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Gli Indifferenti - Alberto Moravia, 11 (VII)

11 (VII)

[Leo e carla erano nell'anticamera] Si guardarono: una grave e pesante eccitazione galleggiava negli occhi inespressivi dell'uomo; aveva posato la candela sulla tavola e con le dita setolose tormentava la mano di Carla, una mano che gli piaceva molto perché era bianca, fredda e magra; guardava Carla di sotto in su, tra sornione e penetrante, e la sua fantasia opaca indugiava a immaginare le indecenti carezze che quella mano frigida con una naturalezza non priva di stupore avrebbe saputo fare. "Una di quelle mani" pensava, "che sembran fiori tanto sono delicate, e poi invece, pur di farvi godere, son capaci di tutto." Più ci pensava, più si eccitava; alfine il suo volto s'indurì, lasciò la mano e afferrò Carla per la cintola. Evidentemente la fanciulla doveva pensare a tutt'altro: "No Leo... no, sta attento" gli mormorò a bassa voce schermendosi; i suoi occhi spaventati guardavano intorno; finalmente gli cedette. Fu in quel momento che Lisa entrò.

Vide nel mezzo dell'anticamera quei due abbracciati e intorno cinque porte con tende di velluto; fece un passo indietro e si nascose; quando riguardò, disserrando appena le cortine, da quell'ombra in cui l'immergeva la candela posata sulla tavola, vide le due teste ancora unite piegare or qua or là durante il bacio, e le loro ombre nel gran silenzio, balzare fino al soffitto. Non pensava a nulla, il cuore le batteva; lasciò per un istante di spiare e stette indecisa e spaventata nell'oscurità, tra l'uscio e la portiera; poi cautamente riguardò: quei due si erano separati e ora parlavano:

"Mi è sembrato" disse Leo, "che quella tenda si sia mossa...

"Spirito," soggiunse ridendo, "se ci sei batti un colpo... se non ci sei battine due." E parodiava quelli che interrogavano le tavole; Carla, a malincuore, se ne vedeva l'increspatura sulla sua faccia per metà illuminata, rideva; e Lisa, là dietro la tenda, avrebbe voluto batter veramente per vederli saltar su, esterrefatti, con volti rossi e occhi spaventati.

"Siediti qui" diceva intanto l'uomo; "qui sulle mie ginocchia."

"Ma Leo," supplicava la fanciulla; "Leo...: se qualcheduno venisse!"

"Niente paura..." Un fruscio; Lisa allargò gli occhi: no... non aveva sognato, Carla era là, seduta sulle ginocchia dell'uomo con la testa contro la testa di lui, rigidamente seduta e poi... ecco...: egli la baciava sul collo.

"E ora, Carla" disse Leo allegramente, "se ci sei dammi un bacio... se non ci sei dammene due." Ci fu silenzio; la grossa testa di Carla s'inchinava flebilmente; d'improvviso guizzò: "No Leo" ripetè; "no... questo no..." E si dibatté tra un oscillare di ombre gigantesche; poi si fermò; la candela gettava bagliori ora lunghi ora brevi; quei due assorti, con le teste chine, non si muovevano né parlavano; si udiva appena, a intervalli, il divano scricchiolare. Allora senza far rumore Lisa rientrò nella stanza della madre.

Alla prima meraviglia ora seguiva una gioia vendicativa: "Ora prendo Mariagrazia per un braccio" pensava, "e le faccio vedere cosa sta combinando il suo caro Leo." Ma la vista della madre appena fu rientrata nella stanza, chissà perché, la disarmò.

La trovò che passeggiava in su e in giù, con la candela in mano, vanitosamente sbirciando nello specchio l'effetto del nuovo vestito:

"Come ti sembra?" domandò; era molto preoccupata da un difetto che aveva osservato sopra la cintura, una piega fuori posto: "Ci metterò un nastro" diceva; "oppure... oppure Lisa, aiutami un po' tu..."; e si girava, si rigirava insoddisfatta; Lisa si era seduta in un angolo buio: ora, non sapeva perché, il ricordo di quel che aveva veduto le stringeva il cuore, ed ella chiudeva gli occhi.

"Ma non so" disse vagamente.

"Come non sai?" ripetè la madre perplessa, mirandosi nello specchio; "son qui che mi tormento e tu mi rispondi: non so...: cosa sai allora?

"Tante cose so" avrebbe voluto rispondere Lisa; ma, ormai, non aveva più nessun desiderio di svelare l'impreveduto segreto: ne era trattenuta da un ritegno speciale, come dire? un ritegno di dignità: infatti non voleva si pensasse che col rivelare la nuova tresca di Leo ella agisse per una meschina vendetta di amante tradita, e non per il disgusto che ne provava e per l'affetto che portava a Carla, per questo tacque.

[...] Una sola candela brillava sopra la tavola apparecchiata; la stanza era quasi completamente buia; di Michele, di Carla e della madre già seduti al loro posto non si vedevano che le facce male illuminate; il nuovo arrivato sedette a sua volta e in silenzio incominciò a mangiare. Il primo piatto venne così consumato senza che nessuno parlasse; guardavano tutti e quattro quella luce mobile delle candele, non si udiva alcun rumore, ciascuno di essi aveva un pensiero fisso che gli si agitava inquietamente nell'animo; ma di tutti, la più assorta e preoccupata era senza dubbio la madre; appoggiava il mento sulle mani riunite, aveva due rughe amare agli angoli della bocca e considerava con occhi imbambolati i movimenti silenziosi delle due fiamme.

Poi si decise finalmente a guardar l'amante; allora una sofferenza amara, un sarcasmo violento le contrasse il volto:

"Io vorrei proprio sapere" incominciò con voce caparbia rivolgendosi indistintamente a tutti e quattro; " perché ci dev'essere al mondo della gente tanto bugiarda... ecco... questo vorrei sapere... Va bene fare le cose, concedo che si possa farle, ma poi nasconderle, mentire, travisare la verità... questo mi mette fuori di me stessa."

Silenzio; nessuno voleva assumersi la responsabilità d'incoraggiare la madre su questa strada con qualche incauta risposta. Ella li guardò uno dopo l'altro, come per spronarli a parlare, ma Leo e Carla abbassarono gli occhi, e Michele li volse altrove. Allora dopo l'attacco indiretto, ella si decise per quello diretto: "Per esempio, lei" soggiunse volgendosi verso l'amante, "è padronissimo di avere un impegno dopo cena, nessuno glielo proibisce, anche se andarsene subito dopo aver mangiato dalla casa in cui si è stati invitati sia una maleducazione madornale... Ma perché, invece di dir la verità, inventare un monte di frottole, che ha un ricevimento al quale non può mancare, che va dalla Smithson la quale invece è a Milano ecc. ecc.?... Mi dica un po': chi glielo fa fare? chi le ha domandato di dire tante stupide bugie?... Questa non soltanto è una menzogna, ma è anche un insulto per me, come se io fossi tanto sciocca da non capire certe cose...; invece sarebbe stato tanto più semplice dire la verità: sa, cara signora, alla tale ora debbo congedarmi perché vado da... da quella tale persona... Io le avrei risposto...: vada pure dove vuole... anche al diavolo se le fa piacere... e tutto sarebbe finito lì..."

Tacque, rifiutò con un gesto il piatto che la cameriera le tendeva dall'oscurità; la sua eccitazione era estrema, le mani le tremavano, con mosse macchinali rimuoveva e rimetteva al posto le posate e i bicchieri:

"Ma dica qualche cosa" gridò vedendo che Leo non si decideva a parlare; "parli... la butti fuori una buona volta questa famosa verità."

L'uomo guardò di traverso l'amante; una tale insistenza cominciava ad irritarlo: "Meriterebbe d'esser presa a schiaffi per due ore di seguito" pensava osservando con odio quel volto maturo e stupido; "almeno due ore"; ma si servì e rispose tra i denti: "Io non ho nulla da dire."

Niente poteva più esasperare la madre che queste parole indifferenti:

"Ma come?" ella esclamò: "io l'accuso giustamente di mentire e lei non soltanto non dice le ragioni del suo contegno, ma anche risponde male come... come se fossi io che avessi torto... Vuol sapere cos'è lei... un insolente."

Abitualmente Leo non rispondeva ai rimproveri dell'amante; ma questa volta, sia che l'eccitazione che gli aveva messo in corpo la fanciulla gli avesse ispirato una insolita impazienza nervosa, sia che veramente l'ingiuria l'avesse ferito, si offese:

"Senta," disse rudemente, volgendosi di scatto dal vassoio che la cameriera gli porgeva: "la faccia finita una buona volta... o se no sarò costretto a risponderle male sul serio...: un poco va bene, ma troppo no."

Disse, e per un istante fissò l'amante con una grinta così dura e oltraggiosa che alla disgraziata ne mancò il respiro; la luce e l'oscurità che le due candele ad ogni guizzo agitavano intorno aumentavano la rabbia contenuta dalle mascelle dell'uomo sulle quali, sotto la pelle rossa e rasata, si vedevano contrarsi dei nervi impazienti; gli angoli degli occhi da cui le pupille irritate fissavano la madre ne acquistavano due freghi brutali di fatica sensuale; lo sberleffo tra sprezzante e violento della bocca, come di chi si trattiene dall'inveire, ne veniva sottolineato da un cono d'ombra che copriva mezzo il mento. Mariagrazia, imbambolata, spaventata, fermata a metà del suo sdegno loquace, guardava quel volto senza pietà, quella specie di catapulta che la colpiva in piena faccia; il corpo le tremava, un senso acuto d'infelicità, di un'assoluta mancanza di bontà e di amore, le stringeva il cuore, la soffocava: "Lulù, non guardarmi così" avrebbe voluto gridare, e poi coprirsi la faccia con le mani; invece restò immobile, spaurita: "Io lo amo... e lui mi risponde così," ripeteva con voce smarrita nella sua testa vuota.

Poi vide Leo voltarsi e, tranquillamente, deporre dal piatto grande due fette di carne, della verdura; niente più da dire; irreparabile; gli occhi le si empirono di lacrime, posò il tovagliolo sopra la tavola, con una spinta molle si alzò:

"Non ho voglia di mangiare" disse, "restate pure qui voialtri..." E, quasi di corsa, non senza inciampare nel tappeto, uscì.

Il silenzio seguì questa inaspettata partenza; Leo che aveva già afferrato il coltello e la forchetta restò con questi due oggetti in mano e la faccia stupefatta rivolta verso l'ombra della porta nella quale la madre era scomparsa; anche Carla spalancò gli occhi in quella direzione; poi Michele, che era stato il meno meravigliato dei tre, si rivolse all'uomo:

"Non dovevi rispondere così" disse senza irritazione, col tono di chi è soltanto molto annoiato; "sai com'è impulsiva... Ora avremo delle storie da non finire più..."

"E chi le ha detto nulla?" rispose l'uomo con forza; "se ha i nervi scossi se li curi... ora non si potrà più nemmeno parlare." "Parlate anche troppo voi due," e Michele guardò l'uomo negli occhi: "Troppissimo."

"Sciocchezze" brontolò l'altro alzando le spalle; "tua madre sì che parla troppo, ma io..." Tacque per un istante, guardando ora il piatto dove il cibo appetitoso si freddava, ora la porta per la quale la madre era uscita.

"E adesso..." soggiunse: "cosa si fa? non vorrà mica fare a meno di mangiare." Un istante di silenzio; poi Carla posò il tovagliolo sopra la tavola.

"Michele ha ragione," disse all'amante: "lei Merumeci non doveva trattar mamma a quel modo... Avrà i suoi difetti ma è pur sempre una donna... Lei ha agito male..." Si alzò, stette per un istante sopra pensiero: quel che stava per fare le ripugnava, le dava una sofferenza impaziente:

"Vado a vedere se viene" disse alfine, e scostando la sedia uscì a sua volta.

Nel corridoio l'oscurità era completa; ella avanzò a tastoni, contro la parete: "Avrei dovuto prender la candela" pensò; si ricordò ad un tratto che dopo una scena simile a questa, la madre era andata a rifugiarsi nel salotto; fece ancora qualche passo e poi inciampò così bruscamente nel tappeto che quasi cadde in terra; le venne un'acuta irritazione contro Mariagrazia matura e puerile: "Tutto questo deve finire" pensò a denti stretti, posando la mano sulla maniglia della porta del salotto: "stasera stessa andrò da Leo... tutto questo finirà." Le pareva che l'oscurità che le riempiva gli occhi, le fosse entrata, chissà come, nell'anima: "Andiamo a cercare quella stupida di mia madre" pensò ancora; si sentiva molto spietata, e ciò nonostante profondamente addolorata di questa sua spietatezza; si morse le labbra ed entrò.

Come aveva preveduto, la madre si era rincantucciata nel salotto; si udiva infatti, in quella notte, qualcheduno non lontano, che piangeva e sospirava, "uuuh... uuuh," non senza ogni tanto soffiarsi il naso: l'irritazione di Carla cedette il posto ad un sentimento più mite:

"Mamma, dove sei?" domandò con voce chiara, avanzandosi nel buio con le braccia aperte.

Nessuno le rispose. Alfine dopo essersi urtata più volte nei mobili, ella toccò una spalla della madre, che, a quel che poteva giudicare, doveva essersi seduta nel divano d'angolo:

"Cosa fai qui?" le domandò scrollandola un poco e guardando verso l'alto, verso il soffitto invisibile, come se non ci fosse stata quell'oscurità, ed ella non avesse voluto vedere sua madre piangente; "vieni di là... andiamo." Una scrollata del dorso:

"Mangiate soli... io non vengo" rispose la voce di Mariagrazia.

Carla trasse un sospiro tra impaziente e rattristato, girò intorno al divano, sedette a fianco alla madre:

"Andiamo, su, andiamo" ripetè posando le due mani sulle spalle della piangente; " ti assicuro mamma che Leo non aveva nessuna intenzione di... che è il primo a dispiacersi di quel che è avvenuto..."

"Ah Dio mio come sono infelice," si lamentò per tutta risposta con una puerile amarezza la voce della madre; "come sono infelice." Carla rabbrividì: "Su mamma," ripetè con voce più incerta.

Il divano cigolò, due braccia circondarono il collo della fanciulla, ella sentì contro la propria la guancia bagnata della madre:

"Credi veramente" domandò la voce piangevole: "dimmi, credi che egli sia veramente tornato ad amare quella lì?"

"Ma chi?" chiese Carla turbata; sentiva contro il braccio quel petto molle e ansante, non sapeva cosa fare, le ripugnava, come un atto contro natura, di dover consolare sua madre: "almeno cessasse di piangere" si ripeteva.

"Ma Lisa..." insisteva la voce singhiozzante: "non hai visto che ieri sera sono partiti insieme?... Sono sicura, sono sicura che sono tornati ad amarsi... Ah! come sono infelice..."

"È me che egli ama" avrebbe voluto risponderle Carla; ma era poi vero? Le venne un disgusto improvviso di quel che le succedeva intomo. "Che cosa gli ho mai fatto io?" udiva intanto lamentarsi la voce di Mariagrazia, "per meritarmi tutto questo?... Ho sacrificato tutta la mia vita per lui... ed ora, ecco, tu vedi come mi tratta." Avrebbe voluto essere mille miglia lontano: "Non so nulla" disse alfine, e già stava per svincolarsi dalle braccia della madre, quando laggiù, in fondo al salotto, tranquillamente, come se qualcheduno avesse girato l'interruttore, le due lampadine del pianoforte si accesero.

Le tenebre si dileguarono; subito, con un gesto istintivo, la madre si separò dalla figlia, si chinò, si soffiò il naso; Carla si alzò.

"Sono spettinata?" domandò Mariagrazia levandosi a sua volta; "sono molto rossa?"

La fanciulla la guardò; le guance della donna erano striate di segni pallidi, ella era scapigliata, aveva il naso rosso e gli occhi piccoli, come se avesse sofferto d'una forte infreddatura:

"Ma no... stai benissimo."

Uscirono dal salotto; anche il corridoio era illuminato; Mariagrazia andò ad uno degli specchi rotondi e si rassettò alla meglio; poi Carla avanti e la madre dopo, rientrarono ambedue nella stanza da pranzo.

Anche qui la luce era tornata, e seduti l'uno in faccia all'altro Leo e Michele parlavano tranquillamente:

"Negli affari" diceva il primo, "è difficile riuscire...: chi non se ne intende mette il proprio denaro nelle mani di chi se ne intende." Ma appena vide le due donne cessò d'occuparsi del ragazzo:

"Allora siamo amici, non è vero signora?" disse alzandosi e andando incontro a Mariagrazia.

"Fino ad un certo punto" rispose la madre con ostentata freddezza; e andò a sedersi al proprio posto.

La fine della cena fu silenziosa: tutti avevano qualche pensiero dominante, nessuno parlava. "Che vada al diavolo" si ripeteva Leo sconcertato, guardando Mariagrazia; benché il contegno della donna gli fosse indifferente, quest'insolito rancore non gli presagiva nulla di buono. La madre cercava invece un mezzo per vendicarsi di Leo, il dolore scomparso le aveva lasciato un arido risentimento: "Gli preme che gli ceda direttamente la villa," pensò alfine trionfante, "e io invece la farò vendere all'asta": non sapeva il vero vantaggio di questa sua speculazione né il valore della villa, ma immaginava vagamente che oltre al dispetto che avrebbe fatto all'amante, avrebbe ritratto da una tal forma di vendita qualche migliaio di lire in più. Carla pensava alla notte vicina, un turbamento straordinario la possedeva: "Gliel'ho veramente promesso?" si domandava; "è proprio stanotte che devo andarci?" In quanto a Michele, un disagio acuto lo tormentava, gli pareva che il suo contegno durante la discussione tra sua madre e Leo fosse stato d'una indifferenza senza pari: "Ancora una buona occasione perduta" si diceva "per litigare con lui, per romperla con lui."


11 (VII) 11 (VII) 11 (VII)

[Leo e carla erano nell'anticamera] Si guardarono: una grave e pesante eccitazione galleggiava negli occhi inespressivi dell'uomo; aveva posato la candela sulla tavola e con le dita setolose tormentava la mano di Carla, una mano che gli piaceva molto perché era bianca, fredda e magra; guardava Carla di sotto in su, tra sornione e penetrante, e la sua fantasia opaca indugiava a immaginare le indecenti carezze che quella mano frigida con una naturalezza non priva di stupore avrebbe saputo fare. "Una di quelle mani" pensava, "che sembran fiori tanto sono delicate, e poi invece, pur di farvi godere, son capaci di tutto." Più ci pensava, più si eccitava; alfine il suo volto s'indurì, lasciò la mano e afferrò Carla per la cintola. Evidentemente la fanciulla doveva pensare a tutt'altro: "No Leo... no, sta attento" gli mormorò a bassa voce schermendosi; i suoi occhi spaventati guardavano intorno; finalmente gli cedette. Fu in quel momento che Lisa entrò.

Vide nel mezzo dell'anticamera quei due abbracciati e intorno cinque porte con tende di velluto; fece un passo indietro e si nascose; quando riguardò, disserrando appena le cortine, da quell'ombra in cui l'immergeva la candela posata sulla tavola, vide le due teste ancora unite piegare or qua or là durante il bacio, e le loro ombre nel gran silenzio, balzare fino al soffitto. Non pensava a nulla, il cuore le batteva; lasciò per un istante di spiare e stette indecisa e spaventata nell'oscurità, tra l'uscio e la portiera; poi cautamente riguardò: quei due si erano separati e ora parlavano:

"Mi è sembrato" disse Leo, "che quella tenda si sia mossa...

"Spirito," soggiunse ridendo, "se ci sei batti un colpo... se non ci sei battine due." E parodiava quelli che interrogavano le tavole; Carla, a malincuore, se ne vedeva l'increspatura sulla sua faccia per metà illuminata, rideva; e Lisa, là dietro la tenda, avrebbe voluto batter veramente per vederli saltar su, esterrefatti, con volti rossi e occhi spaventati.

"Siediti qui" diceva intanto l'uomo; "qui sulle mie ginocchia."

"Ma Leo," supplicava la fanciulla; "Leo...: se qualcheduno venisse!"

"Niente paura..." Un fruscio; Lisa allargò gli occhi: no... non aveva sognato, Carla era là, seduta sulle ginocchia dell'uomo con la testa contro la testa di lui, rigidamente seduta e poi... ecco...: egli la baciava sul collo.

"E ora, Carla" disse Leo allegramente, "se ci sei dammi un bacio... se non ci sei dammene due." Ci fu silenzio; la grossa testa di Carla s'inchinava flebilmente; d'improvviso guizzò: "No Leo" ripetè; "no... questo no..." E si dibatté tra un oscillare di ombre gigantesche; poi si fermò; la candela gettava bagliori ora lunghi ora brevi; quei due assorti, con le teste chine, non si muovevano né parlavano; si udiva appena, a intervalli, il divano scricchiolare. There was silence; Carla's big head bowed weakly; suddenly he darted: "No Leo" he repeated; "no... not this..." And he struggled between a swaying of gigantic shadows; then he stopped; the candle flashed now long now short; those two absorbed, with bowed heads, did not move or speak; the sofa creaked at intervals. Allora senza far rumore Lisa rientrò nella stanza della madre.

Alla prima meraviglia ora seguiva una gioia vendicativa: "Ora prendo Mariagrazia per un braccio" pensava, "e le faccio vedere cosa sta combinando il suo caro Leo." Ma la vista della madre appena fu rientrata nella stanza, chissà perché, la disarmò.

La trovò che passeggiava in su e in giù, con la candela in mano, vanitosamente sbirciando nello specchio l'effetto del nuovo vestito:

"Come ti sembra?" domandò; era molto preoccupata da un difetto che aveva osservato sopra la cintura, una piega fuori posto: "Ci metterò un nastro" diceva; "oppure... oppure Lisa, aiutami un po' tu..."; e si girava, si rigirava insoddisfatta; Lisa si era seduta in un angolo buio: ora, non sapeva perché, il ricordo di quel che aveva veduto le stringeva il cuore, ed ella chiudeva gli occhi.

"Ma non so" disse vagamente.

"Come non sai?" ripetè la madre perplessa, mirandosi nello specchio; "son qui che mi tormento e tu mi rispondi: non so...: cosa sai allora?

"Tante cose so" avrebbe voluto rispondere Lisa; ma, ormai, non aveva più nessun desiderio di svelare l'impreveduto segreto: ne era trattenuta da un ritegno speciale, come dire? "Tante cose so" avrebbe voluto rispondere Lisa; ma, ormai, non aveva più nessun desiderio di svelare l'impreveduto segreto: ne era trattenuta da un ritegno speciale, come dire? un ritegno di dignità: infatti non voleva si pensasse che col rivelare la nuova tresca di Leo ella agisse per una meschina vendetta di amante tradita, e non per il disgusto che ne provava e per l'affetto che portava a Carla, per questo tacque. a restraint of dignity: in fact she didn't want to think that by revealing Leo's new affair she was acting out of petty revenge for a betrayed lover, and not because of the disgust she felt for it and the affection she had for Carla, so she kept silent.

[...] Una sola candela brillava sopra la tavola apparecchiata; la stanza era quasi completamente buia; di Michele, di Carla e della madre già seduti al loro posto non si vedevano che le facce male illuminate; il nuovo arrivato sedette a sua volta e in silenzio incominciò a mangiare. Il primo piatto venne così consumato senza che nessuno parlasse; guardavano tutti e quattro quella luce mobile delle candele, non si udiva alcun rumore, ciascuno di essi aveva un pensiero fisso che gli si agitava inquietamente nell'animo; ma di tutti, la più assorta e preoccupata era senza dubbio la madre; appoggiava il mento sulle mani riunite, aveva due rughe amare agli angoli della bocca e considerava con occhi imbambolati i movimenti silenziosi delle due fiamme. Il primo piatto venne così consumato senza che nessuno parlasse; guardavano tutti e quattro quella luce mobile delle candele, non si udiva alcun rumore, ciascuno di essi aveva un pensiero fisso che gli si agitava inquietamente nell'animo; ma di tutti, la più assorta e preoccupata era senza dubbio la madre; appoggiava il mento sulle mani riunite, aveva due rughe amare agli angoli della bocca e considerava con occhi imbambolati i movimenti silenziosi delle due fiamme.

Poi si decise finalmente a guardar l'amante; allora una sofferenza amara, un sarcasmo violento le contrasse il volto:

"Io vorrei proprio sapere" incominciò con voce caparbia rivolgendosi indistintamente a tutti e quattro; " perché ci dev'essere al mondo della gente tanto bugiarda... ecco... questo vorrei sapere... Va bene fare le cose, concedo che si possa farle, ma poi nasconderle, mentire, travisare la verità... questo mi mette fuori di me stessa."

Silenzio; nessuno voleva assumersi la responsabilità d'incoraggiare la madre su questa strada con qualche incauta risposta. Ella li guardò uno dopo l'altro, come per spronarli a parlare, ma Leo e Carla abbassarono gli occhi, e Michele li volse altrove. Allora dopo l'attacco indiretto, ella si decise per quello diretto: "Per esempio, lei" soggiunse volgendosi verso l'amante, "è padronissimo di avere un impegno dopo cena, nessuno glielo proibisce, anche se andarsene subito dopo aver mangiato dalla casa in cui si è stati invitati sia una maleducazione madornale... Ma perché, invece di dir la verità, inventare un monte di frottole, che ha un ricevimento al quale non può mancare, che va dalla Smithson la quale invece è a Milano ecc. ecc.?... Mi dica un po': chi glielo fa fare? chi le ha domandato di dire tante stupide bugie?... Questa non soltanto è una menzogna, ma è anche un insulto per me, come se io fossi tanto sciocca da non capire certe cose...; invece sarebbe stato tanto più semplice dire la verità: sa, cara signora, alla tale ora debbo congedarmi perché vado da... da quella tale persona... Io le avrei risposto...: vada pure dove vuole... anche al diavolo se le fa piacere... e tutto sarebbe finito lì..."

Tacque, rifiutò con un gesto il piatto che la cameriera le tendeva dall'oscurità; la sua eccitazione era estrema, le mani le tremavano, con mosse macchinali rimuoveva e rimetteva al posto le posate e i bicchieri:

"Ma dica qualche cosa" gridò vedendo che Leo non si decideva a parlare; "parli... la butti fuori una buona volta questa famosa verità."

L'uomo guardò di traverso l'amante; una tale insistenza cominciava ad irritarlo: "Meriterebbe d'esser presa a schiaffi per due ore di seguito" pensava osservando con odio quel volto maturo e stupido; "almeno due ore"; ma si servì e rispose tra i denti: "Io non ho nulla da dire."

Niente poteva più esasperare la madre che queste parole indifferenti:

"Ma come?" ella esclamò: "io l'accuso giustamente di mentire e lei non soltanto non dice le ragioni del suo contegno, ma anche risponde male come... come se fossi io che avessi torto... Vuol sapere cos'è lei... un insolente."

Abitualmente Leo non rispondeva ai rimproveri dell'amante; ma questa volta, sia che l'eccitazione che gli aveva messo in corpo la fanciulla gli avesse ispirato una insolita impazienza nervosa, sia che veramente l'ingiuria l'avesse ferito, si offese:

"Senta," disse rudemente, volgendosi di scatto dal vassoio che la cameriera gli porgeva: "la faccia finita una buona volta... o se no sarò costretto a risponderle male sul serio...: un poco va bene, ma troppo no."

Disse, e per un istante fissò l'amante con una grinta così dura e oltraggiosa che alla disgraziata ne mancò il respiro; la luce e l'oscurità che le due candele ad ogni guizzo agitavano intorno aumentavano la rabbia contenuta dalle mascelle dell'uomo sulle quali, sotto la pelle rossa e rasata, si vedevano contrarsi dei nervi impazienti; gli angoli degli occhi da cui le pupille irritate fissavano la madre ne acquistavano due freghi brutali di fatica sensuale; lo sberleffo tra sprezzante e violento della bocca, come di chi si trattiene dall'inveire, ne veniva sottolineato da un cono d'ombra che copriva mezzo il mento. Mariagrazia, imbambolata, spaventata, fermata a metà del suo sdegno loquace, guardava quel volto senza pietà, quella specie di catapulta che la colpiva in piena faccia; il corpo le tremava, un senso acuto d'infelicità, di un'assoluta mancanza di bontà e di amore, le stringeva il cuore, la soffocava: "Lulù, non guardarmi così" avrebbe voluto gridare, e poi coprirsi la faccia con le mani; invece restò immobile, spaurita: "Io lo amo... e lui mi risponde così," ripeteva con voce smarrita nella sua testa vuota.

Poi vide Leo voltarsi e, tranquillamente, deporre dal piatto grande due fette di carne, della verdura; niente più da dire; irreparabile; gli occhi le si empirono di lacrime, posò il tovagliolo sopra la tavola, con una spinta molle si alzò:

"Non ho voglia di mangiare" disse, "restate pure qui voialtri..." E, quasi di corsa, non senza inciampare nel tappeto, uscì.

Il silenzio seguì questa inaspettata partenza; Leo che aveva già afferrato il coltello e la forchetta restò con questi due oggetti in mano e la faccia stupefatta rivolta verso l'ombra della porta nella quale la madre era scomparsa; anche Carla spalancò gli occhi in quella direzione; poi Michele, che era stato il meno meravigliato dei tre, si rivolse all'uomo:

"Non dovevi rispondere così" disse senza irritazione, col tono di chi è soltanto molto annoiato; "sai com'è impulsiva... Ora avremo delle storie da non finire più..."

"E chi le ha detto nulla?" "And who said anything to her?" rispose l'uomo con forza; "se ha i nervi scossi se li curi... ora non si potrà più nemmeno parlare." the man answered forcefully; "if your nerves are shaken, take care of them... now you won't even be able to talk." "Parlate anche troppo voi due," e Michele guardò l'uomo negli occhi: "Troppissimo."

"Sciocchezze" brontolò l'altro alzando le spalle; "tua madre sì che parla troppo, ma io..." Tacque per un istante, guardando ora il piatto dove il cibo appetitoso si freddava, ora la porta per la quale la madre era uscita.

"E adesso..." soggiunse: "cosa si fa? non vorrà mica fare a meno di mangiare." hij wil niet zonder eten.' Un istante di silenzio; poi Carla posò il tovagliolo sopra la tavola.

"Michele ha ragione," disse all'amante: "lei Merumeci non doveva trattar mamma a quel modo... Avrà i suoi difetti ma è pur sempre una donna... Lei ha agito male..." Si alzò, stette per un istante sopra pensiero: quel che stava per fare le ripugnava, le dava una sofferenza impaziente: "Michele is right," she said to her lover: "Merumeci shouldn't have treated mom like that... She may have her faults but she's still a woman... She acted badly..." She got up, stood for thought for an instant: what she was about to do repelled her, gave her impatient suffering:

"Vado a vedere se viene" disse alfine, e scostando la sedia uscì a sua volta.

Nel corridoio l'oscurità era completa; ella avanzò a tastoni, contro la parete: "Avrei dovuto prender la candela" pensò; si ricordò ad un tratto che dopo una scena simile a questa, la madre era andata a rifugiarsi nel salotto; fece ancora qualche passo e poi inciampò così bruscamente nel tappeto che quasi cadde in terra; le venne un'acuta irritazione contro Mariagrazia matura e puerile: "Tutto questo deve finire" pensò a denti stretti, posando la mano sulla maniglia della porta del salotto: "stasera stessa andrò da Leo... tutto questo finirà." Le pareva che l'oscurità che le riempiva gli occhi, le fosse entrata, chissà come, nell'anima: "Andiamo a cercare quella stupida di mia madre" pensò ancora; si sentiva molto spietata, e ciò nonostante profondamente addolorata di questa sua spietatezza; si morse le labbra ed entrò.

Come aveva preveduto, la madre si era rincantucciata nel salotto; si udiva infatti, in quella notte, qualcheduno non lontano, che piangeva e sospirava, "uuuh... uuuh," non senza ogni tanto soffiarsi il naso: l'irritazione di Carla cedette il posto ad un sentimento più mite:

"Mamma, dove sei?" domandò con voce chiara, avanzandosi nel buio con le braccia aperte.

Nessuno le rispose. Alfine dopo essersi urtata più volte nei mobili, ella toccò una spalla della madre, che, a quel che poteva giudicare, doveva essersi seduta nel divano d'angolo:

"Cosa fai qui?" le domandò scrollandola un poco e guardando verso l'alto, verso il soffitto invisibile, come se non ci fosse stata quell'oscurità, ed ella non avesse voluto vedere sua madre piangente; "vieni di là... andiamo." Una scrollata del dorso:

"Mangiate soli... io non vengo" rispose la voce di Mariagrazia.

Carla trasse un sospiro tra impaziente e rattristato, girò intorno al divano, sedette a fianco alla madre:

"Andiamo, su, andiamo" ripetè posando le due mani sulle spalle della piangente; " ti assicuro mamma che Leo non aveva nessuna intenzione di... che è il primo a dispiacersi di quel che è avvenuto..."

"Ah Dio mio come sono infelice," si lamentò per tutta risposta con una puerile amarezza la voce della madre; "come sono infelice." Carla rabbrividì: "Su mamma," ripetè con voce più incerta.

Il divano cigolò, due braccia circondarono il collo della fanciulla, ella sentì contro la propria la guancia bagnata della madre:

"Credi veramente" domandò la voce piangevole: "dimmi, credi che egli sia veramente tornato ad amare quella lì?"

"Ma chi?" chiese Carla turbata; sentiva contro il braccio quel petto molle e ansante, non sapeva cosa fare, le ripugnava, come un atto contro natura, di dover consolare sua madre: "almeno cessasse di piangere" si ripeteva.

"Ma Lisa..." insisteva la voce singhiozzante: "non hai visto che ieri sera sono partiti insieme?... Sono sicura, sono sicura che sono tornati ad amarsi... Ah! come sono infelice..."

"È me che egli ama" avrebbe voluto risponderle Carla; ma era poi vero? Le venne un disgusto improvviso di quel che le succedeva intomo. "Che cosa gli ho mai fatto io?" "What have I ever done to him?" udiva intanto lamentarsi la voce di Mariagrazia, "per meritarmi tutto questo?... Ho sacrificato tutta la mia vita per lui... ed ora, ecco, tu vedi come mi tratta." Avrebbe voluto essere mille miglia lontano: "Non so nulla" disse alfine, e già stava per svincolarsi dalle braccia della madre, quando laggiù, in fondo al salotto, tranquillamente, come se qualcheduno avesse girato l'interruttore, le due lampadine del pianoforte si accesero.

Le tenebre si dileguarono; subito, con un gesto istintivo, la madre si separò dalla figlia, si chinò, si soffiò il naso; Carla si alzò.

"Sono spettinata?" domandò Mariagrazia levandosi a sua volta; "sono molto rossa?"

La fanciulla la guardò; le guance della donna erano striate di segni pallidi, ella era scapigliata, aveva il naso rosso e gli occhi piccoli, come se avesse sofferto d'una forte infreddatura:

"Ma no... stai benissimo."

Uscirono dal salotto; anche il corridoio era illuminato; Mariagrazia andò ad uno degli specchi rotondi e si rassettò alla meglio; poi Carla avanti e la madre dopo, rientrarono ambedue nella stanza da pranzo.

Anche qui la luce era tornata, e seduti l'uno in faccia all'altro Leo e Michele parlavano tranquillamente:

"Negli affari" diceva il primo, "è difficile riuscire...: chi non se ne intende mette il proprio denaro nelle mani di chi se ne intende." "In business" said the first, "it is difficult to succeed...: those who don't understand it put their money in the hands of those who know it." Ma appena vide le due donne cessò d'occuparsi del ragazzo:

"Allora siamo amici, non è vero signora?" disse alzandosi e andando incontro a Mariagrazia.

"Fino ad un certo punto" rispose la madre con ostentata freddezza; e andò a sedersi al proprio posto.

La fine della cena fu silenziosa: tutti avevano qualche pensiero dominante, nessuno parlava. "Che vada al diavolo" si ripeteva Leo sconcertato, guardando Mariagrazia; benché il contegno della donna gli fosse indifferente, quest'insolito rancore non gli presagiva nulla di buono. La madre cercava invece un mezzo per vendicarsi di Leo, il dolore scomparso le aveva lasciato un arido risentimento: "Gli preme che gli ceda direttamente la villa," pensò alfine trionfante, "e io invece la farò vendere all'asta": non sapeva il vero vantaggio di questa sua speculazione né il valore della villa, ma immaginava vagamente che oltre al dispetto che avrebbe fatto all'amante, avrebbe ritratto da una tal forma di vendita qualche migliaio di lire in più. Carla pensava alla notte vicina, un turbamento straordinario la possedeva: "Gliel'ho veramente promesso?" si domandava; "è proprio stanotte che devo andarci?" In quanto a Michele, un disagio acuto lo tormentava, gli pareva che il suo contegno durante la discussione tra sua madre e Leo fosse stato d'una indifferenza senza pari: "Ancora una buona occasione perduta" si diceva "per litigare con lui, per romperla con lui."