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Conversazioni d'autore, 'La galassia Lombroso' di Livio Sansone

'La galassia Lombroso' di Livio Sansone

Buonasera e benvenuti a questa presentazione del libro di Livio Sansone che saluto, che

è in collegamento con noi da Bahia in Brasile. Sono Guido Barbuiani, sono genetista e ho

pubblicato qualche libro da La Terza e il libro di cui parliamo oggi è, credo, il primo

correggimi Livio, che Livio Sansone pubblica per La Terza. Livio Sansone è professore

di antropologia all'Università di Bahia in Brasile, è italiano ma vive da tanti anni

in Brasile ed è un antropologo sociale. Il mio lato invece del problema è il lato più

biologico e quindi La Terza ha pensato che chiacchierare tra di noi di questo libro sarebbe

stato una cosa interessante. Speriamo che lo sia anche per chi ci ascolta. Ecco, la

Galassia e l'Ombroso meritano qualche spiegazione che adesso chiederemo a Livio. Parliamo prima

di l'Ombroso. Non sono tanti gli scienziati che hanno avuto un aggettivo coniato sulla

base del loro nome e in molti casi si tratta di aggettivi usati all'interno del discorso

scientifico. Quando noi parliamo di fisica insegniana stiamo usando un aggettivo derivato

dal nome di uno scienziato ma all'interno di un discorso strettamente tecnico. Mi vengono

in mente pochi esempi di scienziati il cui nome sia entrato invece del discorso comune.

Copernico, la rivoluzione copernicana invocata per esempio, se non ricordo male, dal segretario

del PC Natta quando si trattava di fare grandi cambiamenti dopo la morte di Enrico Berlinguer,

per dire una rivoluzione profonda. E poi la parola darwinismo sociale che è applicata

in maniera un po' spuria, perché Darwin quelle cose lì probabilmente non le ha mai

dette, a delle situazioni in cui si scatena la lotta per la sopravvivenza a livello economico

e a livello sociale. E poi c'è l'ombrosiano. L'ombrosiano è una parola che è di uso comune,

adesso discuteremo un attimo anche di che cosa significhi esattamente. Però la differenza

fra l'ombroso e gli altri scienziati che ho appena nominato è che tutti gli altri erano

dei grandi o dei grandissimi che hanno lasciato un'impronta duratura di sé nella scienza.

E l'ombroso invece non lo era. E allora chiederei a Livio per cominciare di descriverci un poco

qual è stato il messaggio di l'ombroso. Cos'è che ha detto l'ombroso di così importante,

a beneficio appunto di quelli che magari hanno sentito il suo nome ma non hanno approfondito

lo studio della sua opera. L'ombroso e i termini dell'ombrosiano è rimasto importante e ancora

importante soprattutto per la sua approssimazione, per la sua mancanza di esattezza scientifica.

L'essere onnivoro, poligrafo, scrivere e dire di tutto e su tutto lo ha fatto diventare,

non dico un cialtrone, perché così non è stato mai definito, ma un tipo poco scientifico all'epoca,

però ha contribuito a creargli un auro, un interesse molto ampio. A me sono sempre

interessati gli autori molto citati e poco letti, Spencer, Darwin, Gobineau e l'ombroso.

Ho sempre avuto una certa predilezione per un'antropologia antipatica, più che simpatica,

per gli autori esecrati ingiustamente. Mi sono occupato più recentemente di altri,

come Oscar Lewis, quello della cultura della povertà, che fu considerato uno di destra,

invece era un po' cubano. Ho scoperto delle cose interessanti e quello che mi ha accolto

l'ombroso è una ricerca che è anche una ricerca proustiana, come dicono all'introduzione del

libro, perché sono 35 anni, no, più, 60, ho 65 anni da quando ho 21 anni e vivo all'estero,

sono italiano ma ho varie patrie, ho varie lingue, scrivo male in italiano. Chiedo la

sua ovvenia ai miei lettori che mi toglieranno, ringrazio la terza per la sapienza dimostrata.

Ma non dobbiamo cercare nella giustezza intrinsica di un paradigma il suo successo,

nella sua convenienza. I filosofi della scienza lo sanno bene, un paradigma si afferma quando

conviene, non perché in quel momento è più esatto di altro. Non hanno senso le critiche

all'ombroso Moss, fra l'altro anche senza leggerlo e senza conoscere la biografia da

Gold o ancora peggio da Moss. Quello che mi interessa dell'ombroso è che esattamente

l'archetipo di una cosa che mi è sempre molto interessata è che la relazione intima,

intrinseca tra pensiero sociale, pensiero medico e pensiero razziale o razzialista,

e anche pensiero socialista e anche pensiero sionista. Nel caso di l'ombroso abbiamo tutte

queste intersecazioni di fonti, di orizzonti che mostrano come il pensiero razziale parte

integrante del pensiero sociale, non è al margine, non è contro, ma nasce dentro il pensiero

sociale. Il pensiero sociale nasce dentro il pensiero razziale o nasce dentro la sensibilità

etnografica che crea, poi passa al secondo motivo per cui mi interessa, nasce dentro

il grande cavallis, forse la religione delle razze. Era quando alla fine del secolo scorso

tutti pensavano alle razze, tutti pensavano alle razze nel plurale, anche Dubois. Pensiamo

al congresso internazionale delle razze del 1911 che è pieno di lombrosiani, di epigoni di lombros,

dove l'emancipazione è discussa, però nessuno questiona ancora l'esistenza delle razze.

Scusa Livio, se ti interrompo, però forse per questioni di comprensibilità,

sarebbe meglio un po' riassumere, fare un bignamino del pensiero di Lombroso. Normalmente

Lombroso viene associato a uno studioso che è evoluzionista a modo suo, nel senso che non

crede all'immutabilità degli organismi biologici, ma crede al loro cambiamento. Però è evoluzionista

a modo suo, ha una sua lettura dell'evoluzione che non è quella di Darwin che è diventata

canonica. E soprattutto Lombroso ritiene che siano possibili dei passi anche all'indietro

nell'evoluzione, cioè il riemergere di caratteristiche che lui chiama ataviche,

l'atavismo, e che collocarebbero un individuo al di fuori della norma. Quindi si può essere

al di fuori della norma perché si è ritardati mentali, oppure si può essere al di fuori

della norma perché si è geni. A un certo punto Lombroso va a incontrare Tolstò in Russia,

perché vuole verificare in carne viva queste sue teorie. Io effettivamente lo cito più di quanto

non l'abbia letto Lombroso, hai ragione a dire che è molto citato, però la sua figura è associata

ad un alto livello di determinismo biologico. Noi siamo quello che siamo perché ci nasciamo

con certe caratteristiche e non c'è niente da fare. Confermi ecco questo tipo di lettura.

A me è interessata una fetta di Lombroso, è interessata la fetta di Lombroso che ha a che

fare con il potere dell'estetica, del fenotipo e delle immagini e di una cultura visual visiva

che dentro la quale Lombroso si muoveva. In Brasile è interessante che pochi parlano di

Lombroso. I termini che in America si sono usati molto più che l'attavismo sono criminale nato,

sono tutta un'attenzione per i gesti, i tatuaggi, l'apparenza, il potere leggere sul viso,

sulla faccia, sull'espressione, nella mimica e nei tatuaggi e anche nell'arte carceraria la

differenza, il presente e il futuro e anche il passato come giustamente tu dici di una persona.

Questa dimensione estetica, ripeto, ha una complessità nell'età di Lombroso. Lombroso

parte da attavismo, si muove verso il termine degenerazione, ent'artum, molto legato a Max

Nordau, si preoccupa con le razze e con i tipi di razze che possono migliorare.

Stiamo perdendo un po' del tuo aula. Abbiamo perso alcune battute ma non continuano.

Purtroppo la mia banda qua comincia larga e finisce stretta. C'è una complessità del

pensiero lombrosiano che certe volte non si conosce ma quello che mi è interessato è una

fetta del pensiero lombrosiano o di un'interpretazione del pensiero lombrosiano che è molto associato a

una parte di quello che lui dice. Più che l'attavismo, l'idea di popoli della degenerazione

che è stata una cosa importante nella tutta la discussione sulle razze latine, il tipo di museo

che lui ha creato è stato importantissimo. Inizialmente un laboratorio di ricerca è servito

da modello a molti musei, da Cuba alla Patagonia, e la possibilità di leggere sul volto e sull'

espressione di una persona il comportamento. Questa è una cosa molto importante in questi

paesi dove molto più che l'essenza, come nel nazismo anglosassone o tedesco, importava l'apparenza.

Quindi in questo discorso l'ombroso è venuto molto, è stato molto facilmente accettato. Ci

sono anche altri motivi associati alla grande popolazione italiana, alle immigrazioni,

ma questi sono sussidiari. Un'altra cosa importante è che l'ombroso era un interprete di un pensiero

italiano, social italiano, che era qui ricevuto e benvenuto. Esiste un dialogo tra antropologie

marginali, così si chiamava l'ombroso, si definiva un scienziato sociale, definiva la medicina una

scienza sociale, che anche questo mi è interessato, tra l'Italia e l'America latina, l'America

meridionale, come si chiamava all'epoca ancora. Tu pensi che questa idea corrente, io guardo uno e

dalla faccia capisco subito chi è, sia anche il motivo per cui l'ombroso ha avuto così successo,

nel fornire una giustificazione, oggi diremmo pseudoscientifica, ma ai suoi tempi era pienamente

scientifica, di una serie di impressioni, di pregiudizi che poi sono molto comuni nella

società. Come dire, la società è già di per sé l'ombrosiana senza saperlo e l'ombroso da una

collocazione teorica a dei pregiudizi che sono in circolazione già da tempo. Ti sembra plausibile

questa lettura? Sì, assolutamente plausibile in un discorso che ha molto a che fare con l'epoca

di cui stiamo parlando, fino ai 800, fino ai 900, che è il periodo che corrisponde alla nascita

del modernismo brasiliano, il modernismo latinoamericano. La propria invenzione del termine

latinoamerica, si chiamava America del Sud, America meridionale, si pensava in due Americhe,

l'idea di un'America inferiore e una America superiore successiva, dopo la crisi del 29. In

quegli anni c'era tutta un'interpretazione dell'America, un'America meridionale, dove il

fenotipo importava, e un'America settentrionale, anglosassene, protestanti, dove il genotipo,

che non era quello che si usava, le origini importavano, l'ascendenza o la discendenza.

Dentro questo contesto, il dibattito italiano di Ugo Lombroso era uno degli interpreti,

perché non si leggeva solamente Lombroso, si leggeva Loria, si leggeva Colaiani,

l'idea di una razza latina, cosa che Enrico Ferri, Guillermo Ferrero e Lagina Lombroso qui

rappresentarono molto bene, che si esesse una razza latina che fosse differente, non uguale

alle razze bianche e gemoniche, ma anche quella meritevole di attenzione, creava un humus

importante, è complesso. La ricezione di Lombroso ha a che fare, ovviamente, più che alla giustezza

delle sue idee, al potere delle sue idee, al potere visuale delle sue idee e alla necessità

nell'elite latinoamericana di una forma di pensarsi e di essere, se vogliamo, anche razziste,

che fosse consona al suo intrinsico meticciato. Tu non potevi discriminare tutti per avere

ascendenza nera, perché quasi tutti ce l'avevano, diciamo così, tra nera e indigna.

Tu hai usato una parola importante in questo dibattito, che è la parola superiore,

superiore e inferiore, che non è un concetto che ha a che vedere con la biologia. In fondo,

quando si parla di razze, si vorrebbe trovare un modo per descrivere le differenze dell'umanità,

ma quando si parla di superiore e inferiore, chiaramente non siamo più in un ambito di

descrizione scientifica, siamo in un ambito di giudizio. Forse vale la pena allora di riassumere

un poco come era il dibattito sulle razze superiori e inferiori negli anni in cui operava

Lombroso. Chi era che si considerava in alto, chi era che si considerava in basso?

Era un dibattito complesso e che ho tratto solo in parte nel mio libro, ma ricordo l'importanza

della conferenza di Berlino 1884-87, dove si ridefiniscono tutta una serie di cose,

la geopolitica e la geopolitica razziale, tra virgolette, del mondo, anche i fusi orari,

gli accordi postali. La prima tappa della grande globalizzazione è la conferenza di Berlino.

Alla conferenza di Berlino sono presenti emissari cubani e brasiliani. Il Brasile diventa

una repubblica nel 1889 con una bandiera dedicata a Conte, ordine e progresso. Tolgono fratellanza

e amore e mettono in militare. Nella conferenza di Berlino si stabilisce chi manderà e chi

sarà mandato, come dicono i siciliani, e si stabilisce chi sono i popoli che hanno

il fardello di rieducare gli africani e chi sarà invece rieducato, aiutato o sfruttato.

Questo contesto, in cui termini come Bantu sudanese e Yoruba cominciano a circolare come

parte del discorso corrente, anche in Italia, ma molto fortemente in America Latina. Quando

gli intellettori latinoamericani, ai primi del Novecento, cominciano a dire che non siamo

inferiori, ma differenti, che siamo occidentali ma differenti, che siamo l'estremo occidente,

queste origini differenti forse ci fanno più sensibili. Certa volta, quando tu leggi queste

cose, sembra di leggere Senghor negli anni Sessanta, quando diceva che ai bianchi la

ragione è l'emozione. C'era tutto un gioco dove psiche, aspetto fisico, sentimentalità

servivano per ricollocarsi in questa geopolitica del mondo che si stava definendo. I superiori

e inferiori non sono termini miei, ma sono termini con i quali, fra l'altro, Lombroso

reagiva. Se si leggono i testi in una collettanea di articoli suoi, il momento sociale, lui

si oppone per esempio all'egemonia anglosassone ed è uno dei tanti socialisti che appoggia

i Bur in i Boeri, come si dice in italiano, e nella guerra anglo-boera, la grande maggioranza

dei socialisti continentali si fecero, perché si sentivano di questo poderio anglosassone,

delle cannoniere, che negava a una parte della bianchezza latina la sua posizione nella

guerra, e non alla razzia tra i superiori. È un mondo complesso e Lombroso è uno dei

tanti che la operano.

Quindi, da un lato tu dici i paesi coloniali di successo, prima di tutti l'Inghilterra,

che costruisce il suo impero, che in qualche modo giustifica questa sua egemonia mondiale

con una superiorità biologica e dall'altra, e qui forse c'è anche la connessione fra

l'Italia e l'America Latina, quelli che si ritengono di essere all'altezza degli

occidentali, ma questa loro grandezza non viene riconosciuta. E lì forse il ruolo

di Lombroso è centrale, lo sabi dire, questa connessione Italia-America del sud, come

racconti nel tuo testo.

Un testo che si chiama La Galassia Lombroso. Forse potresti spiegare perché non si tratta

semplicemente dell'opera di un uomo, ma di un intero network, di un'intera galassia

che si mette in azione a quel punto.

Esatto, è una galassia, uso il termine galassia, forse altri avrebbero usato il termine rizoma,

ma la galassia mi interessa perché prima di tutto lui aveva interpreti o reinterpreti

o creolizzazioni del suo pensiero dall'Australia all'India a tutte le Americhe, alla Russia

fortemente, era dappertutto. L'archivio è molto ben organizzato, tenuto da Silvano

Montaldo e Cristina Sciglia al Museo Lombroso, impressionantemente ricco, mostra un cosmopolitismo

di Casa Lombroso fortissimo. Quello che mi interessa è una relazione tra un salotto,

Casa Lombroso, importantissimo a Torino, estremamente illuminato, e il laboratorio, museo diciamo,

che riceveva tante persone. Il sabato a Casa Lombroso c'era da mangiare per molte persone.

Pensate alla figura di Fernando Ortiz, oggi visto come il creatore delle scienze sociali

cubane, che giovane, attaccia il culturale all'economia, è un importantissimo sottoposto

alla cultura. Andava tutti i giorni a Casa Lombroso, da Torino, c'era il treno, a passare

a fine settimana per bere alle fonti lombrosiane, ma anche per conoscere Turati, Eva Kollontai,

leggere le carte di Durkheim, di Max Verstappen. C'era una serie di… chi legge la prefazione

allo Sneros Bruxos di Fernando Ortiz fatta da Lombroso vede che c'è una relazione intima.

Quindi è strano, c'è un tocco artigianale in questa, che io chiamo di home science,

scienza fatta in casa, dove la Gina Lombroso si occupa della rivista, la figlia di Lombroso.

La figlia di Lombroso, Gina è la figlia, non di Lombroso.

Il genero, Guiliermo Lombroso, lavora con lui. Mario Carrara sposa l'altra figlia,

che è una del personaggi di Marione, il corone dei piccoli. Insomma, è un gruppo interessantissimo

che si muove. Enrico Ferri si associa, è un grande giurista già famoso, direttore dell'Avanti. A

partire da questo conglomerato familiare si sviluppa questa rete epistolare, ovviamente

non c'era email all'epoca. Se avesse avuto email sarebbe stato molto più impressionante. Nelle

due direzioni, Lombroso e i suoi accolti, le persone prossime ricevono oggetti, schede

della polizia. Sono delle cose che più si internazionalizzano, le schede della polizia

lombrosiane. E' interessante perché sono globalmente simili ma variano regionalmente.

Per esempio, le schede del Canada o dell'Australia sono molto più razionalizzate

che le schede della polizia brasiliana o argentina. Sono tutte simili ma tu vedi che

c'è un'ossessione razionale molto più forte in quell'epoca nel mondo anglosassone.

E riceve anche mummie, amuleti, crani, un casino di crani. Io avevo il piacere di studiare nella

cranioteca di Lombroso quando stavo a Torino. Molti di quei crani non sono tutti italiani,

ma vengono da lontano. Quindi questa circolazione di oggetti che meriterebbe un libro,

fare una biografia di questi oggetti scambiati, mummie, peruviane, interessava moltissimo. Quello

che mi interessava è questa combinazione tra locale e globale. Una scienza fatta in casa,

con criteri ovviamente draconiani, perché all'epoca non esisteva il peer review,

non so come si dice in italiano moderno, che è molto anglicizzato. Si dice peer review.

Il referaggio. Ma gli articoli erano fatti da coli. O andava bene o era una schifessa.

Non esisteva. Anche questo è interessantissimo. Perché questo pezzo delle scienze italiane

ebbe tanto peso prima dell'industrializzazione delle scienze? Quello che dico nella fine del

mio lavoro è che l'antropologia italiana mai sarà così tanto citata come all'epoca. Quando

l'antropologia italiana, dopo la seconda guerra mondiale, si anglicizza, si americanizza,

come molti altri posti. L'ultimo citato degli antropologi italiani in America Latina è De

Martino. Poi siamo rimasti una provincia nel mondo dell'antropologia universale.

Questo nell'ambito dell'antropologia culturale. Quella che oggi si chiama antropologia biologica,

forse la storia è un po' diversa. C'è anche una storia però di gravi insuccessi scientifici in

questo. Io ricordo un libro di Paolo Mazzarello, che è lo storico di Pavia, che si chiama Il genio

e l'alienista e che racconta appunto la costruzione di questo viaggio in Russia di Lombroso a

incontrare Tolstoi. Se non sbaglio Mazzarello ricorda che a un certo punto si fa mandare

Lombroso dalla Polizia di Parigi una serie di schede fotografiche, perché era molto attento

all'innovazione tecnologica, delle prostitute di Parigi e in tutte riconosce il bernoccolo

della criminalità, dell'alcolismo eccetera. Gli viene così bene che scrive un articolo e poi ne

manda una copia come segno di ringraziamento al direttore della Polizia Parigina, il quale fa un

salto sulla sedia perché si rende conto di avergli mandato non le schede delle prostitute ma di

quelle che chiedevano la licenza per aprire un negozio di frutti d'endolo e di frutti d'endolo.

Lombroso aveva riconosciuto in tutti quanti i segni atalici della criminalità, quindi era una

scienza fatta in casa che soffriva anche di tutti i limiti di questa scienza fatta in casa.

Però è una scienza fatta in casa dove circolano anche idee progressiste. La cosa interessante che

complica tutto il quadro, che sarebbe semplice rimuovere Lombroso dal quadro della storia

dell'antropologia o delle scienze sociali o della medicina dicendo che è stato un charlatano con

forti cadute razziste. Però tu pensi o pensiamo che Lombroso era fortemente anticolonialista.

Lombroso aveva la fortuna di morire prima dell'invasione della Libia. La guerra di Libia

è un punto di... come sempre le guerre coloniali, come in tutti i paesi, sono momenti di struttura,

di taglio epistemico. Ma era violentamente contro già dalle prime sconfitte delle esercizie italiane

in Abissinia contro a questo. Scrive delle cose quasi di relativismo culturale, dice

noi abbiamo lottato contro gli austriaci, ricordiamoci lui nacque austriaco, per avere

la nostra... e ci permettiamo di insegnare agli abissini che tipo di re avere, che diritto abbiamo

noi di fare questo. E poi loro saranno ovviamente... progrediranno dalla loro forma. Fra l'altro c'è

una lungimiranza, Lombroso dice noi stiamo rompendo quelle cose ai cinesi cercando di

installarci vicino di Canton, come facevano all'epoca. Non ci rendiamo conto che i cinesi

ci butteranno tutti a mare, che saranno un grande popolo e dobbiamo starci attenti. Meglio non

averli come nemici. Per cui a parte questo ci sono delle cose interessanti sul meticciato.

Lombroso è a favore del meticciato, contrariamente alle sue interpretazioni latinoamericane. Dice

popolo che non si mischia, degenera, come i cavalli diciamo così, ispirato anche in Taylor.

Per cui ci sono delle cose complesse in Lombroso che non si... e fra l'altro lui prende posizione,

nel caso di Refus, scrive un testo interessante sugli ebrei, non solo una razza, che mostra che

quando toccano a lui e alla sua famiglia anche l'antirazzismo vale la pena essere mobilizzato.

Forse è meglio ricordare per la chiarezza dell'esposizione che il meticciato, cioè il mescolare

insieme esponenti di quelle che venivano chiamate razze diverse, era visto come il fumo negli occhi,

per esempio nel documento più tardo, nel documento degli scienziati razzisti, nel decalogo del 1938

degli scienziati razzisti italiani, il meticciato era visto come un terribile evento che mescolava

chi era in alto con chi stava in basso. Quindi la posizione di Lombroso è da un lato coraggiosa,

perché è contraria a ogni difesa di un concetto di purezza che non si sa dove dove stia, ma è anche

una posizione che all'interno del razzismo italiano ed europeo si distingue dagli altri,

perché è appunto una posizione razziale ma non razzista, se vogliamo chiamarla in questo modo.

Lombroso era convinto che esistessero razze, ma che le razze fossero perfettibili,

come lui dice, fossero migliorabili. Ogni razza con i suoi passi, con i suoi tempi,

e che non era l'imperialismo e l'intrusione, lui dice, che avrebbe permesso lo sviluppo,

erano dinamiche spontanee, come potremmo dire, omeopatiche, non allopatiche,

che avrebbero potuto migliorare le razze. Forse è proprio per questo concetto di

perfettibilità che tanti esponenti socialisti, non so, sto pensando a George Bernard Shaw,

sto pensando a Zola, che tu citi in una nota del libro, vedevano con così tanto favore le

politiche volte al miglioramento delle razze, che poi sono quelle che sono sfociate nell'eugenetica.

E forse è proprio perché non hanno visto che cosa significavano una volta messe in pratica queste

idee. Ci penseranno poi gli inglesi con gli australiani e con gli indigeni canadesi,

non ci penseranno poi soprattutto i tedeschi con gli zingari e con gli ebrei. Senza questi

esperimenti brutali e dei risultati molto chiari, forse non si capiva all'epoca quanto

pericolose fossero queste teorie e quanto lontano si poteva andare.

L'ombroso è morto nel 1909, prima che l'eugenetica bilagasse in certi paesi,

ma ogni in altri. Comunque lui era attento all'alba dell'eugenetica che si anticipava in

parte degli Stati Uniti, pensi in indiane quando già nel 1904 cominciano a fare le castrazioni

degli omeni. Una persona con Madison Grant, un attentico razzista che lui conosceva,

l'ombroso leggeva molto e riceveva molte cose. Per quello che ho capito c'era una certa repulsione

con relazione alla castrazione, per esempio. Perché, come ti ho detto stamattina,

alla fine l'ombroso si diceva socialista. Alla fine era anche stato consigliere comunale a Torino

per vari anni del Partito Socialista. Contrariamente a Tolstoi, a cui fece un'antipatia enorme,

peraltro, che era un gigante, quasi si affoga e Tolstoi, a suo malgrado, lo salva.

Ma comunque operava la scuola positiva di antropologia in un paese profondamente cattolico,

per cui comunque questa aura di cattolicismo, di cui c'era la casta con ubi più avanti,

ma non ci si mette con certe cose. L'eugenia se si fa è una eugenia positiva, come poi si è detto,

si è fatta in latinoamerica. Conoscerei il lavoro di Nancy Stepan. L'eugenia positiva è quella che

può rimare con l'egemonia del pensiero cattolico, ma non è l'eugenia negativa, che infatti non è mai

esistita in America Latina, a non essere piccole cose, a Santa Cruz, quando era comunista.

Questo ha contribuito. Dobbiamo stare attenti a leggere l'ombroso alla luce del manifesto

rassista dell'epoca. In quegli anni, ricordiamoci che nel 38, Guillermo Ferrero e Gina si esiliarono,

e furono di fatto esiliati, e che Mario Carrara è uno dei 21 professori che non giura fedeltà al

fascismo. La famiglia Lombroso è pesantemente penalizzata dal fascismo. E' buono ricordarlo,

chiaro che non si può fare la storia all'indietro. C'erano delle relazioni complicate. Ho scoperto

che a Mussolini piaceva molto i primi libri di Guillermo Ferrero, soprattutto Ascensione

e Decadenza dell'impero romano. Questo contribuì a fare che a te un certo periodo Mussolini

lo protesse, ma poi con la leggerazione tutto degenera.

Senti, due dei quattro capitoli del tuo libro, quindi metà del tuo libro, sono dedicati

invece all'influenza del pensiero di Lombroso nell'America del Sud. Uno si chiama Incontri

e scontri in America del Sud, e poi il quarto capitolo è invece più legato al Brasile.

Qual è stata la connessione? In che modo il pensiero di Lombroso, un po' ce l'hai detto,

venivano a studiarlo in Italia perché era una grande autorità, ma in che modo il pensiero

di Lombroso o degli antropologi italiani, tu citi anche Mantegazza, si è diffuso poi così bene

nell'America del Sud rispetto ad altre scuole di pensiero, anglosassoni, francesi e così via?

Come nelle migrazioni ci sono fattori di attrazione e repulsione, push and pull factos,

anche nelle migrazioni delle idee e degli intellettuali ci sono fattori di attrazione

e di repulsione. Io ne elenco vari, ma il fatto dell'Italia, tutta l'idea della giovane

Italia, per esempio, il pensiero mazziniano creonumus favorevole nel quale si innestò

Mantegazza, Mantegazza passò vari anni in America Latina, sposò una signora dell'alta

classe media dell'argentina e la visse. Più avanti preparò di qualche modo il terreno,

anche se rimase sempre in polemica con la scuola lombrosiana, preparò un po' il terreno.

Più avanti, quando loro invitano Guglielmo Ferrero e Gino Lombroso, chi li invita è

il giornale prestigioso all'epoca, letto in Europa, cosa impensabile, argentino La

Nation, diretto da niente meno che Bartolome Mitre, figlio del grande Mitre, era un giornale

interessante che si leggerebbe come oggi la Rassegna Stampa internazionale, tra i giornali

si leggeva La Nation, cosa che oggi sarebbe impensabile. All'epoca il reddito medio dell'argentina

era più alto che in Italia, gli italiani migravano in massa presso il Brasile e l'Argentina,

questo creava anche relazioni di potere interessanti, c'era da parte dell'elite latino-americana

un interesse, erano due poli di attrazione, il giornale La Nation e in Brasile l'Accademia

Presidente di Lettere, che nomina Guglielmo Ferrero socio rappresentante, ricordiamo che

prima di lui era Spencer il socio rappresentante, morì Spencer e fu nominato Guglielmo Ferrero,

per capire non erano i pesci piccoli, erano i migliori, l'unico italiano che poi ebbe

posto all'Accademia Presidente di Lettere come socio rappresentante fu D'Annunzio,

mai più un italiano entrò, entrarono americani, inglesi, l'ultimo fu D'Annunzio. Guglielmo

Ferrero era famosissimo all'epoca, tant'è che l'anno dopo per la Torino-Italia, poco

arriva a Torino ed è invitato da Teodoro Roosevelt, che era un tipo tutto particolare,

aveva un interesse per il Brasile, e che si scrive lettere di amicizia con Guglielmo Ferrero,

stiamo parlando di italiani conosciuti e famosi, Guglielmo Ferrero è l'unico italiano

che io sappia a risiedere una settimana o due nella Casa Bianca e a cenare nel Over

Room di un presidente nordamericano. Mai, e questo è più successo, questo dice molto

su Teodoro Roosevelt che aveva passato un periodo in Latina America, ha scritto il libro

Mirabolante sulle razze latinoamericane, che varebbe la pena leggersi peraltro, perché

Teodoro Roosevelt era sedotto dal meticciato latino-brasiliano, ma diceva che questo va

bene qui, ma non da noi, qui funziona, e poi c'è questo substrato del pensiero modernista,

per cui si desidera disperatamente, la chiamavano l'ambasciata d'oro, fatta dal ministro degli

esteri brasiliano, Barone del Rio Branco, che era che dobbiamo essere riconosciuti come

un paese che vale, chi lo può fare questo? Chi ci può dire che siamo dedicati all'ordine

del progresso? Molto meglio degli italiani che degli inglesi o dei francesi che ci considerano

degli scalzacani, quindi invitano gli italiani ad hoc, sono loro che cercano gli italiani,

gli italiani hanno bisogno, Ferri, il cui sogno era fare le elezioni negli Stati Uniti, non

ci riuscì mai, e Lombroso, avevano bisogno di una ricezione straniera, di un bacino,

e ai brasiliani e agli argentini serviva, era l'epoca delle migrazioni di massa, che

a qualche tono ne parlasse bene, quindi era un gioco di convenienza interessante, ed era

un dialogo dove uno diceva quello che voleva, ma non sempre era ascoltato.

Nell'attuale società brasiliana in cui tu vivi, che cosa rimane? Quali sono le tracce

di questi influssi culturali? Si può dire che l'antropologia italiana ha lasciato dei

semi fertili, che nella mentalità corrente brasiliana è rimasto qualcosa di questo dibattito,

o la modernità, la globalizzazione hanno superato questi temi e adesso non ne resta molto?

Quello che è rimasto dell'antropologia italiana è che oggi ci sono molti più antropologi

italiani in Brasile che cent'anni fa. Il Brasile è stato, per lo meno fino all'avvento

di questo disgraziato governo Bolsonaro, un paese che ha accolto anche recentemente centinaia

di intellettuali italiani e di ricercatori italiani nell'area delle scienze sat e sociali,

quindi rimaniamo importanti se tu vuoi.

A partire dagli anni 30 e con più forte dopo la seconda guerra mondiale, con la missione

francese, ricordiamoci Levi-Strosky in Brasile e vari altri, recentemente si sono fatte ricerche

molto interessanti, Brodel nel 1936-37 a Rio de Janeiro durante anni, comincia un investimento

francese sulle scienze sociali brasiliane e dopo la seconda guerra mondiale il Brasile

viene a essere, e anche la criminalistica brasiliana soprattutto e le scienze poliziesche,

scienzas policiais, come lo chiamiamo qui, diventano interessanti nelle guerre culturali

che gli Stati Uniti lanciano qui per le Americhe, perché capiscono che in questi ambiti, che

sono gli ambiti marginali delle scienze sociali, scienze poliziesche, endocrinologia, psichiatria,

ai margini, il certo pensiero italiano, il determinismo italiano ancora era molto forte.

Non sappiamo se gli americani stavano lì per una missione antirazzista, per debellare

l'ultima vestige del determinismo biologico o stavano lì per debellare tutto quello che

non fosse americano nelle scienze sociali latinoamericane. Sospetto che fosse più la

seconda parte, la seconda cosa che è la prima.

Io mi riferivo più alla persistenza nella società brasiliana di concetti appunto, di

idee legate alla superiorità, inferiorità delle razze, questo concetto di meticciato.

Come descriveresti la società brasiliana di adesso in relazione ai temi che stiamo

trattando? È una società in cui conta molto il colore della pelle o conta poco il colore

della pelle?

Conta moltissimo, ci sono cose persistenti nei paesi che non cambiano facilmente, adesso

mi sto interessando di Africa del Sud dove andrò il primo giugno per otto mesi, è giustamente

il pensiero razziale, è la forma di pensare alle razze nella cultura popolare, una delle

cose più tenaci e che meno facilmente cambia, possono cambiare le icone che si usa, può

cambiare il linguaggio, si può anglicizzare o meno, ma il gusto e l'atteggiamento verso

l'altro sono cose che cambiano molto meno di quello che noi vorremmo o spereremmo, lottiamo

perché succede. Il Brasile è una società, come possiamo chiamarlo, invento un termine

adesso, una cromocrazia, il colore è importante, noi parliamo del termine colore, nella cultura

popolare si dice colore, colore più che fenotipo, anche se il termine razza è usato, ma è

una razza tra virgolette, non si usa con l'esattezza e non è presente, per esempio

nel censo brasiliano la domanda qual è la tua razza core, ma se il censo americano è

molto più esatto, la etnicità qui in Brasile ancora non è riconosciuta.

D.R. Però se posso dire una cosa, nel censimento americano le razze cambiano ogni dieci anni,

adesso ancora di più perché hanno introdotto la seconda possibilità. Il censo brasiliano

dal 1870 non è mai cambiato, esistono tre razze, se ne sono aggiunte altre due, i gialli

e gli indios, che sono preto, nero, pardo, marrone e branco, bianco. Interessante che

nel 1870 c'è il primo censo moderno brasiliano, nel 1870 è quando gli Stati Uniti ritirano

la categoria octa-crune dal censo americano e li polarizzano in bianco e nero.

D.R. Diciamolo questo perché i censimenti americani si parte da black e white quando

la sfia di tu è stata appena abolita e quindi non ci sono stati tanti incroci, ma poi incominciano

a definire i metici in vari modi e a seconda del numero di antenati neri si può essere

quadrune, octa-crune e così via.

F.M. Ma quello fu abolito nel 1870 ed è ritornato più o meno vent'anni fa nel censo la possibilità

della seconda origine, che però è una cosa molto limitata, è limitata ai giovani, che

sta crescendo molto poco. Il Brasile ancora si interpreta e si vede, e secondo i nostri

colleghi geneticisti brasiliani, lo è un paese intrinsecamente meticio di fatto, o

perlomeno mischiato, se non vogliamo dire dove, dal punto di vista dei mappa genetici,

il nostro collega Sergio Penalo lo sa molto bene, ha provato che effettivamente c'è

infinitamente più mescolanza che in altri paesi. Il che non vuol dire che non ci sia

racismo, che non si può avere la sisma e la mescolanza.

S.P. Se posso dire una cosa, mentre queste definizioni brasiliane sono appunto in qualche

modo flessibili, le definizioni che usano i censimenti americani sono illusoriamente

semplici, perché appunto lì puoi decidere di essere nel 2010 di razza samoana, solo

nel 2010, non perché nel 2010 si fossero sviluppate delle enormi differenze fra i

samoani naturalmente, ma perché vari gruppi sociali, arrivati ad un livello di visibilità

sufficiente, pretendevano di essere riconosciuti come razze. Quindi da un lato c'è una classificazione

che sembra in qualche modo scientifica, con delle caselle molto definite, ma siccome la

realtà sottostante è tanto fluida quanto in Brasile, queste razze dopo dieci anni scompaiono,

vengono sostituite da altre, e quindi è un po' illusoria questa classificazione.

Senti, avviandoci alla conclusione di questa nostra chiacchierata, mi viene in mente di

chiederti cosa pensi delle polemiche che ci sono state a Torino intorno al Museo Lombroso,

perché c'è una componente, anche degli antropologi torinesi, insomma ne conosco uno,

che dicono semplicemente che questo museo è una vergogna e va chiuso perché è un

monumento permanente al razzismo e alla discriminazione. Io ritengo che i musei non vadano mai chiusi

in generale, non chiuderei nessun museo, al massimo ci metterei qualche spiegazione in più,

ma la polemica è stata forte. Tu come la vedi, come la pensi?

Primo sono sospetto perché ho lavorato dentro l'archivio del Museo Lombroso e cerco dal di fuori

contribuire quello che posso. Il Museo Lombroso è un eccellente museo sulla storia del razzismo,

molti di quelli che lo criticano vorrebbero che lo visitassero il Museo Lombroso. La mia

opinione è che si ripete la tragedia di Lombroso, criticato e non letto, criticato e non visitato

il Museo Lombroso. Da quando è stato rifatto, come tu giustamente dici, i musei dovrebbero

non distruggere, dovrebbero rifarsi. Oggi ci sono, se tu vai a Città del Capo o recentemente

anche a Berlino, i musei hanno tre o quattro etichette quando si tratta di oggetti diciamo

razzializzati, perché le varie epoche, è interessante non togliere le etichette antiche.

Purtroppo in Latino America, soprattutto in Brasile, la politica dei musei è stata un

disastro, la politica degli archivi in generale. Io trovo che il Museo Lombroso svolge una

posizione importante di contestualizzazione del pensiero razziale e contribuisce alla

lotta antirazzista. Tutta la seconda parte del museo, tutti i pannelli su come si è parlato

di razza e si può fare molto di più, ci vorrebbero più investimenti. Se pensiamo come è stato

fatto recentemente il Museo dell'Homme a Parigi, chi l'ha visitato prima o dopo si

ricordano, hanno fatto uno sforzo enorme con dei soldi da fare paura che non abbiamo in

Italia, ma per giustamente derazzializzare senza però buttare il bambino con l'acqua

del bagno. Le immagini razzializzate, quei quadri, li hanno mantenuti, li hanno trasformati.

Il Museo Lombroso si tratta di continuare questo lavoro di educazione, negare quello

che è successo non serve a combattere il razzismo, è una cosa tenace, che rimane tra

di noi. Nonostante voi biologi e geneticisti ci dite delle cose meravigliose, che il fenotipo

è uno scarso indicatore di differenza genotipica, questo lo dico ai miei studenti tutti i santi

giorni, e lo dite con tutte le salse, fra l'altro oggi lo dite anche in forma per noi

laici intelligibile, c'è un progetto politico da parte di l'altra molto bello, però

il fenotipo è continuo importante nella città di Diaolo. Per cui il Museo Lombroso

ha una sua funzione, va difeso, va trasformato e bisogna lottare perché migliori ci siano

più investimenti.

Leggo nella chat una domanda di Alina Popescu rivolta a me, a cui però non so rispondere,

perché Alina Popescu dice che ho fatto ricerche anche io nel Sud America, non me ne ricordo

se può darsi di sì, ma non mi pare, e soprattutto chiede che cosa ci posso dire sulla percezione

delle razze. Ecco qui l'esperto di percezione è l'antropologo sociale Livio Sansone, quello

che posso dire io è che dal punto di vista genetico abbiamo oltre il 99% del nostro DNA

in comune fra tutte le popolazioni della Terra, le nostre differenze riguardano un 1%, non

è poco quell'1% perché è l'1% di tanta roba, il nostro DNA è molto vasto, quindi

in quell'1% ci stanno circa 3 milioni di possibili differenze. Però la cosa che si

vede è che ogni popolazione è un po' diversa dalle altre e tutte quante hanno dei segni

molto chiari della loro origine africana, cioè siamo un sotto insieme di africani che

a un certo punto è uscito dall'Africa e poi in vari ambienti si è differenziato attraverso

i meccanismi normali dell'evoluzione assumendo delle caratteristiche diverse, ma appunto

il colore della pelle è soltanto la superficie, sotto ci stanno tante cose e tanti aspetti

del nostro essere biologico non corrispondono all'idea classica delle razze per cui gli

africani sono fatti così, gli europei sono fatti così e gli asiatici sono fatti in un

altro modo. Ecco forse non si tratta tanto di discutere della esistenza, inesistenza

delle razze che dal punto di vista filosofico è un concetto un po' complicato perché dimostrare

che qualcosa non esiste non è facile, si tratta di discutere dell'utilità del concetto di

razza e ormai abbiamo capito che per comprendere le nostre differenze il concetto di razza

non ci aiuta, perché ci fa mettere nella stessa categoria, nella stessa scatola della

gente che è un po' diversa. Quindi mi dispiace non essere riuscito a rispondere pienamente

a questa domanda. Bene, è quasi un'ora che stiamo chiacchierando, forse è giusto addiarsi

verso la conclusione e a me sembra che il modo migliore per concludere questa presentazione

sia di chiedere all'autore di leggere una pagina o qualcosa del suo libro, in modo da

aver un'idea anche della scrittura, perché insomma anche se Livio Sansone fa il modesto

e dice io non so più scrivere in italiano, questo è un libro invece di piacevolissima

lettura che uno affronta e legge senza avvertire il peso del saggio che ogni tanto salta fuori.

È un libro scritto senza linguaggi tecnici, quindi accessibile a tutti quanti, ma è inutile

che ve lo dica io, perché secondo me ascoltando le parole di Livio lo comprenderete direttamente

voi. Quindi pregherei Livio di scegliere una pagina del suo libro e farci sentire cosa

scrive. E così farò. Ringrazio Guido per le interessantissime domande, spero di essere

riuscito a spiegarmi un pochettino. Leggo dalla pagina 210.

In gran parte l'interesse suscitato dalla Galassia Lombrosi in America Latina si deve

al fatto di questo proporre un metodo strategicamente approssimativo, con una sua iconografia,

incentrato su un'apparenza e morfologia più che sulle origini e su qualche essenza della razza.

Le origini e i possibili elementi di atavismo e degenerazione non sarebbero quindi nascosti,

ma possono e devono essere letti sul voto dell'individuo, sulla parte visibile e socializzata

del suo corpo, pelle, espressioni facciali, deformazioni corporali, linguaggio, mimica,

tatuaggi ed eventualmente abiti, specialmente nel caso dell'avvianza sessuale. Come evidente,

questo metodo incentrato sull'estetica e della differenza si adatta perfettamente,

più a un sistema in cui la piramide socio-raziale è, nelle parole di Orasino Oguera,

più persa il filo, il pesto. Purtroppo, dove la piramide socio-raziale è, nelle parole di Orasino Oguera,

incentrato sul preconceitto di segno, in cui quindi si giudica dalle apparenze,

che è un sistema incentrato sulle origini, come sarebbero gli Stati Uniti, che è sempre l'alter ego

nel discorso raziale del Brasile, dove lo status dipende dal quantum di sangue non bianco o nero

che sia nelle vene. Il razzismo si focalizza più sulle origini o sulla cosiddetta essenza della razza.

Se nel secondo sistema dovrebbero valere regole fisse e perciò servono misure legali che segregano

e escludono un gruppo razzialmente definito, nel primo vi sarebbe più discrezionalità,

per esempio da parte del giudice, che può e deve somministrare le pene in base anche alla personalità

del re e quindi di fatto anche al suo aspetto e atteggiamento favorito dal Codice Rocco del Trento

e dal suo adattamento brasileno del 1940.

Tale divisione analitica tra preconceitto e razzismo, focalizzati sulle apparenze

e un opposto incentrato sulle origini, formerà a partire dagli anni Trento e ancora più dopo la Seconda Guerra Mondiale

l'asse intorno al quale si costruirà una tradizione di studi comparativi internazionali

tra Nord e Sud America, in frantesima dolce, nella quale i protagonisti continueranno ad essere

come prevedibili gli Stati Uniti e il Brasile.

In questo scontro tra titani, tra scuole e cani in scienze sociali del paese più potente dell'Occidente

e scuole e perspective già consolidate in America Tina e specialmente in Brasile

non ce sarà più lo stesso spazio per autori italiani.

Bene, io vi ringrazio intanto tutti quelli che ci hanno seguito

e ringrazio Livio Sansone per questa conversazione e per questo suo bel libro

La Galassia all'Ombroso, edito dalla Terza

e vi do l'appuntamento per le prossime conversazioni con Casa La Terza.

Buonasera a tutti e arrivederci Livio.

Buonasera, grazie a tutti.


'La galassia Lombroso' di Livio Sansone 'The Lombroso Galaxy' by Livio Sansone

Buonasera e benvenuti a questa presentazione del libro di Livio Sansone che saluto, che

è in collegamento con noi da Bahia in Brasile. Sono Guido Barbuiani, sono genetista e ho

pubblicato qualche libro da La Terza e il libro di cui parliamo oggi è, credo, il primo

correggimi Livio, che Livio Sansone pubblica per La Terza. Livio Sansone è professore

di antropologia all'Università di Bahia in Brasile, è italiano ma vive da tanti anni

in Brasile ed è un antropologo sociale. Il mio lato invece del problema è il lato più

biologico e quindi La Terza ha pensato che chiacchierare tra di noi di questo libro sarebbe

stato una cosa interessante. Speriamo che lo sia anche per chi ci ascolta. Ecco, la

Galassia e l'Ombroso meritano qualche spiegazione che adesso chiederemo a Livio. Parliamo prima

di l'Ombroso. Non sono tanti gli scienziati che hanno avuto un aggettivo coniato sulla

base del loro nome e in molti casi si tratta di aggettivi usati all'interno del discorso

scientifico. Quando noi parliamo di fisica insegniana stiamo usando un aggettivo derivato

dal nome di uno scienziato ma all'interno di un discorso strettamente tecnico. Mi vengono

in mente pochi esempi di scienziati il cui nome sia entrato invece del discorso comune.

Copernico, la rivoluzione copernicana invocata per esempio, se non ricordo male, dal segretario

del PC Natta quando si trattava di fare grandi cambiamenti dopo la morte di Enrico Berlinguer,

per dire una rivoluzione profonda. E poi la parola darwinismo sociale che è applicata

in maniera un po' spuria, perché Darwin quelle cose lì probabilmente non le ha mai

dette, a delle situazioni in cui si scatena la lotta per la sopravvivenza a livello economico

e a livello sociale. E poi c'è l'ombrosiano. L'ombrosiano è una parola che è di uso comune,

adesso discuteremo un attimo anche di che cosa significhi esattamente. Però la differenza

fra l'ombroso e gli altri scienziati che ho appena nominato è che tutti gli altri erano

dei grandi o dei grandissimi che hanno lasciato un'impronta duratura di sé nella scienza.

E l'ombroso invece non lo era. E allora chiederei a Livio per cominciare di descriverci un poco

qual è stato il messaggio di l'ombroso. Cos'è che ha detto l'ombroso di così importante,

a beneficio appunto di quelli che magari hanno sentito il suo nome ma non hanno approfondito

lo studio della sua opera. L'ombroso e i termini dell'ombrosiano è rimasto importante e ancora

importante soprattutto per la sua approssimazione, per la sua mancanza di esattezza scientifica.

L'essere onnivoro, poligrafo, scrivere e dire di tutto e su tutto lo ha fatto diventare,

non dico un cialtrone, perché così non è stato mai definito, ma un tipo poco scientifico all'epoca,

però ha contribuito a creargli un auro, un interesse molto ampio. A me sono sempre

interessati gli autori molto citati e poco letti, Spencer, Darwin, Gobineau e l'ombroso.

Ho sempre avuto una certa predilezione per un'antropologia antipatica, più che simpatica,

per gli autori esecrati ingiustamente. Mi sono occupato più recentemente di altri,

come Oscar Lewis, quello della cultura della povertà, che fu considerato uno di destra,

invece era un po' cubano. Ho scoperto delle cose interessanti e quello che mi ha accolto

l'ombroso è una ricerca che è anche una ricerca proustiana, come dicono all'introduzione del

libro, perché sono 35 anni, no, più, 60, ho 65 anni da quando ho 21 anni e vivo all'estero,

sono italiano ma ho varie patrie, ho varie lingue, scrivo male in italiano. Chiedo la

sua ovvenia ai miei lettori che mi toglieranno, ringrazio la terza per la sapienza dimostrata.

Ma non dobbiamo cercare nella giustezza intrinsica di un paradigma il suo successo,

nella sua convenienza. I filosofi della scienza lo sanno bene, un paradigma si afferma quando

conviene, non perché in quel momento è più esatto di altro. Non hanno senso le critiche

all'ombroso Moss, fra l'altro anche senza leggerlo e senza conoscere la biografia da

Gold o ancora peggio da Moss. Quello che mi interessa dell'ombroso è che esattamente

l'archetipo di una cosa che mi è sempre molto interessata è che la relazione intima,

intrinseca tra pensiero sociale, pensiero medico e pensiero razziale o razzialista,

e anche pensiero socialista e anche pensiero sionista. Nel caso di l'ombroso abbiamo tutte

queste intersecazioni di fonti, di orizzonti che mostrano come il pensiero razziale parte

integrante del pensiero sociale, non è al margine, non è contro, ma nasce dentro il pensiero

sociale. Il pensiero sociale nasce dentro il pensiero razziale o nasce dentro la sensibilità

etnografica che crea, poi passa al secondo motivo per cui mi interessa, nasce dentro

il grande cavallis, forse la religione delle razze. Era quando alla fine del secolo scorso

tutti pensavano alle razze, tutti pensavano alle razze nel plurale, anche Dubois. Pensiamo

al congresso internazionale delle razze del 1911 che è pieno di lombrosiani, di epigoni di lombros,

dove l'emancipazione è discussa, però nessuno questiona ancora l'esistenza delle razze.

Scusa Livio, se ti interrompo, però forse per questioni di comprensibilità,

sarebbe meglio un po' riassumere, fare un bignamino del pensiero di Lombroso. Normalmente

Lombroso viene associato a uno studioso che è evoluzionista a modo suo, nel senso che non

crede all'immutabilità degli organismi biologici, ma crede al loro cambiamento. Però è evoluzionista

a modo suo, ha una sua lettura dell'evoluzione che non è quella di Darwin che è diventata

canonica. E soprattutto Lombroso ritiene che siano possibili dei passi anche all'indietro

nell'evoluzione, cioè il riemergere di caratteristiche che lui chiama ataviche,

l'atavismo, e che collocarebbero un individuo al di fuori della norma. Quindi si può essere

al di fuori della norma perché si è ritardati mentali, oppure si può essere al di fuori

della norma perché si è geni. A un certo punto Lombroso va a incontrare Tolstò in Russia,

perché vuole verificare in carne viva queste sue teorie. Io effettivamente lo cito più di quanto

non l'abbia letto Lombroso, hai ragione a dire che è molto citato, però la sua figura è associata

ad un alto livello di determinismo biologico. Noi siamo quello che siamo perché ci nasciamo

con certe caratteristiche e non c'è niente da fare. Confermi ecco questo tipo di lettura.

A me è interessata una fetta di Lombroso, è interessata la fetta di Lombroso che ha a che

fare con il potere dell'estetica, del fenotipo e delle immagini e di una cultura visual visiva

che dentro la quale Lombroso si muoveva. In Brasile è interessante che pochi parlano di

Lombroso. I termini che in America si sono usati molto più che l'attavismo sono criminale nato,

sono tutta un'attenzione per i gesti, i tatuaggi, l'apparenza, il potere leggere sul viso,

sulla faccia, sull'espressione, nella mimica e nei tatuaggi e anche nell'arte carceraria la

differenza, il presente e il futuro e anche il passato come giustamente tu dici di una persona.

Questa dimensione estetica, ripeto, ha una complessità nell'età di Lombroso. Lombroso

parte da attavismo, si muove verso il termine degenerazione, ent'artum, molto legato a Max

Nordau, si preoccupa con le razze e con i tipi di razze che possono migliorare.

Stiamo perdendo un po' del tuo aula. Abbiamo perso alcune battute ma non continuano.

Purtroppo la mia banda qua comincia larga e finisce stretta. C'è una complessità del

pensiero lombrosiano che certe volte non si conosce ma quello che mi è interessato è una

fetta del pensiero lombrosiano o di un'interpretazione del pensiero lombrosiano che è molto associato a

una parte di quello che lui dice. Più che l'attavismo, l'idea di popoli della degenerazione

che è stata una cosa importante nella tutta la discussione sulle razze latine, il tipo di museo

che lui ha creato è stato importantissimo. Inizialmente un laboratorio di ricerca è servito

da modello a molti musei, da Cuba alla Patagonia, e la possibilità di leggere sul volto e sull'

espressione di una persona il comportamento. Questa è una cosa molto importante in questi

paesi dove molto più che l'essenza, come nel nazismo anglosassone o tedesco, importava l'apparenza.

Quindi in questo discorso l'ombroso è venuto molto, è stato molto facilmente accettato. Ci

sono anche altri motivi associati alla grande popolazione italiana, alle immigrazioni,

ma questi sono sussidiari. Un'altra cosa importante è che l'ombroso era un interprete di un pensiero

italiano, social italiano, che era qui ricevuto e benvenuto. Esiste un dialogo tra antropologie

marginali, così si chiamava l'ombroso, si definiva un scienziato sociale, definiva la medicina una

scienza sociale, che anche questo mi è interessato, tra l'Italia e l'America latina, l'America

meridionale, come si chiamava all'epoca ancora. Tu pensi che questa idea corrente, io guardo uno e

dalla faccia capisco subito chi è, sia anche il motivo per cui l'ombroso ha avuto così successo,

nel fornire una giustificazione, oggi diremmo pseudoscientifica, ma ai suoi tempi era pienamente

scientifica, di una serie di impressioni, di pregiudizi che poi sono molto comuni nella

società. Come dire, la società è già di per sé l'ombrosiana senza saperlo e l'ombroso da una

collocazione teorica a dei pregiudizi che sono in circolazione già da tempo. Ti sembra plausibile

questa lettura? Sì, assolutamente plausibile in un discorso che ha molto a che fare con l'epoca

di cui stiamo parlando, fino ai 800, fino ai 900, che è il periodo che corrisponde alla nascita

del modernismo brasiliano, il modernismo latinoamericano. La propria invenzione del termine

latinoamerica, si chiamava America del Sud, America meridionale, si pensava in due Americhe,

l'idea di un'America inferiore e una America superiore successiva, dopo la crisi del 29. In

quegli anni c'era tutta un'interpretazione dell'America, un'America meridionale, dove il

fenotipo importava, e un'America settentrionale, anglosassene, protestanti, dove il genotipo,

che non era quello che si usava, le origini importavano, l'ascendenza o la discendenza.

Dentro questo contesto, il dibattito italiano di Ugo Lombroso era uno degli interpreti,

perché non si leggeva solamente Lombroso, si leggeva Loria, si leggeva Colaiani,

l'idea di una razza latina, cosa che Enrico Ferri, Guillermo Ferrero e Lagina Lombroso qui

rappresentarono molto bene, che si esesse una razza latina che fosse differente, non uguale

alle razze bianche e gemoniche, ma anche quella meritevole di attenzione, creava un humus

importante, è complesso. La ricezione di Lombroso ha a che fare, ovviamente, più che alla giustezza

delle sue idee, al potere delle sue idee, al potere visuale delle sue idee e alla necessità

nell'elite latinoamericana di una forma di pensarsi e di essere, se vogliamo, anche razziste,

che fosse consona al suo intrinsico meticciato. Tu non potevi discriminare tutti per avere

ascendenza nera, perché quasi tutti ce l'avevano, diciamo così, tra nera e indigna.

Tu hai usato una parola importante in questo dibattito, che è la parola superiore,

superiore e inferiore, che non è un concetto che ha a che vedere con la biologia. In fondo,

quando si parla di razze, si vorrebbe trovare un modo per descrivere le differenze dell'umanità,

ma quando si parla di superiore e inferiore, chiaramente non siamo più in un ambito di

descrizione scientifica, siamo in un ambito di giudizio. Forse vale la pena allora di riassumere

un poco come era il dibattito sulle razze superiori e inferiori negli anni in cui operava

Lombroso. Chi era che si considerava in alto, chi era che si considerava in basso?

Era un dibattito complesso e che ho tratto solo in parte nel mio libro, ma ricordo l'importanza

della conferenza di Berlino 1884-87, dove si ridefiniscono tutta una serie di cose,

la geopolitica e la geopolitica razziale, tra virgolette, del mondo, anche i fusi orari,

gli accordi postali. La prima tappa della grande globalizzazione è la conferenza di Berlino.

Alla conferenza di Berlino sono presenti emissari cubani e brasiliani. Il Brasile diventa

una repubblica nel 1889 con una bandiera dedicata a Conte, ordine e progresso. Tolgono fratellanza

e amore e mettono in militare. Nella conferenza di Berlino si stabilisce chi manderà e chi

sarà mandato, come dicono i siciliani, e si stabilisce chi sono i popoli che hanno

il fardello di rieducare gli africani e chi sarà invece rieducato, aiutato o sfruttato.

Questo contesto, in cui termini come Bantu sudanese e Yoruba cominciano a circolare come

parte del discorso corrente, anche in Italia, ma molto fortemente in America Latina. Quando

gli intellettori latinoamericani, ai primi del Novecento, cominciano a dire che non siamo

inferiori, ma differenti, che siamo occidentali ma differenti, che siamo l'estremo occidente,

queste origini differenti forse ci fanno più sensibili. Certa volta, quando tu leggi queste

cose, sembra di leggere Senghor negli anni Sessanta, quando diceva che ai bianchi la

ragione è l'emozione. C'era tutto un gioco dove psiche, aspetto fisico, sentimentalità

servivano per ricollocarsi in questa geopolitica del mondo che si stava definendo. I superiori

e inferiori non sono termini miei, ma sono termini con i quali, fra l'altro, Lombroso

reagiva. Se si leggono i testi in una collettanea di articoli suoi, il momento sociale, lui

si oppone per esempio all'egemonia anglosassone ed è uno dei tanti socialisti che appoggia

i Bur in i Boeri, come si dice in italiano, e nella guerra anglo-boera, la grande maggioranza

dei socialisti continentali si fecero, perché si sentivano di questo poderio anglosassone,

delle cannoniere, che negava a una parte della bianchezza latina la sua posizione nella

guerra, e non alla razzia tra i superiori. È un mondo complesso e Lombroso è uno dei

tanti che la operano.

Quindi, da un lato tu dici i paesi coloniali di successo, prima di tutti l'Inghilterra,

che costruisce il suo impero, che in qualche modo giustifica questa sua egemonia mondiale

con una superiorità biologica e dall'altra, e qui forse c'è anche la connessione fra

l'Italia e l'America Latina, quelli che si ritengono di essere all'altezza degli

occidentali, ma questa loro grandezza non viene riconosciuta. E lì forse il ruolo

di Lombroso è centrale, lo sabi dire, questa connessione Italia-America del sud, come

racconti nel tuo testo.

Un testo che si chiama La Galassia Lombroso. Forse potresti spiegare perché non si tratta

semplicemente dell'opera di un uomo, ma di un intero network, di un'intera galassia

che si mette in azione a quel punto.

Esatto, è una galassia, uso il termine galassia, forse altri avrebbero usato il termine rizoma,

ma la galassia mi interessa perché prima di tutto lui aveva interpreti o reinterpreti

o creolizzazioni del suo pensiero dall'Australia all'India a tutte le Americhe, alla Russia

fortemente, era dappertutto. L'archivio è molto ben organizzato, tenuto da Silvano

Montaldo e Cristina Sciglia al Museo Lombroso, impressionantemente ricco, mostra un cosmopolitismo

di Casa Lombroso fortissimo. Quello che mi interessa è una relazione tra un salotto,

Casa Lombroso, importantissimo a Torino, estremamente illuminato, e il laboratorio, museo diciamo,

che riceveva tante persone. Il sabato a Casa Lombroso c'era da mangiare per molte persone.

Pensate alla figura di Fernando Ortiz, oggi visto come il creatore delle scienze sociali

cubane, che giovane, attaccia il culturale all'economia, è un importantissimo sottoposto

alla cultura. Andava tutti i giorni a Casa Lombroso, da Torino, c'era il treno, a passare

a fine settimana per bere alle fonti lombrosiane, ma anche per conoscere Turati, Eva Kollontai,

leggere le carte di Durkheim, di Max Verstappen. C'era una serie di… chi legge la prefazione

allo Sneros Bruxos di Fernando Ortiz fatta da Lombroso vede che c'è una relazione intima.

Quindi è strano, c'è un tocco artigianale in questa, che io chiamo di home science,

scienza fatta in casa, dove la Gina Lombroso si occupa della rivista, la figlia di Lombroso.

La figlia di Lombroso, Gina è la figlia, non di Lombroso.

Il genero, Guiliermo Lombroso, lavora con lui. Mario Carrara sposa l'altra figlia,

che è una del personaggi di Marione, il corone dei piccoli. Insomma, è un gruppo interessantissimo

che si muove. Enrico Ferri si associa, è un grande giurista già famoso, direttore dell'Avanti. A

partire da questo conglomerato familiare si sviluppa questa rete epistolare, ovviamente

non c'era email all'epoca. Se avesse avuto email sarebbe stato molto più impressionante. Nelle

due direzioni, Lombroso e i suoi accolti, le persone prossime ricevono oggetti, schede

della polizia. Sono delle cose che più si internazionalizzano, le schede della polizia

lombrosiane. E' interessante perché sono globalmente simili ma variano regionalmente.

Per esempio, le schede del Canada o dell'Australia sono molto più razionalizzate

che le schede della polizia brasiliana o argentina. Sono tutte simili ma tu vedi che

c'è un'ossessione razionale molto più forte in quell'epoca nel mondo anglosassone.

E riceve anche mummie, amuleti, crani, un casino di crani. Io avevo il piacere di studiare nella

cranioteca di Lombroso quando stavo a Torino. Molti di quei crani non sono tutti italiani,

ma vengono da lontano. Quindi questa circolazione di oggetti che meriterebbe un libro,

fare una biografia di questi oggetti scambiati, mummie, peruviane, interessava moltissimo. Quello

che mi interessava è questa combinazione tra locale e globale. Una scienza fatta in casa,

con criteri ovviamente draconiani, perché all'epoca non esisteva il peer review,

non so come si dice in italiano moderno, che è molto anglicizzato. Si dice peer review.

Il referaggio. Ma gli articoli erano fatti da coli. O andava bene o era una schifessa.

Non esisteva. Anche questo è interessantissimo. Perché questo pezzo delle scienze italiane

ebbe tanto peso prima dell'industrializzazione delle scienze? Quello che dico nella fine del

mio lavoro è che l'antropologia italiana mai sarà così tanto citata come all'epoca. Quando

l'antropologia italiana, dopo la seconda guerra mondiale, si anglicizza, si americanizza,

come molti altri posti. L'ultimo citato degli antropologi italiani in America Latina è De

Martino. Poi siamo rimasti una provincia nel mondo dell'antropologia universale.

Questo nell'ambito dell'antropologia culturale. Quella che oggi si chiama antropologia biologica,

forse la storia è un po' diversa. C'è anche una storia però di gravi insuccessi scientifici in

questo. Io ricordo un libro di Paolo Mazzarello, che è lo storico di Pavia, che si chiama Il genio

e l'alienista e che racconta appunto la costruzione di questo viaggio in Russia di Lombroso a

incontrare Tolstoi. Se non sbaglio Mazzarello ricorda che a un certo punto si fa mandare

Lombroso dalla Polizia di Parigi una serie di schede fotografiche, perché era molto attento

all'innovazione tecnologica, delle prostitute di Parigi e in tutte riconosce il bernoccolo

della criminalità, dell'alcolismo eccetera. Gli viene così bene che scrive un articolo e poi ne

manda una copia come segno di ringraziamento al direttore della Polizia Parigina, il quale fa un

salto sulla sedia perché si rende conto di avergli mandato non le schede delle prostitute ma di

quelle che chiedevano la licenza per aprire un negozio di frutti d'endolo e di frutti d'endolo.

Lombroso aveva riconosciuto in tutti quanti i segni atalici della criminalità, quindi era una

scienza fatta in casa che soffriva anche di tutti i limiti di questa scienza fatta in casa.

Però è una scienza fatta in casa dove circolano anche idee progressiste. La cosa interessante che

complica tutto il quadro, che sarebbe semplice rimuovere Lombroso dal quadro della storia

dell'antropologia o delle scienze sociali o della medicina dicendo che è stato un charlatano con

forti cadute razziste. Però tu pensi o pensiamo che Lombroso era fortemente anticolonialista.

Lombroso aveva la fortuna di morire prima dell'invasione della Libia. La guerra di Libia

è un punto di... come sempre le guerre coloniali, come in tutti i paesi, sono momenti di struttura,

di taglio epistemico. Ma era violentamente contro già dalle prime sconfitte delle esercizie italiane

in Abissinia contro a questo. Scrive delle cose quasi di relativismo culturale, dice

noi abbiamo lottato contro gli austriaci, ricordiamoci lui nacque austriaco, per avere

la nostra... e ci permettiamo di insegnare agli abissini che tipo di re avere, che diritto abbiamo

noi di fare questo. E poi loro saranno ovviamente... progrediranno dalla loro forma. Fra l'altro c'è

una lungimiranza, Lombroso dice noi stiamo rompendo quelle cose ai cinesi cercando di

installarci vicino di Canton, come facevano all'epoca. Non ci rendiamo conto che i cinesi

ci butteranno tutti a mare, che saranno un grande popolo e dobbiamo starci attenti. Meglio non

averli come nemici. Per cui a parte questo ci sono delle cose interessanti sul meticciato.

Lombroso è a favore del meticciato, contrariamente alle sue interpretazioni latinoamericane. Dice

popolo che non si mischia, degenera, come i cavalli diciamo così, ispirato anche in Taylor.

Per cui ci sono delle cose complesse in Lombroso che non si... e fra l'altro lui prende posizione,

nel caso di Refus, scrive un testo interessante sugli ebrei, non solo una razza, che mostra che

quando toccano a lui e alla sua famiglia anche l'antirazzismo vale la pena essere mobilizzato.

Forse è meglio ricordare per la chiarezza dell'esposizione che il meticciato, cioè il mescolare

insieme esponenti di quelle che venivano chiamate razze diverse, era visto come il fumo negli occhi,

per esempio nel documento più tardo, nel documento degli scienziati razzisti, nel decalogo del 1938

degli scienziati razzisti italiani, il meticciato era visto come un terribile evento che mescolava

chi era in alto con chi stava in basso. Quindi la posizione di Lombroso è da un lato coraggiosa,

perché è contraria a ogni difesa di un concetto di purezza che non si sa dove dove stia, ma è anche

una posizione che all'interno del razzismo italiano ed europeo si distingue dagli altri,

perché è appunto una posizione razziale ma non razzista, se vogliamo chiamarla in questo modo.

Lombroso era convinto che esistessero razze, ma che le razze fossero perfettibili,

come lui dice, fossero migliorabili. Ogni razza con i suoi passi, con i suoi tempi,

e che non era l'imperialismo e l'intrusione, lui dice, che avrebbe permesso lo sviluppo,

erano dinamiche spontanee, come potremmo dire, omeopatiche, non allopatiche,

che avrebbero potuto migliorare le razze. Forse è proprio per questo concetto di

perfettibilità che tanti esponenti socialisti, non so, sto pensando a George Bernard Shaw,

sto pensando a Zola, che tu citi in una nota del libro, vedevano con così tanto favore le

politiche volte al miglioramento delle razze, che poi sono quelle che sono sfociate nell'eugenetica.

E forse è proprio perché non hanno visto che cosa significavano una volta messe in pratica queste

idee. Ci penseranno poi gli inglesi con gli australiani e con gli indigeni canadesi,

non ci penseranno poi soprattutto i tedeschi con gli zingari e con gli ebrei. Senza questi

esperimenti brutali e dei risultati molto chiari, forse non si capiva all'epoca quanto

pericolose fossero queste teorie e quanto lontano si poteva andare.

L'ombroso è morto nel 1909, prima che l'eugenetica bilagasse in certi paesi,

ma ogni in altri. Comunque lui era attento all'alba dell'eugenetica che si anticipava in

parte degli Stati Uniti, pensi in indiane quando già nel 1904 cominciano a fare le castrazioni

degli omeni. Una persona con Madison Grant, un attentico razzista che lui conosceva,

l'ombroso leggeva molto e riceveva molte cose. Per quello che ho capito c'era una certa repulsione

con relazione alla castrazione, per esempio. Perché, come ti ho detto stamattina,

alla fine l'ombroso si diceva socialista. Alla fine era anche stato consigliere comunale a Torino

per vari anni del Partito Socialista. Contrariamente a Tolstoi, a cui fece un'antipatia enorme,

peraltro, che era un gigante, quasi si affoga e Tolstoi, a suo malgrado, lo salva.

Ma comunque operava la scuola positiva di antropologia in un paese profondamente cattolico,

per cui comunque questa aura di cattolicismo, di cui c'era la casta con ubi più avanti,

ma non ci si mette con certe cose. L'eugenia se si fa è una eugenia positiva, come poi si è detto,

si è fatta in latinoamerica. Conoscerei il lavoro di Nancy Stepan. L'eugenia positiva è quella che

può rimare con l'egemonia del pensiero cattolico, ma non è l'eugenia negativa, che infatti non è mai

esistita in America Latina, a non essere piccole cose, a Santa Cruz, quando era comunista.

Questo ha contribuito. Dobbiamo stare attenti a leggere l'ombroso alla luce del manifesto

rassista dell'epoca. In quegli anni, ricordiamoci che nel 38, Guillermo Ferrero e Gina si esiliarono,

e furono di fatto esiliati, e che Mario Carrara è uno dei 21 professori che non giura fedeltà al

fascismo. La famiglia Lombroso è pesantemente penalizzata dal fascismo. E' buono ricordarlo,

chiaro che non si può fare la storia all'indietro. C'erano delle relazioni complicate. Ho scoperto

che a Mussolini piaceva molto i primi libri di Guillermo Ferrero, soprattutto Ascensione

e Decadenza dell'impero romano. Questo contribuì a fare che a te un certo periodo Mussolini

lo protesse, ma poi con la leggerazione tutto degenera.

Senti, due dei quattro capitoli del tuo libro, quindi metà del tuo libro, sono dedicati

invece all'influenza del pensiero di Lombroso nell'America del Sud. Uno si chiama Incontri

e scontri in America del Sud, e poi il quarto capitolo è invece più legato al Brasile.

Qual è stata la connessione? In che modo il pensiero di Lombroso, un po' ce l'hai detto,

venivano a studiarlo in Italia perché era una grande autorità, ma in che modo il pensiero

di Lombroso o degli antropologi italiani, tu citi anche Mantegazza, si è diffuso poi così bene

nell'America del Sud rispetto ad altre scuole di pensiero, anglosassoni, francesi e così via?

Come nelle migrazioni ci sono fattori di attrazione e repulsione, push and pull factos,

anche nelle migrazioni delle idee e degli intellettuali ci sono fattori di attrazione

e di repulsione. Io ne elenco vari, ma il fatto dell'Italia, tutta l'idea della giovane

Italia, per esempio, il pensiero mazziniano creonumus favorevole nel quale si innestò

Mantegazza, Mantegazza passò vari anni in America Latina, sposò una signora dell'alta

classe media dell'argentina e la visse. Più avanti preparò di qualche modo il terreno,

anche se rimase sempre in polemica con la scuola lombrosiana, preparò un po' il terreno.

Più avanti, quando loro invitano Guglielmo Ferrero e Gino Lombroso, chi li invita è

il giornale prestigioso all'epoca, letto in Europa, cosa impensabile, argentino La

Nation, diretto da niente meno che Bartolome Mitre, figlio del grande Mitre, era un giornale

interessante che si leggerebbe come oggi la Rassegna Stampa internazionale, tra i giornali

si leggeva La Nation, cosa che oggi sarebbe impensabile. All'epoca il reddito medio dell'argentina

era più alto che in Italia, gli italiani migravano in massa presso il Brasile e l'Argentina,

questo creava anche relazioni di potere interessanti, c'era da parte dell'elite latino-americana

un interesse, erano due poli di attrazione, il giornale La Nation e in Brasile l'Accademia

Presidente di Lettere, che nomina Guglielmo Ferrero socio rappresentante, ricordiamo che

prima di lui era Spencer il socio rappresentante, morì Spencer e fu nominato Guglielmo Ferrero,

per capire non erano i pesci piccoli, erano i migliori, l'unico italiano che poi ebbe

posto all'Accademia Presidente di Lettere come socio rappresentante fu D'Annunzio,

mai più un italiano entrò, entrarono americani, inglesi, l'ultimo fu D'Annunzio. Guglielmo

Ferrero era famosissimo all'epoca, tant'è che l'anno dopo per la Torino-Italia, poco

arriva a Torino ed è invitato da Teodoro Roosevelt, che era un tipo tutto particolare,

aveva un interesse per il Brasile, e che si scrive lettere di amicizia con Guglielmo Ferrero,

stiamo parlando di italiani conosciuti e famosi, Guglielmo Ferrero è l'unico italiano

che io sappia a risiedere una settimana o due nella Casa Bianca e a cenare nel Over

Room di un presidente nordamericano. Mai, e questo è più successo, questo dice molto

su Teodoro Roosevelt che aveva passato un periodo in Latina America, ha scritto il libro

Mirabolante sulle razze latinoamericane, che varebbe la pena leggersi peraltro, perché

Teodoro Roosevelt era sedotto dal meticciato latino-brasiliano, ma diceva che questo va

bene qui, ma non da noi, qui funziona, e poi c'è questo substrato del pensiero modernista,

per cui si desidera disperatamente, la chiamavano l'ambasciata d'oro, fatta dal ministro degli

esteri brasiliano, Barone del Rio Branco, che era che dobbiamo essere riconosciuti come

un paese che vale, chi lo può fare questo? Chi ci può dire che siamo dedicati all'ordine

del progresso? Molto meglio degli italiani che degli inglesi o dei francesi che ci considerano

degli scalzacani, quindi invitano gli italiani ad hoc, sono loro che cercano gli italiani,

gli italiani hanno bisogno, Ferri, il cui sogno era fare le elezioni negli Stati Uniti, non

ci riuscì mai, e Lombroso, avevano bisogno di una ricezione straniera, di un bacino,

e ai brasiliani e agli argentini serviva, era l'epoca delle migrazioni di massa, che

a qualche tono ne parlasse bene, quindi era un gioco di convenienza interessante, ed era

un dialogo dove uno diceva quello che voleva, ma non sempre era ascoltato.

Nell'attuale società brasiliana in cui tu vivi, che cosa rimane? Quali sono le tracce

di questi influssi culturali? Si può dire che l'antropologia italiana ha lasciato dei

semi fertili, che nella mentalità corrente brasiliana è rimasto qualcosa di questo dibattito,

o la modernità, la globalizzazione hanno superato questi temi e adesso non ne resta molto?

Quello che è rimasto dell'antropologia italiana è che oggi ci sono molti più antropologi

italiani in Brasile che cent'anni fa. Il Brasile è stato, per lo meno fino all'avvento

di questo disgraziato governo Bolsonaro, un paese che ha accolto anche recentemente centinaia

di intellettuali italiani e di ricercatori italiani nell'area delle scienze sat e sociali,

quindi rimaniamo importanti se tu vuoi.

A partire dagli anni 30 e con più forte dopo la seconda guerra mondiale, con la missione

francese, ricordiamoci Levi-Strosky in Brasile e vari altri, recentemente si sono fatte ricerche

molto interessanti, Brodel nel 1936-37 a Rio de Janeiro durante anni, comincia un investimento

francese sulle scienze sociali brasiliane e dopo la seconda guerra mondiale il Brasile

viene a essere, e anche la criminalistica brasiliana soprattutto e le scienze poliziesche,

scienzas policiais, come lo chiamiamo qui, diventano interessanti nelle guerre culturali

che gli Stati Uniti lanciano qui per le Americhe, perché capiscono che in questi ambiti, che

sono gli ambiti marginali delle scienze sociali, scienze poliziesche, endocrinologia, psichiatria,

ai margini, il certo pensiero italiano, il determinismo italiano ancora era molto forte.

Non sappiamo se gli americani stavano lì per una missione antirazzista, per debellare

l'ultima vestige del determinismo biologico o stavano lì per debellare tutto quello che

non fosse americano nelle scienze sociali latinoamericane. Sospetto che fosse più la

seconda parte, la seconda cosa che è la prima.

Io mi riferivo più alla persistenza nella società brasiliana di concetti appunto, di

idee legate alla superiorità, inferiorità delle razze, questo concetto di meticciato.

Come descriveresti la società brasiliana di adesso in relazione ai temi che stiamo

trattando? È una società in cui conta molto il colore della pelle o conta poco il colore

della pelle?

Conta moltissimo, ci sono cose persistenti nei paesi che non cambiano facilmente, adesso

mi sto interessando di Africa del Sud dove andrò il primo giugno per otto mesi, è giustamente

il pensiero razziale, è la forma di pensare alle razze nella cultura popolare, una delle

cose più tenaci e che meno facilmente cambia, possono cambiare le icone che si usa, può

cambiare il linguaggio, si può anglicizzare o meno, ma il gusto e l'atteggiamento verso

l'altro sono cose che cambiano molto meno di quello che noi vorremmo o spereremmo, lottiamo

perché succede. Il Brasile è una società, come possiamo chiamarlo, invento un termine

adesso, una cromocrazia, il colore è importante, noi parliamo del termine colore, nella cultura

popolare si dice colore, colore più che fenotipo, anche se il termine razza è usato, ma è

una razza tra virgolette, non si usa con l'esattezza e non è presente, per esempio

nel censo brasiliano la domanda qual è la tua razza core, ma se il censo americano è

molto più esatto, la etnicità qui in Brasile ancora non è riconosciuta.

D.R. Però se posso dire una cosa, nel censimento americano le razze cambiano ogni dieci anni,

adesso ancora di più perché hanno introdotto la seconda possibilità. Il censo brasiliano

dal 1870 non è mai cambiato, esistono tre razze, se ne sono aggiunte altre due, i gialli

e gli indios, che sono preto, nero, pardo, marrone e branco, bianco. Interessante che

nel 1870 c'è il primo censo moderno brasiliano, nel 1870 è quando gli Stati Uniti ritirano

la categoria octa-crune dal censo americano e li polarizzano in bianco e nero.

D.R. Diciamolo questo perché i censimenti americani si parte da black e white quando

la sfia di tu è stata appena abolita e quindi non ci sono stati tanti incroci, ma poi incominciano

a definire i metici in vari modi e a seconda del numero di antenati neri si può essere

quadrune, octa-crune e così via.

F.M. Ma quello fu abolito nel 1870 ed è ritornato più o meno vent'anni fa nel censo la possibilità

della seconda origine, che però è una cosa molto limitata, è limitata ai giovani, che

sta crescendo molto poco. Il Brasile ancora si interpreta e si vede, e secondo i nostri

colleghi geneticisti brasiliani, lo è un paese intrinsecamente meticio di fatto, o

perlomeno mischiato, se non vogliamo dire dove, dal punto di vista dei mappa genetici,

il nostro collega Sergio Penalo lo sa molto bene, ha provato che effettivamente c'è

infinitamente più mescolanza che in altri paesi. Il che non vuol dire che non ci sia

racismo, che non si può avere la sisma e la mescolanza.

S.P. Se posso dire una cosa, mentre queste definizioni brasiliane sono appunto in qualche

modo flessibili, le definizioni che usano i censimenti americani sono illusoriamente

semplici, perché appunto lì puoi decidere di essere nel 2010 di razza samoana, solo

nel 2010, non perché nel 2010 si fossero sviluppate delle enormi differenze fra i

samoani naturalmente, ma perché vari gruppi sociali, arrivati ad un livello di visibilità

sufficiente, pretendevano di essere riconosciuti come razze. Quindi da un lato c'è una classificazione

che sembra in qualche modo scientifica, con delle caselle molto definite, ma siccome la

realtà sottostante è tanto fluida quanto in Brasile, queste razze dopo dieci anni scompaiono,

vengono sostituite da altre, e quindi è un po' illusoria questa classificazione.

Senti, avviandoci alla conclusione di questa nostra chiacchierata, mi viene in mente di

chiederti cosa pensi delle polemiche che ci sono state a Torino intorno al Museo Lombroso,

perché c'è una componente, anche degli antropologi torinesi, insomma ne conosco uno,

che dicono semplicemente che questo museo è una vergogna e va chiuso perché è un

monumento permanente al razzismo e alla discriminazione. Io ritengo che i musei non vadano mai chiusi

in generale, non chiuderei nessun museo, al massimo ci metterei qualche spiegazione in più,

ma la polemica è stata forte. Tu come la vedi, come la pensi?

Primo sono sospetto perché ho lavorato dentro l'archivio del Museo Lombroso e cerco dal di fuori

contribuire quello che posso. Il Museo Lombroso è un eccellente museo sulla storia del razzismo,

molti di quelli che lo criticano vorrebbero che lo visitassero il Museo Lombroso. La mia

opinione è che si ripete la tragedia di Lombroso, criticato e non letto, criticato e non visitato

il Museo Lombroso. Da quando è stato rifatto, come tu giustamente dici, i musei dovrebbero

non distruggere, dovrebbero rifarsi. Oggi ci sono, se tu vai a Città del Capo o recentemente

anche a Berlino, i musei hanno tre o quattro etichette quando si tratta di oggetti diciamo

razzializzati, perché le varie epoche, è interessante non togliere le etichette antiche.

Purtroppo in Latino America, soprattutto in Brasile, la politica dei musei è stata un

disastro, la politica degli archivi in generale. Io trovo che il Museo Lombroso svolge una

posizione importante di contestualizzazione del pensiero razziale e contribuisce alla

lotta antirazzista. Tutta la seconda parte del museo, tutti i pannelli su come si è parlato

di razza e si può fare molto di più, ci vorrebbero più investimenti. Se pensiamo come è stato

fatto recentemente il Museo dell'Homme a Parigi, chi l'ha visitato prima o dopo si

ricordano, hanno fatto uno sforzo enorme con dei soldi da fare paura che non abbiamo in

Italia, ma per giustamente derazzializzare senza però buttare il bambino con l'acqua

del bagno. Le immagini razzializzate, quei quadri, li hanno mantenuti, li hanno trasformati.

Il Museo Lombroso si tratta di continuare questo lavoro di educazione, negare quello

che è successo non serve a combattere il razzismo, è una cosa tenace, che rimane tra

di noi. Nonostante voi biologi e geneticisti ci dite delle cose meravigliose, che il fenotipo

è uno scarso indicatore di differenza genotipica, questo lo dico ai miei studenti tutti i santi

giorni, e lo dite con tutte le salse, fra l'altro oggi lo dite anche in forma per noi

laici intelligibile, c'è un progetto politico da parte di l'altra molto bello, però

il fenotipo è continuo importante nella città di Diaolo. Per cui il Museo Lombroso

ha una sua funzione, va difeso, va trasformato e bisogna lottare perché migliori ci siano

più investimenti.

Leggo nella chat una domanda di Alina Popescu rivolta a me, a cui però non so rispondere,

perché Alina Popescu dice che ho fatto ricerche anche io nel Sud America, non me ne ricordo

se può darsi di sì, ma non mi pare, e soprattutto chiede che cosa ci posso dire sulla percezione

delle razze. Ecco qui l'esperto di percezione è l'antropologo sociale Livio Sansone, quello

che posso dire io è che dal punto di vista genetico abbiamo oltre il 99% del nostro DNA

in comune fra tutte le popolazioni della Terra, le nostre differenze riguardano un 1%, non

è poco quell'1% perché è l'1% di tanta roba, il nostro DNA è molto vasto, quindi

in quell'1% ci stanno circa 3 milioni di possibili differenze. Però la cosa che si

vede è che ogni popolazione è un po' diversa dalle altre e tutte quante hanno dei segni

molto chiari della loro origine africana, cioè siamo un sotto insieme di africani che

a un certo punto è uscito dall'Africa e poi in vari ambienti si è differenziato attraverso

i meccanismi normali dell'evoluzione assumendo delle caratteristiche diverse, ma appunto

il colore della pelle è soltanto la superficie, sotto ci stanno tante cose e tanti aspetti

del nostro essere biologico non corrispondono all'idea classica delle razze per cui gli

africani sono fatti così, gli europei sono fatti così e gli asiatici sono fatti in un

altro modo. Ecco forse non si tratta tanto di discutere della esistenza, inesistenza

delle razze che dal punto di vista filosofico è un concetto un po' complicato perché dimostrare

che qualcosa non esiste non è facile, si tratta di discutere dell'utilità del concetto di

razza e ormai abbiamo capito che per comprendere le nostre differenze il concetto di razza

non ci aiuta, perché ci fa mettere nella stessa categoria, nella stessa scatola della

gente che è un po' diversa. Quindi mi dispiace non essere riuscito a rispondere pienamente

a questa domanda. Bene, è quasi un'ora che stiamo chiacchierando, forse è giusto addiarsi

verso la conclusione e a me sembra che il modo migliore per concludere questa presentazione

sia di chiedere all'autore di leggere una pagina o qualcosa del suo libro, in modo da

aver un'idea anche della scrittura, perché insomma anche se Livio Sansone fa il modesto

e dice io non so più scrivere in italiano, questo è un libro invece di piacevolissima

lettura che uno affronta e legge senza avvertire il peso del saggio che ogni tanto salta fuori.

È un libro scritto senza linguaggi tecnici, quindi accessibile a tutti quanti, ma è inutile

che ve lo dica io, perché secondo me ascoltando le parole di Livio lo comprenderete direttamente

voi. Quindi pregherei Livio di scegliere una pagina del suo libro e farci sentire cosa

scrive. E così farò. Ringrazio Guido per le interessantissime domande, spero di essere

riuscito a spiegarmi un pochettino. Leggo dalla pagina 210.

In gran parte l'interesse suscitato dalla Galassia Lombrosi in America Latina si deve

al fatto di questo proporre un metodo strategicamente approssimativo, con una sua iconografia,

incentrato su un'apparenza e morfologia più che sulle origini e su qualche essenza della razza.

Le origini e i possibili elementi di atavismo e degenerazione non sarebbero quindi nascosti,

ma possono e devono essere letti sul voto dell'individuo, sulla parte visibile e socializzata

del suo corpo, pelle, espressioni facciali, deformazioni corporali, linguaggio, mimica,

tatuaggi ed eventualmente abiti, specialmente nel caso dell'avvianza sessuale. Come evidente,

questo metodo incentrato sull'estetica e della differenza si adatta perfettamente,

più a un sistema in cui la piramide socio-raziale è, nelle parole di Orasino Oguera,

più persa il filo, il pesto. Purtroppo, dove la piramide socio-raziale è, nelle parole di Orasino Oguera,

incentrato sul preconceitto di segno, in cui quindi si giudica dalle apparenze,

che è un sistema incentrato sulle origini, come sarebbero gli Stati Uniti, che è sempre l'alter ego

nel discorso raziale del Brasile, dove lo status dipende dal quantum di sangue non bianco o nero

che sia nelle vene. Il razzismo si focalizza più sulle origini o sulla cosiddetta essenza della razza.

Se nel secondo sistema dovrebbero valere regole fisse e perciò servono misure legali che segregano

e escludono un gruppo razzialmente definito, nel primo vi sarebbe più discrezionalità,

per esempio da parte del giudice, che può e deve somministrare le pene in base anche alla personalità

del re e quindi di fatto anche al suo aspetto e atteggiamento favorito dal Codice Rocco del Trento

e dal suo adattamento brasileno del 1940.

Tale divisione analitica tra preconceitto e razzismo, focalizzati sulle apparenze

e un opposto incentrato sulle origini, formerà a partire dagli anni Trento e ancora più dopo la Seconda Guerra Mondiale

l'asse intorno al quale si costruirà una tradizione di studi comparativi internazionali

tra Nord e Sud America, in frantesima dolce, nella quale i protagonisti continueranno ad essere

come prevedibili gli Stati Uniti e il Brasile.

In questo scontro tra titani, tra scuole e cani in scienze sociali del paese più potente dell'Occidente

e scuole e perspective già consolidate in America Tina e specialmente in Brasile

non ce sarà più lo stesso spazio per autori italiani.

Bene, io vi ringrazio intanto tutti quelli che ci hanno seguito

e ringrazio Livio Sansone per questa conversazione e per questo suo bel libro

La Galassia all'Ombroso, edito dalla Terza

e vi do l'appuntamento per le prossime conversazioni con Casa La Terza.

Buonasera a tutti e arrivederci Livio.

Buonasera, grazie a tutti.