Titanomachia, la guerra tra Titani. Mitologia
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MITOLOGIA.
Storie degli dei, di amori, inganni ed eroi.
Adattamento e messa in voce di Gaetano Marino.
Paroli di storie.net.
TITANO MACHIA.
La guerra tra titani.
Nella Grecia, tra la Macedonia e la Tessaglia, sorge una montagna assai imponente.
Le nuvole la circondano senza che si possa scorgere la vetta.
Quella montagna si chiama Olimpo ed è la sede degli dei.
Meravigliosa reggia, da dove allora Urano e Crono dominarono su ogni cosa.
Venne poi il dominio del titano Zeus, nipote di Urano e figlio di Crono, il padre mangiatore
di figli, e contro il quale Zeus combatté per più di dieci anni.
Il cronide Zeus doveva dare un segno definitivo di onnipotenza su tutto e su tutti.
Nacque così una guerra terribilmente feroce che prese il nome di TITANO MACHIA, che vuol
dire appunto lotta tra titani per la conquista dell'Olimpo.
Due furono le possenti forze che si schierarono contro.
Oceano, con la moglie Teti, Iperiune e Thea, le titani di Temi e Mnemosine si misero al
fianco di Zeus.
Fedeli a Crono rimasero invece Giappeto, Crio, Ceo e la sua sposa Febe.
Rea, moglie di Crono e madre di Zeus, non volle prendere parte alla guerra.
Proprio di fronte al monte Olimpo sorge il monte Otri.
Dallassù Zeus e i suoi alleati sferrarono l'attacco contro i nemici olimpici.
La terra conobbe distruzione e devastazione.
Ci furono terremoti, maremoti, tempeste, uragani.
Si spostarono e si sgretolarono le montagne.
I mari furono sempre in tempesta a un passo da sommergere la terra tutta.
I fiumi inondavano le terre, i laghi scomparivano sprofondando nelle viscere della terra e le
valli bruciavano.
Orribili crepaci, precipizi e gorghi si formarono dappertutto.
Dalle fauci dei volcani sgorgavano lava, lava e fuochi e lapilli e dalle crepe d'intorno
si sprigionava fumo intenso, acre, che sapeva di zolfo dal colore scuro.
Le cortine di fumo si inalzavano quasi sino alla volta del cielo, trasformando il giorno
nella notte per impedire alla luce del sole di poter tornare sulla terra.
Ma da questa distruzione apocalittica nessuna delle due fazioni ottenne vittoria e sembrava
che tutto fosse segnato senza vincitori né vinti.
Zeus non sapeva proprio che fare.
Ma poi una mattina, mentre stava seduto su una roccia in cima al monte Otri e con lo
sguardo pensieroso rivolto a valle, vide un volo di uccelli che attraversava tutta la
pianura.
D'improvviso, da una grande voragine, si sprigionarono fiamme di fuoco altissime che raggiunsero
e avvolsero l'intero stormo di uccelli.
Era un segno?
Era quella la risposta alle sue domande?
Sì, quelle fiamme provenivano dalla profondità della terra, giungevano dal Tartaro.
Laggiù stavano rinchiusi con la forza e dimenticati da tutti i ciclopi e gli hecatonchiri, fratelli
di Crono, che per ben due volte furono scaraventati nel Tartaro, la prima volta dal padre Urano
e la seconda volta proprio da Crono.
E improvvisamente Zeus si ricordò di loro.
In verità, quello fu un presagio.
E i presagi non accadono mai per caso, no, no, no, essi prevedono il futuro, perché
conoscono bene il passato, come nessun altro.
Fanno i loro calcoli, che rimangono sconosciuti e complicati ai più, e grazie a loro organizzano
e predicono gli eventi, ma soprattutto non sbagliano mai, mai!
Diciamo che bisogna solo saperli vedere, leggere, ecco.
Insomma, Zeus osservò e intuì attraverso quelle fiamme che avvolsero lo stornumo di
uccelli una profezia.
A Zeus bastò un attimo e subito si batte forte la testa con una mano.
Ma sì, ma sì, certo, ma come non averci pensato prima!
I miei zii, i giganti, i forzuti, ciclopi, gli eccatonchiri, cinquanta teste, cento mani!
Ma di sicuro loro avranno un grande rancore verso il padre Urano, così come odieranno
pure il loro fratello minore, Crono, mio padre!
Furono loro a scaraventarli laggiù, no?
Nel tartaro!
E Zeus scese subito nel tartaro a liberare i giganti ciclopi ed eccatonchiri.
Felici per la libertà ritrovata, ciclopi ed eccatonchiri giurarono fedeltà e obbedienza
assoluta al loro nipote Zeus.
E fu così che, grazie a questa nuova alleanza, cambiarono le sorti della guerra.
I ciclopi costruirono i fulmini, armi infuocate, potenti, invincibili, che caracollavano nel
cielo, provocando incendi immensi e abbagliavano i nemici di lassù, difensori dell'Olimpo,
e il rumore assordante dei tuoni si unì ai boati della terra e a quello dei massi di
roccia che le cento e cento mani degli eccatonchiri staccavano dalle montagne, scaraventandoli
con forza contro i nemici.
Ciclopi ed eccatonchiri si batterono decisi e con grande forza accanto a Zeus, e Zeus
comprese che fosse giunto il momento di sferrare l'attacco decisivo.
Circondarono l'Olimpo, lo scossero, risalirono verso la sua vetta, lanciando le loro armi
invincibili contro gli Olimpici, e finalmente, crono, soprafatto, stanco e indebolito, precipitò
dall'Olimpo con Giappeto, Crio, Ceo e Febe, e finirono tutti inghiottiti dagli abissi della
terra, giù, giù, nel tartaro.
Zeus e i suoi furono finalmente i nuovi Olimpici, e fu festa grande!
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Mitologia, storie degli dei, di amori, inganni ed eroi.
Adattamento e messa in voce di Gaetano Marino.