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Conversazioni d'autore, 'Manifesto anarca-femminista' di Chiara Bottici

'Manifesto anarca-femminista' di Chiara Bottici

Ciao Chiara, io sono Claudia Durastanti e oggi ho il piacere di presentare l'ultimo saggio di

Chiara Bottici, Manifesto Anarca Femminista. Saluto anche tutti quelli che ci stanno seguendo,

che seguiranno questa conversazione registrata. Chiara Bottici è filosofa, insegna filosofia e

dirige e coordina il programma di Gender Studies e Sexuality alla storica e leggendaria New School

for Social Research. Sono molto contenta, grazie Chiara, per la disponibilità a fare questa

conversazione. Faccio prima un preambolo su che cos'è questo testo. È un modo per, direi,

introdurre, probabilmente considerata la diffusione e la conversazione attorno al filone

femminista del pensione anarchico, come in questo specifico, proprio la posizione anarca femminista,

uno slittamento linguistico importante di cui parleremo in questa conversazione.

Ai lettori e alle lettrici italiane, questo è un saggio che tra l'altro Chiara ha scritto in

inglese, è uscito per la Bloomsbury Academic, adesso l'ha pubblicato alla terza con la traduzione

di Agnese Diricio. Quindi è un modo per introdurre e smuovere una serie di concetti dati nel momento

in cui pensiamo alle forme dei femminismi contemporanei, soprattutto con un taglio

radicale. La mia prima domanda è sul formato che hai deciso di dare a questo testo. Se voglio

ripercorrere un po' una serie di letture, un'educazione sentimentale, dei testi critici

fondamentali, manifesto una parola che chiaramente associamo al marxismo o al cyberfeminismo di Don

Haraway, ci muoviamo comunque nell'orizzonte di un formato che è di impatto assertivo. E dato che il

tuo libro invece contribuisce un po' a smuovere, a decentrare una serie di pensieri dati per

perfissi, mi interessava, un po' mi incuriosiva questa fluidità tra un genere così di impatto

dichiarativo come il manifesto e invece un contenuto che invita proprio a restare aperti

e aperte. Ma questa è anche un'altra cosa di cui parleremo. Quindi se proprio ci volevi raccontare

perché manifesto? Grazie intitutto per la domanda, è un ottimo modo per iniziare. Penso che coglie

proprio il punto centrale del testo. Ho iniziato a lavorare questa tematica prima per un libro

di diciamo di più grande respiro, che appunto è uscito in inglese, uscirà anche in traduzione

per la terza. Sono 300 pagine di filosofia, si chiama infatti Anarca Feminismo, in cui si

ricostruisce tutti, diciamo, diversi aspetti di questa tradizione di pensiero. Il manifesto è

nato invece da un grido di disperazione. Mi avevano invitato a presentare in una serie di

lecture sulla questione, diciamo, mi avevano chiesto di scrivere un manifesto e tra i manifesti

possibili che si poteva scrivere, ho sentito letteralmente l'urgenza di scrivere un manifesto

che situasse il femminismo in un contesto in cui non può venire copiato, come abbiamo visto,

essere successo di continuo dalle élite al potere. Quindi da un lato c'è il senso dell'urgenza di

articolare una forma di femminismo, quindi un grido di dolore. I manifesti sono un po' un grido

di dolore, se no si scrive delle lettere, se no si scrive dei trattati. Se uno scrive un manifesto

è perché avverte l'urgenza critica del momento e molto spesso la si avverte proprio sulla propria

pelle. Sicuramente è il caso di questo testo, insomma, che articola una filosofia anarcha

femminista più che ricostruire una tradizione, più che inserirsi in una tradizione. Ecco, questo

forse va detto sin dall'inizio. Tu parlavi del tentativo, insomma, di rientrare, fornire una

mappatura di questo filone femminista del pensiero anarchico. Ho iniziato a lavorare sulla tematica

con questa idea, ma più ci lavoravo più mi rendevo conto, anzitutto, che l'idea di una tradizione o

di un canone anarcha femminista è una sorta di contraddizione interna. Il marxismo, infatti,

fa riferimento a un preciso filone di pensiero, addirittura a un preciso nome, Marx, che poi

può essere declinato come marxista, marxismo, diverse, però ha un punto di riferimento unico,

diciamo, un corpus di scritti e si può discutere anche, appunto, relativamente a questo corpus

di scritti cosa appartiene al marxismo, cosa non appartiene al marxismo. Nel caso dell'anarca

femminismo, in realtà, questo non è possibile e quindi più facevo ricerca, ho fatto ricerca per

dieci anni su questa tematica, più facevo ricerca più mi rendevo conto che non solo chi aveva

veramente sviluppato una filosofia anarcha femminista non era particolarmente interessato

a costruire scuole di pensiero o canoni da sacralizzare, cosa che corrisponde appunto

alla tradizione stessa, ma anche che le forme più interessanti e, come dire, più vicine a quella che

secondo me era, diciamo, da un punto di vista contemporaneo la parte più attuale di una filosofia

anarcha femminista non si definisce necessariamente tale, cioè chi sviluppa una filosofia anarcha

femminista non va necessariamente a giro dicendo ecco siamo parte di questa tradizione di pensiero,

vogliamo difendere questo canone che si è costruito nel tempo, questi sono i suoi santini,

questi sono i suoi testi sacri. In una filosofia anarcha femminista questo non è possibile e credo

che sia un po' la sua debolezza, la ragione per cui è rimasta storicamente meno visibile, ma credo

che oggi sia anche la sua forza. Sì, hai già anticipato la domanda che volevo fare, io condivido

insomma questo spirito di emancipazione dal pensiero genealogico in un certo senso che

quasi inevitabilmente diventa un pensiero gerarchico, però nell'ambito proprio di un

ragionamento sulla diffusione anche spaziale mi ha colpito che un nome di riferimento che fai,

una figura che io non conoscevo proprio del pensiero anarcho femminista all'epoca,

lo definisco così per una questione di storicizzazione, è Zhen, spero che sia la

pronuncia corretta questa pensatrice cinese attiva nei primi anni del novecento. Allora,

inevitabilmente se consideriamo al periodo storico, al contesto, al mondo in cui operava

e pensiamo oggi cosa nell'ambito dei femminismi si è diffuso, è diventato popolare o è diventato

mainstream o è diventato maggioritario o dominante, è chiaro che parlando della ricezione

delle nuove ondate del femminismo in Italia, l'intersezionalità che oramai 30 anni se vogliamo

di vita, in un certo senso di operatività nel contesto americano, è forse stata la novità più

recente che si è proprio diffuse su una base popolare anche nei femminismi italiani. Allora

ti volevo chiedere, tu accennavi prima alla forza, alla debolezza, perché in parte è una

risposta che dai nel racconto che fai nel manifesto sul fatto che è più difficile che un pensiero che

proprio si occupa della questione non di smantellare l'ordine, ma di cercare l'ordine senza degli

ordinanti, perché poi va a mettere in discussione l'entità statale, lo Stato sovrano in sé è

chiaramente una posizione di margine, di nicchia, di suo, questo vale per il pensiero anarchico in

generale e quindi di conseguenza anche per questo tipo di filone, però volevo ci raccontassi un po'

come mai alcune interpretazioni o scuole di pensiero correnti sono diventate così forti,

guidano la conversazione e qualcosa che invece ha una sua dimensione provocatoria, ma nel senso

benigno, come l'anarca e il femminismo, in realtà vive in questa posizione di questo tipo, questo

volevo insomma sapere. Allora, anzitutto accennavi giustamente He Jinchen, che è un'autrice che

diciamo ha sofferto soprattutto della censura, appunto si tratta di una delle fondatrici del

femminismo cinese, che apparteneva a un gruppo e tra le altre cose è quello che ha tradotto,

oltre ai testi anarchici, ha tradotto il manifesto comunista in Cina, è attualmente bandita, non la

si può leggere, infatti io ne ho scoperto l'esistenza tramite delle antologie di pensiero

anarcha femminista, che ne riportano frammenti, poi ho scoperto che esiste una traduzione francese,

quindi non letta in francese, e poi proprio di recente hanno tradotto alcuni pezzi del suo

lavoro anche in inglese. Credo per esempio che in italiano non sia disponibile, anzi questa sarebbe

assolutamente un'autrice da tradurre. La cosa che colpisce leggendo questi testi che sono stati

scritti all'inizio del novecento è l'incredibile attualità, quindi diciamo, nella misura in cui

io mi sono resa conto che il femminismo, sia che sia il femminismo accademico, sia che sia il

femminismo che domina nella sfera pubblica, in realtà riproduce una visione estremamente

ristretta della tradizione femminista. Questo già per me era un po' la contraddizione principale.

Ecco, come può essere che pur avendo attraversato diversi continenti e che io,

rendomi tratta che sia New York, che io sia in Brasile, che io sia in Australia,

perché i punti di riferimento per il dibattito femminista sono sempre quelle tradizioni di

pensiero sviluppate in 3-4 paesi, fondamentalmente. A quel punto mi sono resa conto che c'è dentro la

tradizione femminista un pregiudizio eurocentrico che in realtà è una struttura che si trova non

soltanto all'interno del femminismo, ma all'interno della cultura in generale,

che vige non solo in Europa, ma anche nel resto del mondo, che tende a escludere le voci che non

appartengono a, diciamo, il canone costruito sulla base dell'eurocentrismo. E questo è stato il

primo ostacolo. Non appena ho iniziato a ricercare quali sono le voci femministe più interessanti

dentro la tradizione anarchica, mi sono accorta che non appena uno va a cercare le antologie del

pensiero classico, e lì ho scoperto che è anarchico, trova cosa? I soliti 4-5 uomini,

o europei o come Bakunin e Kropotkin, russi che però hanno vissuto e operato principalmente in

Europa. Questa è stata la prima scoperta che se uno inizia da il canone, quello che viene presentato,

con una contraddizione come il canone, il pensiero anarchico, non trovi il femminismo. Uno perché non

trovi figure di donne che hanno fatto esperienza diretta dell'oppressione di genere o, diciamo,

coloro che appartengono al secondo sesso. Uso il termine secondo sesso in modo allargato rispetto

al concetto tradizionale di De Beauvoir per indicare tutti quelli che sono esclusi dal primo,

cioè tutti quelli che non sono cis men, uomini diciamo, in italiano si dice anche cis? Per me il

secondo sesso include tutti quelli che sono messi in una posizione secondaria rispetto a quelli che

approfittano o che si trovano nella situazione strutturale di godere di privilegi dovuti alle

strutture di genere. Paradossalmente per me il primo dato allarme è come può essere che se

anarchismo vuol dire quella filosofia che mette in discussione tutte le forme di oppressione,

come può essere che il sessismo e l'eurocentrismo non vengano messi in discussione e che quindi si

costruiscono dei canoni di pensiero anarchico che contengono questa contraddizione performativa

al loro interno, cioè tu hai una filosofia che invita a mettere in discussione tutte le forme

di oppressione costruita attraverso un canone che di fatto perpetua l'oppressione del secondo sesso.

Stessa cosa rispetto all'eurocentrismo perché tutte queste voci che pure circolavano e che

hanno circolato e che in un movimento anarchico anzi hanno costituito la parte più vitale del

movimento stesso non sono presenti nella discussione anche diciamo più accademica di quello che è

l'anarchismo e quindi lì ho dovuto fare davvero proprio il lavoro di ricerca cioè andare a scovare

dove posso trovare queste voci e quindi mettendo in discussione l'eurocentrismo, mettendo in

discussione andando a cercare se c'era una tradizione africana, andando a cercare se c'è

una tradizione cinese e questo diciamo è stata la parte come dire più consapevole della ricerca,

quella che uno dirige e va a rintracciare e cercare. Però nel processo stesso mi sono resa

conto che in realtà voci che non si definivano necessariamente anarcha-femministe ma voci come

Maria Lugones che si definisce femminismo decoloniale in realtà hanno sviluppato una

filosofia anarcha-feminista che è ancora più interessante e forse più anarcha-feminista di

quella che si trova se si va consciamente a cercare i frammenti di coloro che diciamo

hanno usato l'etichetta stessa anarcha-feminismo. E questa è una cosa che il lavoro di Marcus Bay

che è un pensatore molto giovane americano che si occupa di trans-anarchismo di colore,

scrive appunto in diversi dei loro volumi, la stessa cosa vale con la tradizione del black

anarchismo. Cioè molti dei pensatori e delle pensatrici all'interno del femminismo nero

negli Stati Uniti anche se non si definiscono anarchici però hanno delle concezioni che sono

estremamente vicine a quello che si intende con filosofia anarcha. L'idea è che per mettere in

discussione l'oppressione di genere bisogna mettere in discussione tutte le altre. Ad esempio

quel testo che viene citato moltissimo del Combahee Riverside Collective, considerato come uno dei

testi fondatori del pensiero femminista nero radicale negli Stati Uniti, inizia con questa

dichiarazione se le donne nere che appartengono alla classe lavoratrice americana fossero libere

allora tutti dovrebbero essere liberi. Cosa vuol dire un'affermazione del genere? Vuol dire che per

chi è posto come nel caso appunto di questo collettivo di donne lesbiche working class

nere negli Stati Uniti ti trovi a fare esperienza di forme di oppressione che sono talmente connesse

l'una all'altra, talmente vicine l'una all'altra che se per diciamo smantellarne anche solo una

le devi smantellare tutte. Ecco appunto il senso della loro affermazione se le donne nere fossero

libere allora tutti lo sarebbero che poi appunto è un po' quello che è il senso di un manifesto

anarcha femminista cioè lo slogan è se o tutte o nessun sarà libero cioè o tutte ma intendendo

quindi non solo le poche donne privilegiate che stanno ad assumere una posizione di privilegio

ma o tutte le donne e tutti gli esponenti del secondo sesso sono liberi o nessun lo sarà.

Si no e mi riaggancio a questo attraverso qualcosa che dici tu stessa nel manifesto

ma nello specifico considerato nello specifico qual è l'esperienza razionalizzata d'oppressione

americana se le donne trans nere americane sono libere allora tutte e tutti sono liberi

perché in questo momento statisticamente l'istituzione carceraria colpisce particolarmente

quel tipo di soggettività e di persone e di corpi e quindi ne approfitto perché...

Vedi già bene qui come il perché anarcha femminismo no? Quando quelle del Combahee

Riverside Collective avevano scritto il loro manifesto dalla loro posizione pensavano ok

siamo lesbiche quindi oppresse dall'eteronormatività oppresse in quanto lavoratrice oppresse in quanto

nere peggio di così non può essere siamo noi che rappresentiamo diciamo un punto di vista più

radicale da cui esperire il tipo di oppressione. Ecco oggi da un punto di vista delle statistiche

vedi che ci sono sempre degli altri come dire forme di vissuto dell'oppressione che sono ancora

più radicali oggi per esempio se si vede alle statistiche di chi viene messo in prigione di

sicuro le donne trans sono le più colpite però c'è mai un limite a questo e vogliamo fare la

classifica dei più oppressi? No ecco perché la necessità di tenerle aperte. E appunto a questo

mi ricollego c'è una delle parti e mi rendo conto che una domanda complessa più interessanti del

testo è quando ragioni sulla trasformazione no dell'idea di donna di quello che associamo al

sesso al genere cercando di superare questa impostazione anche falsamente naturalizzata

no del binarismo di genere che in realtà invece è una sorta di idea tecnica invenzione che lo

stato sovrano mette in pratica per disciplinare e ordinare che soprattutto è eurocentrica perché

nel momento tu citi fra i vari esempi quando parlavi prima delle fonti in questo senso mi

ha ricordato pur essendo un testo diverso ho iniziato a leggere l'alba di tutto di David

Graeber no di David Van Gogh che messo in crisi non avendolo finito non posso insomma raccontare

la mia posizione rispetto al testo però già il fatto che si sia scardinato ampliato tantissimo

non un ruolo di riprove o di conti soprattutto prese dalle esperienze indigene per mettere in

discussione questa idea di stato di natura no di innocenza rossiana è interessante e in questo

senso nel tuo libro vedo la stessa volontà no di smuovere una serie di pensieri fissi è un qualcosa

di distintivo è chiaro che quando noi cresciamo leggiamo facciamo esperienza no della sessualità

o delle idee che stanno attorno alla sessualità la mia idea di donna oggi non coincide assolutamente

con quella che io avevo 8 10 anni in un certo senso neanche senza interfacciarmi col pensiero

transgender o pensiero queer è proprio l'idea anche la più eteronormativa se vogliamo no di

donna cambia perché in costante mutamento perché ci sono una serie di trasformazioni storiche

politiche ambientali che interagiscono con la percezione della femminilità e allora partendo

da questo che io considero una esperienza naturale spontanea no dei viventi è chiaro che attualmente

la categorizzazione la resistenza all'opposizione transfobica all'interno dei femminismi di alcuni

femminismi è qualcosa che mi mette in una grande difficoltà ma che soprattutto fatico a capire da

un punto di vista filosofico e cognitivo è una delle parti più belle del tuo testo appunto in

cui usi quest'idea la filosofia del trans individualismo in un certo senso per parlare

delle persone e quindi anche di chi si identifica si riconosce diventano oltre si trasforma in donna

di essere dei processi in qualche modo dei processi aperti e quindi ti volevo chiedere

da pensatrice e da critica cosa pensi che sia dovuto in questo momento questa opposizione

resistenza così forte non nell'idea di persone che sono processi anche di donne che sono

processi? Si questa è una domanda assolutamente centrale e ancora una volta accogli uno dei

motori principali di questo progetto perché appunto dico sempre sono scappata dall'Italia

di Berlusconi e sono finita nell'America di Trump e cosa si vede? Si vede che cosa voglio

dire con questo? Voglio dire che mentre le varie posizioni femministe lottano e si accaniscono

l'una con l'altra in particolare adesso con il femminismo transfobico e quello trans inclusive

è diventato qui negli Stati Uniti uno spettacolo penosissimo e per me la domanda centrale è stata

proprio come possiamo costruire un femminismo che non crei altre strutture di oppressione?

Ecco questa è veramente per me la domanda centrale, questo ovviamente ha richiesto anche

un processo di riflessione su cosa crea, quali sono le fonti della transfobia. Allora anzitutto

c'è ovviamente, possiamo speculare sulle ragioni psicologiche, psicoanalitiche che diciamo

guidano atti transfobici in singoli individui o in certe società e non è a caso spesso che i più

transfobici sono i più repressi e quindi diciamo lì c'è tutto il flusso psicoanalitico che fornisce

delle risposte. In quanto filosofa a me stava a cuore cercare di capire le ragioni filosofiche,

cioè diciamo quelle che ci adduciamo o quelle che come dire più o meno esplicitamente assumiamo

come cosiddetti dati di fatto. Cosa assumiamo come dati di fatto? Che una donna è ecco un

individuo dato lì che ha certi genitali, certi cromosomi, certi ormoni, ecco questa è una donna.

Allora in questa operazione si concepisce i corpi come letteralmente degli individui, cioè come

qualcosa che è dato e che non è ulteriormente separabile, cioè qualcosa di primario e sappiamo

da vari lavori sull'emerge della nozione di individuo nell'epoca moderna che questa è una

concezione del corpo legata che emerge ad un certo punto anche all'interno della filosofia

occidentale in una certa epoca che si produce a diciamo certe conseguenze che vanno insieme

a quell'apparato concettuale e anche economico e politico che è la modernità e che si può

riassumere con l'etichetta di individualismo moderno. Cos'è l'individualismo moderno? È

l'idea che il dato primario con cui diciamo la lente con cui guardiamo al mondo è un mondo

costituito da diverse individualità, cioè individuo cose che non possono essere ulteriormente

separate dentro di sé. Ricercando la tradizione o quella che per me era la filosofia anarcha

femminista al di fuori dell'occidente nel pensiero indigeno ma anche appunto le influenze taoiste per

esempio nel pensiero di He Jinchen che accennavi prima, ciò che ho scoperto è invece una visione

del corpo, dei corpi, come risultato di procedi di formazione, di individualizzazione che avvengono

sempre al di fuori dell'individuo stesso. Per cui parlare di individualità diventa forviante,

cioè l'idea che ciò che tu vedi andare a giro siano individui dati è una visione appunto che

possiamo piazzare in un certo momento storico, forse non è destinata a rimanere lì per sempre.

Ecco, il tentativo di sviluppare questa filosofia del transindividuale che in realtà nel libro

poi faccio usando da un lato la filosofia transindividuale di Spinoza che è una forma

di filosofia completamente moderna ma anche molto eccentrica dentro la modernità occidentale,

non è caso che Spinoza occupava una posizione davvero particolare all'interno dell'ontologia

e della filosofia moderna europea e dall'altro traendo anche però ispirazione dal buddismo e

dalla nozione di pratitia samuppada che è spesso tradotta come interdipendenza, l'idea che ogni

essere dipende dall'altro. Allora interdipendenza è un termine che ci dice che le cose sono date

ma dipendono l'uno dall'altro, ciò che la transindividualità fa è di andare un passo

oltre e di dire non è che individui già costituiti si trovano a dipendere l'uno dall'altro,

la transindividualità ci dice che gli individui sono tali in quella specificità solo perché sono

tutti transindividui, esistiamo tutti come processi di individuazione all'interno di

network che sono sia sovraindividuali, interindividuali ma anche infraindividuali,

l'ispirazione spinosista è l'idea che ogni corpo è composto di altri corpi, cosa che tra l'altro la

filosofia della biologia contemporanea in particolare con l'idea del symbiont ci dice

essere esattamente la stessa cosa. Quindi questa operazione filosofica che mette insieme pezzi

della filosofia spinosista con pensiero indigeno e biologia contemporanea mi sono detta ma se

invece di vedere i processi di definizione di genere all'interno di questo individualismo

che abbiamo aneditato dalla modernità europea iniziamo a concepire i corpi come tutti tra

processi di definizione che sono per definizione trans, non vuol dire transgeneri ma transindividuali

nel senso appunto che si determinano, si individualizzano attraverso relazioni inter,

sovra e anche infraindividuali. Ecco se iniziamo a guardare le questioni di genere in questa ottica

secondo me si sfalda anche la matrice ideologica della trasfobia perché invece di essere un'eccezione

da accettare il processo di transizione di genere diventa uno dei tanti modi di individualizzarsi

in quanto donna per cui che uno sia nato e sia venuto come dire sia stato categorizzato come

donno uomo alla nascita diventa solo uno dei tanti processi di individuazione che si attraversa per

cui chi come me non ha effettuato una transizione di genere ha costruito la propria transindividualità

accettando e negoziando questa assegnazione di genere alla nascita, chi è diventato donna

mettendo in discussione l'assegnazione di genere che è stata data alla nascita ha effettuato un

processo di divenire donna diverso ma non per questo meno legittimo in questo modo. Quindi

diciamo per mettere insieme la risposta credo che all'origine della trasfobia sia l'ansia come dire

psicologicamente generata da questa apertura, la paura che questa apertura nei confronti del

del genere che sta diventando fluido cioè che ci piace o meno, queste forme come dire anche

estremamente caricaturali di reazione transfobica sono una conferma di quanto in realtà il movimento

femminista sia potente al momento e quindi le reazioni sono ancora più violente a mio avviso

proprio perché c'è un senso di una potenza del movimento, è un potenziale del movimento

femminista trans inclusive in particolare che fa paura e di qui la reazione è altrettanto violenta.

Si approfitto di questa parola che hai utilizzato che è potente perché è uno dei primi concetti

che associamo al potere e la sua assenza o la sua perdita e io credo che questa riflessione

anarca femminista potrebbe essere utile nello specifico nel contesto italiano e non è una

pagina che voglio aprire però sulla questione proprio della lingua, questo timore che la

diffusione del neutro al tentativo di immaginare una lingua che sia più inclusiva comporti una

sorta di perdita di un potere di un capitale accumulato dall'ordine simbolico femminile che

finalmente in qualche modo conquista spazi nella lingua attraverso il sovrasteso femminile si vede

già defraudato da qualcosa che invece in qualche modo è un ritorno del potere antecedente sotto

mentite sfoglie. Ecco io trovo che questa discussione impostata proprio su questa acquisizione o perdita

di potere sia un po' un preinteso e che però è molto diffusa se pensiamo leggendo il tuo manifesto

ragionavo su questo entusiasmo che spesso nell'ambito della letteratura young adult o

della rilettura dei miti è molto somatica in un certo senso perché si sostituiscono gli eroi in

qualche modo i protagonisti degli antichi miti con delle eroine oppure con delle soggettività

gender fluid però le dinamiche di potere restano inalterate in qualche modo quindi una sorta di

atto di travestitismo che ha dei suoi effetti stilistici e voglio dire sono anche delle letture

magari piacevoli ma non necessariamente nuove e allora questo è qualcosa a cui ho pensato perché

appunto il tuo mi invito invece a distrutturare proprio quel concetto di acquisizione del potere

o di posizione no gerarchicamente costituita una domanda che ti volevo fare però è appunto perché

c'è una parte del libro volevo tu la mettessi più a fuoco in cui dici questo invito a restare aperte

no questo invito a restare aperti però senza negare la dimensione della differenza in qualche

modo perché questa idea che si resta totalmente aperte viene facilmente strumentalizzata no è

come questa idea soprattutto dalle destre di dire è un mondo in cui tutto equivale a tutto e non ci

sono riconoscimenti no di alterità che pure hanno una loro funzione nel modo in cui noi organizziamo

la nostra vita effettività e rapporto con gli altri quindi volevo ci raccontassi un po come

tiene insieme questa idea di apertura e di specificità e differenza ancora una volta domanda

utilissima grazie perché mi consenti appunto di dichiarire ancora una volta un nodo centrale di

questo processo di definizione di una filosofia narca femminista che in realtà appunto è proprio

come la filosofia stessa è trans individuale quindi si inutile di questi scambi e arricchimenti

continui quando l'ho scritta iniziamo la questione della lingua quando l'ho scritto ho scritto

manifesto ovviamente in inglese le cose erano molto sono molto più semplici perché l'inglese

come tu pensai in quanto traduttrice è molto più d'utile su queste questioni di genere per cui

lo slogan del manifesto era assolutamente non solo gender neutral all inclusive cioè either all or

nobody will be free con either all intendevo proprio tutto cioè non solo uomini donne trans

lgbtq plus third spirit due spiriti che è il nome che usano un nome ombrello usato da diverse

indigenous tribes per definire le solidità fluide in termini di genero di orientamento

sessuale con all intendo non solo tutti gli umani ma anche i quelli il più che umano ok e questo

è nel come fai a tradurre questo concetto di either all quindi incluso o l'intero pianeta è

libero o nessuno sarà libero in italiano non si può perché anche se dici tutto devi scegliere fra

tutto tutta tutte tutti o tutt'o l'opzione della sfa che teniamo anche presente che in la persona

che ha tradotto il manifesto stessa cioè ecco qui non so cosa fare e alla fine ci siamo accordati

per questa versione dello slogan che in realtà recupera un po la differenza cioè la versione

dello slogan che abbiamo usato è o tutte o nessun sarà liber cosa vuole cosa si voleva suggerire

con questo che è diverso della versione dello slogan che è uscito in inglese cioè si voleva dire

che l'aprire come ha forme di scrittura diversa come appunto l'asterisco lo sfa l'uso di forme

neutrali non vuol dire necessariamente eliminare la possibilità di usare definizioni come appunto

la e al finale per significare in questo caso che la liberazione del terro pianeta dalle forme

del dominio capitalista e ratale deve comunque anche passare attraverso la liberazione di coloro

che si percepiscono come appartenenti al secondo sesso quindi diciamo l'invito a essere aperti

tutti o nessun sarà libera va insieme a una rivendicazione della necessità di non dimenticarsi

del femminismo ecco perché appunto si chiama manifesto anarcha femminismo e non semplicemente

manifesto anarchico cioè manifesti anarchici ne abbiamo visti moltissimi per esempio negli

stati uniti adesso c'è una parte della tradizione come dire anarchica che usa il concetto la forma

diciamo lessicale della x alla fine quindi woman x anarchist x feminist x invece di dire

anarcho o anarcha femminismo io ho fatto proprio volontariamente la scelta in inglese ma anche in

italiano di usare in realtà questo termine che non è un neologismo anarcha cioè non anarcho

femminismo ma anarcha femminista per dire sottolineare questo fatto cioè che l'invito a essere

aperti e l'invito a usare le forme neutre non vuol dire necessariamente il l'escluso della differenza

anzi che la differenza si può dare solo se si tiene questa dimensione dell'apertura e diciamo

filosoficamente il modo per tenere insieme queste due dimensioni per me è questa idea della

filosofia del transindividuale dove ogni individualità che sia io o questo bicchiere

d'acqua è sempre un essere costituito da processi di individualità di individuazione

che avvengono a questi diversi livelli cioè a partire da il legame tra le molecole che

tiengono insieme ciò che costituisce l'acqua che però guarda le molecole piccolissime dell'acqua

collegano questo bicchiere d'acqua con tutto l'Hudson River da cui viene l'acqua di New York

e quindi tutti i circuiti diciamo davvero a livello sovraindividuale che collegano non solo

le acque del Hudson River ma con meccanismi di condensazione e formazione delle acque che sono

davvero planetari ecco davvero l'apertura nel senso del either all or nobody will be free.

No, tra l'altro occupandomi di traduzione mi rendo conto che forse le soluzioni più felice

da questo punto di vista sono fatte sia di invenzione in qualche modo di apertura però

senza rinunciare a dei mezzi che tu hai già a disposizione linguisticamente anche perché consentono

una maggiore accessibilità quindi quello che sto notando anche nel campo della scrittura

narrativa è un po' alternanza tra i tipi di sovraesteso che si possono usare in lingua

italiana o come hai fatto tu appunto questa alternanza di mettere accanto questi due momenti

in cui in qualche modo riesce ad aggirare questa inerzia luttuosa ossessionata un po' da quello

che si perde io credo che il momento dell'invenzione può stare accanto a quello di quello che hai già

in qualche modo conosci a disposizione. Io avrei mille domande anche una soprattutto entrando

sull'elemento del lavoro di cura del lavoro nascosto che è un altro aspetto che tu tratti

insomma nel libro dove appunto oltre a parlare di femminicidio parli di gendericidio per far

capire come anche da quel punto di vista quando si analizza il tipo di violenza viene applicata

viene applicata tutta una serie di secondi sessi che quindi in qualche modo ampliando l'idea

familiare che abbiamo di un secondo sesso definito e dato e appunto dato che si tratta di un manifesto

che ha i suoi slogan e i suoi ritornelli io lo volevo far sentire prima di salutarci e quindi

se ci leggevi la parte finale che è quella un po' più appunto di invito a una messa in pratica

di questo tipo di ispirazione e di letture che è fine ma anche mezzo. Fine che è anche mezzo.

Con piacere e sì solo per sottolineare questo elemento prima della cura che mi inviti a fare

il termine gendericidio appunto non so neanche se credo che sia un neologismo insomma di sicuro

lo era in inglese gender side ma è proprio come tu dici la lingua non è qualcosa proprio come

anche quella un'individualità quindi non è qualcosa che ossificato e che non cambia mai

è qualcosa che si dà in un processo e quindi davvero spero che avremo anche altre occasioni

di discutere e confrontarci su questo tema. Davvero abbiamo a nostra disposizione sia

quello che ereditiamo dal passato ma anche quello che con la nostra individualità se a sua volta

è il risultato di un processo possiamo creare per cui appunto perché non come dire lasciare

aperta questa porta ecco perché chiuderci dietro a questa idea assolutamente falsa che le cose sono

date in un certo modo e non possono essere date altrimenti le cose hanno sempre cambiato e non

c'è nessuna ragione di pensare che abbiano smesso di cambiare per l'appunto adesso. E con questo la

conclusione che però è anche un inizio del manifesto anarcha femminista. Non c'è e non può

esserci un programma definitivo per un manifesto anarcha femminista la libertà è il fine ultimo

e sarebbe contraddittorio pensare di porterla a raggiungere per mezzo di qualcosa di diverso

dalla libertà stessa. Anarchismo significa qui metodo, metodo per identificare le forme di

dominio e non modello che può essere dato una volta per tutte e applicato allo stesso modo in

tutti i contesti. Questo non significa che non possano non debbano esserci programmi specifici

adatti alle diverse situazioni. Programmi d'agende politiche di questo tipo sono e devono essere

moltissimi. Nello stesso modo in cui i corpi sono plurali e plurali sono le forme della loro

oppressione altrettanto plurale deve essere la strategia per combattere questa oppressione. Ma se

la libertà è al tempo stesso il mezzo e il fine allora è possibile immaginare un mondo libero

dalla stessa nozione di genere e dalle strutture oppressive che è stata creata. Dal momento che i

corpi genderizzati sono ancora oggetto di sfruttamento e di dominazione a livello globale

abbiamo bisogno di un manifesto anarcha femminista qui e ora. Momenti critici richiedono mezzi

critici e i manifesti sono adesso, lo sono sempre stato in passato, un'espressione di urgenza

critica. Quegli anarcha femministi però non possono essere costruiti come una scala di cui

potenzialmente disfarsi una volta giunti alla cima. Il fatto che dobbiamo aspirare ad un mondo

che sia al di là di quell'opposizione tra uomini e donne, di quel binarismo di genere che consente

di porre i primi sopra le seconde e dunque in un certo senso aspirare ad andare al di là del

femminismo stesso è in effetti implicito nell'atto stesso di intraprendere questo processo anarcha

femminista. Contrariamente ad altri manifesti, quell'anarcha femminista non può che essere

aperto e soggetto a continui sviluppi così come la filosofia del trans individuale che lo nutre.

Anche se ci assumiamo piena responsabilità per il suo contenuto questo testo è già il prodotto di un

processo trans individuale di azione, riflessione e scrittura e nel testo uso sempre il noi che è un

buon esempio di come si può mettere insieme qualcosa della tradizione, l'italiano che usa il

noi nella scrittura con l'innovazione concettuale dell'idea che il nostro io è sempre un noi perché

siamo sempre esseri trans individuali e quindi così scrivo anche se ci assumiamo piena

responsabilità per il suo contenuto questo testo è già il prodotto di un processo trans individuale

di azione, riflessione e scrittura. Il processo del pensare assieme a tutti gli eventi, le idee e

le pratiche femministe in cui ci siamo imbattute nel corso della nostra vita. Speriamo che chi tra

voi possa trovare dentro di sé anche il minimo impulso anarcha femminista si unirà allo sforzo.

Il processo è in aree stabile e questa volta siamo disposti ad andare fino in fondo fino a che gli

ultimi detriti dell'ordine uomocratico attuale non collasseranno su se stessi e tutti gli esponenti

del secondo sesso saranno liberi non una di meno o tutte o nessuno sarà libero. Grazie. Grazie

grazie Chiara allora aspettiamo il testo che verrà attorno a questo che uscirà per la terza

e grazie a chi ci ha seguito. A presto.


'Manifesto anarca-femminista' di Chiara Bottici 'Anarch-feminist manifesto' by Chiara Bottici Manifiesto anarquista-feminista" de Chiara Bottici アナキスト・フェミニスト宣言」キアラ・ボッティチ著 Анархо-феминистский манифест" Кьяры Боттичи 基亚拉·波蒂奇的《无政府主义女权主义宣言》

Ciao Chiara, io sono Claudia Durastanti e oggi ho il piacere di presentare l'ultimo saggio di

Chiara Bottici, Manifesto Anarca Femminista. Saluto anche tutti quelli che ci stanno seguendo,

che seguiranno questa conversazione registrata. Chiara Bottici è filosofa, insegna filosofia e

dirige e coordina il programma di Gender Studies e Sexuality alla storica e leggendaria New School

for Social Research. Sono molto contenta, grazie Chiara, per la disponibilità a fare questa

conversazione. Faccio prima un preambolo su che cos'è questo testo. È un modo per, direi,

introdurre, probabilmente considerata la diffusione e la conversazione attorno al filone

femminista del pensione anarchico, come in questo specifico, proprio la posizione anarca femminista,

uno slittamento linguistico importante di cui parleremo in questa conversazione.

Ai lettori e alle lettrici italiane, questo è un saggio che tra l'altro Chiara ha scritto in

inglese, è uscito per la Bloomsbury Academic, adesso l'ha pubblicato alla terza con la traduzione

di Agnese Diricio. Quindi è un modo per introdurre e smuovere una serie di concetti dati nel momento

in cui pensiamo alle forme dei femminismi contemporanei, soprattutto con un taglio

radicale. La mia prima domanda è sul formato che hai deciso di dare a questo testo. Se voglio

ripercorrere un po' una serie di letture, un'educazione sentimentale, dei testi critici

fondamentali, manifesto una parola che chiaramente associamo al marxismo o al cyberfeminismo di Don

Haraway, ci muoviamo comunque nell'orizzonte di un formato che è di impatto assertivo. E dato che il

tuo libro invece contribuisce un po' a smuovere, a decentrare una serie di pensieri dati per

perfissi, mi interessava, un po' mi incuriosiva questa fluidità tra un genere così di impatto

dichiarativo come il manifesto e invece un contenuto che invita proprio a restare aperti

e aperte. Ma questa è anche un'altra cosa di cui parleremo. Quindi se proprio ci volevi raccontare

perché manifesto? Grazie intitutto per la domanda, è un ottimo modo per iniziare. Penso che coglie

proprio il punto centrale del testo. Ho iniziato a lavorare questa tematica prima per un libro

di diciamo di più grande respiro, che appunto è uscito in inglese, uscirà anche in traduzione

per la terza. Sono 300 pagine di filosofia, si chiama infatti Anarca Feminismo, in cui si

ricostruisce tutti, diciamo, diversi aspetti di questa tradizione di pensiero. Il manifesto è

nato invece da un grido di disperazione. Mi avevano invitato a presentare in una serie di

lecture sulla questione, diciamo, mi avevano chiesto di scrivere un manifesto e tra i manifesti

possibili che si poteva scrivere, ho sentito letteralmente l'urgenza di scrivere un manifesto

che situasse il femminismo in un contesto in cui non può venire copiato, come abbiamo visto,

essere successo di continuo dalle élite al potere. Quindi da un lato c'è il senso dell'urgenza di

articolare una forma di femminismo, quindi un grido di dolore. I manifesti sono un po' un grido

di dolore, se no si scrive delle lettere, se no si scrive dei trattati. Se uno scrive un manifesto

è perché avverte l'urgenza critica del momento e molto spesso la si avverte proprio sulla propria

pelle. Sicuramente è il caso di questo testo, insomma, che articola una filosofia anarcha

femminista più che ricostruire una tradizione, più che inserirsi in una tradizione. Ecco, questo

forse va detto sin dall'inizio. Tu parlavi del tentativo, insomma, di rientrare, fornire una

mappatura di questo filone femminista del pensiero anarchico. Ho iniziato a lavorare sulla tematica

con questa idea, ma più ci lavoravo più mi rendevo conto, anzitutto, che l'idea di una tradizione o

di un canone anarcha femminista è una sorta di contraddizione interna. Il marxismo, infatti,

fa riferimento a un preciso filone di pensiero, addirittura a un preciso nome, Marx, che poi

può essere declinato come marxista, marxismo, diverse, però ha un punto di riferimento unico,

diciamo, un corpus di scritti e si può discutere anche, appunto, relativamente a questo corpus

di scritti cosa appartiene al marxismo, cosa non appartiene al marxismo. Nel caso dell'anarca

femminismo, in realtà, questo non è possibile e quindi più facevo ricerca, ho fatto ricerca per

dieci anni su questa tematica, più facevo ricerca più mi rendevo conto che non solo chi aveva

veramente sviluppato una filosofia anarcha femminista non era particolarmente interessato

a costruire scuole di pensiero o canoni da sacralizzare, cosa che corrisponde appunto

alla tradizione stessa, ma anche che le forme più interessanti e, come dire, più vicine a quella che

secondo me era, diciamo, da un punto di vista contemporaneo la parte più attuale di una filosofia

anarcha femminista non si definisce necessariamente tale, cioè chi sviluppa una filosofia anarcha

femminista non va necessariamente a giro dicendo ecco siamo parte di questa tradizione di pensiero,

vogliamo difendere questo canone che si è costruito nel tempo, questi sono i suoi santini,

questi sono i suoi testi sacri. In una filosofia anarcha femminista questo non è possibile e credo

che sia un po' la sua debolezza, la ragione per cui è rimasta storicamente meno visibile, ma credo

che oggi sia anche la sua forza. Sì, hai già anticipato la domanda che volevo fare, io condivido

insomma questo spirito di emancipazione dal pensiero genealogico in un certo senso che

quasi inevitabilmente diventa un pensiero gerarchico, però nell'ambito proprio di un

ragionamento sulla diffusione anche spaziale mi ha colpito che un nome di riferimento che fai,

una figura che io non conoscevo proprio del pensiero anarcho femminista all'epoca,

lo definisco così per una questione di storicizzazione, è Zhen, spero che sia la

pronuncia corretta questa pensatrice cinese attiva nei primi anni del novecento. Allora,

inevitabilmente se consideriamo al periodo storico, al contesto, al mondo in cui operava

e pensiamo oggi cosa nell'ambito dei femminismi si è diffuso, è diventato popolare o è diventato

mainstream o è diventato maggioritario o dominante, è chiaro che parlando della ricezione

delle nuove ondate del femminismo in Italia, l'intersezionalità che oramai 30 anni se vogliamo

di vita, in un certo senso di operatività nel contesto americano, è forse stata la novità più

recente che si è proprio diffuse su una base popolare anche nei femminismi italiani. Allora

ti volevo chiedere, tu accennavi prima alla forza, alla debolezza, perché in parte è una

risposta che dai nel racconto che fai nel manifesto sul fatto che è più difficile che un pensiero che

proprio si occupa della questione non di smantellare l'ordine, ma di cercare l'ordine senza degli

ordinanti, perché poi va a mettere in discussione l'entità statale, lo Stato sovrano in sé è

chiaramente una posizione di margine, di nicchia, di suo, questo vale per il pensiero anarchico in

generale e quindi di conseguenza anche per questo tipo di filone, però volevo ci raccontassi un po'

come mai alcune interpretazioni o scuole di pensiero correnti sono diventate così forti,

guidano la conversazione e qualcosa che invece ha una sua dimensione provocatoria, ma nel senso

benigno, come l'anarca e il femminismo, in realtà vive in questa posizione di questo tipo, questo

volevo insomma sapere. Allora, anzitutto accennavi giustamente He Jinchen, che è un'autrice che

diciamo ha sofferto soprattutto della censura, appunto si tratta di una delle fondatrici del

femminismo cinese, che apparteneva a un gruppo e tra le altre cose è quello che ha tradotto,

oltre ai testi anarchici, ha tradotto il manifesto comunista in Cina, è attualmente bandita, non la

si può leggere, infatti io ne ho scoperto l'esistenza tramite delle antologie di pensiero

anarcha femminista, che ne riportano frammenti, poi ho scoperto che esiste una traduzione francese,

quindi non letta in francese, e poi proprio di recente hanno tradotto alcuni pezzi del suo

lavoro anche in inglese. Credo per esempio che in italiano non sia disponibile, anzi questa sarebbe

assolutamente un'autrice da tradurre. La cosa che colpisce leggendo questi testi che sono stati

scritti all'inizio del novecento è l'incredibile attualità, quindi diciamo, nella misura in cui

io mi sono resa conto che il femminismo, sia che sia il femminismo accademico, sia che sia il

femminismo che domina nella sfera pubblica, in realtà riproduce una visione estremamente

ristretta della tradizione femminista. Questo già per me era un po' la contraddizione principale.

Ecco, come può essere che pur avendo attraversato diversi continenti e che io,

rendomi tratta che sia New York, che io sia in Brasile, che io sia in Australia,

perché i punti di riferimento per il dibattito femminista sono sempre quelle tradizioni di

pensiero sviluppate in 3-4 paesi, fondamentalmente. A quel punto mi sono resa conto che c'è dentro la

tradizione femminista un pregiudizio eurocentrico che in realtà è una struttura che si trova non

soltanto all'interno del femminismo, ma all'interno della cultura in generale,

che vige non solo in Europa, ma anche nel resto del mondo, che tende a escludere le voci che non

appartengono a, diciamo, il canone costruito sulla base dell'eurocentrismo. E questo è stato il

primo ostacolo. Non appena ho iniziato a ricercare quali sono le voci femministe più interessanti

dentro la tradizione anarchica, mi sono accorta che non appena uno va a cercare le antologie del

pensiero classico, e lì ho scoperto che è anarchico, trova cosa? I soliti 4-5 uomini,

o europei o come Bakunin e Kropotkin, russi che però hanno vissuto e operato principalmente in

Europa. Questa è stata la prima scoperta che se uno inizia da il canone, quello che viene presentato,

con una contraddizione come il canone, il pensiero anarchico, non trovi il femminismo. Uno perché non

trovi figure di donne che hanno fatto esperienza diretta dell'oppressione di genere o, diciamo,

coloro che appartengono al secondo sesso. Uso il termine secondo sesso in modo allargato rispetto

al concetto tradizionale di De Beauvoir per indicare tutti quelli che sono esclusi dal primo,

cioè tutti quelli che non sono cis men, uomini diciamo, in italiano si dice anche cis? Per me il

secondo sesso include tutti quelli che sono messi in una posizione secondaria rispetto a quelli che

approfittano o che si trovano nella situazione strutturale di godere di privilegi dovuti alle

strutture di genere. Paradossalmente per me il primo dato allarme è come può essere che se

anarchismo vuol dire quella filosofia che mette in discussione tutte le forme di oppressione,

come può essere che il sessismo e l'eurocentrismo non vengano messi in discussione e che quindi si

costruiscono dei canoni di pensiero anarchico che contengono questa contraddizione performativa

al loro interno, cioè tu hai una filosofia che invita a mettere in discussione tutte le forme

di oppressione costruita attraverso un canone che di fatto perpetua l'oppressione del secondo sesso.

Stessa cosa rispetto all'eurocentrismo perché tutte queste voci che pure circolavano e che

hanno circolato e che in un movimento anarchico anzi hanno costituito la parte più vitale del

movimento stesso non sono presenti nella discussione anche diciamo più accademica di quello che è

l'anarchismo e quindi lì ho dovuto fare davvero proprio il lavoro di ricerca cioè andare a scovare

dove posso trovare queste voci e quindi mettendo in discussione l'eurocentrismo, mettendo in

discussione andando a cercare se c'era una tradizione africana, andando a cercare se c'è

una tradizione cinese e questo diciamo è stata la parte come dire più consapevole della ricerca,

quella che uno dirige e va a rintracciare e cercare. Però nel processo stesso mi sono resa

conto che in realtà voci che non si definivano necessariamente anarcha-femministe ma voci come

Maria Lugones che si definisce femminismo decoloniale in realtà hanno sviluppato una

filosofia anarcha-feminista che è ancora più interessante e forse più anarcha-feminista di

quella che si trova se si va consciamente a cercare i frammenti di coloro che diciamo

hanno usato l'etichetta stessa anarcha-feminismo. E questa è una cosa che il lavoro di Marcus Bay

che è un pensatore molto giovane americano che si occupa di trans-anarchismo di colore,

scrive appunto in diversi dei loro volumi, la stessa cosa vale con la tradizione del black

anarchismo. Cioè molti dei pensatori e delle pensatrici all'interno del femminismo nero

negli Stati Uniti anche se non si definiscono anarchici però hanno delle concezioni che sono

estremamente vicine a quello che si intende con filosofia anarcha. L'idea è che per mettere in

discussione l'oppressione di genere bisogna mettere in discussione tutte le altre. Ad esempio

quel testo che viene citato moltissimo del Combahee Riverside Collective, considerato come uno dei

testi fondatori del pensiero femminista nero radicale negli Stati Uniti, inizia con questa

dichiarazione se le donne nere che appartengono alla classe lavoratrice americana fossero libere

allora tutti dovrebbero essere liberi. Cosa vuol dire un'affermazione del genere? Vuol dire che per

chi è posto come nel caso appunto di questo collettivo di donne lesbiche working class

nere negli Stati Uniti ti trovi a fare esperienza di forme di oppressione che sono talmente connesse

l'una all'altra, talmente vicine l'una all'altra che se per diciamo smantellarne anche solo una

le devi smantellare tutte. Ecco appunto il senso della loro affermazione se le donne nere fossero

libere allora tutti lo sarebbero che poi appunto è un po' quello che è il senso di un manifesto

anarcha femminista cioè lo slogan è se o tutte o nessun sarà libero cioè o tutte ma intendendo

quindi non solo le poche donne privilegiate che stanno ad assumere una posizione di privilegio

ma o tutte le donne e tutti gli esponenti del secondo sesso sono liberi o nessun lo sarà.

Si no e mi riaggancio a questo attraverso qualcosa che dici tu stessa nel manifesto

ma nello specifico considerato nello specifico qual è l'esperienza razionalizzata d'oppressione

americana se le donne trans nere americane sono libere allora tutte e tutti sono liberi

perché in questo momento statisticamente l'istituzione carceraria colpisce particolarmente

quel tipo di soggettività e di persone e di corpi e quindi ne approfitto perché...

Vedi già bene qui come il perché anarcha femminismo no? Quando quelle del Combahee

Riverside Collective avevano scritto il loro manifesto dalla loro posizione pensavano ok

siamo lesbiche quindi oppresse dall'eteronormatività oppresse in quanto lavoratrice oppresse in quanto

nere peggio di così non può essere siamo noi che rappresentiamo diciamo un punto di vista più

radicale da cui esperire il tipo di oppressione. Ecco oggi da un punto di vista delle statistiche

vedi che ci sono sempre degli altri come dire forme di vissuto dell'oppressione che sono ancora

più radicali oggi per esempio se si vede alle statistiche di chi viene messo in prigione di

sicuro le donne trans sono le più colpite però c'è mai un limite a questo e vogliamo fare la

classifica dei più oppressi? No ecco perché la necessità di tenerle aperte. E appunto a questo

mi ricollego c'è una delle parti e mi rendo conto che una domanda complessa più interessanti del

testo è quando ragioni sulla trasformazione no dell'idea di donna di quello che associamo al

sesso al genere cercando di superare questa impostazione anche falsamente naturalizzata

no del binarismo di genere che in realtà invece è una sorta di idea tecnica invenzione che lo

stato sovrano mette in pratica per disciplinare e ordinare che soprattutto è eurocentrica perché

nel momento tu citi fra i vari esempi quando parlavi prima delle fonti in questo senso mi

ha ricordato pur essendo un testo diverso ho iniziato a leggere l'alba di tutto di David

Graeber no di David Van Gogh che messo in crisi non avendolo finito non posso insomma raccontare

la mia posizione rispetto al testo però già il fatto che si sia scardinato ampliato tantissimo

non un ruolo di riprove o di conti soprattutto prese dalle esperienze indigene per mettere in

discussione questa idea di stato di natura no di innocenza rossiana è interessante e in questo

senso nel tuo libro vedo la stessa volontà no di smuovere una serie di pensieri fissi è un qualcosa

di distintivo è chiaro che quando noi cresciamo leggiamo facciamo esperienza no della sessualità

o delle idee che stanno attorno alla sessualità la mia idea di donna oggi non coincide assolutamente

con quella che io avevo 8 10 anni in un certo senso neanche senza interfacciarmi col pensiero

transgender o pensiero queer è proprio l'idea anche la più eteronormativa se vogliamo no di

donna cambia perché in costante mutamento perché ci sono una serie di trasformazioni storiche

politiche ambientali che interagiscono con la percezione della femminilità e allora partendo

da questo che io considero una esperienza naturale spontanea no dei viventi è chiaro che attualmente

la categorizzazione la resistenza all'opposizione transfobica all'interno dei femminismi di alcuni

femminismi è qualcosa che mi mette in una grande difficoltà ma che soprattutto fatico a capire da

un punto di vista filosofico e cognitivo è una delle parti più belle del tuo testo appunto in

cui usi quest'idea la filosofia del trans individualismo in un certo senso per parlare

delle persone e quindi anche di chi si identifica si riconosce diventano oltre si trasforma in donna

di essere dei processi in qualche modo dei processi aperti e quindi ti volevo chiedere

da pensatrice e da critica cosa pensi che sia dovuto in questo momento questa opposizione

resistenza così forte non nell'idea di persone che sono processi anche di donne che sono

processi? Si questa è una domanda assolutamente centrale e ancora una volta accogli uno dei

motori principali di questo progetto perché appunto dico sempre sono scappata dall'Italia

di Berlusconi e sono finita nell'America di Trump e cosa si vede? Si vede che cosa voglio

dire con questo? Voglio dire che mentre le varie posizioni femministe lottano e si accaniscono

l'una con l'altra in particolare adesso con il femminismo transfobico e quello trans inclusive

è diventato qui negli Stati Uniti uno spettacolo penosissimo e per me la domanda centrale è stata

proprio come possiamo costruire un femminismo che non crei altre strutture di oppressione?

Ecco questa è veramente per me la domanda centrale, questo ovviamente ha richiesto anche

un processo di riflessione su cosa crea, quali sono le fonti della transfobia. Allora anzitutto

c'è ovviamente, possiamo speculare sulle ragioni psicologiche, psicoanalitiche che diciamo

guidano atti transfobici in singoli individui o in certe società e non è a caso spesso che i più

transfobici sono i più repressi e quindi diciamo lì c'è tutto il flusso psicoanalitico che fornisce

delle risposte. In quanto filosofa a me stava a cuore cercare di capire le ragioni filosofiche,

cioè diciamo quelle che ci adduciamo o quelle che come dire più o meno esplicitamente assumiamo

come cosiddetti dati di fatto. Cosa assumiamo come dati di fatto? Che una donna è ecco un

individuo dato lì che ha certi genitali, certi cromosomi, certi ormoni, ecco questa è una donna.

Allora in questa operazione si concepisce i corpi come letteralmente degli individui, cioè come

qualcosa che è dato e che non è ulteriormente separabile, cioè qualcosa di primario e sappiamo

da vari lavori sull'emerge della nozione di individuo nell'epoca moderna che questa è una

concezione del corpo legata che emerge ad un certo punto anche all'interno della filosofia

occidentale in una certa epoca che si produce a diciamo certe conseguenze che vanno insieme

a quell'apparato concettuale e anche economico e politico che è la modernità e che si può

riassumere con l'etichetta di individualismo moderno. Cos'è l'individualismo moderno? È

l'idea che il dato primario con cui diciamo la lente con cui guardiamo al mondo è un mondo

costituito da diverse individualità, cioè individuo cose che non possono essere ulteriormente

separate dentro di sé. Ricercando la tradizione o quella che per me era la filosofia anarcha

femminista al di fuori dell'occidente nel pensiero indigeno ma anche appunto le influenze taoiste per

esempio nel pensiero di He Jinchen che accennavi prima, ciò che ho scoperto è invece una visione

del corpo, dei corpi, come risultato di procedi di formazione, di individualizzazione che avvengono

sempre al di fuori dell'individuo stesso. Per cui parlare di individualità diventa forviante,

cioè l'idea che ciò che tu vedi andare a giro siano individui dati è una visione appunto che

possiamo piazzare in un certo momento storico, forse non è destinata a rimanere lì per sempre.

Ecco, il tentativo di sviluppare questa filosofia del transindividuale che in realtà nel libro

poi faccio usando da un lato la filosofia transindividuale di Spinoza che è una forma

di filosofia completamente moderna ma anche molto eccentrica dentro la modernità occidentale,

non è caso che Spinoza occupava una posizione davvero particolare all'interno dell'ontologia

e della filosofia moderna europea e dall'altro traendo anche però ispirazione dal buddismo e

dalla nozione di pratitia samuppada che è spesso tradotta come interdipendenza, l'idea che ogni

essere dipende dall'altro. Allora interdipendenza è un termine che ci dice che le cose sono date

ma dipendono l'uno dall'altro, ciò che la transindividualità fa è di andare un passo

oltre e di dire non è che individui già costituiti si trovano a dipendere l'uno dall'altro,

la transindividualità ci dice che gli individui sono tali in quella specificità solo perché sono

tutti transindividui, esistiamo tutti come processi di individuazione all'interno di

network che sono sia sovraindividuali, interindividuali ma anche infraindividuali,

l'ispirazione spinosista è l'idea che ogni corpo è composto di altri corpi, cosa che tra l'altro la

filosofia della biologia contemporanea in particolare con l'idea del symbiont ci dice

essere esattamente la stessa cosa. Quindi questa operazione filosofica che mette insieme pezzi

della filosofia spinosista con pensiero indigeno e biologia contemporanea mi sono detta ma se

invece di vedere i processi di definizione di genere all'interno di questo individualismo

che abbiamo aneditato dalla modernità europea iniziamo a concepire i corpi come tutti tra

processi di definizione che sono per definizione trans, non vuol dire transgeneri ma transindividuali

nel senso appunto che si determinano, si individualizzano attraverso relazioni inter,

sovra e anche infraindividuali. Ecco se iniziamo a guardare le questioni di genere in questa ottica

secondo me si sfalda anche la matrice ideologica della trasfobia perché invece di essere un'eccezione

da accettare il processo di transizione di genere diventa uno dei tanti modi di individualizzarsi

in quanto donna per cui che uno sia nato e sia venuto come dire sia stato categorizzato come

donno uomo alla nascita diventa solo uno dei tanti processi di individuazione che si attraversa per

cui chi come me non ha effettuato una transizione di genere ha costruito la propria transindividualità

accettando e negoziando questa assegnazione di genere alla nascita, chi è diventato donna

mettendo in discussione l'assegnazione di genere che è stata data alla nascita ha effettuato un

processo di divenire donna diverso ma non per questo meno legittimo in questo modo. Quindi

diciamo per mettere insieme la risposta credo che all'origine della trasfobia sia l'ansia come dire

psicologicamente generata da questa apertura, la paura che questa apertura nei confronti del

del genere che sta diventando fluido cioè che ci piace o meno, queste forme come dire anche

estremamente caricaturali di reazione transfobica sono una conferma di quanto in realtà il movimento

femminista sia potente al momento e quindi le reazioni sono ancora più violente a mio avviso

proprio perché c'è un senso di una potenza del movimento, è un potenziale del movimento

femminista trans inclusive in particolare che fa paura e di qui la reazione è altrettanto violenta.

Si approfitto di questa parola che hai utilizzato che è potente perché è uno dei primi concetti

che associamo al potere e la sua assenza o la sua perdita e io credo che questa riflessione

anarca femminista potrebbe essere utile nello specifico nel contesto italiano e non è una

pagina che voglio aprire però sulla questione proprio della lingua, questo timore che la

diffusione del neutro al tentativo di immaginare una lingua che sia più inclusiva comporti una

sorta di perdita di un potere di un capitale accumulato dall'ordine simbolico femminile che

finalmente in qualche modo conquista spazi nella lingua attraverso il sovrasteso femminile si vede

già defraudato da qualcosa che invece in qualche modo è un ritorno del potere antecedente sotto

mentite sfoglie. Ecco io trovo che questa discussione impostata proprio su questa acquisizione o perdita

di potere sia un po' un preinteso e che però è molto diffusa se pensiamo leggendo il tuo manifesto

ragionavo su questo entusiasmo che spesso nell'ambito della letteratura young adult o

della rilettura dei miti è molto somatica in un certo senso perché si sostituiscono gli eroi in

qualche modo i protagonisti degli antichi miti con delle eroine oppure con delle soggettività

gender fluid però le dinamiche di potere restano inalterate in qualche modo quindi una sorta di

atto di travestitismo che ha dei suoi effetti stilistici e voglio dire sono anche delle letture

magari piacevoli ma non necessariamente nuove e allora questo è qualcosa a cui ho pensato perché

appunto il tuo mi invito invece a distrutturare proprio quel concetto di acquisizione del potere

o di posizione no gerarchicamente costituita una domanda che ti volevo fare però è appunto perché

c'è una parte del libro volevo tu la mettessi più a fuoco in cui dici questo invito a restare aperte

no questo invito a restare aperti però senza negare la dimensione della differenza in qualche

modo perché questa idea che si resta totalmente aperte viene facilmente strumentalizzata no è

come questa idea soprattutto dalle destre di dire è un mondo in cui tutto equivale a tutto e non ci

sono riconoscimenti no di alterità che pure hanno una loro funzione nel modo in cui noi organizziamo

la nostra vita effettività e rapporto con gli altri quindi volevo ci raccontassi un po come

tiene insieme questa idea di apertura e di specificità e differenza ancora una volta domanda

utilissima grazie perché mi consenti appunto di dichiarire ancora una volta un nodo centrale di

questo processo di definizione di una filosofia narca femminista che in realtà appunto è proprio

come la filosofia stessa è trans individuale quindi si inutile di questi scambi e arricchimenti

continui quando l'ho scritta iniziamo la questione della lingua quando l'ho scritto ho scritto

manifesto ovviamente in inglese le cose erano molto sono molto più semplici perché l'inglese

come tu pensai in quanto traduttrice è molto più d'utile su queste questioni di genere per cui

lo slogan del manifesto era assolutamente non solo gender neutral all inclusive cioè either all or

nobody will be free con either all intendevo proprio tutto cioè non solo uomini donne trans

lgbtq plus third spirit due spiriti che è il nome che usano un nome ombrello usato da diverse

indigenous tribes per definire le solidità fluide in termini di genero di orientamento

sessuale con all intendo non solo tutti gli umani ma anche i quelli il più che umano ok e questo

è nel come fai a tradurre questo concetto di either all quindi incluso o l'intero pianeta è

libero o nessuno sarà libero in italiano non si può perché anche se dici tutto devi scegliere fra

tutto tutta tutte tutti o tutt'o l'opzione della sfa che teniamo anche presente che in la persona

che ha tradotto il manifesto stessa cioè ecco qui non so cosa fare e alla fine ci siamo accordati

per questa versione dello slogan che in realtà recupera un po la differenza cioè la versione

dello slogan che abbiamo usato è o tutte o nessun sarà liber cosa vuole cosa si voleva suggerire

con questo che è diverso della versione dello slogan che è uscito in inglese cioè si voleva dire

che l'aprire come ha forme di scrittura diversa come appunto l'asterisco lo sfa l'uso di forme

neutrali non vuol dire necessariamente eliminare la possibilità di usare definizioni come appunto

la e al finale per significare in questo caso che la liberazione del terro pianeta dalle forme

del dominio capitalista e ratale deve comunque anche passare attraverso la liberazione di coloro

che si percepiscono come appartenenti al secondo sesso quindi diciamo l'invito a essere aperti

tutti o nessun sarà libera va insieme a una rivendicazione della necessità di non dimenticarsi

del femminismo ecco perché appunto si chiama manifesto anarcha femminismo e non semplicemente

manifesto anarchico cioè manifesti anarchici ne abbiamo visti moltissimi per esempio negli

stati uniti adesso c'è una parte della tradizione come dire anarchica che usa il concetto la forma

diciamo lessicale della x alla fine quindi woman x anarchist x feminist x invece di dire

anarcho o anarcha femminismo io ho fatto proprio volontariamente la scelta in inglese ma anche in

italiano di usare in realtà questo termine che non è un neologismo anarcha cioè non anarcho

femminismo ma anarcha femminista per dire sottolineare questo fatto cioè che l'invito a essere

aperti e l'invito a usare le forme neutre non vuol dire necessariamente il l'escluso della differenza

anzi che la differenza si può dare solo se si tiene questa dimensione dell'apertura e diciamo

filosoficamente il modo per tenere insieme queste due dimensioni per me è questa idea della

filosofia del transindividuale dove ogni individualità che sia io o questo bicchiere

d'acqua è sempre un essere costituito da processi di individualità di individuazione

che avvengono a questi diversi livelli cioè a partire da il legame tra le molecole che

tiengono insieme ciò che costituisce l'acqua che però guarda le molecole piccolissime dell'acqua

collegano questo bicchiere d'acqua con tutto l'Hudson River da cui viene l'acqua di New York

e quindi tutti i circuiti diciamo davvero a livello sovraindividuale che collegano non solo

le acque del Hudson River ma con meccanismi di condensazione e formazione delle acque che sono

davvero planetari ecco davvero l'apertura nel senso del either all or nobody will be free.

No, tra l'altro occupandomi di traduzione mi rendo conto che forse le soluzioni più felice

da questo punto di vista sono fatte sia di invenzione in qualche modo di apertura però

senza rinunciare a dei mezzi che tu hai già a disposizione linguisticamente anche perché consentono

una maggiore accessibilità quindi quello che sto notando anche nel campo della scrittura

narrativa è un po' alternanza tra i tipi di sovraesteso che si possono usare in lingua

italiana o come hai fatto tu appunto questa alternanza di mettere accanto questi due momenti

in cui in qualche modo riesce ad aggirare questa inerzia luttuosa ossessionata un po' da quello

che si perde io credo che il momento dell'invenzione può stare accanto a quello di quello che hai già

in qualche modo conosci a disposizione. Io avrei mille domande anche una soprattutto entrando

sull'elemento del lavoro di cura del lavoro nascosto che è un altro aspetto che tu tratti

insomma nel libro dove appunto oltre a parlare di femminicidio parli di gendericidio per far

capire come anche da quel punto di vista quando si analizza il tipo di violenza viene applicata

viene applicata tutta una serie di secondi sessi che quindi in qualche modo ampliando l'idea

familiare che abbiamo di un secondo sesso definito e dato e appunto dato che si tratta di un manifesto

che ha i suoi slogan e i suoi ritornelli io lo volevo far sentire prima di salutarci e quindi

se ci leggevi la parte finale che è quella un po' più appunto di invito a una messa in pratica

di questo tipo di ispirazione e di letture che è fine ma anche mezzo. Fine che è anche mezzo.

Con piacere e sì solo per sottolineare questo elemento prima della cura che mi inviti a fare

il termine gendericidio appunto non so neanche se credo che sia un neologismo insomma di sicuro

lo era in inglese gender side ma è proprio come tu dici la lingua non è qualcosa proprio come

anche quella un'individualità quindi non è qualcosa che ossificato e che non cambia mai

è qualcosa che si dà in un processo e quindi davvero spero che avremo anche altre occasioni

di discutere e confrontarci su questo tema. Davvero abbiamo a nostra disposizione sia

quello che ereditiamo dal passato ma anche quello che con la nostra individualità se a sua volta

è il risultato di un processo possiamo creare per cui appunto perché non come dire lasciare

aperta questa porta ecco perché chiuderci dietro a questa idea assolutamente falsa che le cose sono

date in un certo modo e non possono essere date altrimenti le cose hanno sempre cambiato e non

c'è nessuna ragione di pensare che abbiano smesso di cambiare per l'appunto adesso. E con questo la

conclusione che però è anche un inizio del manifesto anarcha femminista. Non c'è e non può

esserci un programma definitivo per un manifesto anarcha femminista la libertà è il fine ultimo

e sarebbe contraddittorio pensare di porterla a raggiungere per mezzo di qualcosa di diverso

dalla libertà stessa. Anarchismo significa qui metodo, metodo per identificare le forme di

dominio e non modello che può essere dato una volta per tutte e applicato allo stesso modo in

tutti i contesti. Questo non significa che non possano non debbano esserci programmi specifici

adatti alle diverse situazioni. Programmi d'agende politiche di questo tipo sono e devono essere

moltissimi. Nello stesso modo in cui i corpi sono plurali e plurali sono le forme della loro

oppressione altrettanto plurale deve essere la strategia per combattere questa oppressione. Ma se

la libertà è al tempo stesso il mezzo e il fine allora è possibile immaginare un mondo libero

dalla stessa nozione di genere e dalle strutture oppressive che è stata creata. Dal momento che i

corpi genderizzati sono ancora oggetto di sfruttamento e di dominazione a livello globale

abbiamo bisogno di un manifesto anarcha femminista qui e ora. Momenti critici richiedono mezzi

critici e i manifesti sono adesso, lo sono sempre stato in passato, un'espressione di urgenza

critica. Quegli anarcha femministi però non possono essere costruiti come una scala di cui

potenzialmente disfarsi una volta giunti alla cima. Il fatto che dobbiamo aspirare ad un mondo

che sia al di là di quell'opposizione tra uomini e donne, di quel binarismo di genere che consente

di porre i primi sopra le seconde e dunque in un certo senso aspirare ad andare al di là del

femminismo stesso è in effetti implicito nell'atto stesso di intraprendere questo processo anarcha

femminista. Contrariamente ad altri manifesti, quell'anarcha femminista non può che essere

aperto e soggetto a continui sviluppi così come la filosofia del trans individuale che lo nutre.

Anche se ci assumiamo piena responsabilità per il suo contenuto questo testo è già il prodotto di un

processo trans individuale di azione, riflessione e scrittura e nel testo uso sempre il noi che è un

buon esempio di come si può mettere insieme qualcosa della tradizione, l'italiano che usa il

noi nella scrittura con l'innovazione concettuale dell'idea che il nostro io è sempre un noi perché

siamo sempre esseri trans individuali e quindi così scrivo anche se ci assumiamo piena

responsabilità per il suo contenuto questo testo è già il prodotto di un processo trans individuale

di azione, riflessione e scrittura. Il processo del pensare assieme a tutti gli eventi, le idee e

le pratiche femministe in cui ci siamo imbattute nel corso della nostra vita. Speriamo che chi tra

voi possa trovare dentro di sé anche il minimo impulso anarcha femminista si unirà allo sforzo.

Il processo è in aree stabile e questa volta siamo disposti ad andare fino in fondo fino a che gli

ultimi detriti dell'ordine uomocratico attuale non collasseranno su se stessi e tutti gli esponenti

del secondo sesso saranno liberi non una di meno o tutte o nessuno sarà libero. Grazie. Grazie

grazie Chiara allora aspettiamo il testo che verrà attorno a questo che uscirà per la terza

e grazie a chi ci ha seguito. A presto.