L'impresa eroica del Berretto Verde ROY BENAVIDEZ | Storia Moderna
Il berretto verde che ha salvato i suoi compagni dal massacro.
Roy Benavidez Guerra del Vietnam
Roy Benavidez ebbe un'infanzia difficile entrambi i suoi genitori morirono quando era
piccolo, Fu vittima di bullismo da parte dei suoi compagni
di classe, a causa della sua origini messicane e native americane.
E dovette lasciare la scuola, in terza media, per aiutare la sua famiglia
All'età di 19 anni, Benavidez, si arruolò nell'esercito, prestando servizio per la Texas
Army National Guard durante la Guerra di Corea.
Nel 1959, sposò Hilaria Coy Benavidez.
Concluse l'addestramento per la Airborne, e fu assegnato alla 82a divisione aviotrasportata.
Nel 1966, il sergente Roy Benavidez fu ricoverato in ospedale dopo aver calpestato una mina.
i dottori dissero che non sarebbe più stato in grado di camminare.
Venne inviato in Vietnam nel 1965, come consigliere per l'esercito del Vietnam del Sud.
Lì, Benavidez stava conducendo un'operazione segreta da solo, per provare che le truppe
del Vietnam del Nord si fingessero Viet Cong.
Mentre era di pattuglia, percorrendo uno stretto sentiero camuffato da guerrigliero Viet Cong,
calpestò una mina.
Poco tempo dopo, una squadra di Marines incontrò Benavidez:
In un primo momento pensavano fosse una trappola, ma furono sorpresi quando lo girarono, scoprendo
che, l'uomo che indossava gli indumenti da Vietcong, era ispanico e portava con sé lo
stemma dell'esercito americano.
Fu immediatamente trasferito in ospedale..
Trasferito negli Stati Uniti, due mesi più tardi, Benavidez riprese coscienza e gli tornò
la memoria. il dottore gli disse che non sarebbe più
stato in grado di camminare.
La sua spina dorsale era stata danneggiata e il suo cervello aveva subito un forte trauma.
Tuttavia, Benavidez, costretto in sedia a rotelle, implorò i medici di non mandarlo
via dall'esercito, poiché per lui era tutto, la sua vita.
Benavidez, determinatissimo, si alzò dal letto e, notte dopo notte, trascinandosi a
terra con le mani, per settimane combatté il dolore, cercando di andare il più lontano
possibile.
I medici erano sorpresi.
Sei mesi più tardi, Roy Benavidez, con il supporto della moglie, uscì dall'ospedale.
Gli era stato assegnato un solo incarico, in un ufficio a Fort Bragg, nel North Carolina,
ma, grazie alla sua determinazione e al quotidiano allenamento, riuscì ad entrare nelle forze
speciali statunitensi, meglio note come i Berretti Verdi.
- Sei ore infernali - Siamo nel 1968.
Il sergente maggiore Roy Benavidez, ora con il nome in codice di "Tango Mike Mike" torna
in Vietnam.
In quel momento stava seguendo una funzione religiosa ma la sua attenzione era sulle notizie
radio provenienti dalle prime linee.
Presso la provincia vietnamita di Nihm, vicino al confine cambogiano, una squadra di ricognizione
delle Forze Speciali composta da 12 uomini, che comprendeva i suoi amici più stretti:
il sergente di prima classe Leroy, il sergente maggiore Lloyd Frenchie Mousseau, l'ufficiale
Brian O'Connor e altri 9 soldati. che facevano parte del programma di difesa CIDG (sid-gee),
vennero circondati da circa 1000 soldati del vietnam del nord.
Tutti i membri dell'unità vennero feriti o uccisi durante lo scontro.
i tre elicotteri inviati per salvarli, non furono in grado di estrarli a causa dell'incessante
fuoco nemico.
Quando tornarono gli elicotteri, vennero crivellati di proiettili.
Uno di loro, il diciannovenne Michael Craig, fu colpito diverse volte e morì tra le braccia
di Benavidez.
Benavidez non avrebbe mai pensato di abbandonare i suoi compagni nella giungla.
Così salto su un elicottero che stava rientrando, senza avere nemmeno il tempo di prendere il
suo m16, e quindi equipaggiato solamente con un coltello e un kit di soccorso medico.
Benavidez disse che in quel momento non riusciva a controllare la sua rabbia, era come se avesse
il pilota automatico.
Una volta in zona, Benavidez si rese conto che i suoi compagni erano talmente gravi che
non sarebbero stati in grado di raggiungere l'elicottero da soli.
Il fuoco nemico era incessante, così tanto, che il pilota Larry McKibben dovette zigzagare
nel tentativo di schivare i proiettili, non riuscendo neppure a rispondere al fuoco avversario.
Benavidez saltò fuori dall'elicottero col kit di pronto soccorso, corse nella giungla,
sotto l'incessante fuoco nemico, diretto verso i suoi compagni feriti.
Un proiettile lo colpì alla gamba ma in un primo momento pensava avesse preso una spina
di un rovo.
Trovò Mussò per primo, appoggiato a un albero.
Aveva il bulbo oculare che gli era saltato fuori e gli pendeva lungo la guancia, ma era
deciso a continuare a sparare.
I membri della CIDG erano in una pozza di sangue, medicati nel miglior modo che potevano.
Benavidez trascinò tutti in un posto più sicuro, per rispondere al fuoco nemico e somministrare
la morfina ai feriti.
Vide poi O'Connor e un interprete del CIDG, e gli fece segno di spostarsi da lui.
Ma gli spari ricominciarono ed era necessaria copertura.
Un altro proiettile colpì Benavidez nella coscia e, carico di adrenalina, sparò fumo
verde per trasportare McKibben sull'elicottero di salvataggio.
Mentre chi era in grado di muoversi, saliva sull'elicottero, Roy sparò nel bosco con
un AK-47 per coprire O'Connor e l'interprete, che strisciarono verso il velivolo.
Ora, Benavidez, stava cercando il capo della squadra, il sergente di prima classe Leroy
Wright, che era stato ucciso, e che possedeva informazioni su di lui che non potevano passare
in mano ai nemici.
Benavidez trovò il suo corpo, e lo trascinò sull'elicottero.
Ma un proiettile lo colpì nuovamente, questa volta nello stomaco.
E fu nuovamente colpito alla schiena dalle schegge di una granata che esplose lì vicino,
facendogli perdere i sensi.
Quando riprese conoscenza, Benavidez fu costretto a lasciare il corpo del suo defunto amico.
Il fuoco nemico colpì l'elicottero che si schiantò a terra.
Il pilota, McKibben, morì.
Cinque uomini a bordo, incluso Musso, sopravvissero all'incidente, così come O'Connor e l'interprete,
che non erano riusciti a entrare nell'elicottero.
Benavidez li tirò fuori dai rottami, somministrò loro morfina, creò un perimetro attorno al
luogo dell'incidente, e chiamò il supporto aereo pesante dalla F100s che avrebbe sganciato
napalm sulla posizione nemica.
Quando i Jet restarono senza carburante, e dovettero andarsene, il fuoco delle mitragliatrici
nemiche riprese.
Benavidez somministrò a O'Connor un terza iniezione di morfina, e fu colpito a da un
altro proiettile alla gampa.
Erano accerchiati dai soldati nordvietnamiti.
Sembravano senza speranze.
Ma un elicottero giunse finalmente in loro aiuto.
Benavidez e la squadra di soccorso portarono i feriti sull'elicottero, ma la zona di atterraggio
era ancora sotto il fuoco dalle truppe della NVA, tanto che due uomini vennero colpiti
alla schiena mentre strisciavano verso l'elicottero.
A causa delle ferite sul volto, il sangue che scendeva negli occhi offuscava la vista
di Benavidez.
Quando andò a recuperare Musso, un soldato della NVA colpì al volto Benavidez col manico
del fucile, e gli squarciò il braccio con la baionetta.
Gridò a O'Connor di sparare, ma era troppo narcotizzato dalla morfina per reagire.
Benavidez tirò fuori il suo coltello e pugnalò a morte il soldato della NVA..
Poi trascinò Musso su un elicottero, e uccise altri due soldati nemici con un ak-47, che
erano nei pressi dell'elicottero.
Poi, fece un altro giro per recuperare l'interprete e distruggere eventuali documenti riservati,
mentre il sangue continuava ad offuscargli la vista.
Solo allora, permise agli altri di trascinarlo sull'elicottero.
Fu l'ultimo a lasciare il campo di battaglia.
Il proiettile che lo aveva colpito allo stomaco gli aveva fatto uscire l'intestino, che cercava
di trattenere con le mani.
A questo punto l'elicottero fu pronto a ripartire. - all'indomani -
Una volta atterrati, i feriti furono esaminati uno ad uno, e si scoprì che Benavidez aveva
persino caricato tre soldati nemici nell'elicottero, poiché potevano possedere dei documenti riservati.
Vennero lasciati da parte, poiché Benavides non poteva né muoversi né parlare per via
della mascella rotta dal colpo di fucile, ricevuto dal soldato nemico.
Il sangue aveva incollato i suoi occhi e le numerose ferite sul suo corpo lo facevano
sembrare morto.
I medici lo misero in una sacca da morto, ma quando stavano per chiuderla, un amico
lo notò e disse "quello è Roy, quello è Roy Benavides"
il dottore disse che non c'era nulla da fare, ma Benavidez radunò le sue ultime energie
e sputò in faccia al dottore, che disse "Penso che ce la farà".
Fu trasferito in volo in Giappone per un intervento chirurgico intensivo, poi al Brooke Army Medical
Center di Fort Sam Houston, dove rimase per quasi un anno.
Roy Benavidez sopravvisse per sei ore nell'inferno e salvò otto vite.
Il comandante di Benavidez, gli diede la Distinguished Service Cross, perché il
processo per l'assegnazione di una Medaglia d'onore, avrebbe richiesto molto più tempo,
e non era sicuro che Benavidez sarebbe sopravvissuto ancora per molto, prima di riceverla.
Alla fine, il 24 febbraio 1981, il presidente Ronald Reagan consegnò a Roy Benavidez la
Medaglia d'onore Reagan disse che se la sua eroica storia fosse
stata un film, nessuno ci avrebbe creduto.
Benavidez disse che "i veri eroi sono quelli che hanno dato la vita per il loro paese,
non mi piace essere chiamato un eroe, ho fatto solo quello per cui ero stato addestrato."
Il sergente maggiore Roy Benavidez morì il 29 novembre 1998, all'età di 63 anni.