portate per riuscirci. E in effetti senza queste fondamenta non c'è finanziatore

o business plan che vecchio possa tenere.

M: Esattamente oppure sì però lì dove troviamo a queste persone ma che si autoconvincono

così tanto che devono fare qualcosa per dimostrare il loro valore ad altri e seguendo lo scripto

il formato o la ricetta di altre persone, che quelle stesse domande interne o quegli

stessi dialoghi interni si trasformano nelle voci di altre persone che realmente oa livello

immaginario ci dicono o noi pensiamo che vogliano, che non si vada in una direzione piuttosto

che un'altra. Quindi assolutamente, per il nostro cervello, per il nostro sistema operativo,qualunque

cosa noi ci diciamo ma anche qualunque cosa noi decidiamo di ascoltare e di assumere come

verità intoccabile decide i livelli di energia e i livelli di capacità che otterremo per

poter fare una certa cosa piuttosto che un'altra.

C: Potentissima questa cosa. Poi è però una volta che hai gettato le fondamenta e

con un certo allenamento perché non è una cosa che fai dal giorno alla notte, ma devi

continuare a praticarla ti convinci il senso realistico perché poi hai detto ok adesso

dobbiamo spianare la strada a capire cosa devo fare, come farlo da dove partire.. Ti

convinci che ce la puoi fare, che cosa ti ha portato poi a scegliere quello che stai

facendo oggi? Come hai scelto a che cosa dedicarti, a quale progetto dedicare tutta la tua attenzione?

M: è stato decisamente un percorso interessante perché ho sempre avuto interessi molto diversi

tra loro. Quando giocavo a pallavolo ero la pecora nera perché facevo Belle Arti invece

di avere un day job che semplicemente mi permettesse giocare a pallavolo quando ero a Belle Arti

ero la pecora nera perché entravo parlando di politica, di movimenti sociali alla Occupy

Wall Street, quindi c'è voluto un pò per capire che è arrivato per me il momento,e

sentivo m questa necessità, di invece di stare spilucchiando qua e là cercando stimoli

da diverse parti fece ritrovare il mio posto nel mondo, ero arrivata a un livello di maturazione

o a una stagione mia personale per cui volevo dedicare o riunire queste cose in un progetto

mio, che oggi si chiama appunto Tecnologia ad Impatto Sociale o un progetto che a che

fare con quello che si chiama lo sviluppo sostenibile a livello internazionale come

tu dicevi anche prima. E per me, ci ho pensato poi negli anni e ci ho pensato anche prepararmi

a questa intervista, in realtà ho capito che io per primi otto anni di liceo scientifico

artistico, poi Belle Arti Brera poi vari anni facendo ricerca se questioni psicologiche,di

comunicazione, di neurologia e così via, mi sono resa conto che i miei riferimenti

non sono mai stati appunto il finanziatore o il business plan o il Zuckerberg di turno,ma

sono stati i filosofi e pensatori, i creativi, i pittori, i poeti, gli innovatori che hanno

fatto da un punto di vista culturale un movimento che poi ha portato allo sviluppo della nostra

società perché se ci pensiamo dal Rinascimento per esempio ma anche nell'Antica Grecia non

c'era questa separazione tra politica, scienza e innovazione e correnti di pensiero perché

tutte quante parlavano o rappresentavano le nostre narrative individuali e collettive

e ovviamente quando la sfera dello sviluppo individuale e la sfera dello sviluppo collettivo

si incontra, e quello è automatico che sia così, nessuno di noi vive in una scatolavuota

o isolamento totale quando la sfida dello sviluppo rurale e la sfera dello sviluppo

collettivo si incontrano lì è dove a seconda delle narrative noi possiamo creare una certa

realtà o un'altra. E oggi per esempio si parla di impatto sociale ma non è nulla di

diverso realmente, stiamo parlando di quali sono i diritti di un individuo, quali sono

le capacità o gli strumenti che noi diamo a disposizione a tutti gli individui del mondo

per esempio quasi fosse appunto un diritto umano e quali sono gli narrative di successo

collettive alle quali stiamo puntando. Di nuovo ai nostri cervelli che cosa stiamo dicendo

che è possibile o impossibile? Stiamo dicendo che per avere successo bisogna fare terra

bruciata intorno a noi, in modo tale che nessuno ci possa minacciare o nessuno ci possa contrastare

o competere con noi o stiamo cercando di creare una realtà dove veramente la prosperità

possa essere condivisa dove certi sistemi verticali e di sfruttamento dell'altro abbiamo

capito che se non ci servono più? E quindi oggi io mi dedico a casa l'impatto sociale

perché la mia più grande passione è questa cosa succede quando la sfera individuale incontra

quella collettiva, cosa cosa c'è lì in mezzo e quali sono i nostri modelli di riferimento,

per quello Impact On, come dicevi tu, è questa libreria a volte quando parlo italiano di

questo Giallo Zafferano delle ricette d'impatto. Invece di essere ricette di cibo che noi possiamo

cucinare a modo nostro e dandoli il nostro touch personale in tutto il mondo sono ricette

l'impatto sociale che hanno bisogno assolutamente del nostro contributo, della nostra prospettiva

e delle nostre individuale forma di crearle nella nostra proprio contesto ma che non è

molto diversa da quello che faremo per cucinare una cena. Quindi da lì arriva, dal concetto

di Rinascimento. Anzi dopo tanti anni all'estero credo che non ci sia mai stato un momento

storico più importante per iniziare a chiederci se non sia il caso di avere un altro Rinascimento

Italiano, se non possa essere ancora la nostra bella Italia o il nostro Sud Europa a sollevarsi

e alzarsi da questi tempi abbastanza oscuri da un punto di vista intellettuale e culturale

e dire che cos'altro è possibile esattamente come i nostri Ancestors hanno fatto quando

sono lentamente vitale loro appaia decimata dalle piaghe. Quindi mi sembra che sia lì

un pò dove dove io ritrovo le radici del perché faccio quello che faccio.

C: Quindi sei partita chiedendoti “Perché non io?” poi hai proseguito con “ok è

che cosa posso fare?”, da dove sei partita una volta che era chiaro quello che potevi

fare?

M: Allora sono partita e la mia più grande difficoltà è stato il fatto che quando ho

iniziato a capire che lo volevo fare non sentivo in Italia la possibilità o lo spazio per

farlo. Ovviamente, guardando la prospettiva bisogna ricordarci che nel 2011-2012 l'Italia

era nel suo peggior momento dopo il picco della crisi economica. Quindi non è una questione

né del mio essere donna, ne del mio nel contesto italiano ci sono molti fattori che hanno giocato

a favore o contro questa mia prospettiva. Quindi la prima cosa che ho fatto per me è

che sentite importante trovare il modo di distanziare vediamo contesto in cui sentivo

di non poter pensare in modo sano. Amo l'Italia sono italiana tutto quello che faccio lo faccio

chiaramente dalle mie radici italianissime anche se all'estero pensano sempre che sia

olandese, altissima bionda giraffa, quindi nel mio caso è stato veramente nella necessità

di trovare uno spazio dove io potessi pensare in modo un pò più sano, quindi prendere

le distanze da quelle che io sentivo come pressioni o come domande o richieste o esigenze

dall'esterno, per poter trovare la mia propria voce, in tutto quel gran coro di voci che

sentiamo sempre nella nostra testa. Nel mio caso sono andata in Latino America la mia

storia include quasi cinque anni in LatinoAmerica a partire dal 2014. Quindi ho iniziato a cercare

non solo quello spazio più sano e diverso stimolante anche è assolutamente una sfida

perché comunque stiamo parlando di un contesto molto diverso da quello europeo e l'intento

trovare riferimenti diversi. Io non avevo esempi di qualcuno che ce l'avesse fatta senza

seguire il sentiero comune o il sentiero che tutti sentiamo parlare quindi non potevo rimanere

un contesto dove l'unica narrativa possibile, o l'unica conversazione che si potesse avere

dovesse per forza essere quella.

C: Quindi possiamo dire che poi questi viaggi sono stati un catalizzatore per lo sviluppo

del tuo progetto anche perché ti hanno dato la possibilità di vedere dei progetti di

impatto sociale e ambientale esistenti e da lì poi l'idea di replicarli altrove o come

come è nato poi tutta l'idea di scalabilità del progetto ecco?

M: Quella storia ha molto a che fare con l'Italia in realtà perché io ho iniziato a pensare

a questa cosa dei blue print o delle ricette ad impatto sociale che altri potessero usare

in qualunque parte del mondo tra il 2015 e il 2016. Io ero in Cile, ero già in Latino

America, stavo già dicendo a me stessa ok andiamo a toglierci questa sete di curiosità,

andiamo a vedere altre realtà, anche locali a mio proprio rischio e pericolo perché non

avevo nessun tipo di in rete ho nessun tipo di materasso sul quale cadere in Cile e in

Latino America. nel 2015 per me è stato un pò momento c'è un primo e solo dopo per

me perché il 2015 noi come Europa e come Italia abbiamo iniziato a vedere la crisi

i rifugiati quindi un incremento delle crisi umanitarie più importanti e più pesanti

degli ultimi anni arrivare alle nostre spiagge allevare a casa nostra e ci siamo dovuti scontrare,

e soprattutto la nostra generazione di millennial,con l'ennesima e forse definitiva conferma dell'incapacità

istituzionale di rispondere a questo tipo di crisi in modo onorevole. Perché non sto

dicendo che non ci sono stati tentativi non sto dicendo che non ci siano stati migliaia

di persone di europei che hanno voluto prendere un certo tipo tipo sistemi in ma fondamentalmente

da un punto di vista di prospettiva più ampia abbiamo fallito e continuiamo a fallire. E

non perché non ci interessa ma forse per l'incapacità di rivedere che gli strumenti

che stiamo usando nostro più con i corretti o i più efficaci. Quindi nel 2015 quando

ero letteralmente nei paesi più lontani possibile dall'Italia perché il Cile è più o meno

15.000 km ho iniziato a vedere l'Europa crollare sotto il peso di questa crisi e ho sentito

un richiamo personale molto importante come “con il tornare a casa”. Ripeto, io non

ho un background in scienze sociali non ha fatto scienze politiche internazionali quindi

nessuno o immagine su una fondazione o nessun corpo delle nazioni unite ne avrebbe presa

come volontaria. Con gli anni scoperto che realtà questo ha giocato a mio favore perché

come volontaria ti permettono di stare solo tre settimane in un certo territorio, quindi

nel momento in cui ti rendi conto di cose che non hai fatto bene ti chiedo di andartene.

Quindi la mia indipendenza non voler fare le cose un po più a modo mio a parte essere

un po un filo conduttore di tutta la mia vita si è si è confermato essere cosa che ha

giocato in vantaggio. Quindi nel 2015 quando iniziato avere questa grande urgenza ho deciso

di tornare in Europa. Sono stata in Grecia,sono stata alla frontiera tra la Grecia e i Balcani,

un filo l'Ex Macedonia e sono stata poi in Italia, per cercare di capire perché tante

persone volessero fare qualcosa per questa crisi e volessero onestamente essere porto

sicuro per queste persone e perché non ce la fa non ce lo stavamo facendo e da lì era

soprattutto in Grecia, nel giorno mio compleanno, mi ricordo -3 ai domini è un gran casino

internazionale per la questione della Germania quando Angela Merkel ha deciso di ritrattare

una questione di programma rifugiati,mi ricordo che alcuni dei cittadini locali dei villaggi

nei paesini che sono vicino alla frontiera con Ex Macedonia hanno iniziato a chiedermi,

era riconosciuta come ragazza da Latino America, hanno iniziato a chiedermi se ci fossero dei

progetti che io conoscevo del Latino America che stessero funzionando in Favelas o in settlements

quindi in contesti vulnerabili che si potessero semplicemente replicare e adattare lì dov'erano

loro. Emi ricordo chiedere “Perché? Perché non possiamo creare qualcosa noi?” e la

loro risposta è stata “Perchè è tutto così pesante e complesso che non possiamo

pensare”.Quindi poter contare su un modello o bluprint, o una ricetta come oggi lo chiamiamo

noi in Impact On, ci permetterebbe quell'aspetto di passaggio e di sblocco al non posso, non

so come fare, non so come iniziare al sì posso, capisco questa ricetta, immediatamente

vedo come posso fare nel mio proprio territorio. Quindi tra la fine 2015-2016 è stato per

me un pò un momento di epifania dove ho capito che forse quelle narrative intellettuali filosofiche

e veramente di sviluppo individuale-collettivo oggi uno dei formati che si potrebbero usare

sono anche di progetti dove le persone si possono ritrovare non solo con tutte le capacità

per rispondere alle sfide che vedono intorno a loro ma capire che lo possono fare anche

meglio e in modo ancora più efficace delle ricette che hanno avuto come riferimento.

C: Diventa quasi una sorta di gara virtuosa, ok prendo il tuo modello però provo a farlo

meglio bellissimo questo perché una delle domande che avevo per terra proprio se l'idea

di proporre dei modelli da altri paesi fosse magari stata accolta con un certo scetticismo

da quelli in cui venivano portati, della serie “ah! ha funzionato per loro ma per noi,per

tutta una serie di ragioni non può funzionare!”. Quindi se avessi fatto i conti con un atteggiamento

un pò fatalista ma invece sono stati loro stessi a proporti, a farti questa domanda.

M: In quel caso sì. In realtà uno dei miei timori principali quando ho iniziato a fare

questo progetto è proprio il fatto che da ambedue le parti ci potessero essere le resistenze.

Da una parte “perché dovrei condividere il mio progetto con qualcuno in altro territorio”,quindi

un pò il modello e gol tra egocentrico che conosciamo da un punto di vista prettamente

imprenditoriale nel senso negativo, l'imprenditoria non è negativa di per sé ovviamente. E dall'altra“perché

dovrei usare una ricetta che arriva dal Messico e io sono in Vietnam” quindi in realtà

quelli erano timori che anche dal punto di vista puramente sociologico - psicologico

io sicuramente avevo, che però non si sono rivelati così forti come io magari mi aspettavo.Mi

sono chiesta e credo che mi chiedo al giorno d'oggi, quale sia il cambio forse di coscienza

a cui stiamo in qualche modo che ci stiamo trovando davanti perché sicuramente chi ha

creato un progetto e magari ha investito tre cinque dieci anni il progetto sicuramente

vuole un riconoscimento, vuole un credito, vuole un ritorno economico, ci possono essere

diverse cose. Ma io credo che chiunque oggi decida di fare un progetto per il benessere

proprio degli altri a un certo punto a qualche livello dentro di sé c'è un'urgenza maggiore

a permettere a tutti virtualmente di poterlo usare piuttosto che “è il mio lo tengo

io le voglio fare io”. Anche perché onestamente un progetto quasi sempre non può scalare

da una località a tutte località dove è necessario, soprattutto se stiamo parlando

di impatto sociale perché la struttura di costi perché logistica, perché culture diverse,perché

lingua diversa. Quindi credo che ci sia un click interno che stiamo avendo a livello

collettivo rispetto al fatto di dire “ok, questa cosa funziona per me, questa ricetta

mi è piaciuta, lo facciamo tutti con la questione del cibo, lo facciamo tutti con la questione

di pratiche di benessere”. Se ha fatto bene ma fondamentalmente infondo a me vorrei che

facesse bene anche agli altri. Chiaramente se si può trovare un win-win è meglio, credo

che quello un pò il gran cambio collettivo a cui stiamo arrivando da un punto di vista

proprio filosofico quasi.

C: Al quale siamo finalmente pronti, mi verrebbe da dire. Ascolta Margherita tu mi dicevi che

non hai chiesto finanziamenti quindi la domanda mi sorge spontanea: con che risorse sei partita,

come le hai trovate, come le continui a trovare?

M: Si è stato decisamente una scelta dura perché purtroppo o per fortuna la narrativa

del fatto che noi donne stiamo entrando e stiamo diventando sempre più attive nel mondo

dell'imprenditoria oggi fa sì che un'impresa fondata da una donna con un team quasi tutto

al femminile diventa un pò un unicorno, diventa un pò un unicorno che gli investitori o altre

istituzioni vogliono più per una pressione di comunicazione di branding, che effettivamente

perché sono interessati a capire cosa vogliamo fare e come lo vogliamo fare e essere parte

di quella avventura con noi. Ovviamente queste sono state anche le mie esperienze, nel senso

che la scelta di non prendere finanziamenti è stata una scelta anche di ideali per poter

dare priorità a una libertà nostra del team rispetto a una volontà di un finanziatore.Un

finanziatore nel momento in cui tira fuori i soldi ed entra in equity nella tua impresa

ha un obiettivo e può essere e ci sono tantissimi finanziatori lungimiranti con ottimi valori

e che possono essere partiti ovviamente di progetti e di avventure bellissime, ma nel

momento in cui finanziatori entra con un interesse di ritorno economico quella sarà la sua priorità.

E questo progetto per me è nato ripeto da un background dalle Arti, della pallavolo,una

necessità che si possa avere e creare una realtà migliore individualmente in modo collettivo

quindi la mia priorità non sarà mai profit invece che d'impatto. Ovviamente la stiamo

facendo funzionare come impresa ovviamente siamo interessati a generare sempre di più

un valore anche economico ma se dovessi scegliere a qualcosa che fa il bene alle persone verso

o contro un aspetto economico non sarei a mio agio dovendo litigare o dovendo avere

un contrasto non risolvibile con qualcuno che invece vorrebbe dare priorità alla parte

economica. Quindi nel nostro caso è stata una scelta durissima come nel caso di chiunque

prenda delle posizioni simili alle nostre e alle mie di fondatrice del progetto, e quello

che abbiamo fatto è stato, nel mio caso, rimanere per esempio più tempo in Latino

America poter abbassare quello che si chiama il board rates, il tuo costo al mese o il

tuo costo all'anno, in modo tale che ti possa con meno risorse economiche fare lo stesso

tipo di lavoro o anche di più proprio per il fatto che non è così tanta urgenza, quindi

quello da una parte e dall'altra uscire un pò della narrativa start up tech, che ti

dice di avere i finanziamenti al secondo anno devi averne un altro e al terzo devi averne

un altro, perché quello è un copione o è uno script che funziona solo per certi progetti

ed è un copione che ovviamente è molto conosciuto, se ne parla molto ma soprattutto perché secondo

me riprende un pò il concetto di successo quasi americano, è tipico della Silicon Valley

e ci dobbiamo assolutamente ricordare è quasi un obbligo morale ricordarci che non è necessariamente

un ottimale per qualunque tipo di progetto con qualunque tipo di contesto socio culturale.Invece

che avere finanziamenti da 3 milioni, 20 milioni, 400 milioni ogni due anni che gli amici se

vogliamo che questo progetto sia indipendente, da un punto è stato dato intellettuale e

lui deve funzione con un'impresa, se deve funzione che un'impresa deve avere clienti

magari all'inizio faremo un prezzo troppo basso o ingresso rapporto ci diranno di no

o staremo cercando clienti in un posto invece in un altro posto. Quindi nel nostro caso

è stato un abbassare il burn rate e andare in posti dove questo processo di validazione

un processo di test potesse comunque funzionare potesse comunque essere fatto, senza dover

per forza sottostare alle volontà di fondamentalmente un partner economico che oggi da un punto

di vista legale, purtroppo, avrebbe molto più potrete nuovi nel dire che cosa si fa.

C: Nel momento in cui fatto questa scelta, ma probabilmente sarebbe accaduto comunque,ci

sono delle competenze che ti sei trovata a dover acquisire con fatica cioè nel senso

competenze per le quali essere donna si è rivelato uno svantaggio, che insomma hai faticato

ad acquisire?

M: Sicuramente ci sono stati tantissimi strumenti,metodologie, terminologie anche da un punto vista di posture

che sicuramente non erano familiari per me, che ho dovuto acquisire nel tempo e che in

un certo senso non volevo acquisire, perché non mi sono mai sembrate necessariamente sane.

Possiamo parlare dalla verticalità del pensare a certi sistemi in modo piramidale. Possiamo

parlare al fatto che appunto nel business “as usual” il profit va prima, il profit

è la priorità assoluta e non necessariamente d'impatto. O il fatto che per esempio noi

oggi parliamo di impatto sociale, di imprese con impatto sociale, pochissimi sanno che

è un modello che è stato creato in Italia, è stato solo ufficializzato in Inghilterra

ma noi italiani facciamo impresa sociale da ben prima che si chiamasse impresa sociale,

nel vero senso del termine.. e vedere come per esempio in molti ambiti in molti eventi,

in molti pannel,in molti gala di fund raising, il fare impatto era prima questione il branding

o di comunicazione piuttosto che una reale urgenza interna di realmente fare le cose

in modo diverso, di realmente mettere strumenti a disposizione della collettività in modo

tale che si possono creare realtà che sostenibili. Tutte queste mentalità finanziarie o del

business o dell'establishment della filantropia, per esempio, sono tutte posture o modelli

o valori che erano particolarmente lontani non solo dalla mia formazione ma dai miei

valori personali che ho dovuto recentemente a cui seguirà il tempo e ho visto essere

soprattutto posture maschili. Con questo non voglio dire che siano un maschi contro femmine,

con questo non voglio dire che non ci siano assolutamente e soprattutto nella filantropia

moltissime donne e fondazioni che mantengono quel sistema in piedi però so che mi sono

trovata dal punto di vista tecnologico o della finanza molto spesso e ti direi quasi troppo

spesso in pannel, in eventi o in stage solo di uomini e con questa particolare postura

di contrasto, di io contro te, noi contro loro, con vincere significa vincere contro

un altro, non c'è un concetto di quello che io chiamo di “Sisterhood”, non c'è un

concetto di possiamo vincere tutti se le cose vengono disegnate in un certo modo.

C: E quindi tu sei riuscita in qualche modo ad acquisire, più che ad acquisire, a conoscere

ecco quello che è appunto era un mondo che non necessario di cui non necessariamente

condividevi le dinamiche ed è stata quella conoscenza giusto condividevi come prima della

registrazione che ti ha permesso poi di proporre un modello alternativo giusto?

M: Si per me devo assolutamente fare una menzione il fatto che tutti noi o tutte noi nel momento

in cui decidiamo di fare un percorso di questo tipo bisogna per forza aspettarci che ci scontreremo

con qualche parete. Nel senso nel mio caso non è stato facile capire che quelle erano

le regole del gioco che quelle erano i valori di base che quel sistema era costruito con

solo quei valori e qualunque voce esterno normalmente veniva allontanata o spenta. Quindi

per me si è stato importante arrivare al punto ok voglio imparare veramente con funzione

queste regole del gioco ma quel momento è venuto dopo un gran un grande scontro è una

grande delusione personale nel non trovare le cose che per me dentro di meno erano in

qualche modo quasi ovvie. Quello prima, e poi appunto capire, una volta ritrovate le

forze, dopo il grande incontro con la parete nel mio caso cilena, soprattutto, un capire

che se confermavo con me stessa, come poi ho fatto ovviamente, la volontà e la necessità

di creare un'alternativa, quelle regole del gioco le dovevo imparare per due ragioni:

primo perché volevo essere nell'arena e per essere in quell'arena assolutamente devi capire

le regole del gioco almeno per capire come muoverti e come sopravvivere, come essere

parte della conversazione. Ma poi capire le regole gioco per cambiarle. E non necessariamente

per cambiarle con la stessa mentalità con cui magari possiamo pensare ai cambia le regole

del gioco perché non l'arrivo del gioco per poi sconfiggere tutti gli altri. Quello dipende

molto dal tipo di realtà che vogliamo creare se noi stiamo decidendo di creare un ponte

o una transizione verso un modello che veda vincere la collettività invece che un individuo

o pochi eletti, dobbiamo per forza impararele regole gioco perché quel tipo di gioco quel

tipo di obiettivo avrei bisogno di creare un'alternativa dove quelle stesse persone

sono coinvolte. Quindi imparare le regole del gioco è quasi come imparare una lingua

nuova e capire come avere la conversazione come comunque sederci allo stesso tavolo come

comunque avere quel tipo di confronti, da un punto di vista di confronto non distruttivo,

un confronto che viene da una chiarezza interna e da una postura estremamente ferma, estremamente

anche severa con certi valori che vogliamo difendere ma senza ricadere nell quindi devo

annullare l'altro ho quindi non ci voglio parlare, che è un po il grande problema della

grande polarità culturale e intellettuale che stiamo riconoscendo oggi, l'incapacità

di apprendere una lingua diversa, delle regole in gioco diverse per poter poi accompagnare

la trasformazione. Per me è stato fondamentale.

C: Quindi possiamo dire che alcune caratteristiche tipicamente femminili, poi qui non vogliamo

appunto fare polarismi, però tipicamente femminili che possono essere l'empatia possono

essere la sensibilità, ti sono venute incontro nel momento in cui dopo aver conosciuto le

regole del gioco hai cominciato a creare un ponte, un ponte comunicativo.

M: Assolutamente, la l'empatia la capacità di aggiustarci a diversi ambienti la residenza

il fatto che non ho ancora conosciuto nessuna donna che messe una situazione di pericolo

o messa una situazione d'emergenza, non sia riuscita tira fuori dalla borsa o dal cappello

magico cose con cui creare una soluzione dal nulla, quindi quell'aspetto creativo, l'aspetto

resiliente quell'aspetto del comunque si può fare quell aspetto dei in qualche modo ce

la facciamo ma anche e soprattutto quell'aspetto di Sisterhood fuori quell'aspetto di sorellanza

veramente unica che chiaramente ha il suo alto basso non come sempre come noi donne

possiamo essere veramente imbattibile quando ci vediamo che siamo anche essere estremamente

crudeli quando decidiamo di essere una contro l'altra. Nessuno estremo è buono e tutto

quello che ha una buona potenzialità per qualcosa di molto luminoso molto positivo

chiaramente può essere molto negativo se viene gestito male. Da un punto di vista didonne

credo che noi, non così spesso come mi piacerebbe, riconosciamo a noi stesse questa capacità

di essere resilienti e creative in un modo unico, che se oltretutto lo sommiamo al fatto

che possiamo esserlo insieme e fare fronte comune in un modo unico, che non conosce cultura

non conosce frontiere e non conosce nessun tipo di barriere, quello è il tipo di forza

che ho automaticamente incontrato nelle mie vene e che so che tutte le ascoltatrici in

questo momento che ci stanno ascoltando assolutamente hanno e assolutamente possono usare e che

giocano a nostro vantaggio.

C: Questo pensiero ti ti aiuta anche a così ritrovare la motivazione quando le cose non

vanno come previsto?

M: Si è ovviamente sì anche quale narrative che dicono che i vincitori non hanno mai dei

punti bassi nel loro percorso ci farà mai non è assolutamente vero. Credo che da qualche

anno ha finalmente si parli un po di più di del fatto che i fallimenti gli errori e

le scivolate sono parte di un percorso. Credo che noi donne siamo particolarmente brave

ad essere dure con noi stesse forse perché la realtà è sempre stata dura come stesse

da vari millenni e quindi non riusciamo ancora a distinguere le due cose ad avere una prospera

un pò più amorevole. Nel mio caso, oltretutto allenata come appunto atleta professionista,è

stato particolarmente difficile allenarmi invece nell'essere un pò più morbida, nell'essere

un pò più appunto amorevole e gentile con me stessa. Però sicuramente nei miei momenti

o nelle mie giornate un pò più buie quando cammino con questa nube nera in testa e ovviamente

si vede benissimo quando sono in queste situazioni o momenti, questa resilienza questa sorellanza,il

ricordarmi quante volte io con altri, con altre e grazie a altri e altre sono riuscita

a sollevarmi, a rialzarmi, è sicuramente un aspetto molto importante, perché a volte

ci dimentichiamo che non credo tu l'abbia detto, non è necessariamente quante volte

cadi ma quante volte ti rialzi, giusto?

C: Giustissimo! Hai anche una un suggerimento pratico da mettere nella cassetta degli attrezzi

per che ti senti di dare soprattutto alle donne imprenditrici o aspiranti tali quando

le cose non vanno come previsto?

M: Sicuramente sicuramente. Io credo che nessun progetto creativo imprenditoriale esista senza

che ci siano intoppi, resistenze, rifiuti e dei grandi no, che a volte bruciano tanto,perché

a volte arrivano veramente da realtà o da persone che non ti aspettavi avrebbero o avrebbero

assunto una certa postura. C'è un concetto molto importante che ho trovato particolarmente

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