Il Burlone - Massimo Gorki
- Come ti chiami? domandò l'amministratore, tirando un taccuino dalla tasca. - Nicola Gvòsdef, Vassìli Ivanovitsc, disse subito l'impaginatore. - Eh, tu! servo di Giuda Iscariotte! taci, quando non ti si domanda nulla! disse ruvidamente l'operaio colpevole, guardando di sbieco l'impaginatore. Ho una lingua, e so rispondere per conto mio.... Sì, mi chiamo Nicola Semiénovitsc Gvòsdef... Il mio domicilio....
- Lo troveremo da noi! interruppe l'amministratore. Ed ora vattene al diavolo!.. Andatevene tutti!
I compositori uscirono lentamente, a passi rumorosi, dalla sala. Gvosdef camminava dietro i compagni.
- Aspetta... un momento!.. disse il redattore a voce bassa ma distinta, e stese il braccio verso Gvosdef.
Costui si voltò, si appoggiò allo stipite della porta, ed arricciandosi la barbetta fissò gli occhi insolentemente in faccia al redattore.
- Ecco quello che ti voglio domandare.... incominciò il redattore.
Voleva essere calmo, ma non ci riusciva; gli si alterava la voce: dalla parola passava al grido.
- Hai confessato.... che nel fare.... questo scandalo.... lo facevi... prendendo di mira... la mia persona.... Sì?... Cosa significa questo?.. Si tratta dunque di una vendetta contro di me? Perchè?... Te lo domando... Puoi rispondermi?
Gvosdef fece un'alzata di spalle, strinse le labbra, abbassò il capo e stette un momento in silenzio. L'amministratore batteva un piede a terra con impazienza, l'impaginatore allungava il collo, ed il redattore si mordeva le labbra, facendo scricchiolare nervosamente le dita. Tutti aspettavano.
- Ebbene, giacchè lo volete, ve lo dirò... Soltanto, siccome non sono un uomo istruito, forse mi spiegherò male - e non mi capirete.... Ebbene, in questo caso, scusatemi! Ecco dunque come va la faccenda. Voi scrivete una quantità di articoli di ogni specie; consigliate a tutti quanti l'amore del prossimo, e così di seguito.... Non so dirvi tutto ciò che predicate... non sono un letterato... Ma sapete certamente meglio di me ciò che scrivete tutti i giorni... Allora, io leggo i vostri articoli. Discutete sul conto nostro, sul conto di noialtri operai... ed io leggo tutto ciò... E sono disgustato di questa lettura, perchè sono tutte chiacchiere - e null'altro .. Parole, parole, parole senza vergogna, Mitri Pàvlovitsc!... Scrivete: «Non rubare!» E cosa si fa in questa vostra stamperia? La settimana passata, Kiriakof ha lavorato tre giornate e mezza, ed ha guadagnato tre volte ottanta copek, poi gli è venuta una malattia. Allora sua moglie viene all'amministrazione a prendere il danaro ed il direttore le dice che non spetta a lui di pagare, ma che invece è lui che deve ricevere da lei un rublo e venti - come multa. Proprio!... Altro che «Non rubare!» Allora, perchè non scrivete articoli sopra queste cose? E sul modo col quale il direttore ingiuria i ragazzi, e li batte per la minima mancanza?... Non potete scrivere queste cose, perchè fate parte della stessa politica... Scrivete soltanto che la gente trova difficoltà a vivere bene... E se lo scrivete, vi dirò io il perchè... è perchè non sapete trovare altra cosa da dire... Semplicemente per questo... Ed è per questo che non vedete le crudeltà che avvengono sotto il vostro naso, mentre raccontate benissimo le crudeltà dei Turchi? Forse che tutti i vostri articoli non sono fandonie? È da molto tempo che mi è venuta la voglia d'introdurre, per vergogna vostra, qualche parola vera nei vostri articoli... E avrei potuto far meglio di quel che ho fatto! Gvosdef si sentiva un eroe. Si raddrizzò fieramente, alzò il capo, e, senza nascondere il suo trionfo, guardò in faccia il redattore. E questi si strinse contro la tavola, di cui prese l'orlo con le due mani nervose, e si buttò indietro: ora impallidiva, ora arrossiva, ma sorrideva sempre con aria disprezzante e confusa, irata e dolorosa. Le palpebre si aprivano e si chiudevano alternativamente sui suoi occhi dilatati.
- Un socialista? domandò a mezza voce l'amministratore con spavento e curiosità, rivolgendosi al redattore, il quale sorrise a fior di labbra; ma chinò la testa e non disse nulla. L'impaginatore si era scostato dagli altri uomini e si era avvicinato alla finestra dove stava un vaso con un enorme rododendron, il quale gettava sul tavolato un disegno di ombre; egli s'era posto dietro a quel vaso e da quel sito guardava la scena con i suoi occhietti neri e mobili come quelli di un sorcio. C'era in essi l'espressione di un'attesa impaziente ed ogni tanto vi si accendeva una fiammella di gioia. L'amministratore guardava il redattore; costui lo senti, alzò il capo, e con un lampo d'inquietudine negli occhi ed un tremito nervoso nel volto, gridò dietro a Gvosdef che ne se andava: - Permettete... aspettate!... Mi avete offeso... Non avete il dritto... spero che lo sentite... Vi sono grato della... della vostra... lealtà... nelle vostre spiegazioni... ma, lo ripeto...
Voleva parlare con ironia; ma, invece di questa, c'era nelle sue parole qualche cosa che suonava male, che esprimeva un sentimento falso. Fece una pausa per mettersi al diapason di una difesa degna e di lui e di quel giudice, il cui dritto di giudicarlo non gli si era mai affacciato alla mente.
- Son cose che si sanno! fece Gvosdef con un cenno della testa; ha sempre ragione colui che sa parlare molto!
E, ritto sulla soglia, gettò intorno a sè un'occhiata che mostrava chiaramente il suo desiderio impaziente di andarsene. - No, permettete! riprese il redattore alzando la voce ed agitando un braccio. Avete espresso un'accusa contro di me, e prima ancora di esprimerla, mi avete punito arbitrariamente per la colpa che, secondo voi, avrei commesso contro di voi.... Ho il dritto di difendermi, e vi prego di ascoltarmi.... - Ma che bisogno avete di preoccuparvi di me? Difendetevi davanti all'amministratore, se sentite questo bisogno. A che prò parlare con me? Se vi ho offeso, citatemi davanti al giudice. Ma.... difendervi? Oibò!... Addio! aggiunse poi, voltando bruscamente le spalle, e, con le braccia dietro la schiena, uscì dalla sala.
Portava grossi stivaloni, e siccome camminava pesantemente, i suoi passi risuonavano sonori per la gran sala di redazione che somigliava alquanto ad una tettoia.
- Ecco una bella storia - e con del pepe dentro! esclamò l'amministratore, allorchè Gvosdef ebbe chiusa la porta dietro le sue spalle. - Vassìli Ivànovitsc, io non c'entro in alcun modo in questa brutta faccenda, disse l'impaginatore allargando le braccia con aria contrita ed avvicinandosi pian piano al redattore.... Impagino la composizione, ma non posso mica sapere ciò che il compositore vi ha ficcato dentro... Sto qui in piedi tutta la notte... Io sto qui, mentre in casa mia moglie è ammalata ed i bimbi non sono sorvegliati... ne ho tre... Posso dire che do il mio sangue per trenta rubli al mese... l'ho ben detto a Fiòdor Pàvlovitsc, allorchè accettava Gvosdef come operaio nella tipografia: «Fiodor Pavlovitsc, dicevo io, conosco Nicolka da bambino, e devo dirvi che Nicolka è un burlone ed un ladro, un uomo senza un bricciolo di coscienza. È già stato davanti al giudice conciliatore, dicevo io; ed è anche stato in carcere....
- Perchè ci è stato? chiese il redattore con aria pensosa, senza guardare l'impaginatore. - Per dei colombi... cioè, non già per i colombi, ma per aver rotto delle serrature. In una sola notte, ha rotto le serrature nelle porte di sette colombai.... ed ha ridato la libertà a tutti i colombi!.. Anch'io ne avevo un paio... erano grigi... uccelli rari... ed anch'essi si sono perduti. - Ha rubato? domandò l'amministratore con curiosità. - No, non è quella la sua partita. È stato giudicato anche per furto; ma è stato dichiarato innocente. Non è un ladro, è semplicemente un burlone.... Ha fatto prendere il volo ai colombi, ed eccolo contento, - e si burla di noialtri che abbiamo la passione dei colombi... L'hanno già bastonato più d'una volta - ed una volta ha avuto una batosta tale che ha dovuto andare all'ospedale... Ma appena uscito, eccolo che ha fatto venire una quantità di diavoli nella stufa di una mia comare. - Di diavoli? domandò l'amministratore, sorpreso. - Quante sciocchezze! mormorò il redattore facendo un'alzata di spalle, e, con la fronte corrugata, si rimise a riflettere, mordendosi di nuovo le labbra. - È la pura verità, ma non ho saputo esprimermi bene, disse l'impaginatore, confuso. Ecco vedete, Nicolka è un burlone... e ne sa di tutti i colori! Conosce la tipografia ed è incisore: ha anche lavorato con un ingegnere, specialista di canali idraulici... Dunque, la mia comare - ha una casa propria, è vedova di un pop - l'ha chiamato per fare fare una stufa. Ebbene, l'ha ricostruita secondo tutte le regole dell'arte; soltanto - vedete che mascalzone! - ha murato, in una parete della stufa, una bottiglia con del mercurio e degli aghi... e con qualche altra cosa che vi si mette dentro. Questo apparecchio produce un rumore - un rumore tutto speciale, sapete... una specie di gemito e di sospiro... ed allora si dice che la casa è visitata dai diavoli. Quando hanno acceso la stufa, il mercurio si è riscaldato nella bottiglia e si è messo a fermentare: allora gli aghi hanno incominciato a raschiare il vetro, come se qualcuno digrignasse i denti. Oltre agli aghi, vi si mettono pezzi di ferro vecchio, i quali producono suoni diversi - l'ago produce il suo, il chiodo il suo, e ne risulta una specie di musica diabolica... La mia comare è stata ridotta a mettere la casa in vendita, ma nessuno ha voluto comprarla - a chi può piacere una casa frequentata dai diavoli? Ha fatto dire tre Te Deum con acqua benedetta - è stato inutile!... Piangeva, povera donna!... Ha una figlia da maritare, delle galline - quasi un centinaio di galline, due vacche, in somma, una casa ben ordinata, ed ecco che le vengono dei diavoli! Aveva perduto la testa, faceva compassione solo a vederla... Ed è anche Nicolka che l'ha salvata, lo si può dire. «Dammi,» ha detto, «cinquanta rubli, e caccerò i diavoli!» Per incominciare, gli ha dato venticinque rubli, e poi, quando si è visto la bottiglia e si è saputo di che si trattava - allora, buona notte! non ha voluto più dargli un solo copeck... Anzi, da donna prudente, voleva ricorrere alla polizia, ma tutti gliel'hanno sconsigliata... Quel mariuolo di Nicolka ne sa tanti di questi scherzi! - Ed è di uno di questi amabili «scherzi» ch'io sono ora la vittima!... Proprio io?.. esclamò rabbiosamente il redattore, e, strappandosi dal suo posto, si rimise a correre in tutti i sensi per la stanza... Oh! Dio mio!
Che cosa sciocca, e stupida, e triviale!
- Eh, via! non prendete la cosa troppo sul serio... disse l'amministratore con fare conciliante. Farete una rettifica, spiegherete la cosa a modo vostro, e sarà finita... E, bisogna pur dirlo, questo giovanotto è interessantissimo - che il diavolo se lo porti! Ha messo dei diavoli nella stufa, ah! ah! ah!... In quanto poi a fargliela pagare - gliela faremo pagare, certo!.. Ma il briccone è intelligente ed ispira... come si dice?
E l'amministratore fece scoppiettare le dita al di sopra della sua testa e guardò la soffitta. - È cosa che vi diverte? gridò il redattore con tono iroso.
- E perchè no? Non è forse divertente?.. E vi ha dipinto in modo abbastanza somigliante. È un mascalzone che ha spirito ed intelligenza! ribattè l'amministratore. A che articolo del codice pensate ricorrere per fare i conti con lui?
Il redattore corse vivamente verso l'amministratore. - Sappiate, o signore, che non farò nessun conto con lui, nessuno! E non posso farlo, Vassili Ivanovitsc, giacchè quel fabbricante di diavoli ha ragione!.. Avvengono cose strane nella vostra tipografia... Ed io rappresento qui la parte dello stupido... per causa vostra... Sì, ha ragione -, ha ragione mille volte!
- Anche in quella piccola aggiunta che ha inserito nel vostro articolo? domandò con voce pungente l'amministratore, e fece una smorfia ironica. - Ebbene... che cosa? Sicuro, anche in quella... Capite dunque, Vassili Ivanovitsc, siamo un giornale liberale...
- Che tira a due mila copie, comprese le spedizioni gratis, mentre il nostro concorrente tira a nove mila!
- Ebbene, e poi?
- Non c'è poi... è tutto! Il redattore fece un gesto di disperazione con le braccia, e si mise di nuovo, con gli occhi spenti, a camminare in su ed in giù per la stanza.
- È una posizione invidiabile! brontolava egli, stringendosi ogni tanto nelle spalle; una posizione proprio invidiabile. Perseguitato da tutte le parti alla volta! Tutti i cani contro un solo, e questo solo con la museruola!... E quel miserabile operaio... Ah! Dio mio!
- Ma mandatelo a tutti i diavoli, e non ci pensate più! consigliò Vassili Ivanovitsc con un sorriso bonario, come stanco di tutte quelle emozioni e seccato di tutta quella storia. È una cosa che è venuta e che passerà... e vi riabiliterete presto... L'affare, in sostanza, è più comico che drammatico. Con un gesto conciliante, alzò la sua mano grassoccia e si diresse verso la porta che conduceva al suo ufficio. Ad un tratto, quella porta si aprì, e, sulla soglia, apparve Gvosdef. Costui teneva il suo berretto in mano e sorrideva, ma con un'aria amabile. - Son tornato per dirvi, signor redattore, che se avete l'intenzione d'intentarmi un processo, vi prego di dirmelo subito, - giacchè, siccome me ne vado da qui, capite, non vorrei essere ricondotto dai carabinieri. - Vattene di qui! urlò il redattore, quasi piangendo di rabbia, e si precipitò verso la parte più lontana della stanza.
- Allora... siamo pari e pace, disse Gvosdef, rimettendosi il berretto sulla testa. Poi si voltò tranquillamente verso l'uscio e sparve. - Oh! che canaglia! mormorò Vassilli Ivanovitsc, guardando Gvosdef che se ne andava; e, senza affrettarsi, con un sorriso sulle labbra, incominciò ad infilarsi il soprabito.