Dante e la guerra
Dante in vita sua ha fatto più volte la guerra.
Per noi non è un'immagine familiare.
Quando ci raffiguriamo Dante, ce lo immaginiamo vestito di rosso, col cappuccio, la corona
d'alloro in testa da poeta laureato.
Ci riesce difficile immaginare Dante a cavallo, con la cotta di maglia di ferro addosso, col
grande elmo calato a nascondergli tutta la faccia e il nasone dantesco, con la spada
o la lancia in pugno, e al braccio sinistro lo scudo con i colori della sua famiglia,
nero e oro, attraversati da una fascia bianca.
Eppure Dante in vita sua ha indossato l'armatura e imbracciato lo scudo molto più spesso
di quanto non gli sia capitato di mettersi in testa una corona d'alloro, cosa che probabilmente
nella realtà non gli è capitata mai.
Dante era un giovane ricco in una città dove tutti i cittadini facevano la guerra.
Firenze non assoldava mercenari o pochi ancora a quell'epoca.
Ogni cittadino era chiamato a fare la sua parte e chi aveva i soldi aveva il cavallo
e le armi e combatteva da cavaliere.
A Dante queste cose interessavano, nella sua opera ne parla spesso.
C'è un passo bellissimo in cui racconta quali sono i desideri dei bambini e degli adolescenti
e dice, lo sappiamo tutti, che un bambino piccolo magari desidera terribilmente, che
ne so, un frutto, una mela e poi desidera un uccellino e poi crescendo desidera un bel
vestito e poi lo cavallo e poi una donna.
Ecco questa è la progressione dei desideri dall'infanzia all'adolescenza.
Desiderare il cavallo al tempo di Dante era come oggi desiderare la moto o la macchina
e dunque Dante ha desiderato il cavallo e lo ha avuto, ha avuto cavalli e armi e ha
combattuto in guerra.
La prima volta che ha combattuto è stata la battaglia di Campaldino del 1289, lui aveva
24 anni.
Una delle grandi battaglie della Toscana medievale, una delle battaglie che hanno sancito il trionfo
dei Guelfi sui Ghibellini e il primato di Firenze in Toscana.
Dante ha combattuto a Campaldino e lo raccontava in certe lettere che noi non abbiamo più.
Ma che Leonardo Bruni nel Rinascimento ha visto.
Dante raccontava di essere stato lì e raccontava di aver avuto una gran paura all'inizio di
quella battaglia che in un primo momento sembrava si mettesse male per i Guelfi effettivamente,
per i Fiorentini.
Dante dice di aver avuto paura.
A noi potrebbe sembrare strano perché magari abbiamo in testa lo stereotipo del cavaliere
medievale senza macchia e senza paura.
In realtà quelli non erano dei sognatori, erano gente seria che quando faceva la guerra
la faceva in modo molto realistico e sapevano benissimo che in battaglia hai paura.
Sono solo i ragazzini la prima volta che non hanno paura perché non sanno cos'è davvero
che li aspetta.
Dante in quelle certe lettere diceva io ho avuto paura e come?
E intendeva dire non ero più un ragazzino, ero un uomo che sapeva cosa stava facendo.
Ho avuto paura e poi ho avuto grande allegrezza perché la battaglia alla fine inaspettatamente
è finita bene.
Ne parla anche nella commedia Dante.
Racconta io l'ho vista la guerra, dice ho visto i cavalieri schierarsi, ho visto quelli
che scappano per salvare la pelle e poi ho visto quando abbiamo invaso il territorio
di Arezzo dopo la vittoria di Campaldino e abbiamo corso giostre e tornei sotto le
mura della città nemica in spregio ai nemici sconfitti.
Poi la guerra Dante l'ha fatta anche un'altra volta nella sua vita, anni dopo, quando era
ormai in esilio.
Perché quando Dante e gli altri della sua fazione, i Guelfi Bianchi, sono stati cacciati
da Firenze, per qualche tempo hanno sperato di rientrare con la forza.
E Dante e gli altri, alleati con i vecchi nemici, i Ghibellini, anche loro decisi a
rientrare a Firenze con la forza, Dante e gli altri hanno fatto la guerra, per mesi
hanno fatto una guerra feroce contro Firenze e in questa guerra dove c'erano distruzioni,
incendi, morti, Dante si è impegnato in prima persona.
Quando il Papa manda un cardinale per tentare di fare la pace tra le parti e far rientrare
a Firenze gli esuli, Dante scrive al cardinale, è il segretario del Partito Bianco in quel
momento Dante, e a nome di tutti scrive al cardinale dicendo noi siamo d'accordo, siamo
d'accordo con questo tentativo di pace, ci sta bene fare la pace e rientrare, perché
noi finora abbiamo combattuto questa guerra, una guerra civile, lo dice proprio, abbiamo
combattuto una guerra civile perché sono i nostri nemici che hanno rotto le regole,
sono loro che hanno rotto le regole per primi, ci hanno cacciati via senza motivo e noi abbiamo
fatto la guerra, ma se le nostre spade, è Dante che parla, se le nostre spade sono rosse
di sangue è solo perché volevamo giustizia e pace.
Ecco, per noi Dante continuerà a essere il poeta incoronato dall'oro e vestito di rosso,
ma lui certamente era molto più abituato a immaginarsi a cavallo, con la spada in pugno,
magari rossa di sangue.