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Storia D'Italia, I pericoli di un carattere collerico (370-376) - Ep. 13 (3)

I pericoli di un carattere collerico (370-376) - Ep. 13 (3)

Il fattaccio presentava però anche una opportunità: si era ovviamente aperto un vuoto di potere e tutti i comandanti dell'esercito avevano l'opportunità di adocchiare una promozione, forse perfino la promozione al seggio più alto. I contendenti alla promozione erano in sostanza tre: Sebastiano, un capace comandante molto rispettato e che incontreremo di nuovo ad Adrianopoli, Merobaude, un parente del re dei Franchi e il Magister Peditum, uno dei più alti in grado nello staff di Valentiniano e infine ovviamente il Conte Teodosio, il Magister Equitum, quindi superiore in grado a Merobaude, che era in Africa a risolvere la ribellione di Firmo. Come in molti casi della storia essere al punto giusto al momento giusto fu essenziale, come anche una capacità nel leggere i movimenti politici nel gioco del trono: in questo Merobaude si dimostrerà di gran lunga il giocatore più accorto. Merobaude era sul posto ad Aquincum alla morte dell'imperatore ed era probabilmente consapevole di non poter ambire lui stesso al seggio imperiale, in quanto membro di una delle casate reali dei Franchi. Prima di tutto spedì Sebastiano lontano in una missione militare atta ad allontanarlo dai gangli del potere. Decise quindi di allearsi con altri generali influenti e trovare una soluzione creativa al problema di chi far sedere sul trono: né il lontano Valente né l'imprevedibile Graziano ma suo fratello minore Valentiniano, un bambinetto di 4 anni che fu portato di fronte alle legioni per essere acclamato Augusto dell'Impero.

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Ma, e qui è il colpo di genio, Merobaude fece sì che Valentiniano fosse acclamato Augusto solo dell'Italia e dell'Africa, lasciando il resto dell'occidente a Graziano, contando che questi non si sarebbe messo contro questo accomodamento. In realtà in poco tempo Graziano riuscì a riprendere parte del potere di cui era stato esautorato ed esercitarlo anche per conto del fratellino: anche gli alti gradi dell'esercito si rassegnarono a farsi comandare dal giovane augusto. I tempi dei potenti Magister Militum che comandano per nome di un imperatore fantoccio non erano ancora arrivati.

La vittima illustre del cambio di regime fu il conte Teodosio, ancora in Africa per mettere ordine ai guai di Romano. Non è ben chiaro cosa avvenne ma Merobaude e gli altri generali romani sapevano benissimo che Teodosio era il più popolare generale dell'impero e un ottimo candidato per l'usurpazione: trovarono un modo per farlo arrestare e metterlo a morte, in quella che era la maledizione dei generali di grande qualità sotto l'impero. Essendo infatti la carica di imperatore una posizione tutto sommato meritocratica e non del tutto ereditaria ogni imperatore doveva sempre guardarsi da un generale troppo brillante, soprattutto in caso di cambio di regime. Perfino il figlio del conte Teodosio – Teodosio il non-ancora-grande – fu messo in prigione ma la sua vita fu risparmiata, per fortuna per lui e per la sua possibilità di essere chiamato un giorno il grande. E fu una fortuna: stava per arrivare un tempo in cui per l'impero un generale di buona qualità sarebbe stato necessario come il pane.

Era infatti il 376 dopo cristo e il nuovo regime politico era stato inaugurato da appena un anno quando giunsero strane voci dall'oriente: un popolo nuovo, sconosciuto e feroce, aveva attaccato il popolo dei Goti, sia i Greutungi che vivevano sulle sponde settentrionali del Mar Nero che i Goti Tervingi della ex Dacia romana. Entrambi i popoli, sconfitti e devastati, si erano mossi verso sud e ora si accampavano spaventati sulla sponda settentrionale del Danubio. I goti, con la paura nel cuore e negli occhi, parlavano di un orrore indescrivibile che li aveva colpiti a nord, con la stessa paura e timore di un mago che si rifiuta di nominare il nome di tu-sai-chi.

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I Goti chiedevano rifornimenti per non morire di fame e chiedevano di essere ammessi come rifugiati all'interno dell'Impero: avrebbero perfino combattuto per l'imperatore, se solo gli avesse permesso di attraversare il fiume.

Ma chi era questo terribile e nuovo popolo che incuteva un terrore talmente assoluto in uno dei popoli più bellicosi del mondo? E qual era la storia di questo popolo – i Goti – che si affacciavano al mondo romano bussando per essere accolti? Nel prossimo episodio ricostruiremo per quanto possibile la storia dei Goti e arriveremo alla loro sconfitta. È una storia affascinante che svela la vera natura delle cosiddette invasioni barbariche: non invasioni di popoli trionfanti sulle armi dei deboli romani ma enormi migrazioni di popoli in fuga e sconfitti, in cerca di una nuova patria.

Se questo testo vi interessa vi consiglio di ascoltare il podcast! Vi pregherei di donare un minuto del vostro tempo a lasciare una recensione, aiuta moltissimo il podcast! Come sempre mi trovate anche su Facebook alla pagina “storia d'Italia”, su twitter e su Instagram. Al prossimo episodio!

I pericoli di un carattere collerico (370-376) - Ep. 13 (3) Die Gefahren eines cholerischen Temperaments (370-376) - Ep. 13 (3) The dangers of a choleric temper (370-376) - Ep. 13 (3) De gevaren van een cholerisch humeur (370-376) - Ep. 13 (3) Os perigos de um temperamento colérico (370-376) - Ep. 13 (3)

Il fattaccio presentava però anche una opportunità: si era ovviamente aperto un vuoto di potere e tutti i comandanti dell'esercito avevano l'opportunità di adocchiare una promozione, forse perfino la promozione al seggio più alto. I contendenti alla promozione erano in sostanza tre: Sebastiano, un capace comandante molto rispettato e che incontreremo di nuovo ad Adrianopoli, Merobaude, un parente del re dei Franchi e il Magister Peditum, uno dei più alti in grado nello staff di Valentiniano e infine ovviamente il Conte Teodosio, il Magister Equitum, quindi superiore in grado a Merobaude, che era in Africa a risolvere la ribellione di Firmo. Come in molti casi della storia essere al punto giusto al momento giusto fu essenziale, come anche una capacità nel leggere i movimenti politici nel gioco del trono: in questo Merobaude si dimostrerà di gran lunga il giocatore più accorto. Merobaude era sul posto ad Aquincum alla morte dell'imperatore ed era probabilmente consapevole di non poter ambire lui stesso al seggio imperiale, in quanto membro di una delle casate reali dei Franchi. Prima di tutto spedì Sebastiano lontano in una missione militare atta ad allontanarlo dai gangli del potere. Decise quindi di allearsi con altri generali influenti e trovare una soluzione creativa al problema di chi far sedere sul trono: né il lontano Valente né l'imprevedibile Graziano ma suo fratello minore Valentiniano, un bambinetto di 4 anni che fu portato di fronte alle legioni per essere acclamato Augusto dell'Impero.

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La vittima illustre del cambio di regime fu il conte Teodosio, ancora in Africa per mettere ordine ai guai di Romano. Non è ben chiaro cosa avvenne ma Merobaude e gli altri generali romani sapevano benissimo che Teodosio era il più popolare generale dell'impero e un ottimo candidato per l'usurpazione: trovarono un modo per farlo arrestare e metterlo a morte, in quella che era la maledizione dei generali di grande qualità sotto l'impero. Essendo infatti la carica di imperatore una posizione tutto sommato meritocratica e non del tutto ereditaria ogni imperatore doveva sempre guardarsi da un generale troppo brillante, soprattutto in caso di cambio di regime. Perfino il figlio del conte Teodosio – Teodosio il non-ancora-grande – fu messo in prigione ma la sua vita fu risparmiata, per fortuna per lui e per la sua possibilità di essere chiamato un giorno il grande. E fu una fortuna: stava per arrivare un tempo in cui per l'impero un generale di buona qualità sarebbe stato necessario come il pane.

Era infatti il 376 dopo cristo e il nuovo regime politico era stato inaugurato da appena un anno quando giunsero strane voci dall'oriente: un popolo nuovo, sconosciuto e feroce, aveva attaccato il popolo dei Goti, sia i Greutungi che vivevano sulle sponde settentrionali del Mar Nero che i Goti Tervingi della ex Dacia romana. Entrambi i popoli, sconfitti e devastati, si erano mossi verso sud e ora si accampavano spaventati sulla sponda settentrionale del Danubio. I goti, con la paura nel cuore e negli occhi, parlavano di un orrore indescrivibile che li aveva colpiti a nord, con la stessa paura e timore di un mago che si rifiuta di nominare il nome di tu-sai-chi.

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I Goti chiedevano rifornimenti per non morire di fame e chiedevano di essere ammessi come rifugiati all'interno dell'Impero: avrebbero perfino combattuto per l'imperatore, se solo gli avesse permesso di attraversare il fiume.

Ma chi era questo terribile e nuovo popolo che incuteva un terrore talmente assoluto in uno dei popoli più bellicosi del mondo? E qual era la storia di questo popolo – i Goti – che si affacciavano al mondo romano bussando per essere accolti? Nel prossimo episodio ricostruiremo per quanto possibile la storia dei Goti e arriveremo alla loro sconfitta. È una storia affascinante che svela la vera natura delle cosiddette invasioni barbariche: non invasioni di popoli trionfanti sulle armi dei deboli romani ma enormi migrazioni di popoli in fuga e sconfitti, in cerca di una nuova patria.

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